Grazie
di essere qui a leggere questo nuovo capitolo. Spero vi piacerà.
Buona
lettura!
Settimo capitolo: Esmeralda
Esmeralda
era una piccola ma meravigliosa cittadina. Il suo porto era più grande di
quello di Arendelle e numerose navi vi erano
attraccate.
“La
nave degli ivoriani non passa certo inosservata. L’hanno vista in molti passare
ieri sera. Si è fermata solo per una mezzora ed è rimasta al largo, quindi non
dobbiamo metterci troppo se non vogliamo perdere il tempo guadagnato.” Era la
prima volta che il capitano era di nuovo nella cabina ora donata a Elsa.
Sembrava a disagio e non la guardava. Kristoff
sembrava esplodere dal bisogno di fare qualcosa mentre lei si sentiva vuota e
fredda.
“Abbiamo
bisogno della rotta.”
“Vado
io!” Si propose subito Kristoff..
“Sai
dov’è la biblioteca?”
“Immagino
sia quel cupolone con le lettere intagliate nel vetro” Disse Kristoff indicando l’evidente edificio, visibile da ogni
parte del porto. Il capitano non disse nulla mentre Elsa annuì.
“Allora
vai Kristoff”
“Voi
non venite?” Chiese lui perplesso.
“No, sono
troppo riconoscibile, molti dignitari di Esmeralda mi conoscono, se per
sfortuna ne incontrassi uno poi saremmo nei guai. La segretezza rimane troppo
importante.”
“Per
questo ho vietato a tutti di scendere dalla nave.” Aggiunse il capitano,
cercando di riprendersi dalla stoccata di prima.
“Va
bene, allora andrò da solo. Sarò di ritorno in un attimo”
“Verrò
io con voi” Disse invece il capitano, “Tranquillo, ci separeremo appena toccata
terra e sarò a bordo prima di voi.”
“E
per quale ragione scendete a terra?”
“Non
sono affari vostri” Rispose il capitano.
“State
perdendo tempo, tempo che non abbiamo” Intervenne con gelida freddezza Elsa. Kristoff la guardò sbalordito, mai Elsa gli aveva parlato
in questo modo. In capitano invece abbozzò un inchino e uscì dalla stanza.
“Elsa…
va tutto bene?” Chiese allora Kristoff. La ragazza si
voltò, sentendo nel tono della voce una reale preoccupazione.
“Sì…
mi preoccupo per Anna”
“Certo,
è normale… anche io. Va bene, vado e torno. Li prenderemo.” Aggiunse e poi scomparì
anche lui.
Elsa
si accasciò sulla sedia mentre le lacrime iniziavano a scendergli lungo il
viso. Non voleva essere un mostro. Eppure era ancora così che la vedevano… che
il capitano la vedeva.
“Moluf, quella era Esmeralda?” Chiese Anna non appena il
secondo del capitano aprì la botola.
“Sì
principessa Anna, presto usciremo dai fiordi”
“Posso
farti una richiesta?”
“Certo,
ma questo non significa che io la esaudirò”
“Potrei
fare una passeggiata sul ponte?” L’uomo sembrò stupito e Anna capì che stava per
rifiutare così aggiunse: “Non so più da quanti giorni non esco da qua e l’aria
aperta mi manca… non chiedo molto, solo una passeggiata… anche solo di pochi
minuti…” L’uomo sembrò rifletterci poi alla fine annuì.
“Verrò
a prendervi questa notte, solo pochi minuti”. Anna attese che l’uomo se ne
andasse poi strinse i pugni in segno di vittoria.
“Ci
siamo Olaf!”
“Vuoi
gettarti in mare e fuggire?” Chiese lui tutto eccitato.
“No,
sarebbe da pazzi e mi ripescherebbero subito e poi te l’ho già detto, tu vieni
con me. No, voglio solo fare un giro e guardarmi attorno, devo sapere
esattamente dove siamo. Perché anche se a volte non sono stata attenta durante
le lezioni in quelle di geografia lo sono stata. Esmeralda è l’ultima città dei
fiordi, poi si entra nell’oceano.”
“E
allora? E’ solo un lago più grande…” Anna sorrise.
“Esatto
e con correnti e venti molto più forti. In particolare quando le acqua dei
fiordi si scontrano con quelle dell’oceano. Bisogna fare attenzione e le onde
sono forti e si infrangono con gran fragore sulle paratie. Allora, Olaf, tu ed
io apriremo la botola ed usciremo. Senza che nessuno se ne accorga”
“Ma…”
Il pupazzo di neve la guardava confuso.
“Guarda”
Indicò allora lei e scostò di un poco la paglia che le faceva da giaciglio.
Sotto vi era un coltello.
“Dove
lo hai preso?” Chiese Olaf gli occhi sgranati.
“Quando
sono andata a cena del capitano. Ho fatto un po’ di casino, mi sono infuriata e
ho urlato, ricordi? Ebbene, nella confusione ho rubato un coltello.”
“Wow”
Disse solo meravigliato il pupazzo di neve.
“Però
fino ad ora non avevo speranza di usarlo” Non disse che lo aveva preso con
l’idea disperata di usarlo per togliersi la vita. “Ma quando tutti saranno
impegnati nelle manovre noi usciremo da lì” Anna indicò il piccolo oblò della loro
cella. Era stato inchiodato e filtrava solo un po’ di luce, ma con il coltello
avrebbe allentato i chiodi e staccato le assi.
“Ma
quando saremo usciti da lì, cosa faremo?”
“Ecco…
qui il mio piano si ferma, e anche per questo devo fare un giro sul ponte, mi
guarderò attorno e troverò una soluzione, vedrai.” Anna sentiva che presto
sarebbe stata libera. Vedere Esmeralda l’aveva riempita di sollievo. Era come
se riconoscere quella città che aveva solo studiato le avesse ridato il
coraggio. Non era persa. E lì c’erano tante persone che conosceva e che
l’avrebbero aiutata e protetta. Doveva solo arrivarci.
Un
leggero bussare le fece distogliere l’attenzione dal libro che stava leggendo.
“Avanti”
Disse solo Elsa mentre si alzava. Se era Kristoff
aveva fatto davvero in fretta. “Capitano”
Disse
solo quando capì di chi si trattava. La donna fece un passo avanti.
“Io…”
Si interruppe poi raddrizzò le spalle con maggiore sicurezza. “Ho preso questo
per voi.” Detto questo le porte un vaso pieno di terra.
Elsa
lo guardò perplessa, poi guardò il capitano che arrossì.
“Lo
so che non sembra gran che così… ma è un seme di speranzia,
è una pianta molto rara che dona dei fiori dai colori caldi e profumati.” Elsa
la guardò e malgrado quello che era successo non poté fare a meno di rimanere
piacevolmente colpita.
“In
genere mi si regala dei fiori già sbocciati” Disse però, anche se il suo tono
non era più freddo. Il capitano sembrò capirlo perché sorrise.
“Lo
immaginavo. Eppure non c’è cosa più bella che far crescere qualcosa, dandogli
l’amore e le cure di cui ha bisogno”. La donna fece un passo avanti e tese la
sua mano. Elsa la guardò stringendo le braccia contro se stessa in un gesto di
paura che non l’aveva ancora abbandonata. “Datemi la vostra mano” Mormorò
allora il capitano. Elsa la guardò negli occhi. Occhi nocciola caldi e dolci.
Tese la mano e sentì le dita della donna serrarsi attorno alle sue. Poi il
capitano si inchinò e sorprendendola si portò la mano alle labbra e vi depose
un delicato bacio. Elsa rabbrividì a quel contatto inaspettato. Ma furono dei
brividi piacevoli.
“Capitano!”
L’urlo del marinaio la sorprese ma il capitano non lasciò bruscamente la sua
mano, al contrario la strinse un po’ più forte per un secondo e poi la lasciò
delicatamente.
“Sì?”
Chiese poi voltandosi. Il marinaio entrò nella stanza sul viso l’agitazione.
“L’hanno
preso!”
“Chi?”
“Hanno
preso il ragazzo della regina” Disse solo il marinaio, alludendo chiaramente a Kristoff.
“Kristoff? Chi l’ha preso? Quando?” Chiese agitata Elsa.
“Il
capitano mi aveva chiesto di seguirlo discretamente, ha corso fino alla
biblioteca, è entrato ed è uscito una decina di minuti dopo, poi mentre correva
di nuovo al porto l’hanno aggredito in cinque, non ha potuto fare niente.”
“E tu
cosa hai fatto?” Chiese il capitano ma il marinaio non si scompose.
“Erano
troppi anche per due così ho aspettato che lo immobilizzassero e poi li ho
seguiti fino ad una bettola, poi sono tornato qua di corsa.”
“Ottimo
lavoro, temevo che avessero lasciato qualcuno…” Il capitano posò la mano sulla
spada, poi guardò Elsa “Cosa facciamo?”
“Andiamo
a salvarlo!” Disse lei stupita dalla domanda con una risposta così ovvia.
“Salvarlo
significa perdere altro tempo, dovremo aspettare il buio, invece potremmo avere
la rotta nel giro di una mezz’ora.” Elsa la guardò scioccata.
“Non
possiamo abbandonarlo”
“Vostra
sorella o lui”
“Non
è una scelta possibile e non è nemmeno questa la scelta, forse perderemo un
giorno, è vero, ma lo salveremo e dopo andremo a prendere mia sorella e
recupereremo il tempo perduto grazie alla velocità della vostra nave”
“Tenete
così tanto a quell’uomo dunque? Bene.” Si voltò a guardare il marinaio “Scegli
dieci uomini fidati” L’uomo annuì e uscì correndo. Il capitano si voltò verso
di lei.
“Cosa
state facendo?” Elsa era intenta a raccogliere la treccia in uno chignon che
avrebbe poi nascosto sotto al cappello.
“Vengo
con voi”
“Non
se ne parla” Elsa alzò lo sguardo con aria di sfida a quelle parole.
“E
come pensate di fermarmi?” Chiese.
“Non potete!
Possono riconoscervi e poi non potrò garantire la vostra sicurezza”
“Non
sono una bambina, saprò cavarmela”
“Non
avete il vostro potere a proteggervi”
“Questo
lo so!” Elsa strinse i pugni “Ne sono dolorosamente consapevole in ogni
instante che passo lontano da Anna, perché se avessi il mio potere niente e
nessuno potrebbe portarmela via!” Il capitano fece un passo indietro, colpita
dalla forza e dalla disperazione contenute nella sua voce e nelle sue parole.
“Va
bene allora… andiamo a salvare quel biondino” Sorrise ad Elsa che non poté fare
a meno di ridere a quella descrizione del grande e forte Kristoff.
“Anche
io ho i capelli biondi capitano” Le ricordò Elsa mentre uscivano dalla stanza.
“Oh
lo so…” Mormorò il capitano e Elsa sorrise raggiungendo il ponte della nave.
Poco
dopo erano nelle strade di Esmeralda, il marinaio faceva loro strada mentre
Elsa si teneva in mezzo al gruppo il più nascosta possibile.
Non
ci misero molto ad arrivare all’edificio in cui avevano nascosto Kristoff e il capitano divise gli uomini che si appostarono
per aspettare. Avrebbero tentato qualcosa solo quando la notte fosse calata.
Elsa
era insieme al capitano sul terrazzo di una casupola che permetteva una buona
visione sulla bettola.
“Com’è
essere regina?” le chiese il capitano. Elsa rifletté sulla domanda, era
difficile dare una risposta a chi non sapesse cosa volesse dire.
“E’
impegnativo… devi essere sempre all’altezza, fare sempre la cosa giusta e
pensare sempre al tuo popolo prima che a te stessa…” Sospirò, “Ho gravemente
fallito durante i miei primi giorni di regno…”
“Perché
pensate sempre a quello?” Elsa si voltò sorpresa dal tono veemente della voce
del capitano.
“Siete
stata un’ottima regina per tutto il vostro anno di regno. Il popolo vi ama e vi
rispetta. E non per il vostro potere, ma per il vostro cuore. Allora perché
ritornate sempre a quei giorni? Insomma, perché tutti vi hanno perdonato ma voi
non siete capace di perdonare voi stessa?”
“Io…
non è così semplice! Ho gelato il regno, ho quasi ucciso mia sorella! Ho agito
per puro egoismo”
“Non
è vero, vi siete sempre trattenuta e nascosta per paura di fare del male alle
persone accanto a voi. Avete scelto la solitudine per non ferire nessuno”
“Come
fate a sapere queste cose?” Elsa la guardò stupefatta e vide la donna
impallidire.
“L’ho
intuito, ecco tutto. Mi avete raccontato la vostra storia ed ho imparato a
conoscervi in questi giorni.” Elsa la valutò ancora un momento poi scosse la
testa.
“Non
importa se ho solo cercato di fare quello che credevo essere il bene, nella
realtà dei fatti io mi ero davvero trasformata nel mostro che temevano i miei
genitori.”
“Elsa,
Anna vi ama non perché è una ragazza eccezionale” Allo sguardo arrabbiato il
capitano alzò le mani “Va bene, è eccezionale. Quello che voglio dire è che
basta conoscervi un po’ per amarvi.” Nel vedere Elsa sgranare gli occhi
continuò balbettando “Per esempio basta guardare il vostro popolo”.
“Capitano…”
Elsa vide come arrossiva e all’improvviso ricordò le sue labbra sulla mano.
“Vado
a vedere se nessuno dorme” Disse il capitano rapida sfuggendo dal momento
imbarazzante, se ne andò lasciandola sola. Elsa la guardò dall’alto muoversi
tra i vicoli con noncuranza ma passando in rassegna gli uomini della ciurma.
La
loro conversazione risuonava ancora nella sua testa. Era possibile che il
capitano provasse qualcosa per lei? No. Elsa scosse la testa. Era un’idea
ridicola.
Lanciò
un’occhiata alla bettola e rimase senza fiato, Kristoff
era trattenuto da quattro uomini che lo stavano guidando verso uno dei vicoli.
Senza riflettere scese le scale e raggiunse la strada poi si mise a correre in
quella direzione.