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Autore: Schwarzfreiheit    22/01/2009    5 recensioni
Non sono brava con i colpi di scena, quindi non ce ne saranno. E' una storia. Dolce, triste, dolorosa. Una storia in cui i protagonisti dovranno crescere, maturare, scoprendo che non sempre è facile, che può essere doloroso, che può fare male. Male da piangere.Che dovranno prendere delle decisioni che, inevitabilmente, coinvolgeranno anche altri. Ma impareranno anche che si può imparare a sorridere di nuovo, anche attraverso alle lacrime che bruciano il viso.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I Die But Please Don't Cry... Ever ECCOMI DI NUOVO QUI CON UNA NUOVA FICTION... DEVO ESSERE ASSOLUTAMENTE SINCERA CON CHI SI TROVERA' A LEGGERLA : IO AMO MOLTO QUESTA STORIA, MA HO AVUTO DEI SERI DUBBI SE PUBBLICARLA O MENO... HO DECISO DI FARLO... HO GIA' IN MENTE COME FINIRA', MA, ESSENDO ANCORA IN FASE DI STESURA, NON SO COME SI SVILUPPERA'...
SPERO CHE POSSA PIACERVI.
DEVO SPECIFICARE ALCUNE COSE, PRIMA DI LASCIARVI ALLA LETTURA : TROVERETE UNA PARTE, IN QUESTO CAPITLO CHE PARLA DELLA MALATTIA. TUTTE LE INFORMAZIONI CHE RIPORTO, E CHE IO RITENEVO UTILI AI FINI DELLA STORIA, LI HO TRASCRITTI DA WIKIPEDIA ... OVVIAMENTE NO SCOPO DI LUCRO.
INOLTRE, LA COLONNA SONORA PORTANTE DI QUESTA STORIA E' UNA CANZONE CHE IO PERSONALMENTE ADORO : SI TRATTA DI "DON' T CRY" DEI GUNS&ROSES, SPERO CHE, CHI DOVESSE NON CONOSCERLA, DECIDA DI ASCOLTARLA, LEGGENDO QUESTA STORIA. IO L' HO ASCOLTATA UN CENTINAIO DI VOLTE SCRIVENDO ED E' STATO ASCOLTANDOLA CHE MI E' VENUTA L' IDEA PER QUESTA FICTION.
OVVIAMENTE NO SCOPO DI LUCRO.

ED INFINE, MA NON MENO IMPORTANTE, SPECIFICO E SOTTOLINEO CHE :
I FATTI NARRATI NON HANNO ALCUNA ATTINENZA CON LA REALTA', NON RAPPRESENTANO NULLA CHE E' SUCCESSO, SUCCEDE O SUCCEDERA'. I PERSONAGGI, LE LORO VITE, I LORO CARATTERI NON MI APPARTENGONO E CHE NON E' MIA INTENZIONE OFFENDERLI, RIDICOLIZZARLI O METTERLI IN CATTIVA LUCE ( DOPOTUTTO SONO IO STESSA UNA FAN ).
TUTTO CIO' CHE LEGGERETE E' FRUTTO DELLA MIA FANTASIA MALATA.
QUALSIASI SIA IL VOSTRO GIUDIZIO,POSITIVO O NEGATIVO, LO ACCETTERO' VOLENTIERI.

A VOI QUINDI L' ARDUO COMPITO DI LEGGERE E RECENSIRE, SE VORRETE.
BUONA LETTURA.


Tardo pomeriggio.
Stava immobile davanti alla finestra.
La neve era scomparsa quasi del tutto, fissava quel cielo bianco, pensando a quel manto candido che sembrava ricoprire tutti i mali della terra sotto la sua coltre soffice, come se non ci fosse macchia al mondo che fosse in grado di sporcarla.
Ma lei sapeva che c’ erano quelle macchie.
Macchie fatte di dolore e sofferenza che nemmeno la neve poteva coprire.
Stava ascoltando “ Don’ t Cry “ dei Guns & Roses …
L’ arpeggio melodico della chitarra invase la stanza, integrato due battute dopo dal suono metallico del basso a cui seguì immediatamente la chitarra elettrica con distorsore ed effetto larsen …
Sorrise.
Era stato Tom ad insegnarle quei termini tecnici e, anche se lei non se ne intendeva molto, le piaceva stare ad ascoltare il ragazzo con attenzione : dalle sue parole traspariva tutto il suo amore per la musica.
Adesso, la voce graffiante e struggente di Axl, seguita dalla batteria, catturò la sua attenzione e lei si lasciò rapire da quella melodia quasi dolorosa …
Quella canzone le faceva male, ma non riusciva a sciogliersi da quell’ incantesimo, dalla voce di Axl che la avvolgeva.
Le stringeva il cuore in una morsa d’ acciaio, le serrava le parole in gola …
Avrebbe voluto urlare.
Nic non sapeva pregare  tanto quanto non sapeva bestemmiare , ma in quel momento, guardando il suo piccolo angelo nero disteso su quel letto, sofferente anche nel sonno, avrebbe voluto saperlo fare.
Entrambe le cose …
Pregare, per lui, perché potesse soffrire un po’ meno e bestemmiare, perché era arrabbiata, arrabbiata con Dio, se mai ce ne fosse stato uno :
non era mai stata una buona fedele, ma la sua già debole convinzione, stava pericolosamente vacillando.
Quale Dio avrebbe potuto fare questo ad una delle sue creature più belle e dolci e …
E basta.
Nemmeno lei sapeva più cosa dire o fare …
Lo amava, e questo era sufficiente a spezzargli il cuore.
Si sedette, i gomiti appoggiati al letto di Bill, osservandolo respirare a fatica, sfiorando piano la sua mano tiepida, i capelli scomposti sul cuscino, cercando di trattenere quelle lacrime che lui detestava vedere.
Ad un tratto lui si mosse piano, voltò il viso verso di lei, sapeva che era lì.
Era sempre lì, ogni volta che apriva gli occhi, non importava che ora fosse, lei c’era.
E questo gli dava la forza e il coraggio per affrontare un’ altra giornata.
<< … Nic … >>
Lei gli sorrise, ricacciando il magone in quell’ angolo di lei che conteneva il suo dolore e la sua rabbia e la sua frustrazione, e posò lo sguardo su quel volto pallido :
<< Bill, come va? >>
<< E’ molto che sei arrivata ? >>
<< No, sono arrivata pochi minuti fa … >>
Bill sbuffò e scosse la testa tra il divertito e lo spazientito.
Le aveva detto mille volte di non stare sempre chiusa dentro quella maledetta stanza, ma lei era sempre lì.
Ciò significava che non gli dava affatto ascolto.
<< Mi stai raccontando una bugia, ma non importa … Lo sai che mi fa sempre piacere trovarti qui quando mi sveglio … >>
Si sorrisero, era bello vederlo sorridere …
La conversazione, quel giorno faticava ad avviarsi, entrambi stavano ad ascoltare l‘ ultima lunga nota di “ Don‘ t Cry “.
Non appena l’ ultima vibrazione della voce di Axl si fu spenta, restarono in silenzio a guardarsi intorno, senza sapere cosa dire all’ altro, c’era dell’ aspettativa nell’ aria, Nic sentiva la tensione, come se da un momento all’ altro dovesse succedere qualcosa e non riusciva ad immaginare cosa.
Ad un tratto Bill parlò.
La  voce sottile, un sussurro che lei non riuscì a decifrare subito, ma quello che aveva intuito non le parve per niente rassicurante …
Aveva detto davvero quello che pensava lei?
Si avvicinò al letto del ragazzo con espressione incerta.
Bill sapeva cosa stava pensando, ma aveva deciso, non sarebbe tornato indietro.
Quando l’ aveva detto a suo fratello, lui lo aveva guardato come se fosse impazzito e gli aveva dato dell’ idiota col suo solito modo di fare brusco che  nascondeva i suoi timori e le sue preoccupazioni.
E in effetti in quell’ ultimo periodo Tom era sempre preoccupato, e Bill si sentiva maledettamente in colpa, sapeva di esserne la causa, ma questa volta non voleva tornare indietro, e se voleva ottenere qualcosa, Nic era l’ unica persona a cui poteva chiedere, sapeva che lei avrebbe potuto capirlo …
Assieme a Tom, era la persona che meglio lo capiva, ma su questa questione, Tom non  voleva sentire ragioni.
Lei lo avrebbe capito …
Ne era sicuro.
Così prese fiato assieme al coraggio, alzò lo sguardo fiero e dolcissimo allo stesso tempo e ripetè la sua richiesta :
<< Voglio uscire di qui, Nic … >>
<< Fa ancora freddo, Bill, e tu non hai abbastanza globuli bianchi per poterti permettere di prendere una polmonite … Non hai abbastanza difese immunitarie … >>
<< Morirò lo stesso Nic, sto già morendo >>
Disse lui guardandola negli occhi
<< Vorrei solo poter vivere, il tempo che mi resta … Vivere, non sopravvivere … Quando arriverà il momento vorrei poterlo fare fuori di qui, magari squassato dalla tosse, ma non sfigurato da delle orribili macchie … >>
Finì la frase tenendo gli occhi bassi.
<< Crederai che io sia solo uno stupido vanitoso … >>
Sorrise debolmente.
<< Hai ragione … >>
No, lei non pensava affatto che lui fosse vanitoso, né tautomero che fosse stupido.
Era un ragazzo intelligente, conosceva i rischi a cui andava incontro, ma detestava stare lì dentro, lei lo sapeva bene.
Vederlo così determinato, e allo stesso tempo così indifeso, le fece decidere lì su due piedi, di fare qualcosa …
La risposta della ragazza lo stupì, si sarebbe aspettato molte cose, ma non che lei gli desse ragione.
<< Alzati, ce ne andiamo da questo posto … >>
Lo aiutò ad alzarsi, era indebolito dalla malattia e da tutto il tempo in cui era stato fermo su quel letto.
Bill si vestì e si sedette su quella maledetta sedia a rotelle.
Lei iniziò a spingerlo fuori da quella orribile, asettica stanza.
Fremette di rabbia al pensiero che il suo Bill, il suo dolce fiore spezzato, fosse stato costretto a restare rinchiuso per mesi in quelle squallide quattro mura.
Appena fuori dalla porta il medico che si occupava del ragazzo li fermò.
<< Dove credete di andare ? Signor Kaulitz, sa che non può uscire … Sarebbe troppo imprudente nelle sue condizioni … >>
<< Noi ce ne stiamo andando. >>
Disse Nic con voce sicura e ferma.
<< Signorina, lei sa che non è la cosa giusta da fare … >>
<< Non me ne frega nulla. Noi ce ne stiamo andando da questo cazzo di posto. >>
Il dottore rimase stupito dalla fermezza della ragazza, sembrava non preoccuparsi minimamente di quello che sarebbe potuto succedere, eppure sapeva esattamente quello che provava per il suo giovane paziente.
Sapeva quante notti lei aveva passato insonne accanto al suo letto.
Sapeva quanto amore avesse in sé, per lui.
<< In questo caso … Dovrete firmare una liberatoria … Lei, signor Kaulitz … Ed anche lei, signorina … Dovete entrambi prendervi la responsabilità delle vostre azioni … >>
<< E’ il modo più strano in cui mi abbiano mai chiesto un autografo … >> Disse Bill con un sorriso nella voce.
<< E per quanto  riguarda il prendersi la responsabilità delle proprie azioni … Mi pare che sia esattamente quello che sto facendo … Mi sono preso le mie responsabilità , e sto pagando le conseguenze … Arrivederci dottore, e grazie … >>
Concluse Bill con un sorriso triste.
Il dottore non potè far altro che lasciarli passare e fermare con un gesto della mano un ’ infermiera che stava per intervenire :
<< Li lasci andare … >>
La voce del medico era stanca e … Commossa.
<< Ma quanto cazzo è  grande questa maledetta clinica ? Questo corridoio sembra non finire mai … Spero che riusciremo a vedere ancora un po’ di neve  … E poi, non ne posso più di stare su questa cazzo di sedia a rotelle ! >>
Esclamò Bill.
Nic lo sapeva, sapeva che Lui voleva uscire di lì, sapeva che voleva camminare sulle sue gambe :
<< Avrò tempo per riposare, dopo … >>
Lui lo diceva spesso.
La ragazza si chinò su di lui, e con il viso all’ altezza di quello del ragazzo, gli disse con tono da cospiratrice all’ orecchio :
<< Sai ? Credo proprio che tu abbia ragione ,,, >>
Detto questo iniziò a correre, spingendo la sedia a rotelle più veloce che poteva, lungo quell’ immenso corridoio.
Bill rideva, le braccia gettate in alto.
Sembrava un bambino felice.
La sua risata rimbalzò su quei muri anonimi, invase la testa ed il cuore della ragazza, che in quel momento desiderò anche lei urlare e ridere e …
Piangere …
Lo amava, amava sentirlo ridere.
All’ improvviso, a pochi metri ,un ’ imponente figura femminile sbarrò  loro la strada.
Nic fece appena in tempo a fermarsi, giusto in tempo per non travolgerla.
<< Signor Kaulitz ! Signorina ! Dove credete di andare ? >>
<< Abbiamo firmato tutto quello che serviva e adesso ce ne andiamo >>
Rispose Bill con un largo sorriso sul volto.
<< Sorvoliamo sul fatto che trovo sia una pessima idea interrompere le cure, ma vorrei ricordarvi che questa è una clinica delle più rispettabili e prestigiose, non credo sia molto educato correre come degli ossessi per i corridoi … >>
Nic la interruppe con la sua migliore faccia da schiaffi :
<< Certo signorina, mi trova assolutamente d’accordo con lei, ci siamo comportati come due ingrati maleducati. Per cui, potrebbe fare una cortesia a tutti gli augusti medici e infermieri di tutta la augusta clinica … >>
L’ironia nella sua voce era palese.
Alzò la voce :
<< … E togliersi dai piedi, permettendoci di abbandonare questa prestigiosa, asettica clinica del cazzo ! >>
L’ infermiera si spostò evidentemente scioccata da quello che,  era chiaro, non ritenesse un linguaggio adatto ad una signorina per bene, e Nic riprese la sua corsa arrestandosi solo una volta uscita dal portone principale.
Si parò di fronte al ragazzo e gli tese una mano :
<< Andiamo, forza! >>
Il suo sorriso si riflesse immediatamente sul volto di Bill, che, presa la mano tesa, la trascinò di corsa giù dalla scalinata, abbandonando la sedia a rotelle e quell’ orribile posto. Chiamarono Tom .
Dall’ altra parte della città, un ragazzo con i rasta scomposti sul cuscino, alzò la testa ancora assonnato.
Non ricordava nemmeno a che ora fosse andato a letto, né aveva idea di che ora fosse adesso.
L’ ultima cosa che ricordava era il sonnifero che aveva ingoiato poi il sonno, indotto dal farmaco, aveva appesantito le sue palpebre e finalmente si era addormentato.
Erano mesi ormai che ricorreva a quelle maledette pillole, per dormire .
Da quando aveva saputo da suo fratello la verità, non era più riuscito a chiudere occhio.
Temeva l’ addormentarsi poiché temeva il risveglio.
Temeva di svegliarsi una mattina e di sentirsi dire che suo fratello non c’ era più, che lui, Tom Kauliz era diventato la metà solitaria di un’ unica anima spezzata.
Ma non dormire non serviva a nulla, e lui lo sapeva bene.
Non era del tutto un cretino.
Ugualmente, non riusciva ad allontanare quella sottile inquietudine che si impossessava del suo cuore ogni volta che chiudeva gli occhi.
Dopo qualche istante di torpore, il suono insolente del cellulare sopra al suo comodino, lo svegliò di colpo.
Anzi, fu il freddo terrore che gli attanagliò lo stomaco a svegliarlo completamente.
- Dio ti prego … Ti prego, non ancora … Non sono pronto … -
Pensò disperato, e con un nodo alla gola, rispose :
<< P, Pronto ? Sono Tom Kaulitz … >>
<< Ma dai ! Ed io che pensavo di aver fatto il numero della Jolie … Come minimo, se proprio doveva rispondermi un uomo, mi sarei aspettato Brad Pitt ! … >>
Rispose una voce lievemente ironica.
Una voce che lui conosceva benissimo.
<< Bill ! Che cosa succede ? Ti serve qualche cosa ? Hai bisogno di me ? Arrivo subito ! … >>
Bill sorrise.
Tom non si era nemmeno arrabbiato per lo scherzo sciocco di poco prima.
Era preoccupato.
Questa semplice constatazione gli riempì il cuore d’ affetto e rimorso.
Detestava sapere di essere la causa di quella preoccupazione.
<< Sì sì Tomi, sono io … Ma calmati ! In effetti ho bisogno di te, ma puoi anche farti una doccia prima e venire alla clinica con calma … Ci vediamo dopo … >>
Chiuse la comunicazione.
- Con calma … - Pensò Tom scuotendo la testa.
Erano mesi e mesi e mesi che Tom non era calmo.
Come avrebbe potuto fare con calma ?
Ogni giorno lo viveva a mille all’ ora per riuscire a fare tutto, non voleva perdere nemmeno un attimo del tempo che gli era ancora concesso di passare con lui.
Comunque si fece una doccia veloce,e si cambiò.
Sapeva che a suo fratello non piaceva vederlo in disordine.
Indossò i suoi enormi pantaloni, ma sopra mise il maglione che lui gli aveva regalato.
Un maglioncino blu a collo alto, un po’ aderente.
Mise il suo cappellino azzurro, il piumino bianco e , dopo aver trovato le chiavi della sua macchina, si diresse verso la clinica.
Nel frattempo, Bill e Nic erano entrati in un bar anonimo, due ragazzi anonimi in mezzo a gente anonima.
Bill aveva solo una sottile linea di matita sugli occhi e un velo di mascara, i capelli lisci legati in una coda bassa, un maglione identico a quello del fratello, ma nero, dei jeans semplici i suoi stivali preferiti e la giacca di pelle nera, lunga.
Nic non era molto dissimile.
I jeans che finivano dentro ad un paio di anfibi alti fin sotto il ginocchio erano strettissimi, e facevano uno strano contrasto con il maglione troppo grande, che le arrivava a metà coscia e le copriva le mani fino quasi alla punta delle dita.
Bill pensò per un attimo che, per i suoi gusti personali, quello non era il massimo dell’ abbigliamento per una ragazza.
Ricordò di averglielo anche detto una volta, prendendola un po’ bonariamente, in giro.
Lei gli aveva risposto con un gran sorriso ed un ‘ adorabile faccia da schiaffi, che lo sapeva e che non le importava niente :
<< Questo è uno dei miei maglioni preferiti, ed io lo metto spesso, e continuerò a farlo, che ti piaccia o no ! >>
Adorava quel suo essere sincera e forte e decisa.
Quel suo non volere assecondarlo ogni cosa dicesse o facesse.
E, doveva davvero ammetterlo, adorava come quel maglione le cadeva addosso.
Era morbido e risaltava il suo seno, e poi, quando lo indossava aveva quell’ aria da bambina.
Lei ci si rigirava dentro, avvolgendoselo addosso come se l’ abbracciasse.
Era così tenera, sembrava così indifesa.
Si sedettero ad un tavolo in disparte, ma da dove potevano controllare la strada per vedere arrivare Tom.
Ordinarono due capuccini, con panna e una spolverata di cacao.
Presero anche due brioches.
Per Nic era un piacere vederlo mangiare così di gusto, e stette ad osservarlo finchè lui non alzò gli occhi, allontanò la tazza dalle labbra e gli chiese con un sorriso :
<< Allora ? Cosa c’è che mi guardi in quel modo ? >>
Poi, intuendone il motivo, per sdrammatizzare la situazione, assunse una buffa espressione preoccupata, e guardandosi il maglione, finse una scenata isterica :
<< Oddio … ODDIO ! Mi sono sporcato il maglione ? ! ? >>
Nic non potè fare a meno di ridere.
Lei e gli altri lo prendevano spesso in giro per quel suo agitarsi ogni volta che doveva fare un intervista o salire sul palco, preoccupandosi di essere perfettamente a posto, e in ordine.
Lo adoravano anche per questo.
A dire il vero, lei Lo Adorava.
Punto.
Finirono il loro capuccino e Nic gli chiese :
<< Cosa ti andrebbe di fare ? >>
<< Bhè … >> Disse lui pensieroso : << Mi sono perso Natale … E anche se ormai siamo quasi in primavera, mi piacerebbe passare una giornata a fare shopping selvaggio … >>
La guardò con un sorriso.
Lei ricambiò e  pensò che, sì, sarebbe stato divertente.
Stava per affacciarsi alla sua mente un pensiero …
Il solito …
Ma non fece in tempo ad elaborarlo, vide il volto del ragazzo illuminarsi di uno di quegli enormi sorrisi e capì che Tom doveva essere arrivato.
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Sorrise Bill.
<< Ok, allora tu aspettaci qui, lo vado a recuperare e arriviamo >>
Non riusciva a fare a meno di preoccuparsi per lui.
Si alzò svelta e uscì dal locale, con addosso il suo piumino lungo, nero che sbatacchiava contro le sue lunghe gambe.
Il ragazzo la vide correre verso il cancello, i corti capelli nero corvino spettinati dal vento.
Nic, ignara di essere osservata così attentamente, stava correndo verso la clinica, sperando di raggiungere Tom prima che riuscisse ad entrarvi.
Sapeva che avrebbe fatto un casino d’ inferno, quando avrebbe scoperto che il fratello non era più loro gradito ospite.
Avrebbe cominciato a sbraitare, e avrebbe minacciato qualche medico e litigato con l’ immensa infermiera.
Immaginò anche che alla signorina in questione, sarebbe potuto venire un colpo secco, sentendo le parole che sarebbero potute uscire dalla bocca del ragazzo, e, a quel pensiero, le venne voglia di permettere a Tom di entrare nella clinica, mentre  lei sarebbe potuta restare appostata ad una finestra ad osservare  il volto severo cambiare tonalità di colore velocemente.
- No, sarei davvero troppo cattiva - Pensò la ragazza, e avvicinandosi veloce all’ entrata della clinica, iniziò a chiamare a gran voce il biondo.
<< Tom ! TOOOOOOOMMMM ! ASPETTA ! >>
Iniziò ad urlare sguaiatamente, e immaginò che da dietro le tendine anonime, la vecchia signorina, stesse scuotendo la testa con aria critica.
Il rasta si voltò di scatto alla voce della ragazza che lo chiamava, e per un attimo il cuore gli si bloccò nel petto.
Poi si dette dello stupido.
Aveva sentito Bill meno di un’ ora prima, e gli sembrava stesse bene …
Non poteva essere successo nulla di grave.
E, calmatosi un istante, ridiscese e attese la ragazza in fondo alla scalinata.
Quando se la ritrovò di fronte, col viso arrossato dal freddo, si rese conto che aveva un ‘ espressione strana, un misto di euforia e colpevolezza, come quella di certi bambini che sanno di aver commesso qualcosa che non si fa, ma che non riescono a contenere la gioia di essere riusciti a compierla.
Iniziò a preoccuparsi di nuovo :
- Tom … Tom, stai calmo, maledizione ! Ti verrà un infarto se continuerai a passare da un’ ansia all’ altra in questo modo … Perfetto ! Ora parlo da solo ! … -
Fece una smorfia a sé stesso.
La ragazza, non immaginando il dialogo personale che l’ amico stava avendo tra sé e sé, pensò che ce l’ avesse con lei, ma si disse che era impossibile, del resto, ancora non sapeva quello che lei e Bill avevano fatto.
No, non ce l’ aveva con lei, ma avrebbe avuto tutto il tempo di lì a poco, quando avrebbe confessato tutto.
Si fece coraggio e alzò gli occhi sul viso del giovane che le stava di fronte e la sovrastava.
Si ritrovò ad incrociare lo sguardo del ragazzo.
- Dio, sono identici ai Suoi … -
Poi, arrossì un pochino, chiedendosi se  a Tom venisse naturale quello sguardo sempre un po’ malizioso.
Ogni volta che si trovava di fronte ad una donna, giovane o meno, assumeva quello sguardo che  lasciava ad intendere pensieri poco … seri.
Lasciò da parte  questa cosa.
Doveva dirgli la verità, e sapeva che quello sguardo sornione, sarebbe sparito per lasciare spazio solo alla furia.
<< Tom … Devo dirti una cosa, ma è meglio se te la dico camminando … Andiamo >>
Lo precedette lungo il sentiero enorme che portava al cancello.
<< Bill , ed io in realtà, abbiamo firmato la liberatoria per lasciare quell’ orribile posto … >>
<< C … COSA ? Quell’ orribile posto, come lo chiami tu, è una delle cliniche migliori del mondo, ci sono i migliori medici che Bill potesse desiderare, le migliori cure i … >>
Ma Nic non riuscì ad ascoltarlo.
Sentiva la rabbia montargli dentro come un fiume in piena che stesse per straripare.
Lo sentì crescere e lo lasciò libero :
<< SI’  TOM ! LA MIGLIORE CLINICA, LE MIGLIORI CURE, I MIGLIORI DOTTORI … MA SONO ESSERI UMANI, NON POSSONO FARE MIRACOLI ! LO SAPPIAMO BENISSIMO TUTTI ! SONO STATI PIUTTOSTO ESPLICITI SU QUESTO PUNTO … >>
Nic si fermò folgorata dal flash back di un ricordo, che la colpì in pieno petto :

… Tom e Nic si trovavano in piedi nello studio del professore che aveva in cura Bill, tesi come due corde di violino, lo sguardo fisso sul volto del medico.
<<  Prego, accomodatevi …  >> Disse l’ uomo indicando le poltroncine davanti alla scrivania.
Nessuno dei due fece un solo passo verso le poltrone, l’ unico movimento che il dottore intercettò fu la mano del ragazzo che prendeva delicatamente tra le proprie dita quelle della ragazza.
Lei non parve nemmeno accorgersi di quel gesto, troppo preoccupata dalle parole che avrebbe sentito tra poco.
Il dottore, capendo che i due giovani non si sarebbero seduti, si mise davanti alla scrivania, appoggiandovisi leggermente.
<< Allora … Immagino che il signor Kaulitz vi abbia informato, ma forse avete bisogno di qualche delucidazione …
Il virus responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita, l’ AIDS, è quello dell’ immunodeficienza umana, ossia l’ HIV.
Al momento non si guarisce dall’ HIV o dall’ AIDS e non esistono vaccini.
L’ infezione da HIV porta all’ AIDS e infine al decesso.
E’ noto che l’ HIV si può ritrovare nel sistema nervoso centrale di individui infetti. Da alcuni dati si ipotizza che la penetrazione del virus possa avvenire in tempi molto precoci dopo l’ingresso nell’ organismo.
Attualmente, l’ infezione da HIV viene trattata con la cosidetta Highly Active Antiretroviral Therapy ( la HAART ) nella quale si utilizzano opportune combinazioni di farmaci antiretrovirali, ossia farmaci che hanno lo scopo di fortificare le difese immunitarie , i linfociti,o globuli bianchi, dell’ individuo. Il suo utilizzo ha consentito di ridurre la viremia, ossia la quantità di virus presenti nel sangue, a livelli bassisimi o non rilevabili consentendo la rigenerazione dei linfociti e la prosecuzione di una vita esente dalle malattie opportunistiche, quelle che, approfittando delle basse difese immunitarie attaccano l’ organismo.
L’ andamento clinico patologico della sindrome è estremamente variabile tra gli individui per il fatto che la progressione dell’ infezione dipende dai fattori genetici sia del virus che dell’ ospite.
Grazie alle cure, la mortalità dell’ AIDS è di molto ridotta, bilanciata però dai problemi causati dagli effetti collaterali dallo sviluppo di resistenza ai farmaci, dalla scarsa aderenza ai regimi terapeutici prescritti.
I primi sintomi dell’ AIDS sono simili a quelli che si sviluppano in soggetti con un normale sistema immunitario.
La maggior parte sono infezioni causate da batteri, virus, funghi, parassiti,e altri organismi.
Negli individui affetti da AIDS, sono comuni le infezioni opportunistiche, quelle di cui vi ho parlato poco fa, e aumenta il rischio di sviluppare varie forme di tumore come tumori del cervello e linfomi, ossia tumori al sangue come la leucemia.
Sintomi comuni sono la febbre, sudorazione specie notturna,ingrossamento ghiandolare, tremore, debolezza e perdita di peso.
La sopravvivenza media con terapia antiretrovirale è  di 4/5 anni dal momento della diagnosi di AIDS conclamato.
Senza il supporto terapeutico, la morte sopravviene entro un anno.
La maggior parte dei pazienti muore per infezioni opportunistiche dovute al progressivo indebolimento del sistema immunitario. >>
L’ uomo aveva usato molti termini specifici, ma aveva cercato di essere il più chiaro possibile.
Non si trovava nella posizione in cui lui si potesse permettere di dare false speranze.
Il medico aveva smesso di parlare per fissare i suoi occhi grigi, che nonostante i termini medici utilizzati fino a quel momento, la ragazza potè notare essere molto umani,in quelli della giovane.
Le sorrise e, cercando di non risultare invadente, cercò di introdurre un’ ultima spiegazione che credeva potesse essere utile.
<<  Dato che lei si trova qui, posso supporre che abbia un legame particolare con il signor Kaulitz … Immagino che siate fidanzati … >>
Nic arrossì leggermente, non le sembrava certo l’ occasione giusta per sviscerare il suo rapporto con Bill, al medico che le stava di fronte, e decise di annuire impercettibilmente, permettendo così al dottore di proseguire la sua spiegazione :
<<  … La maggior parte delle infezioni del virus dell’ HIV, avvengono attraverso rapporti sessuali non protetti. La trasmissione sessuale può insorgere quando c’è contatto fra le secrezioni sessuali di un partner infetto con le mucose genitali, della bocca e del retto dell’ altro. A parte la totale astinenza, è il preservativo, usato correttamente e dall’ inizio della penetrazione, il mezzo più sicuro per la prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale, compreso l’ AIDS.
Al momento che una donna risulta sieropositiva, c’è ovviamente il rischio della trasmissione tra madre e figlio che può avvenire in utero alla fine della gestazione o durante il parto.Anche l’ allattamento al seno rappresenta un rischio di infezione per il bambino. >>
Concluse il discorso, osservando di sottecchi la ragazza che stava ferma davanti a lui, lo sguardo fisso sulle sue scarpe.
<<  Ma dopotutto lei è una ragazza molto giovane, probabilmente avere dei figli non è una sua priorità, in questo momento …  >>
Sorrise il medico, cercando di smorzare un po’ il tono della conversazione.
Tom provò un moto di rabbia.
-  Ma che cazzo sta dicendo questo tipo ? …  -
Con un  ringhio rabbioso si rivolse al medico :
<< E’ giovane, ma, a parte questo, credo che questa non sia la situazione più adatta per pensare di mettere al mondo un figlio ! >>
<<  Tom !  >>
Nic lo stava guardando con gli occhi sgranati.
Si sentiva male, le girava la testa, le sembrava che il mondo le si stesse sgretolando tutto intorno, lasciandole un terreno fragile sotto i piedi e nessuna via di fuga.
Certo, non era stupida, sapeva certe cose, ma si rese conto che leggerle era decisamente diverso che sentirsele dire dal medico che aveva in cura qualcuno che lei amava.
- Si pensa sempre che queste cose non possano succedere a te, e poi … -
La ragazza non riuscì nemmeno a terminare il suo pensiero.
Si sentiva terribilmente incoerente …

Il ricordo svanì all’ improvviso, così come era arrivato.
Si calmò all’ improvviso, si fermò e parlò con voce talmente flebile che il ragazzo dovette fermarsi ed avvicinarsi a lei per sentirla.
<< Non credi che anche io voglia il miracolo, Tom ? Non credi che farei davvero qualsiasi cosa, per ottenerlo ? … Ma non posso fare nulla … Ho solo potuto portarlo fuori di lì … Sai Tom ?
Per quanto sia grande e dorata, una gabbia è pur sempre una gabbia, e anche l’ uccellino più amato e coccolato desidererà sempre poter volare libero, almeno per una volta nella sua vita, anche se il volo potrebbe essere breve … Anche se potrebbe essere l’ ultimo … >>
Tom non seppe cosa rispondere.
Sapeva che quella ragazzina inerme davanti a lui aveva ragione.
Sapeva che Bill non ne poteva più di essere rinchiuso.
Prese la ragazza sotto braccio e disse, semplicemente :
<< Portami da lui >>
E lei lo portò nel bar dove Bill li attendeva impaziente.
Nic si fermò improvvisamente sulla soglia e fece fermare anche il ragazzo :
<< Non prendertela con lui .. E’ così .. Contento di essere uscito da lì … Per favore, Tom … >>
Lui le sorrise, un sorriso un po’ triste, ma Nic seppe che era una risposta positiva.
Tom si sarebbe mostrato felice di sapere che suo fratello sarebbe tornato a casa, non avrebbe fatto scenate.
Inoltre Nic era convinta che, felice, lo fosse davvero.
Sapeva quanto suo fratello gli fosse mancato.
Tom non fece in tempo a mettere piede nel locale che si trovò travolto da un ciclone  fatto di capelli neri, mascara, e un maglione uguale al suo, nero.
Tom lo strinse forte.
Amava quel suo impulsivo, infantile fratello.
Amava la sua spontaneità.
Nic sorrideva, ma si rese conto che ormai non erano più tanto anonimi, un groviglio di rasta, lunghi capelli corvini, giacche e pantaloni enormi, braccia e cappellini, lì in piedi sulla porta, e che tutti li stavano osservando incuriositi.
Dette una gomitata a Tom che disse :
<< Ehm … Andiamo a sederci e prendiamo qualcosa ? Non ho fatto colazione, ho fame ! >>
Si diressero di nuovo al tavolo che Bill e Nic avevano occupato poco prima e  poco dopo, davanti a Tom apparve una brioches enorme e una gigantesca tazza di cioccolata calda.
Gli altri due ordinarono due tazze di the  fumante.
I due gemelli stavano uno di fronte all’ altro e sembravano non volere staccare gli occhi l’uno dagli occhi dell’ altro, si osservavano cercandosi l’uno nello sguardo dell’ altro.
Nic, seduta a capotavola, vedeva i loro profili identici, sentendosi il cuor così gonfio d’affetto e di dolore.
Decise di andare a fare una pausa alla toilette, per poterli lasciare un po’ da soli; quindi si alzò in silenzio e si allontanò.
In realtà i due ragazzi non avevano molto da dirsi.
Sapevano entrambi che non c’erano parole da dire, sarebbero state inutili, nessuno dei due aveva voglia di parole vuote, e Bill aveva una domanda ferma in gola che non riusciva a tirare fuori.
<< S … Sei arrabbiato con me ? … >>
La voce timida, gli occhi bassi, fissi sulla sua tazza di the ormai freddo.
<< No >>
Rispose Tom.
Il moro alzò gli occhi all’ improvviso, in fondo vi era uno scintillio.
<< Allora sei arrabbiato con Nic ? … Non devi ! Lei non centra nulla, lo ho deciso io … Anzi, sì, lei centra … Nel senso che mi ha aiutato, che mi ha portato fuori di lì … Non devi avercela con lei ! >>
Aveva detto tutto in un fiato, alzando un po’ la voce ad ogni parola.
Tom sorrise.
Suo fratello era così trasparente.
<< Bill, calmati … No, non sono arrabbiato con te, né tantomeno con Nic … Anzi, alla fine le sono riconoscente … Io non avrei avuto abbastanza fegato per permetterti di prendere una simile decisione … E’ merito suo se ti riavrò a casa con me … >>
Gli sorrise e Bill sorrise di riflesso, i loro sorrisi identici.
<< A proposito … Credo che dovremmo andare a tirarla fuori dal bagno … >> Rise Tom, e con Bill andarono davanti alla porta del bagno delle donne.
<< Signorina, qui fuori c’ è una fila che arriva fino alla porta del locale, potrebbe cortesemente alzare quelle chiappette secche dal bagno ed uscire ? >>
Disse Tom, trattenendo a stento una risata.
<< Io non ho le chiappette secche ! >>
Disse una voce bellicosa da dietro la porta.
I due ragazzi scoppiarono definitivamente a ridere, lei uscì, attirata a quel suono e si unì alle risate.
Li guardò con affetto e poi si diressero verso l’ uscita e alla macchina di Tom.
Mentre vi si avvicinavano i due ragazzi dietro di lei, chinarono i volti fino ai lati del viso della ragazza e le sussurrarono alle orecchie :
<< Grazie >>.
Orecchie che divennero immediatamente rosse.
Salirono in macchina e si diressero verso casa.
   
 
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