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Autore: RiceGrain    22/01/2009    3 recensioni
“Hey, vieni qua” mi voltai verso di lui e riuscii a scorgere l’ombra della sua chioma scompigliata anche con quell’oscurità. Si era appena svegliato sicuramente e si stava domandando come mai non fossi lì accanto a lui, sdraiata contro il suo petto nudo, così come ci eravamo addormentati.
Piccola One-Shot introspettiva venuta fuori chissà come, chissà perchè dalla mia testa sconclusionata una notte dove l'unico conforto mi era dato da un barattolino di Nutella e The Scientist dei Coldplay.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Hey, vieni qua” mi voltai verso di lui e riuscii a scorgere l’ombra della sua chioma scompigliata anche con quell’oscurità

“Hey, vieni qua” mi voltai verso di lui e riuscii a scorgere l’ombra della sua chioma scompigliata anche con quell’oscurità.

Si era appena svegliato sicuramente e si stava domandando come mai non fossi lì accanto a lui, sdraiata contro il suo petto nudo, così come ci eravamo addormentati.

“Mi piace il vento” gli risposi rimanendo tranquillamente seduta sul davanzale della finestra, le gambe che fluttuavano nel vuoto.

“Hey” continuò lui imperterrito finchè non mi voltai nuovamente

“Non dovrai mai più tornarci..a meno che non sia tu a volerlo”

“E cosa succede se un giorno cambierò idea e tornerò e mi sentirò ancora più ingabbiata di prima?”

“Questa è una di quelle cose che non avverranno mai”

“Non puoi saperlo”

“Nemmeno tu”

Sorrisi ironicamente “Mi conosco”

“Anche io” si mise a sedere sul letto e mi fissò a lungo.

“Tu non hai mai voluto conoscerti davvero. È questo il tuo grande problema”

“Hai voglia di litigare?”

“Lo vedi come sei? Credi di avercela col mondo ma l’unica persona con cui ce l’hai veramente sei solo te stessa”

Sospirai e tirai su le gambe.

“Mi spieghi perché mi stai dicendo questo? Non potresti limitarti alle solite frasi ‘ci sarò io con te, baby’ o meglio ancora continuare a dormire facendo finta di non esserti accorto che mi ero alzata e che me ne stavo a riflettere sul mondo in cima alla tua finestra?”

Scosse la testa, quasi divertito dalla mia domanda e dopo qualche attimo di silenzio aggiunse “Lo sai..puoi anche restare così...potrei scriverci una canzone alla fine su di te che te ne stai seduta sul davanzale a riflettere sul mondo e soprattutto sul modo in cui la maglietta ti lascia scoperto il fianco…è roba che fa impazzire…”

Mi scostai i capelli dalla spalla e lo guardai, stavolta divertita “Così mi vorresti sfruttare per i tuoi scopi commerciali?”

“Ah che brutta parola..lo sai che scrivo solo per nutrire il mio animo di artista tormentato…”

“E il frigo è vuoto da due settimane, vorrei precisare…sai non si vive di solo amore” lo rimbeccai io.

Rise “Di solo sesso, vorrai dire”

“Ah già, dimenticavo che la nostra è una storia che non vede altre mura all’infuori di quelle della camera da letto”

“Era il patto, baby”

“Patto che sono stata io stessa a stilare e che adesso vuoi fare tuo, ma se ben ricordo ‘le romanticherie lasciamole a Jane Austen’ sono parole che sono uscite dalla mia bocca…”

“Eri ubriaca, tesoro”

“Lo sanno tutti che le grandi verità si dicono sotto effetto della tequila”

Un alito di vento mi scompigliò i capelli e rabbrividendo circondai le ginocchia con le braccia.

Restammo per un altro po’ a goderci il silenzio della campagna inglese, ognuno perso in quei sentieri ingarbugliati e spinosi che erano i nostri pensieri.

“Non c’è un altro posto dove vorrei essere adesso..e credo anche domani…più di così non so dirti perché potrebbe essere che fra una settimana, o forse tre, o qualche mese, o non lo so…ma potrebbe essere che io me ne debba andare…e non per qualcosa che avrai fatto o per qualcosa che farò io, ma perché un giorno mi sveglierò e mi troverò a fare le valigie e non potrò farci niente”

“Potrei anche essere lì ad aiutarti a chiuderle se è per questo…”

“Me ne andrei comunque mentre tu dormi, bello…lo sai che sono per le uscite di scena teatrali…”

“Oh certo…”

Sorrisi maliziosamente “e anche perché così il tuo ultimo ricordo di me sarebbe un tantino più piacevole…”

La piega che assunse la sua bocca era una delle cose più eccitanti che avessi mai visto. Era il più palese ed attraente degli inviti.

Mi alzai e con lentezza estrema mi avvicinai al letto sfatto…lui aprì le braccia e mi fece stendere sopra di sé, accarezzandomi lievemente la pelle lasciata scoperta dalla maglia.

“Potrei lasciartene un piccolo assaggio ora..”

Mi abbassai a cercare la sua bocca e quando la trovai deviai impercettibilmente sul mento, scendendo sul collo.

“Non mi scorderò mai di questo odore…” gli sussurrai

“L’odore della tua pelle, del tuo cuscino, delle tue lenzuola, l’odore dei miei capelli sul tuo petto, l’odore delle tue sigarette impregnato dappertutto…l’odore del vento nella brughiera…”

“Non devi scordartene”

Scostò le sue labbra dalle mie e si fece indietro per guardarmi meglio. “Io non lo farò”

Appoggiai la testa sul suo petto e sospirai.

“Perché non ti fermi un attimo?”

Il battito del suo cuore che mi risuonava nelle orecchie era in qualche modo pacifico e agguerrito al tempo stesso.

“Non posso” risposi semplicemente.

“E’ come se la tua mente non smettesse mai di fuggire, come se fossi sempre impegnata a pensare che c’è ancora altro da fare, altri luoghi dove andare…fermati.”

“No…”

“Perché?”

Con un dito gli sfiorai il contorno del petto nudo.

“Non sono felice”

Neanche me ne accorsi che mi stava spingendo via, e solo quando si mise completamente a sedere, mi ritrovai dall’altra parte del letto, raffeddato dalla brezza che entrava dalla finestra aperta.

“Non credo che la troverai mai la tua felicità”

“Beh grazie” risi senza allegria.

“No, no…sei tu quella da ringraziare. Se sei così infelice, prenditela con te stessa, perché è l’unica che ancora non ha capito che deve lasciarti andare”

Lo guardai in silenzio, sinceramente senza niente da dire.

“Guarda, non lo dico per me. Non ho mai detto che saremmo rimasti insieme per sempre. Lo dico per te. Lo dico perché mi dispiace vederti rovinare giorno dopo giorno. Ti stai logorando dentro.”

Dentro di me, in qualche minuscolissimo anfratto, qualcosa cominciò ad incrinarsi.

“Credevi che andando via di casa le cose si sarebbero sistemate..è stato così?”

Voltai la testa, sentendomi ogni istante di più come una bambola di porcellana in caduta libera.

“Perché devi sempre scappare da qualcosa? Perché devi sempre avere quest’agitazione di andare avanti? Non puoi semplicemente fermarti, tirare un sospiro di sollievo e sorridere?”

“Non è così che sono fatta” lo guardai “Non voglio accontentarmi”

Scoppiò in una risata acida “Accontentarti? Ho una notizia per te…quelle come te non la raggiungono mai la felicità e si devono accontentare. Sogni troppo grandi, piccola”

“Tu non ne sai niente dei miei sogni”

Non volevo piangere. Avevo smesso di farlo da anni e non avrei certo ricominciato ora.

“Cos’è che sognavi quando avevi 16 anni e ti nascondevi nel letto? Una vita al limite? Arte, musica, libertà, nessun legame…cosa?”

“Ho un fottuto mal di testa, puoi smetterla di parlare?” mi sdraiai e gli detti le spalle.

Tutto e niente di quello che aveva detto. Le avevo sognate quelle cose, sì. E adesso le avevo. E adesso continuavo a sognare altro, senza darmi pace.

Portai la mano destra sul cuscino accanto al mio viso e fissai il braccialetto d’argento che da 6 anni brillava sul polso. Il giorno che me n’ero andata l’avevo comprato ad una bancarella.

Sarebbe stato il simbolo del non ritorno, del prendere possesso della mia vita.

Adesso mi sembrava soltanto una catenella di metallo senza senso.

 

Lo sentii sospirare accanto a me, prima che si sdraiasse. Nel farlo mi sfiorò la schiena e soffocando il mio orgoglio di donna ferita, mi voltai verso di lui.

“Vuoi che me ne vada?” nell’istante stesso in cui formulai quella domanda, fui attraversata da una scarica di terrore allo stato puro. Se avesse detto sì, sarei morta.

“Vuoi andartene?”

“Non puoi deviare la domanda. Devi rispondere o sì o no. Vuoi che me ne vada?”

“No”

“Tu vuoi assolutamete me in questo momento. Non vorresti essere in nessun altro posto al mondo all’infuori di questo letto insieme a me.”

“Dannazione, sì”

“No, no. Non era una domanda” sorrisi nell’oscurità che cominciava a schiarirsi, lasciando il proprio posto ai preludi dell’alba.

“Era una constatazione.”

Mi avvicinai e gli sfiorai delicatamente una spalla.

“Non sono fatta per i ‘Ti amo’”

“Nemmeno io”

“Se lo fossi stata però, questo è il momento in cui te l’avrei detto” sorrisi.

Non alzai gli occhi per guardarlo ma ero sicura che stesse sorridendo a sua volta, perché passò un braccio attorno le mie spalle e mi strinse forte a sé.

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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