Aveva una
stretta al cuore, mentre li guardava, mentre guardava quelle
due figuri dai capelli bianchi, dagli occhi argentei...
Un groppo
alla gola le bloccava il respiro ed un'intensa voglia di urlare la soprafava.
Ma come
sempre, non avrebbe urlato. Avrebbe ritrovato la calma, la freddezza che si
addiceva ad una Lady della famiglia Black, alla sposa composta di un Malfoy al
quale non sapeva se era legata per una passione adolescenziale o per la scelta
di suo padre.
Avrebbe
ritrovato la lucidità che i suoi occhi perdevano quando li guardava insieme,
quando sembravano la stessa identica persona in due grandezze diverse.
Provava
orrore.
Aveva
sposato un diavolo dall'aspetto etereo, dai surreali capelli biondi, gli occhi argentei
e la pelle così liscia e bianca da sembrare marmo.
Aveva
creato la sua fotocopia, con gli stessi ideali, con la stessa aria dell'angelo
dannato.
Con orrore
sapeva che la sua creatura si sarebbe ribellata quando sarebbe diventato
abbastanza grande da vedere quanto era orribile non essere se stessi. Avrebbe
capito quanto era orribile essere un manichino a cui avevano fatto indossare
vestiti uguali al padre, degni di un Malfoy, e a cui avevano inculcato ideali
ristretti dei maghi a sangue puro.
E così,
il suo sguardo, lo sguardo della sua giovane creatura, avrebbe mostrato lo
stesso orrore che mostrava lei. Avrebbero avuto lo stesso sguardo, lo stesso
sguardo di chi reprimeva la ribellione che circolava nelle vene per
l'attaccamento a qualcosa di ignoto della vita che
faceva.
-Madre...posso portarmi un falco, ad Hogwarts?-
La sua
creatura, quel bambino che a settembre avrebbe frequentato il primo anno ad Hogwarts, con la voce ancora
bianca, i lineamenti ancora infantili, la guardava aspettando fremente una
risposta.
Lei annuì
appena, mentre un sorriso malinconico le si dipingeva
in volto.
La sua
creatura, quell'angelo dannato in miniatura, tornò
verso il padre con passo fiero.
Il suo
diavolo, il suo lucifero, le lanciò un'occhiata possessiva prima di portare la
sua piccola copia dentro il negozio di animali.
Quasi con
nostalgia ricordava come, appoggiata all'ampio petto marmoreo del suo diavolo,
dopo la prima notte passata insieme, mentre ascoltava il cuore, pensava al loro
futuro.
-Voglio tenere in grembo tuo figlio...- gli aveva sussurrato, baciandolo.
Lui le
aveva passato una mano tra gli ondulati capelli neri e
l'aveva guardata con indifferenza, come se la cosa non lo riguardasse, -come
vuoi...- le aveva risposto in tono neutro. Poi l'aveva baciata di nuovo,
possessivamente, con forza, lo stesso bacio che si ripeteva all'infinito.
E da
quel giorno lei si era immaginata il suo bambino. Se l'era immaginato come in effetti la sua creatura era diventata: la fotocopia del
padre.
Ma ora che
l'amore era passato, l'infatuazione adolescenziale aveva lasciato posto alla
lucidità, alla consapevolezza...e si accorse di aver
creato un bellissimo mostro.
Di aver
sposato un bellissimo mostro.
La sua
creatura sarebbe stata marchiata prima di capire dell'erroe
che stava facendo?
Avrebbe
seguito il Signore Oscuro?
Camminando
con il passo nobile, lo sguardo fiero, era arrivata in prossimità del negozio di animali quando vide il suo diavolo, il suo angelo
dannato, uscire dalla porta senza la sua creatura dietro.
Lo guardò
in modo neutro, con i suoi occhi azzurro intenso che una volta sembravano così
vivi ma che ora erano uno specchio per la propria tristezza interiore.
Il demone le si avvicinò e le sfiorò appena il mento, velocemente. Non
la toccava mai quando non erano nella loro camera da letto, soli.
-Non devi essere triste...- sibilò lui, con voce imperiosa.
Non era un consiglio...era un ordine.
Lei
continuò a sostenere il suo sguardo senza il minimo cenno di aver sentito ciò
che il diavolo in terra le aveva appena detto.
Lui
inclinò appena la testa, inarcando le sopracciglia, scocciato.
In quel
momento la sua creatura uscì dal negozio con una gabbia che tendeva ad essere
più grande di lui. Lei sorrise appena, intenerita.
Si
accucciò vicino a lui, raccogliendo appena la lunga veste rossa, a sistemargli
la cravatta che portava al collo.
Lui sembrò
per un momento infastidito da quelle attenzioni, ma dopo i suoi occhi gelidi si
riempirono di un affetto che non avrebbero mai mostrato davanti al padre.
-Come chiamerai il tuo falco, tesoro?- Domandò, accarezzandogli
velocemente la guancia, sfiorandolo appena.
Il
ragazzino, così dannatamente simile ad un angelo, scrollò le spalle.
Come
poteva far vedere che gli interessava una cosa tanto futile agli occhi del
padre?
-Scegli tu, madre...- disse freddamente, con voce neutra.
-Quando andiamo a casa, tesoro...mentre prepari il baule per Howarts...- rispose lei con dolcezza, alzandosi
elegantemente.
Ripresero
a camminare per le vie affollate di Diagon Alley e la gente che li vedeva lanciava veloci occhiate
rispettose o disgustate.
Ed era
così che la gente vedeva quel trio: due diavoli, due viscidi serpenti dannatamente
belli, con i lineamenti puri, e la bambola che stava nel mezzo, dai lunghi
capelli neri e gli occhi così azzurri e così poco argentei...
una
bambola triste ammaliata dal diavolo ed incapace di uscire dalla sua tela.
...il
dolore al cuore mi perseguita per anni, mio angelo dannato...
...il mio
cuore duole fino a farmi urlare ogni volta che guardo dentro ai
tuoi occhi, ogni volta che torno ai momenti passati insieme, ogni volta
che riscopro di amarti...
...Il mio
cuore brucia perchè io so che non sei fatto per stare
con me...
....Ma sei
diventato una parte di me....Il demone che mi
protegge...