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Autore: Iurin    19/07/2015    4 recensioni
La guerra è finita. Voldemort è morto, i defunti vengono sepolti, i feriti vengono curati.
E, a differenza di quanto accade nel settimo libro, Piton sopravvive.
Però è stato comunque morso da Nagini, quindi non se la passa per niente bene, infatti deve essere costantemente seguito da una guaritrice, Serena O'Dampand, che andrà a stabilirsi a Spinner's End insieme al professore.
E Piton, ovviamente, non ne è affatto contento. Ma tanto non sembra soddisfatto di niente, ormai: a cosa gli serve vivere?
Questa storia narra la riabilitazione di Piton, i suoi pensieri, la sua malattia. E chissà che lui non guarisca davvero - da tutto, però.

______
«Basta. La tua vita si è conclusa alla Stamberga Strillante. Quello che vivresti d’ora in poi sarebbe solo un… riflesso. Un fantasticare costantemente – e penosamente – su quello che avrebbe potuto essere e che invece non sarà mai.» (Cap. 3)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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Capitolo Ventuno
 
 
Spinner’s End è sempre la solita Spinner’s End. L’avere, per qualche tempo, cambiato quartiere ti aveva dato la sensazione di aver dimenticato il profondo squallore del luogo in cui hai sempre vissuto, invece, non è stato affatto così.
Sin dal giorno seguente al tuo ritorno, la comune e solita sensazione di disgusto e indifferenza è tornata a ripresentarsi come una vecchia amica.
Un’amica che solitamente si evita come la peste e che, vedendola, si fa comparire sulle proprie labbra un’espressione che è la falsità fatta sorriso. Una di quelle amiche, sì.
Ma questa è anche la cosa più banale, di tutta quella faccenda.
La cosa principale è che hai dovuto riabituarti non solo a Spinner’s End, che ti ha… inglobato nuovamente, ma al fatto che ora ti ritrovi a vivere un’altra volta da solo. Non che sia un male, questo sia ben chiaro, solo… Era piacevole avere O’Dampand intorno.
‘In mezzo ai piedi’, hai subito aggiunto tra te e te mentalmente, tanto per dare una connotazione negativa a quella frase che, altrimenti, sarebbe stata fin troppo carina per i tuoi stessi gusti.
E, ti sei corretto un momento dopo, più che ‘piacevole’ la parola giusta da utilizzare sarebbe ‘comodo’. Sì, comodo: O’Dampand ti preparava tutti i pasti, ti sistemava la stanza, ti lavava i vestiti… Tutte cose che ora sei stato di nuovo costretto a fare da solo, nel silenzio di casa tua, con la solo compagnia di stesso.
E con l’ausilio di un solo braccio, ovviamente.
Ecco, quella è la scocciatura più grande di tutte: dover girare per casa con un qualcosa di inutile attaccato al corpo. Perché questo è. Un qualcosa. Le gambe, a forza di camminare, stanno riprendendo anche loro la loro solita attività, e avere un braccio ciondolante che, ad ogni passo, dondola avanti e indietro… è snervante oltre ogni immaginazione.
E sì, le tue lunghe e rinvigorenti passeggiate puoi effettuarle solo all’interno del suo stesso salotto. Prima o poi procurerai un solco a quel già fin troppo consumato pavimento. Perché sì, gli arresti domiciliari continuano, ovviamente, e a volte senti la voglia di metterti a grattare la porta come un animale che cerca inutilmente di uscire dalla stanza.
Se già stai impazzendo così, cosa diamine avresti fatto, se tu fossi finito direttamente ad Azkaban?!
Oh, ma in realtà qualcuno con cui parlare c’è, e addirittura tutte le mattine, come a volerti dare la sveglia per farti cominciare l’ennesima giornata piena di nulla: Mann. E chi, altrimenti?
Un ipotetico spettatore esterno avrebbe potuto supporre che, magari, per il fatto che Mann sembra essere la tua unica costante umana… il vostro rapporto dovrebbe essere migliorato. Almeno da parte tua. Perché, d’altronde, inimicarti colui che è l’unico essere umano mediamente intelligente che può farti uscire dall’eterno mutismo?
Certo, a parte Sherman e compagnia, che comunque incontri ogni mese – e non più ogni due settimane.
Pensavi a Mann, insomma. Ebbene: no. Avresti ben più che qualcosa da ridire sul ‘mediamente intelligente’, quindi no: anche inimicandotelo, non ne fai un dramma.
E poi sei Severus Piton. Questo puoi mai dimenticartelo? – “Magari,” pensi a volte, ma questo è un altro conto. – Quindi rimani coerente con te stesso, e – no, per l’ennesima volta – non hai fatto e non fai ‘buon viso a cattivo gioco’. Farai la faccia torva a buono o cattivo gioco che sia.
… E non è neanche vero, a pensarci, che, se non fosse per Mann, non parleresti ad anima viva. A volte ti ritrovi a parlare da solo, infatti; devi tenerlo in considerazione. E questo non vuol dire che stai diventando pazzo, ci mancherebbe pure; se c’è stato un momento della tua vita in cui veramente hai rischiato di diventarlo, certamente non è questo. Quel momento è piuttosto lontano, ormai.
O’Dampand ti direbbe che parlare da soli è normale, dopotutto. Aiuta meglio a ricordare quello che si ha intenzione di fare di lì a qualche momento, aiuta a sistemare i pensieri, aiuta persino a tenersi occupati, o a farsi venire nuove idee. Dopodiché lei aggiungerebbe che ti ci vede molto a parlare con te stesso, perché sicuramente ti consideri il tuo più piacevole ed interessante interlocutore.
Il che è vero.
Tuttavia è anche vero che, dopo un po’, ascoltare la tua voce da corvo ti stanca alquanto.
Con O’Dampand, a proposito, non hai più avuto alcun tipo di rapporto. Sono passati mesi, ormai. Non vi siete scambiati una lettera, una cartolina.
Bah. Che razza di pensieri. È ovvio che non ci sia stato più niente da dirvi. A che sarebbe servito? Quale sarebbe stato il fine ultimo di un’ulteriore conversazione?
E sì, sono passati mesi. Sei. Natale è passato da molto, e O’Dampand aveva scommesso – unilateralmente, certo – che entro il 25 dicembre saresti guarito totalmente. Ma no, il tuo braccio rimane inerte, e ormai ti sei talmente abituato a fare tutto con la sinistra che ti chiedi se dovresti cominciare a definirti ‘mancino’. Anche per quanto riguarda lo scrivere, esatto.
Di certo, però, non ti abituerai mai ad avere un arto inutile attaccato al corpo. Ti sembrano giorni lontanissimi quelli in cui eri costretto a spostarti utilizzando quell’odiosa sedia con le ruote – più che ‘utilizzando’, in realtà sarebbe ‘facendoti spingere su’, ma il tuo stesso cervello si rifiuta di metterti davanti agli occhi quello specifico ricordo.
E non porti neanche più le bende, oh, no. Ecco, questo è un piccolo fatto degno di una qualche nota.
Non le hai tolte da molto, più o meno a metà del mese di febbraio. Per far sì che questo fosse possibile, giustamente, si è dovuto aspettare che le croste che ricoprivano la ferita cadessero, cosa che è effettivamente accaduta. Dopodiché, alcuni giorni di unguenti nutrienti a parte, hai potuto cominciare a fare sfoggio di una bella e niente affatto appariscente cicatrice.
Pensavi, poi, che avresti potuto ricominciare a indossare le tue solite vesti a collo alto, invece che i soliti maglioni babbani che hanno preso possesso del tuo armadio. E ci hai provato, non puoi certamente dire di no.
Peccato che quasi subito il collo abbia cominciato a pizzicare e a prudere – dannazione a Godric – e quindi sei dovuto salire in camera per cambiarti d’abito.
Ma questo non è stata – e non è – la cosa più snervante.
La reazione – o, comunque, il comportamento – di Mann lo è stato un po’ di più.
Come ogni mattina, infatti, era passato per la sua solita… visita di cortesia, e tu, proprio appena un’ora prima, avevi finalmente tolte quelle bende, come suggerito da Sherman stesso.
Mann non riusciva a smettere di fissarti il collo, neanche fosse stato un vampiro.
Che nervi.
… Avevi espresso, tanto tempo prima, addirittura un pensiero piuttosto esaustivo su come la pensi riguardo la gente che fissa. Specie se ciò che guarda è malato. Come te. Ovvero che sono molto… inopportune, per usare un eufemismo.
“Ha notato qualcosa di interessante?” gli hai detto, inarcando un sopracciglio.
 
Sicuramente è stata la noia e l’opprimente sensazione che questa ti causava alla bocca dello stomaco. Sì, è sicuramente stato questo ciò che ti ha spinto, in un momento di poca lucidità mentale, a scrivere una lettera a Minerva McGranitt.
Oh, nessun poema. Nessuna richiesta strappalacrime di posare l’ascia di guerra. No, le hai solo… scritto. Poche righe e nulla di elaborato.
Le hai solo fatto notare che lei ora sa la verità, e che sicuramente capirà il motivo per il quale non hai potuto dirle nulla. E le hai detto che speravi che ti perdonasse per avere ucciso – sebbene con tutti i non poco importanti retroscena – un uomo che stimava, apprezzava e rispettava.
Ovviamente, con tuo grande disappunto, hai dovuto consegnare la lettera a Mann, per fartela spedire.
Hai aspettato che lui fosse sulla soglia della porta di casa tua, per farlo, data l’indecisione e, allo stesso tempo, l’impazienza e la riluttanza.
“Sa che,” ha detto lui, non appena ha preso la pergamena – anche se tu continuavi comunque a tenerne un piccolo angolo tra le dita. “Sa che il protocollo prevede che io prenda visione di ogni missiva entrante e uscente da questa casa?”
Sì, hai supposto da te che la prassi avrebbe previsto più o meno una cosa del genere. Certo è, però, che sentirlo dire ad alta voce… fa un altro effetto. Difatti, nonostante Mann abbia ormai preso la pergamena, anche tu, dal tuo lato, continui a trattenerla. Non vuoi lasciarla andare, no.
… Avresti potuto cambiare alcune parole, rendere la lettera più neutra, meno… personale.
Ma sapevi che, in quel caso, sarebbe stato inutile mandare a Minerva McGranitt una missiva vuota e asettica.
Così hai lasciato la presa. Mann ha piegato ulteriormente il foglio di pergamena e l’ha sistemato in una delle sue tasche.
Poi gli hai chiuso la porta in faccia.
A dirla tutta non ti aspettavi che Minerva ti rispondesse. Eppure l’ha fatto. Sempre Mann ti ha consegnato la sua lettera– già aperta, ovviamente, segno più che evidente dell’intromissione dell’uomo nella tua corrispondenza personale.
E al momento non hai nemmeno pensato, comunque, che quella lettera potesse appartenere alla tua ex collega. Non credevi che ti avrebbe risposto affatto, dopotutto.
“Si è divertito a farsi gli affari miei?” hai chiesto all’Auror.
“I suoi affari mi interessano fino ad un certo punto,” ti ha risposto, “si tratta solamente di lavoro.”
“Lavoro o no, si fa comunque gli affari miei.”
A questo punto hai finalmente preso la lettera dalle sue mani.
“Dovrebbe sporgere un reclamo ai miei superiori, se mai la ascolteranno, Piton.”
“Credo lo farò, Mann, grazie per il suggerimento.”
E gli hai sbattuto la porta in faccia.
A pensarci, credi che non vi siate mai detto un vero e proprio ‘Arrivederci’ o un ‘A domani’.
Quando sei rimasto da solo, in ogni caso, hai spiegato la pergamena. E sì, si trattava effettivamente della risposta di Minerva. Sebbene sia una donna – e su questo non ci piove – non ha scritto nulla di sentimentale o di… beh, tipicamente femminile. In questo siete stati sempre piuttosto simili. Ma non è stata breve e concisa come te, questo no: ha riempito tutta la pagina della sua fitta, minuta e tondeggiante grafia, spiegandoti cosa abbia passato durante tutto quel famoso anno scolastico, come tu, in quel periodo, comparivi ai suoi occhi, come ti abbia odiato, come in qualche occasione abbia desiderato che tu morissi.
Tutte cose molto negative, per farla breve.
Ma poi è andata avanti, spiegandoti la sorpresa provata dopo aver appreso quale fosse la verità, e il fatto che all’inizio non riuscisse ad accettarla comunque, perché, a prescindere da quale fosse stato il motivo del tuo gesto, nessuna spiegazione e riabilitazione avrebbero riportato Albus indietro.
No. Neanche altre persone sono mai tornate indietro, qualsiasi siano state le tue azioni successive.
Eppure, subito dopo, Minerva ha aggiunto che avrebbe preso in considerazione la tua… richiesta di perdono. Non era in grado di accettarlo, ancora, ma sì… l’avrebbe tenuta in considerazione.
Al momento, dopo quanto passato, a te andava benissimo anche così.
Tu non le hai risposto a tua volta. Inviare un altro gufo sarebbe stato superfluo, un mero rimarcare le medesime questioni senza giungere a nessun evolversi della situazione in sé.
Non hai scritto nulla neanche agli altri tuoi ex colleghi. Di specifico non hai nulla da dir loro e poi – supponi – Minerva avrà fatto presente le tue parole, almeno sommariamente, anche agli altri.
Certo, se li ha incontrati. Hogwarts non è ancora stata riaperta, è ancora in ricostruzione…
Non hai dunque più scritto altre lettere, non dando più così motivo a Mann di intromettersi nei tuoi affari personali.
Per cui non hai potuto che definirti estremamente… sorpreso, quando un gufo è arrivato di punto in bianco.
Te l’ha comunicato Mann, porgendoti la pergamena incriminata una mattina d’estate.
… Sì, altri mesi si sono aggiunti a quelli già trascorsi.
Che fosse nuovamente Minerva, magari? Oppure O’Dampand? A giudicare dalla faccia di Mann, visto che lui è già a conoscenza di tutto, non credi che si tratti né dell’una né dell’altra opzione.
Ti ha porto la lettera non appena è entrato in casa, poco prima di andarsi a sedere sul tuo divano. E lui non si è mai seduto sul tuo divano.
“Beh?” gli dici, “lo sa che non è mia abitudine offrirle la colazione.”
Lui apre addirittura le braccia, posandole sulla spalliera del divano stesso.
“Voglio solo vedere la sua faccia,” risponde, “la mia è stata piuttosto… sconcertata. Lo so perché casualmente mi sono specchiato nel vetro della finestra del mio ufficio.”
E, detto ciò, ha fatto un sorrisetto.
“Non credevo lei avesse addirittura un ufficio.”
“Quante scoperte, oggi.”
Salazar, come non lo sopporti.
Solo che quello che ti ha appena detto ti lascia… perplesso. E curioso. Abbassi gli occhi sulla pergamena che tieni tra le mani. Noti il sigillo di ceralacca con il simbolo del Ministero della Magia, rotto.
Che cosa volevano da te, adesso? Avevano cambiato la loro opinione su di te? Erano saltati fuori inutilmente altri testimoni? Avevano saputo che sei migliorato, dal punto di vista medico, e allora avevano deciso di farti scontare ad Azkaban il resto della pena? Volevano quindi inasprirla? E se invece avessero voluto ridurla, non si sapeva per quali altrettanto misteriosi motivi?
Diamine!
L’unico modo per risolvere i tuoi dubbi era semplicemente leggere. E questo hai fatto. Mano a mano che i tuoi occhi scorrevano da sinistra verso destra, la sorpresa si impossessava dei lineamenti del tuo viso. Credi che, a fine lettura, le tue sopracciglia avessero praticamente raggiunto l’attaccatura dei capelli.
“Allora?” ti ha incalzato Mann, ma tu l’hai sentito a malapena.
No, non stavano informando che presto saresti finito in una cella umida, fredda e buia. E nemmeno che ti avrebbero ridotto la durata della pena. No, non c’entrava niente, questo.
“Mi vogliono dare l’Ordine di Merlino,” hai mormorato.
“Noto, almeno, che lei è sorpreso quasi tanto quanto me.”
“Non per i motivi che lei crede. L’Ordine dovrebbero assegnarmelo di prima classe!”
Mentre parlavi hai leggermente agitato la pergamena.
“E invece è di seconda,” Mann si è alzato dal divano, finalmente, e si è diretto verso la porta, che tu sei andato ad aprire prontamente - stropicciando ulteriormente la lettera del Ministero.
“Certo che non le sta mai bene niente!” ha continuato.
“Esatto. Solo i deboli lasciano perdere.”
… E gli hai sbattuto la porta in faccia. Già.
Una volta rimasto solo, ti sei andato a sedere tu, sul divano, e hai tentato di stirare il più possibile la pergamena con una mano. L’hai riletta almeno cinque volte. Non che fosse complicata, non che fosse tanto lunga da richiedere estreme attenzioni per non dimenticare nulla, ma insomma… così era stato.
 
Egregio Sig. Severus Piton,
 
Egregio’, sì…
 
Egregio Sig. Severus Piton,
 
il Ministero della Magia è lieto di informarla che, nella data del 27 di giugno corrente anno, è stata deliberata, previa riunione assembleare del Comitato preposto, l’assegnazione alla sua persona dell’Illustre Onorificenza dell’“Ordine di Merlino - Seconda Classe”.
Tale onorificenza viene conferita a Maghi e a Streghe che si sono distinti per “imprese e rischi fuori dal comune”, e, tra i possibili candidati proposti e giunti all’attenzione del Ministero della Magia e, nello specifico, del Comitato per l’Assegnazione dell’Ordine di Merlino, lei è stato riconosciuto meritevole.
Di conseguenza la invitiamo a presentarsi il prossimo 10 di luglio corrente anno, alle ore 12.00, nella “Sala Merlino e Artù” (Ministero della Magia - quinto livello) per la cerimonia ufficiale di cui lei è ospite.
La aspettiamo e le porgiamo anticipatamente le nostre congratulazioni e felicitazioni, nell’attesa di poterle stringere la mano di persona.
Gradito abito scuro.
 
Cordiali saluti,
 
               Comitato per l’Assegnazione                                          Ministero della Magia
                    
dell’Ordine di Merlino                              (Superl.mo Ministro della Magia Kingsley Shacklebolt)
                     
(Il Presidente Albert J. Alfieston)
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Quanto si nota che certe lettere - o inviti che siano - sono precompilati. Beh, perlomeno, riguardo l’abito scuro, non hai mai avuto alcun problema.
E così, più i giorni passavano, monotoni come sempre, più, però, non riuscivi a smettere di pensare all’evento che avevi in programma. Perché, avevi intenzione di andarci. Potevi? Mann aveva detto che, in simili circostanze, sarebbe stato possibile ottenere un permesso straordinario.
Anche se, a dirla tutta, per un po’ hai anche ponderato l’idea di rimanertene a casa. In fondo - almeno hai supposto - non saresti stato l’unico a ricevere l’Ordine di Merlino, durante la cerimonia, no? Anche altri verranno insigniti di questo titolo. Altri… eroi di guerra, sicuramente.
Appunto.
Ma poi ti sei anche detto che, no, non avresti rinunciato, invece.
Ti ricordi quando, dopo aver consegnato Black - Sirius Black - a Caramell, nel 1994, quest’ultimo ti avesse annunciato che forse sarebbe stato in grado di procurarti un Ordine di Merlino. Certo, prima che Black fuggisse cavalcando l’Ippogrifo di Hagrid.
Il punto era, però, che la sensazione di orgoglio che avevi provato all’idea… ti era piaciuta. Non sarebbe stato male provare qualcosa di simile tutt’ora.
… E poi anche quell’idiota di Allock ne ha uno, santa pace…!
Con un Ordine di Merlino a decorare il tuo nome, sarebbe stato come se la tua persona venisse, in qualche modo… socialmente riabilitata in via ufficiale. Non ci avevi pensato, sul momento. Il che ti ha posto tutto sotto una nuova luce.
Con il processo tutti hanno avuto conferma di quale fosse il tuo ruolo durante l’ascesa del Signore Oscuro. E con la sentenza, irrisoria per uno che doveva essere il braccio destro del mago più crudele degli ultimi cinquant’anni, ti hanno fatto capire che ti hanno creduto. Dovevano punirti perché dei crimini li hai commessi comunque, ma, in fondo, hanno capito chi sei veramente. Più o meno. Con i pro e, soprattutto, con tutti i contro del caso.
Ma, nonostante tutto ciò, non ti hanno espressamente detto: ‘Signor Piton, anche lei ha contribuito alla fine dell’oscuro regime e del periodo di paura in cui abbiamo vissuto. Lei ha operato per il bene. Lei è una brava persona’.
Lasciando perdere il ‘brava’, che stona persino nella tua stessa immaginazione… No, non l’hanno detto. Ma consegnarti un Ordine di Merlino… è come se avessero intenzione di farlo, davanti a tutti, inserendoti nel ‘gruppo’ di chi ‘buono’ lo è sempre stato.
Sì, più o meno, più o meno.
E’… singolare, in ogni caso.
Al che hai pensato nuovamente che fosse meglio rifiutare. O farti spedire l’Ordine di Merlino direttamente a casa.
Ma no, invece. Ti piacciono le celebrazioni alla tua persona, se, ovviamente, non vanno a scavare nel personale e sono fini a se stesse. Quindi ci saresti andato. Fine. Per Merlino - per l’appunto.
 I giorni che hanno definito il passaggio da giugno ai primi di luglio sono stati piuttosto… normali. Hai riferito a Mann la tua intenzione di voler partecipare all’evento, così lui si è prodigato a richiedere il permesso per la tua… trasferta. Trasferta suggeritati dal Ministero della Magia stesso, per cui è stato piuttosto semplice, per Mann, ottenere quanto richiesto.
“Il giudice che me l’ha firmato non sa quante storie ha fatto,” ti ha poi detto lui, “Comprensibile. Ma non poteva non firmare, per cui eccolo qua.”
Sì, beh… ‘semplice’ con particolari a parte.
E così è arrivato il 10 di luglio. 1999, per piacere di precisione. Il clima era afoso anche in Inghilterra, e, nonostante fosse mattina, già cominciavi a sentire caldo. Eri in camera quando hai realizzato che, proprio per via della temperatura, i tuoi soliti abiti non erano proprio così indicati. E no, non il maglione babbano, ma i tuoi vestiti da mago, a collo alto. Ma non ti interessava se la stoffa ti avrebbe pizzicato e dato fastidio sul collo; ora che non porti più le bende, non avresti lasciato la cicatrice alla mercé della pubblica curiosità.
Anche se una parte di essa ti risale fin appena sotto la mascella, quindi in parte è comunque visibile.
Forse più in là l’avresti fatto. Forse dopo qualche mese. Non in quel 10 luglio in cui, come hai sentito dire spesso ai Babbani, saresti stato ‘sotto i riflettori’.
Tu e Mann avete raggiunto il Ministero come decine e decine di persone fanno ogni giorno. Essendo lui molto più pratico di te, di quel posto, ti ha condotto lontano dalla gente. Tanto per evitare che, magari, si realizzasse quella piccola percentuale di possibilità che accadesse come quando hai messo piede nell’Atrium il giorno del tuo processo. L’assalto alla tua persona, per farla breve. Siete passati lungo un corridoio laterale, allora, frequentato quasi per nulla. Avete incontrato solo poche, sporadiche persone, ma ti sei accorto benissimo che ti hanno lanciato diverse occhiate, sebbene tentando di nasconderlo – senza successo.
Non hai detto niente. Hai ricambiato quegli sguardi tentando di rendere il tuo il più tagliente possibile.
Poi siete giunti all’ascensore.
Quando le porte si sono aperte, c’era già un uomo, al suo interno, che non è sceso.
Mann ha premuto il pulsante con il numero cinque. Giusto tre livelli di distanza, dunque.
L’ascensore è partito, e il silenzio ha continuato a farla da padrone, sia tra te e Mann che, ovviamente, tra voi stessi e il vostro… terzo incomodo. Sebbene, pensata così, suonasse immensamente male. Costui era un uomo piuttosto robusto e piuttosto anonimo, con molto collo, gli occhiali, e valigetta da lavoro marrone.
Tutto ciò è durato finché non è stato proprio Mann a rompere quello pseudo-idilliaco silenzio.
“Allora…” ha cominciato, prolungando ben più del necessario, a tuo avviso, la durate del suono della lettera ‘o’, come se stesse cominciando una qualsiasi conversazione da pub tra sconosciuti. Anche se non eravate al pub, perlomeno.
“Allora…” ha dunque detto, “… nervoso?”
Tu sei rimasto con lo sguardo sulle porte di ferro a nido d’ape dritte davanti a te. Si vedeva il muro scorrere al di là di esse.
“No,” ti sei limitato a rispondere, sebbene fosse vero fino ad un certo punto.
Ma questo, ovviamente, non l’hai espresso a voce alta.
“Beh, io al posto suo lo sarei,” ha proseguito Mann, grattandosi appena il mento ricoperto di peluria – l’hai notato con la coda dell’occhio.
“Questo perché lei ha un’indole completamente diversa dalla mia,” hai risposto tu.
“E per fortuna.”
Lo sconosciuto-terzo-incomodo si è schiarito appena la gola. Le pareti, oltre le porte di ferro dell’ascensore – che, a dirla tutta, sembrava molto una gabbia – hanno cominciato a rallentare.
Ti sei voltato verso Mann, allora.
“Lei ha l’indole di coloro che io reputo boriosi e presuntuosi,” gli hai detto con tutta calma, cercando di parlare nel modo più mellifluo possibile, “di coloro che si arrabbiano facilmente e che credono di essere nella ragione ogni singola volta. Non che ci sia nulla di… deprecabile, in realtà. Ma lei ha l’indole di chi questa rabbia non riesce a tenerla nascosta, che esplode subito come un qualsiasi fuoco d’artificio tenuto in cantina per fin troppo tempo. Interessante all’inizio, ma, dopo i primi trenta o quaranta secondi, qualsiasi fuoco d’artificio viene a noia.”
L’ascensore si è fermato.
“Sì, abbiamo un’indole diversa,” hai proseguito, ancora, “io sono più serio, più calcolatore, più freddo, più…” le porte dell’ascensore si sono aperte, la voce di donna ha annunciato il raggiungimento del settimo livello. Tu hai ghignato, guardando Mann, ma, con la coda dell’occhio, anche l’altro uomo. “… più vendicativo.”
Il terzo incomodo è uscito fuori dall’ascensore con passo svelto, neanche ce l’avesse avuto sotto le suole delle scarpe, il fuoco d’artificio.
Poi le porte si sono richiuse e l’ascensore è ripartito in tutta tranquillità.
“Lei, Piton, è crudele, lasci che glielo dica.”
“Avevo intuito quale fosse la sua opinione senza che me la dicesse. E concordo. Divertirsi, in questo momento, risulta quanto mai complicato.”
“Cosa devono sentire le mie orecchie… Avrei preferito essere altrove.”
“Peccato che non possa.”
“Invece sì. C’è stato il… rischio che io non fossi qui, oggi.”
“Ha scampato la morte in qualche modo, ieri sera?”
“Cosa… No, non c’entra. È mia moglie, ha raggiunto il tempo limite, per cui…”
“Ah,” hai semplicemente commentato.
“E sarà una femmina, sa?”
“Se non me lo dice lei, io come faccio a saperlo?”
“Beh, avrebbe anche potuto chiedere, invece di sbattermi la porta in faccia in continuazione.”
“Solitamente faccio domande solamente riguardo fatti o avvenimenti a cui sono interessato.”
E’ calato di nuovo il silenzio, a quel punto; ma chi l’avrebbe mai detto. Sì, beh… Anche se non per molto. Di nuovo.
“Comunque sarebbe stato più divertente, per me, rimanendo in argomento, che mia moglie mi avesse chiamato perché in travaglio e che io avessi dovuto correre al San Mungo.”
Tu hai sbuffato, appena incredulo.
“Divertente un travaglio, come no. Ce la vedo proprio, Mann. È solo perché non vuole stare qui.”
Anche il sesto livello viene superato, nel frattempo, senza che l’ascensore si fermi.
“Oh, quanto è perspicace…”
“E’ solo invidioso, lei.”
“Ah! Ma per favore! Figuriamoci!”
Una breve pausa di silenzio, poi Mann ha ripreso a parlare, per l’ennesima volta.
“Ci sarà anche Serena?”
“Chi?” ti è venuto naturale domandare.
Serena. Come ‘chi’?”
“Ah, O’Dampand.”
“Lei fa schifo, con i nomi.”
“… Come faccio a saperlo? Ancora non ho il dono dell’ubiquità, né quello della chiaroveggenza.”
“Ma le scrive mai?”
Lo hai guardato malevolo.
“Non dovrebbe saperlo meglio lei di me?”
“Ah. Giusto.”
L’ascensore ha raggiunto il quinto livello, e, nell’esatto momento in cui avete messo piede fuori di esso, hai subito cominciato a sentire un vociare proveniente da chissà dove. Quanta gente ci sarebbe stata?
“Io farò anche… schifo con i nomi,” hai, allora, detto per concludere quella conversazione, mentre cominciavate a camminare. Ti sei sentito la bocca stranamente secca, “ma le fa schifo con tutto il resto, eh.”
“Ah-ha, bella battuta, questa mi ha fatto ridere.”
 
Quando hai riaperto la porta di casa, entrando assieme a Mann, avevi ancora al collo la medaglia dell’Ordine di Merlino, con tanto di nastro color viola, che indicava la seconda classe.
“Avrebbe potuto anche rimanere per il rinfresco, sa, Piton?”
“E’ la terza volta che me lo ripete, Mann. Sente la disperazione per aver perso un pasto gratuito?”
“Sì! Sì, è tanto strana come cosa?”
Tu hai sbuffato, alzando gli occhi al cielo e sei andato a sederti in poltrona.
“Se ne torni a casa da sua moglie. Potrebbe entrare in travaglio da un momento all’altro, no?”
“Decisamente. A domani, Piton, non scappi durante la notte.”
“Sarebbe una gran tentazione…”
Non hai detto nient’altro, così Mann se n’è andato, chiudendosi la porta di casa alle spalle, mentre tu, dal canto tuo, sei rimasto in poltrona.
Ti sei tolto la medaglia, allora, e l’hai guardata per l’ennesima volta. Era talmente lucida - e lo sarebbe rimasta sempre, grazie alla magia - che ti sembrava di rifletterti in uno specchio dorato.
Alla fine pensavi che sarebbe andata peggio, la cerimonia; fortunatamente non c’era molta gente, quindi il tutto è stato più… indolore… Hai perlopiù ignorato la presenza delle persone che già conoscevi, le uniche interazioni tra voi sono avvenute semplicemente perché erano gli altri ad avvicinarsi a te per salutarti. Saluti e strette di mano imbarazzati; domande sulla tua salute - “Ti trovo bene rispetto al… all’ultima volta che ti ho visto.” - e tuoi consecutivi borbottii.
Ma almeno ora sei di nuovo a casa.
O’Dampand non c’era. Avrà giustamente avuto da fare con il suo nuovo paziente - supponi l’abbiano assegnata altrove. Sempre che sapesse della cerimonia, certo.
Hai smesso di guardare la medaglia, appoggiando la nuca contro lo schienale della poltrona; hai chiuso gli occhi.
È stata l’ennesima, lunga giornata. Adesso vuoi solo scivolare nell’oblio nero e ristoratore.










Angolo Autrice:

Penultimo capitolo, già.

Beh, che dire, rimandiamo la tristezza al prossimo aggiornamento, altrimenti qui ci si deprime troppo!
Innanzitutto mi scuso per il ritardo mostruoso: come se non bastassero il lavoro e gli impegni vari, ci si è messa anche un piccola dose di blocco dello scrittore. Capita, ma spero di essere riuscita a venirne fuori.
Che dire... Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Come avete notato, Ordine di Merlino, oh yeah! :D Beh, mi è parsa una decisione giusta e ragionevole, se Piton fosse rimasto in vita, che gli venisse conferita una simile onoreficienza.

A tal proposito, nel capitolo, avrete notato il logo del "Comitato per l'Assegnazione dell'Ordine di Merlino": ebbene, l'ho fatto io. Nel canon sapete tutti che non esiste nessun Comitato né nessun logo, per cui, che lo rappresenti, quindi... me lo sono inventato di sana pianta. Spero vi piaccia, non sono una grafica e non so niente di disegno o di modificare le immagini, ma mi sento soddisfatta! (Ah, se l'allineamento dei loghi e delle firme e di tutta quella parte della lettera sono sballati... credo purtroppo che dipenda dalla larghezza del video di ogni dispositivo con cui state visualizzando efp. Io ho fatto del mio meglio, ve l'assicuro!)

Altra cosa: tempo fa vi avevo detto che il nome "Serena O'Dampand" esiste per un motivo ben preciso, che dietro il suo nome e cognome vi è uno studio, non sono semplicemente un nome e un cognome scelti a caso.
Finora nessuno ha indovinato perché la cara guaritrice si chiami in quella maniera specifica e non in un'altra... ma so che sarebbe troppo complicato arrivarci, per cui... Lo svelerò nel prossimo - ultimo - capitolo! Tanto per farvi un'idea, c'entrano gli anagrammi e la mitologia greca. Semplice, no? XD

Che altro aggiungere... Vi ringrazio per le belle recensioni che mi avete scritto, io sono sempre qui ad attendere un vostro giudizio. Sapere che ne pensate di tutto questo mi rende veramente contenta! ... Anche perché avrete notato che non mordo.

Come al solito ringrazio il caro dierrevi, che tanto gentilmente mi ha fatto da beta-reader anche per questo capitolo.

Beh, un bacione a tutti quanti e... alla prossima!
A presto (spero),
Iurin
   
 
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