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Autore: serClizia    19/07/2015    3 recensioni
Mental institution!AU in cui l'ospedale è un po' un purgatorio, un po' l'inferno.
Entrambi saranno costretti a fare i conti con i demoni nella propria testa.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
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6.

Give me the burden, give the blame
I'll shoulder the load, I'll swallow the shame
 
 
 
 
Sam gli saltò praticamente al collo, e già questo era sufficiente a far suonare l’allarme interiore di Bobby. Non che Sam fosse uno stitico emotivo – ci pensava Dean per tutti e due, a quello – solo non era mai stato così… espansivo. Lo pilotò dentro quello che definiva un appartamento, ma che per (i sebbene bassi) standard di Bobby era una topaia. Muri ingialliti dal fumo, sensazione di unto ovunque, quel genere di posto.
“Vuoi una birra?”
“Certo.”
Non fosse mai che Bob Singer rifiutasse una birra. Non con quel caldo di inizio estate che schiacciava i polmoni. Si accomodarono attorno al tavolino consunto della cucina, gambe allungate, birra in mano.
“Allora…”
“Allora…”
Bobby si grattò la barba. “Che combini di bello?”
Non gli sfuggì l’ironia di essere lì per trovare uno al dannato manicomio ed essere intento a preoccuparsi per l’altro, quello che doveva essere a posto con la testa. Ma Dio, il motel era una schifezza, c’erano scatoloni e vestiti ovunque. Sam non era Martha Stuart ma non era nemmeno così… barbone, fu la parola che gli balenò in testa.
“Sto bene,” Sam scrollò le spalle. “Il motel mi paga per fare dei lavoretti. Così non devo preoccuparmi per la camera. Anzi,” sorrise. “Sto riuscendo a mettere qualcosa da parte. Non so quanto Dean starà ancora dentro, ma non voglio correre rischi.”
Certo, sacrificio tipico dei Winchester. Uccidersi pur di salvare l’altro. Un classico.
“Uh. Buon per te. E per il motel, credo…”, si pulì la bocca con la manica. “E tu non hai… nessuno che venga a sistemare qua dentro?”
Sam divenne improvvisamente conscio di quello che li circondava. Dopo un paio di secondi con una faccia da cerbiatto preso dai fari in autostrada, si alzò e cominciò a raccogliere velocemente cose da terra, imbarazzato.
“Sam, non devi…”
“No, no, va bene. Scusa, sono solo… impegnato e…”
Bobby voleva dirgli che non era la pulizia dell’ambiente che lo interessava, era lo stato di degrado in cui sembrava vivere. Non era salutare, non per Sam-precisino-salute-e-vegetali. Prima di… beh, prima di Dean, una volta al telefono gli aveva pure detto di avere cominciato a fare jogging.
Ora l’unica attività di cui Sam sembrava capace era scordarsi di radersi e preoccuparsi per suo fratello.
Imbastì la predica nella sua testa mentre lo guardava cercare – e fallire – di rassettare, ma suonò il telefono prima che riuscisse a pronunciarla.
Sam mollò il fagotto che si era creato in mano e corse al cellulare.
“Pronto?”
Bobby lo guardò passarsi una mano tra i capelli e rilassare le spalle. “Sì, dottor Milton, salve.”
Si voltò verso Bobby con un sorriso. Doveva essere uno dei dottori dell’ospedale.
“No, oggi non ci sarò io, verrà mio zio… sì. No, certo, la prossima settim… Certo, assolutamente. Grazie. Uh, lui come sta? Uh-uh. Okay. Benissimo. E Cas? Uhm, Castiel. No, non so il cognome… ah, non è un suo paziente. Capisco. No, la ringrazio. A presto.”
Bobby lo fissò mentre sorrideva al telefono per qualche secondo.
“Chi diavolo è Castiel?”

Come Sam gli aveva anticipato, trovò Dean e Castiel seduti al tavolino più distante, sotto una delle finestre.
Bobby si guardò un po’ intorno, valutando la struttura. I pazienti sembravano tranquilli, i più problematici accompagnati da infermieri in divisa. Il fatto che Dean non fosse uno di quelli lo rassicurò un poco.
Non era mai andato ad una visita e non era certo dello stato in cui l’avrebbe trovato. Certo, Sam lo teneva aggiornato, ma… beh, era Sam. Il loro amore o quello che era lì rendeva delle fonti inaffidabili.
C’erano anche delle librerie, dei giochi aperti per terra – qualcuno stava giocando a Twister? Divertente – colori, fogli da disegni. Sam aveva scelto bene. Doveva aver fatto un sacco di ricerche prima di scegliere questo.
Quando gli aveva raccontato della nottata in cui Dean era piombato da lui in preda al delirio, Bobby non riusciva a crederci. Dannazione, sapeva che avesse dei problemi, sapeva che John gli aveva scazzato il cervello, ma non immaginava… non immaginava che Sam avrebbe dovuto metterlo a letto, cercare di calmarlo, andare a cercare un fottutissimo sedativo nel mezzo della notte perché non ci riusciva.
Conoscendolo, non aveva dormito niente e aveva fatto ricerche tutta la notte in quel suo piccolo computer per trovare questo posto. Bobby si sentì fiero di lui.
Dean lo notò e gli andò incontro, un grosso sorriso stampato in faccia. Bobby non si fermò, colmò la distanza studiandogli il viso. Gli sembrava il solito ragazzino sbarbato di sempre - gli spaccò anche due o tre costole nell’abbraccio in cui lo aveva avviluppato. Si levò un’altra tacca di preoccupazione.
“Bobby, è bellissimo rivederti, amico.”
Non aveva fatto in tempo a sedersi al tavolino che Dean si era sporto per posargli una mano sulla spalla – Bobby non se ne stupiva, nonostante lo negasse fino allo sfinimento, Dean amava il contatto fisico.
“È bello vedere anche te,” era sincero, e avrebbe voluto dire lo stesso per Castiel, ma il ragazzo sembrava deciso a infastidirlo fissandoli senza battere ciglio.
“Allora…”, distolse lo sguardo dal tipo inquietante. “Che combini? Come si sta nel mondo dei pazzi?”
“Non è la terminologia esatta.”
Uh, quindi il tizio aveva anche la voce e l’intonazione inquietanti, buono a sapersi. Dean doveva proprio fare amicizia con tutti i casi umani, eh? Bobby si ricordava ancora quel pazzo di Benny, alle superiori…
“Cas, è una battuta, tranquillo,” Dean non riusciva a smettere di sorridere, a quanto pare. “Sto bene, stiamo bene.”
“Stiamo?” Bobby lanciò un altro sguardo a Castiel. Anche lui sembrava accigliato.
“Sì, sto bene. Tu? Il garage?”
“Ah, la solita merda,” scrollò le spalle. “Finché ci sono idioti che sfasciano le macchine, siamo a posto.”
Bobby fissò lo sguardo su Castiel e capì perché la sua immobilità gli dava fastidio. John. Quel ragazzo era la copia sputata di John. La rigidità, il modo di parlare… doveva essere stato un militare anche lui.
Gesù se Dean non aveva il complesso del papà. Come si chiamava, Edipo? Al contrario?
“Allora… hai sentito Sam?”
“Sì, ogni tanto mi danno la possibilità di chiamarlo. Se sono stato bravo con la maestra e cose così.”
“Mh-mh.”
“Ultimamente l’ho visto di meno, è tornato a Stanford a fare le sue cose eccetera.”
Bobby sospirò. Sam lo aveva implorato di non dirgli niente, ma… Lo fissò a lungo, mentre pensava ai suoi due ragazzi. Sam, che stava prendendo la cosa peggio di come sperava, che aveva mollato tutto per lavorare in una merda di posto, che nonostante tutto faceva del suo meglio. E Dean, di fronte a lui… che stava meglio di come si aspettava, ma che ripeteva gli stessi schemi affezionandosi a un altro pazzo militare come suo padre. Si sistemò il berretto sulla nuca, e decise di fare quello che faceva sempre: il suo lavoro.
“Sam non vive più a Stanford.”
Dean aggrottò la fronte, il labbro di sotto che si apriva e chiudeva leggermente. “Cosa?”
“Ha lasciato la scuola. Si è trasferito in un motel a un quarto d’ora da qui.”
Le pupille saettavano da un occhio all’altro di Bobby, lo soppesavano per cercare delle bugie, o forse il senso di quello che stava dicendo.
Quando completò l’analisi, si abbandonò con la schiena contro la sedia.
“Perché?”
“Secondo te, idiota?”
“Perché non me l’ha detto?”
Bobby scrollò le spalle. “Non lo so. Per non farti preoccupare, immagino.”
Dean si lisciò il palmo sulla bocca, per un secondo guardò Cas – che sembrava concentratissimo – per finire a tornare su di lui. “Perché me lo stai dicendo? Conoscendo Sam, ti ha chiesto di non dirmelo.”
“Esattamente perché mi ha chiesto di non dirtelo!”
Bobby si ricordava tutte le bugie del cazzo che si erano detti nel corso degli anni. Le telefonate che gli facevano nel cuore della notte per lamentarsi l’uno dell’altro, le litigate furiose, le riappacificazioni. E tutto perché continuavano a mentirsi – anche se sventolavano la bandiera del lo-faccio-per-il-tuo-bene.
“Sono stanco delle vostre bugie. Hai mentito così tanto a te stesso e a tutti che ti abbiamo dovuto ricoverare, dannazione! Non ho intenzione di fare lo stesso errore con Sam. Non sta bene, Dean…”
“Cosa vuoi dire, non sta bene?”
Dean si era proiettato in avanti, Bobby voleva quasi ritirare quello che aveva detto. No, doveva farlo. Faceva schifo, ma qualcuno doveva pur fare il suo lavoro.
“Sono stato a casa sua, prima. Vive nella merda, al buio perché ho notato un paio di lampadine esplose. Lavora per il motel per pagarsi l’affitto. Non vede una bella doccia da giorni.”
“Gesù.”
“Già.”
Dean si portò le mani alla testa, si sfregò i capelli. Bobby tenne a bada il senso di colpa guardando Castiel. Sembrava uguale a prima, magari con gli occhi leggermente più spalancati. Che fosse preoccupato per Dean? Almeno in questo sarebbe stato diverso da John, glielo poteva concedere.
“E Jess?”
Bobby chiuse gli occhi. Sperava di non dover dire anche questo. “A Stanford.”
“Non può aiutarlo? Trasferirsi con lui?”
“Non stanno più insieme.”
Dean batté le mani sul tavolo. “Gesù! Perché non me l’ha detto!”
Bobby guardò con sorpresa Castiel far strusciare le mani sul legno e raggiungere quelle di Dean. Stringerle.
“Probabilmente pensava stessi passando già abbastanza senza preoccuparti anche per lui.”
Bobby spostava la testa a destra e a sinistra da uno all’altro. Sembrava stessero comunicando in qualche modo. Dean mollò le mani e si alzò di scatto.
“Devo chiamarlo.”
Sparì dalla loro vista imboccando il corridoio verso la reception.
Bobby si passò una mano sulla fronte. La rabbia gli gorgogliava nello stomaco, rabbia verso sé stesso dettata dai sensi di colpa, e anche una strana sensazione di allarme.
Castiel lo stava fissando intensamente – si chiese se questo tipo avesse un altro modo di guardare le persone oppure se usasse solo quello.
“Sei preoccupato per lui.”
L'eufemismo del secolo.
“Sono preoccupato per entrambi.”
“Pensi che Sam non sia capace di farcela da solo?”
“Se c’è una cosa che ho capito di Sam e Dean, è che nessuno dei due può farcela da solo.”
Castiel sembrò assimilare la frase, annuì lentamente.
“Penso che questa informazione scombinerà un po’ gli equilibri, adesso.”
Bobby annuì. “È quello che gli serviva. Ho fatto il mio lavoro.”
“Che lavoro?”
Guardò il ragazzo che inclinava la testa di lato. Probabilmente avevano un rapporto strano, lui e Dean. Probabilmente erano qualcosa di più di semplici amici, e li aveva osservati solo per tipo 5 minuti. Quindi probabilmente doveva anche fare quello che non vuole che tu porti la propria figlia al ballo scolastico senza sapere che hai un fucile a pompa nell’armadietto vicino alla porta. Gonfiò il petto.
“Qualcuno deve pur fargli da dannatissimo padre.”
  
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