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Autore: Sapphire_    20/07/2015    4 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
"Akashi Seijuro, nonostante avesse a malapena tredici anni, era un tipo che incuteva abbastanza timore.
Saranno stati i suoi occhi – bicromatici, uno rosso e l’altro dorato – oppure quell’aria di superiorità che sembrava intrinseca in lui.
[...]
A lui non importava essere simpatico a chiunque. Il suo unico obbiettivo era vincere. Ed era la cosa che gli riusciva meglio, oltretutto.
[...]
Quello che colpì maggiormente Akashi però non era la figura in sé, ma il fatto che nessuno lo vedesse. Sembrava invisibile: nessuno lo notava, gli si fermava accanto, gli parlava. Sembrava che fosse solo un’ombra.
Ancora prima che ne fosse consapevole, quel ragazzo era diventata la sua nuova preda."
***
Salve a tutti! Questa mini long l'ho scritta più di un anno fa, quando ancora KnB era in corso e le cose che si sapevano su Akashi erano molto meno. In ogni caso, oggi ho deciso di pubblicarla, giusto per condividere questa cosuccia con voi. Spero che l'introduzione vi abbia incuriosito, in questo caso: buona lettura!
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Seijuro Akashi, Tetsuya Kuroko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~Hunting

 

 

[First year]


~Avvistamento

 

Akashi Seijuro, nonostante avesse a malapena tredici anni, era un tipo che incuteva abbastanza timore.
Saranno stati i suoi occhi – bicromatici, uno rosso e l’altro dorato – oppure quell’aria di superiorità che sembrava intrinseca in lui.
Fatto sta che i suoi compagni non si esaltavano molto all’idea di starci assieme.
Ma non era mai solo: si trovava quasi sempre in compagnia di qualche compagno di scuola – popolare come lui – solitamente un senpai, ma che gli portava comunque un rispetto che si poteva definire esagerato. Sembrava che anche i professori si trovassero in soggezione in sua presenza, ma nessuno l’avrebbe mai ammesso.
In ogni caso, ad Akashi non importava di tutto quello.
A lui non importava essere simpatico a chiunque. Il suo unico obbiettivo era vincere. Ed era la cosa che gli riusciva meglio, oltretutto.
Da che avesse memoria, non aveva mai perso. In niente.

Lui amava così tanto vincere – un bisogno normale: vincere è come respirare era solito dire – che non poteva far altro che eccellere anche nello sport che più adorava: il basket.
Neppure in quello aveva mai perso: non erano passati neppure tanti mesi da quando aveva iniziato il primo anno delle medie, ma era già stato messo in prima squadra. Seppur in modo diverso, si poteva definire una vittoria anche quella.
Ed era consapevole che a breve sarebbe passato a capitano della squadra. Una conseguenza normale, pensava lui, ma non credeva che i senpai l’avrebbero vista di buon occhio. Ma a lui non importava.
Quella era solo l’ennesima vittoria.

[Alla fine, almeno una volta, perdono tutti.
Io ti ho avvertito.]

***

Quel periodo era piuttosto noioso, appurò Akashi, poggiato a un albero sul cortile della scuola, mentre beveva una bevanda energetica e si guardava distrattamente attorno.
Non c’era nessun nuovo stimolo, nessuna vittoria da reclamare e fare propria, niente di niente.
I suoi voti erano altissimi come al solito, così anche a basket: stava andando più che bene. Aveva dei compagni interessanti – Aomine era straordinariamente dotato, Midorima (nonostante la sua fissazione maniacale per gli oroscopi) faceva dei tiri da tre straordinari, Murasakibara era più che perfetto per giocare a basket data la sua altezza – ma li aveva giù studiati abbastanza.
Ora aveva bisogno di una nuova preda.
In fondo, ne era consapevole, aveva sempre avuto un po’ lo spirito del cacciatore.
In quel momento era in piena fase avvistamento, che però non riscuoteva molto successo.
I ragazzi di quella scuola erano talmente scialbi che per un attimo lo fecero pentire di essersi iscritto là, ma la sua insoddisfazione fu ben presto spenta sul nascere da un ragazzo seduto in un angolo del cortile, all’ombra, che sorseggiava un milk-shake alla vaniglia con aria pacata e disinteressata.
Quello che colpì maggiormente Akashi però non era la figura in sé, ma il fatto che nessuno lo vedesse. Sembrava invisibile: nessuno lo notava, gli si fermava accanto, gli parlava. Sembrava che fosse solo un’ombra.
Ancora prima che ne fosse consapevole, quel ragazzo era diventata la sua nuova preda.

[Quel ragazzo è una persona, non un animale.
Te ne renderai conto, Akashi-kun.]

***

Aveva fatto varie domande in giro, sempre mantenendo un basso profilo, ed era giunto a conoscenza che il ragazzo adocchiato pochi giorni prima si chiamava Kuroko Tetsuya ed era, come lui, del primo anno.
Doveva ammetterlo, era rimasto stupito quando aveva anche scoperto che il ragazzo giocasse già a basket, seppur in terza squadra – la più inferiore.
Ma quello gli facilitava unicamente il lavoro.
Aveva già in mente il perfetto utilizzo di quel ragazzo in una squadra di pallacanestro, ma…
Esatto, c’era un ma.
Non riusciva a spiegarselo, ma c’era qualcosa che lo bloccava dall’avvicinarsi a Tetsuya – già, nella sua mente lo chiamava già per nome e senza suffissi.
A dirla tutta, all’inizio gli era stato difficile persino notarlo quando era in giro, ma dopo poco ci aveva fatto l’abitudine: niente poteva sfuggire ai suoi occhi.
Però c’era qualcosa che gli impediva di avvicinarsi a lui, come un’aurea che lo proteggeva, uno scudo che non riusciva a scalfire. Ed era quello che più irritava Akashi, da sempre abituato a ottenere quello che voleva, subito e senza alcun dubbio.
Ma allo stesso tempo lo intrigava: perché, in fondo, che altro divertimento ci sarebbe stato in una caccia?
Per ora, pensava, avrebbe cercato di avvicinarsi a lui senza destargli sospetti, perché alla fine, quel Tetsuya, non era altro che un candido coniglietto in una zona di caccia.

[Idiota, pensi di farcela?
Non sai che i conigli sono estremamente abili a sfuggire ai pericoli?]

***

Quasi non ci credeva, pensava Akashi durante la noiosa lezione di storia giapponese.
Era passata solamente una settimana e mezzo, eppure l’occasione di avvicinarsi a Tetsuya si era già presentata, servendosi su un piatto d’argento.
Mentre scribacchiava qualche appunto sul foglio, ritornò mentalmente alla sera prima.
Insieme a Murasakibara e a Midorima si erano diretti alla ricerca di Aomine, il quale quelle ultime settimane sembrava essere scomparso dalla circolazione; e con chi l’avevano trovato?
La risposta era ovvia: nella palestra della terza squadra, insieme a Tetsuya.
Aveva mascherato la sua esultanza in una maschera di semplice curiosità e aveva addirittura finto di non sapere il suo nome. Ma era riuscito nel suo intento: da quel giorno sarebbe andato da lui e l’avrebbe allenato personalmente finché non fosse riuscito a sviluppare quel potenziale che nascondeva dentro di sé.
Perché, in fondo, diceva a se stesso: quel ragazzo mi interessa solo per il potenziale nascosto che si potrebbe utilizzare in partita.

[Questo è mentire a sé stessi,
sai Akashi-kun?]

***

Altre settimane erano passate e ormai Akashi aveva un solo chiodo fisso: Kuroko Tetsuya.
Ogni pomeriggio lo allenava senza sosta in un’unica cosa: i passaggi. Aveva capito che quelli erano il suo punto forte ed era deciso a sfruttarlo al meglio. Era riuscito anche a farlo entrare in prima squadra, ma di quello non aveva avuto dubbi.
In quel momento si trovava nella palestra della terza squadra, pratica poiché non c’era mai nessuno, ad attendere il ragazzino (lo definiva così nonostante avessero la stessa età) che quel giorno sembrava far tardi.
Quando finalmente intravide la chioma azzurrata di Tetsuya, non poté impedirsi un sorrisetto soddisfatto.
«Scusami, Akashi-kun. Il professore mi ha trattenuto per qualche minuto» si scusò Kuroko, un leggero fiatone data la corsa.
Il professore ti ha notato?, pensò Akashi, ma non glielo disse e fece un vago cenno con la testa.
«Muoviti a cambiarti» disse unicamente e Kuroko non replicò: s’infilò velocemente negli spogliatoi e ne uscì poco dopo con la tenuta da palestra.
Akashi si alzò dalla panchina, la palla che gli ruotava sull’indice, e si avvicinò all’altro.
Senza perdersi in chiacchiere inutili, iniziò a spiegargli i movimenti più corretti e più veloci per poter passare la palla ai suoi compagni; iniziò perciò allenamento.

Nella palestra si udiva soltanto lo scalpiccio delle scarpe da basket di Tetsuya, il tonfo del pallone e, di tanto in tanto, la voce di Akashi che gli spiegava nuovamente il movimento.
Non era passato tanto tempo, perlomeno per il rosso, fino a quando Kuroko era già fin troppo affaticato.
Bisogna lavorare di più sulla resistenza, pensò vagamente Akashi, appuntandosi nella mente questo dettaglio.
Ma in quel caso lo fece sedere per riposare un po’, passandogli una bottiglietta d’acqua e un asciugamano bianco.
Lo fissò con gli implacabili occhi bicromatici mentre vedeva le goccioline di sudore scivolargli dalla tempia e il ragazzino asciugarle con aria infastidita, mentre riprendeva fiato e beveva avidamente dalla bottiglietta.
Per qualche attimo il silenzio fu completo nella palestra, ma alla fine venne rotto da Akashi.
«Da quanto giochi a basket?» domandò. Kuroko lo guardò negli occhi con la solita espressione impassibile, poi scrollò le spalle.
«Da vari anni, non ricordo precisamente quanto. Ma lo definirei più un tentativo di giocarci che altro» rispose con tono basso.
Akashi annuì in silenzio, mentre un ghigno poco rassicurante si faceva strada sul suo viso.
Gli occhi gli scintillavano mentre fissava il petto dell’altro abbassarsi e alzarsi velocemente, il viso arrossato e i capelli umidi che erano diventati il chiodo fisso di Seijuro.
Inconsciamente, si passò la lingua sul labbro inferiore, poi spronò l’altro ad alzarsi e a continuare l’allenamento.

Be’, la fase di avvistamento era terminata, a quanto pare. Ora bisognava dare inizio alla caccia vera e propria.


[Ora darai inizio alla caccia, eh Akashi-kun?
Ma stai attento, questa “preda” sarà più difficile del previsto…
Come si suol dire: uomo avvisato, mezzo salvato.]




Angolo Autrice
Eccomi qui signori e signore!
Come accennato nella presentazione, questo è il primo capitolo di una mini long costituita da tre parti che costituiscono appunto i tre capitoli.
Il tema - mi sembra sia abbastanza chiaro - è quello della caccia. Non chiedetemi come mi è venuto in mente, ho scritto tutto ciò un anno fa, ma immagino vedessi molto bene Akashi nei panni di un cacciatore!
Adesso non mi sembra di aver molto da dire, tranne di perdonare e segnalare degli eventuali errori (l'ho riletta ma è possibile me ne siano sfuggiti) e chiedervi gentilmente di lasciare un commentino per sapere se vi è piaciuto il mio lavoro. Non credo che scrivere un piccolo pensiero vi rubi tanto tempo, anche se è per dirmi che la fanfiction è scritta a cavolo e dovrei ritirarmi.
A questo proposito, aggiungo che ovviamente accetto tutte le critiche, purché siano costruttive e/o motivate (della serie: non accetterò un "questa storia fa schifo cancellala perché sì")!
A questo punto posso anche lasciarvi, con la speranza di rivedervi al prossimo capitolo, che dovrei aggiornare tra una settimana.
Un abbraccio a tutti!

Sapphire_

  
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