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Autore: PuccaChan_Traduce    20/07/2015    2 recensioni
Bilbo Baggins torna a casa profondamente addolorato dopo la Battaglia delle Cinque Armate. Tutta la Terra di Mezzo ha saputo che Thorin Scudodiquercia e i suoi due nipoti sono caduti in battaglia. Sembra che a Bilbo non resti altro da fare che vivere un’esistenza tranquilla, seppur solitaria; una notte però il Fato, sotto forma di una giovane Elfa incinta, bussa alla sua porta...
Bilbo Baggins, a quanto pare, non è destinato ad avere una vita tranquilla.
Disclaimer: questa fanfiction è una TRADUZIONE che viene effettuata con il permesso del legittimo autore; tutti i personaggi citati appartengono ai rispettivi autori.
QUESTA STORIA È INCOMPIUTA!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bilbo, Kili, Tauriel, Un po' tutti
Note: Movieverse, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autrice: Garafthel (Tumblr / Profilo AO3)
Fandom: Il Signore degli Anelli / Lo Hobbit
Coppie: Kìli/Tauriel; Bilbo Baggins/Thorin Scudodiquercia

~

“Come tua prigioniera?”
“Per essere entrata nel Reame Boscoso infrangendo il mio ordine di messa al bando.”
“Mi trovavo sulla Vecchia Via dei Nani. Secondo i trattati, quella è zona neutrale per i viaggiatori. Non stavo infrangendo niente.”
La rabbia per la condotta irragionevole di Thranduil, l’incredulità per la sua esplicita violazione degli antichi trattati e lo sgomento al pensiero di averlo sfidato ancora una volta torsero dolorosamente le viscere di Tauriel. Sentì che il bambino le si spostava nel ventre, forse infastidito dalla sua agitazione, e si massaggiò la pancia per cercare di tranquillizzare il suo pîn elloth.
Gli occhi di Thranduil seguirono il gesto e l’ombra di un’emozione – tristezza, o forse dolore – gli attraversò il volto. “Di certo capisci anche tu che è per il tuo stesso bene. Se davvero Re Dàin tiene prigionieri i suoi parenti e ha usurpato il trono, non è sicuro per te andare a Erebor nelle tue condizioni.”
“Sono incinta, non invalida.” La prossima volta che qualcuno avesse insinuato che non era in grado di badare a sè stessa solo perchè era incinta, Tauriel gli avrebbe lanciato qualcosa addosso. Possibilmente un coltello.
“Sì, questo è ovvio. E se dici il vero, il bambino che aspetti è il legittimo erede al trono di Erebor. Non capisci che entrare nella montagna sarebbe–?”
Se dico il vero? Come puoi ancora pensare che mento?” Tauriel prese a camminare su e giù per la stanza, addolorata dal fatto che lui la ritenesse tanto indegna di fiducia. Dov’era finito il saggio e delicato sovrano che aveva conosciuto per tutta la vita? Anche nei suoi momenti più autorevoli, Thranduil aveva sempre avuto qualche stratagemma in mente... ma certo, uno stratagemma. Tauriel prese un respiro profondo e lo rilasciò lentamente per calmarsi prima di replicare: “Questo è tutto un piano per far tornare Legolas da te.”
Thranduil sospirò, sollevando con attenzione le lunghe vesti per non calpestare la pozza di vino e schegge di vetro sul pavimento. “È dunque così difficile per te immaginare che potrei preoccuparmi per il tuo benessere?”
“Considerato che mi hai bandita senza minimamente curarti a quale sorte andassi incontro, sì, lo è.”
“Non ho mai voluto che morissi.” Il viso di Thranduil era impassibile come sempre, ma Tauriel credette di notare una leggera nota di rammarico nella sua voce; non abbastanza, però.
“Queste non sono scuse.”
“Non mi scuserò per aver bandito una traditrice.”
Lei chiuse di nuovo gli occhi e trasse un altro respiro profondo. “Stiamo discutendo a vuoto. Puoi anche ritenermi una traditrice, ma sai che non sono una bugiarda. Perchè ti è così difficile credere che non sono stata infedele a Kìli?”
“Elfi e Nani non possono procreare figli insieme. Questo è un semplice dato di fatto. Perciò, il padre del tuo bambino deve essere un Elfo o un Uomo.”
“Invece è possibile. Lord Elrond ha trovato un antico resoconto secondo cui uno degli Elfi di Eregion e una Nana di Moria concepirono un figlio insieme. È già successo.”
Il Re tacque, aggrottando la fronte per un momento prima di ricomporsi. “Eregion? La città fu saccheggiata quasi quattromilacinquecento anni fa. Qualunque rottame di carta Elrond abbia riesumato dalla sua biblioteca, è improbabile che si tratti di una cronaca accurata.”
“Nella pergamena è scritto che la Nana Narvi ebbe un figlio da Celebrimbor. Quando le forze di Sauron attaccarono la città, Narvi fuggì verso est e nulla più si seppe di lei nè di suo figlio.”
“Celebrimbor Curfirion?” ripetè Thranduil; Tauriel non riuscì a decifrare il suo tono di voce. Poco dopo, il sovrano scosse il capo come per scacciare un pensiero impossibile. “Una storia di dubbia provenienza risalente a oltre quattromila anni fa non prova assolutamente niente.”
“Allora, visto che sono una bugiarda, una traditrice e una sconfinatrice, mi permetterai almeno di parlare un’ultima volta con i miei compagni prima di gettarmi in cella?” Tauriel tese verso di lui le mani con i polsi uniti, sollevando le sopracciglia in un gesto di sfida.
Ma Thranduil si accigliò come se gli avesse detto una ridicolaggine. “Sei un ex Capitano della mia Guardia. Non ti insulterò trattandoti come una comune criminale.”
“Perchè no? È stato un trattamento buono abbastanza per il Re di Erebor, non è così? Ed io non sono altro che un umile Elfo Silvano.” Era stranamente liberatorio per lei farsi beffe in quel modo del Re, dopo aver cercato per tanti anni la sua approvazione.
“Considerati un’ospite onorata.”
“Gli ospiti onorati possono andarsene quando vogliono.”
“Basta così. Mi sono stancato di questa conversazione. Ti rivedrò a cena.” Con queste parole, Thranduil se ne andò.
Tauriel sospirò, le spalle incurvate. Era stato liberatorio poter finalmente dire al Re tutto ciò che pensava, ma l’esperienza l’aveva lasciata esausta e svuotata.
“Tauriel.”
Ella trasalì al suono di quella voce inaspettata, per poi rilassarsi quando vide a chi apparteneva. “Bilbo. Avrei dovuto immaginarlo che avresti trovato un modo per essere presente.” Si mosse verso di lui, stando bene attenta a dove poggiava i piedi nudi.
Lo Hobbit sbucò fuori dall’angolo buio in cui apparentemente si era nascosto e le prese una mano, rigirandola tra le sue più minute e scrutandola ansiosamente. “Tutto bene?”
Ancora una volta Tauriel rimase stupita dalla sua quasi magica abilità nel rimanere celato alla vista, perfino a quella più acuta degli Elfi. “Sto bene, mellon,” rispose automaticamente.
“Sul serio, sono sempre più intenzionato a fare a quel Re una bella schiusa di orecchi! È una vergogna, ecco cos’è.”
“Devo ammettere che sono sorpresa che non sei venuto allo scoperto per sbraitargli addosso,” rispose Tauriel divertita suo malgrado.
Bilbo lanciò un’occhiataccia nella direzione in cui Thranduil era sparito. “Non credere che non ne sia stato grandemente tentato. Ma, come ho scoperto dall’ultima volta in cui i miei amici sono stati imprigionati qui, è utile mantenere un pò di segretezza.”
“Bilbo... come hai fatto a rimanere nascosto? Non c’è niente in cui nascondersi in quell’angolo.”
“Ah.” Egli arricciò il naso e distolse lo sguardo, poi sollevò il mento e rispose: “Noi Hobbit abbiamo il passo notevolmente leggero, lo sai.”
Questo non rispondeva alla sua domanda e lei fu sul punto di insistere, quando si udì alla porta un bussare leggero; Rhemyrn non attese risposta prima di entrare nella stanza. “Tauriel?”
Raggelata, Tauriel rivolse a Bilbo uno sguardo terrorizzato; ma non c’era niente che potesse celarlo alla vista di Rhemyrn.
La giovane guardia parve sorpresa nel vederlo, ma si limitò a scuotere il capo prima di affiancare Tauriel. “Il Re ha dato ordine a tutte le guardie che tu venga trattata come un’ospite onorata, ma non hai il permesso di lasciare il palazzo.”
“Ha fatto presto.” Un’ondata di risentimento la travolse. Chissà se il Re aveva avuto una pur minima esitazione prima di dichiararla sua prigioniera?
Bilbo squadrò Rhemyrn con sospetto. “E sarai tu la carceriera di Tauriel?”
Rhemyrn incrociò le braccia sul petto e bisbigliò: “Io sono stata assegnata alla tua custodia, Tauriel.” Poi, con sua grande sorpresa, aggiunse a voce ancora più bassa: “Questo è sbagliato. Ti aiuterò a fuggire.”
Accigliata, Tauriel rispose con lo stesso mormorio: “Rischi l’esilio o anche di peggio se mi aiuti.”
“Non m’importa. Non servirò un Re ingiusto. A dire il vero, è dallo scorso autunno che sto pensando di lasciare il Reame Boscoso.” La guardia lanciò una rapida occhiata a Bilbo e inclinò il capo. “Non tutti approvano l’operato del Re, in particolare i membri della Guardia. Abbiamo perso commilitoni, amici e...” La sua voce si affievolì per un attimo. “...e familiari durante la Battaglia delle Cinque Armate. Anche se alla fine è stata una fortuna che ci trovassimo lì, l’origine della nostra presenza a Dale non fa onore al Re.”
“Hai perduto...?” Ma Tauriel l’aveva già capito, ricordando due teste scure sempre vicine e un sorriso birichino condiviso tra fratelli. “Nae! E uipada mintaur, Rhemyrn.”
La giovane guardia chinò il capo e si portò una mano al cuore. “Le fael.”
Dopo un momento di silenzio, Bilbo si schiarì la gola. “Suppongo che il passaggio nascosto nelle cantine non sia più una possibilità fattibile?”
Rhemyrn prese un respiro profondo e battè le palpebre, cancellando l’aria di vulnerabilità che le era comparsa sul viso. “No, il Re l’ha fatto sigillare subito dopo la fuga dei Nani.”
“Peccato. Immagino sarebbe stato troppo bello per essere vero.”
Lei annuì mestamente. “Conosco almeno una dozzina di guardie disposte a girarsi dall’altra parte mentre voi ve ne andate, Tauriel, ma questo non basterà ad assicurarvi di poter fuggire senza essere visti.”
Bilbo si picchiettò il mento con un dito. “Ciò che ci serve è un diversivo. Qualcosa che distolga l’attenzione degli altri da noi. Oh, cosa non darei per uno dei fuochi artificiali di Gandalf!”
Tauriel lo fissò. “I suoi cosa?”
“Esplosioni di luce che creano forme colorate in cielo, mia cara – li vedremo insieme un giorno, te lo prometto. Ma, a parte tutto, di sicuro Thranduil non può sperare di tenerti imprigionata a lungo, no? Dopotutto sei sotto la protezione di Lord Elrond.”
Questa riflessione era venuta in mente anche a lei, ma il pensiero di essere causa di un conflitto tra Lord Elrond e Thranduil... non riusciva nemmeno a prenderlo in considerazione. “Non vorrei diventare fonte di conflitti tra Bosco Atro e Gran Burrone. No, dobbiamo trovare il modo di risolvere la cosa senza chiamare in causa Lord Elrond. Hai detto di aver bisogno di un diversivo, Bilbo?”
E nonostante la gravità della situazione, sulle labbra di Tauriel spuntò un sorriso. “Penso di avere un’idea.”

~
 
I periodi di lucidità di Kìli si facevano sempre più sporadici. A volte riconosceva Ori o Sigrid e sembrava dar retta a Fìli quando gli spiegava che si trovavano a Dale; molto più spesso però non riconosceva altri che il fratello e pareva convinto di trovarsi ancora in una delle città degli Uomini presso cui si erano fermati durante i loro vagabondaggi. Preoccupato dalla possibilità che non riconoscesse chi gli stava accanto, Fìli trascorreva molto tempo al suo capezzale, cercando di fargli bere del brodo ogni volta che si svegliava.
Kìli aprì lentamente gli occhi e sorrise a suo fratello in maniera confusa. “Fì.”
“Kì. Bevi questo, d’accordo? Ti farà stare meglio.”
Fìli lo osservò sorseggiare il brodo tiepido. Non era ancora chiaro se Kìli si trovasse sotto un incantesimo buono o cattivo. Mentre beveva guardava in giro per la stanza, ma secondo Fìli non si rendeva davvero conto dell’ambiente che lo circondava.
Kìli bevve solo pochi sorsi prima di allontanare la ciotola. “Dov’è Tauriel?”
Anche questo era un ritornello ricorrente. Fìli represse un sospiro e gli rispose, forse per la centesima volta: “Tauriel non è qui.”
Kìli chiuse gli occhi e li riaprì pochi istanti dopo. “Non la sento più. Se n’è andata, Fì.”
Questa era nuova. Fìli aggrottò la fronte cercando di capire cosa stesse dicendo suo fratello. “Che vuol dire che non la senti più?”
“Calore, sicurezza, amore... riuscivo sempre a sentirla... ora non più. Se n’è andata.” Le braccia di Kìli tremarono mentre cercava di mettersi seduto.
Fìli gli mise una mano sul petto per tenerlo giù e rimase sconvolto da quanta poca forza dovette esercitare. Kìli tornò ad affondare tra i cuscini, chiuse di nuovo gli occhi e parve precipitare in un sonno inquieto.
Fìli si portò i palmi sugli occhi, traendo respiri lenti e profondi. Lasciarsi prendere dal panico non avrebbe cambiato niente. Suo fratello aveva bisogno che restasse lucido e trovasse il modo di risolvere quella situazione.
Ci fu un lieve bussare alla porta e subito dopo la testa di Sigrid fece capolino; la ragazza gli sorrise. “Come va?”
Fìli le sorrise in risposta e gli parve che il peso sul suo petto si alleggerisse un poco. “È un’altra di quelle serate.”
Lei entrò nella stanza. “Mi dispiace. Posso badare io a lui per un pò, se vuoi.”
Il Nano esitò. Sigrid lo aveva già aiutato tanto, si sentiva in colpa a chiederle di più.
“Quand’è stata l’ultima volta che ti sei riposato? Non potrai aiutare tuo fratello se collassi per la stanchezza.” La ragazza aggrottò la fronte e incrociò le braccia sul petto; Fìli si sentì ancora più in colpa quando notò che quella posa le metteva in risalto il seno.
“E va bene, farò una breve pausa.” Si passò le mani tra i capelli e sul viso, strofinandosi gli occhi. “Vieni a chiamarmi se dice qualsiasi cosa, o se ti sembra che stia per svegliarsi, o se gli torna la febbre...”
“Fìli.” Ponendogli una mano sulla spalla, Sigrid gli sorrise con i suoi begli occhi azzurri. “Verrò a chiamarti nel momento stesso in cui si verifica un cambiamento. D’accordo?”
“D’accordo.”
Il Nano uscì dalla stanza con riluttanza, tenendo la mano sul pomello della porta anche dopo averla chiusa e cercando di convincersi che non c’era davvero bisogno che rientrasse subito.
“Come sta tuo fratello?”
Fìli trasalì leggermente al suono di quella voce e si rimproverò per non aver notato che Tofa era seduta al tavolo. “Non peggio, ma neanche meglio.”
“Mi dispiace. Che dice il Principe Legolas? Ho provato a chiederglielo prima, ma mi ha ringhiato contro e ha detto che usciva a cercare certe erbe.”
“Non sa perchè Kìli non migliora. O almeno è questo che dice.”
“Non ti fidi di lui?”
Fìli si lasciò cadere su una sedia e si passò una mano sul collo. “È difficile fidarsi di un Elfo per qualcosa di così importante.”
“Ah. Hai qualche ragione di sospettare di lui?”
“No, è solo che... è un Elfo.”
Tofa parve perplessa. “Non capisco.”
“Non ci sono Elfi nel posto da cui provieni?”
“Non proprio. Ho sentito che ce ne sono alcuni nascosti nell’alto deserto. Harad non è il luogo ideale per gli Elfi. Troppo vicino a Mordor.” La Nana fece un gesto di scongiuro a quel nome, simile a quello per il Martello di Mahal che Fìli conosceva, ma con un gesto esterno in più alla fine.
“Immagino ci siano vicini peggiori da avere oltre agli Elfi.”
Lei gli rivolse un’espressione divertita che Fìli contraccambiò; la preoccupazione e l’ansia che gravavano sulle sue spalle parvero alleggerirsi un poco.
“A parte gli scherzi, pensi che possiamo fidarci di lui? Sto cercando di escogitare un piano per quando torneremo a Erebor e tutti gli scenari che sto contemplando prevedono il Principe Legolas.”
“Non ci serve quell’Elfo.”
Senza scomporsi, Tofa alzò una mano e prese a contare sulle dita. “Ci servono tre fattori perchè la cosa funzioni: numero, lottatori esperti, e l’elemento sorpresa. Siamo scarsi di numero, perciò dovremo compensare questo fattore con gli altri due. Tu ed io siamo entrambi lottatori esperti ma ammetto tranquillamente di non sapere niente di ricognizioni, e neanche tu. Quanto al ragazzo, non ha la minima esperienza in combattimento. A questo punto, non so proprio come potremmo entrare a Erebor senza il Principe Legolas.”
Aveva ragione lei, Fìli lo capiva. Non per questo era facile ammetterlo, però. “Lo so. Hai ragione. Parlerò con lui.” Ad un sopracciglio alzato della donna, aggiunse: “Cercherò persino di essere gentile.”
“Bravo.”
Rimasero seduti in un piacevole silenzio mentre Tofa affilava con una pietra una delle spade che avevano sottratto alle guardie durante la fuga. Fìli era quasi sul punto di appisolarsi quando la porta che dava sul cortile si aprì e un’alta figura incappucciata entrò nella stanza; Legolas si tirò indietro il cappuccio e rispose ai loro saluti con un civile cenno del capo.
“Trovato quel che cercavi, Principe?” gli chiese Tofa.
L’Elfo appese il mantello alla porta e si girò, rivelando un gran fascio di piante. “L’Athelas non è difficile da trovare a Dale, considerato che gli Uomini la adoperano per nutrire il bestiame.”
Con questo parve considerare conclusa la conversazione, perchè attraversò la stanza ed entrò senza bussare laddove giaceva l’infermo. Pochi istanti dopo Sigrid uscì con una faccia imbronciata e mormorò loro un ‘buonanotte’ prima di ritirarsi.
Tofa gli rivolse un’espressione significativa e Fìli, con un sospiro, si alzò e si recò a parlare con l’Elfo.
Nella stanza del malato, Legolas stava strappando le foglie alle piantine: un gesto pressochè identico a quello compiuto da Tauriel quando aveva curato Kìli, a Pontelagolungo.
“Tuo fratello non sta migliorando,” disse il Principe di punto in bianco, senza guardarlo.
“Ma neanche peggiorando. Gli ci vorrà solo un pò di più per guarire... non è così?”
“Tu non capisci.” Legolas mise via le foglie e si voltò verso di lui. “Se le sue condizioni non migliorano, il suo corpo avvizzirà fino alla morte. Un corpo mortale non può restare separato dall’anima per tanto a lungo senza subirne le conseguenze.”
No. La parola urlata nella sua mente scosse Fìli da capo a piedi mentre pensava al suo fratellino che gli moriva davanti agli occhi. “Cosa possiamo fare? Non c’è modo di aiutarlo? Proprio nessuno?”
“Il tuo servitore mi ha consegnato la lista di ingredienti alchemici che ha trovato nelle stanze del guaritore Nano. Sono riuscito a mettermi in contatto con una guaritrice della Guardia e a chiedere la sua opinione in merito: lei ritiene che quegli ingredienti servano a creare una pozione che separi l’anima dal corpo, come anch’io avevo sospettato esaminando tuo fratello. Speravamo che, smettendo di assumerla, le sue condizioni sarebbero migliorate, ma è chiaro che così non è stato.”
“E quindi? Di certo avrai un’altra idea. O ti farai semplicemente da parte e lo lascerai morire? In fondo non siamo altro che dei semplici mortali.”
“Non presumere di sapere cosa farò o non farò. Il destino di tuo fratello non riguarda lui solo. O forse hai già dimenticato della connessione tra lui e Tauriel?”
“L’hai già detto, che c’è un legame tra le loro anime perchè sono sposati. Confido che tu sappia di cosa stai parlando, ma devi capire che tutto questo per un Nano è a dir poco strano. Un legame tra anime... e come diamine funziona?”
L’Elfo lo occhieggiò in silenzio, poi si volse verso la credenza, prese una bacinella, la portò sul tavolo e vi mise dentro le foglie.
“Come faccio a capirci qualcosa se non mi dici niente?” Fìli allargò le braccia. “La vita di mio fratello potrebbe dipendere da questo.”
“Non potrebbe. Dipende da questo.”
“Che significa?”
Senza rispondere, Legolas prese il bollitore dal focolare e versò con attenzione l’acqua bollente sulle foglie; subito si diffuse nella stanza un aroma che Fìli poteva descrivere solo come ‘verde’. Quel profumo gli fece tornare in mente le prime giornate di primavera della sua giovinezza, quando i fiori cominciavano a farsi strada nel terreno del piccolo giardino dietro la loro casa a Dunland. Si rilassò suo malgrado e, a giudicare dalla distensione nelle spalle dell’Elfo, non era l’unico a subire gli effetti di quel profumo.
Legolas tolse le foglie dall’acqua e le mise in un mortaio, dopodichè cominciò a pestarle. Mentre lavorava, disse quietamente: “Elfi che hanno un profondo legame tra loro possono formare un faelif, una connessione tra le rispettive anime. Alcuni lo usano per comunicare a grande distanza, ma per lo più si tratta di una sensazione generica sullo stato d’animo dell’altro. Quegli Elfi che riescono a stabilire tale connessione non sono mai davvero soli, non importa quante miglia li separino l’uno dall’altro.”
Fìli fece schioccare le dita. “Ecco perchè Kìli continuava a dire di aver visto Tauriel.”
“L’ha vista? Perchè non me lo hai detto?”
“Credevo che avesse le allucinazioni. E comunque la vedeva prima; ora dice di non riuscirci più.”
Legolas strinse i denti e per un attimo sembrò molto giovane e spaventato. “Non la vede più?”
“È ciò che mi ha detto stasera. Perchè? Cosa significa?”
“Condividere un faelif è una benedizione, ma ti rende anche estremamente vulnerabile. Si tratta di parte della tua anima che si estende nella distanza tra due corpi mortali. E se tale legame viene infranto, può portare conseguenze devastanti. Se tuo fratello non riesce più a vedere Tauriel, potrebbe voler dire che ha perso la capacità di percepirla perchè non è più sottoposto al trattamento del guaritore.” Legolas chiuse gli occhi per un momento. “Oppure che Tauriel è morta.”
Nonostante la propria antipatia per l’Elfo, Fìli non rimase indifferente alla sua angoscia. “Mi dispiace. So che è tua amica.”
“So che era inevitabile, ma speravo trascorresse almeno qualche altro secolo prima che...”
“Prima che?”
“Ancora non capisci? Innamorarsi di un mortale è una condanna per il destino di Tauriel.”
“Per via del legame tra le loro anime?”
“In parte sì. È possibile innamorarsi profondamente senza sviluppare un faelif, e anche in caso di morte di uno dei coniugi l’altro può sopravvivere se il suo fae è forte abbastanza. Ma io conosco Tauriel meglio di quanto conosca me stesso: quando tuo fratello morirà, che sia tra un mese o tra cento anni, si lascerà morire anche lei.”
“Sei innamorato di Tauriel?” Fìli pose la domanda quasi senza pensarci.
Ma invece di andarsene via infuriato, come il Nano si aspettava, Legolas posò con calma il pestello vicino al mortaio, si alzò in piedi, poggiò le mani sul tavolo e rispose: “La amo come una sorella, con tutto il mio cuore. C’è stato un tempo in cui ho creduto di esserne innamorato, ma lei non mi ha mai considerato altro che un fratello.”
“Fratello?” fece Fìli sbalordito.
“Non di sangue. Mia madre adottò Tauriel quando il suo clan venne spazzato via dagli Orchi.”
“Tu hai una madre?” E in quella a Fìli venne in mente un valido motivo per cui non aveva notato tracce di una Regina elfica nel palazzo di Thranduil. “Mi dispiace, non intendevo sollevare l’argomento...”
“Mia madre non è morta. Vive nella foresta, a circa un giorno di viaggio verso nord rispetto al palazzo di mio padre. Loro... hanno avuto un diverbio alcuni anni fa riguardo... beh, non importa. Comunque sì, mia madre è viva e prese Tauriel con sè quando rimase orfana. Tauriel è quel che di più simile ad una sorella io possa avere.”
“Hai detto che tuo padre l’ha esiliata.”
“È così.” Legolas gli rivolse un sorriso tirato. “Avrai notato che non risiedo più nel regno di mio padre.”
“Ah.” In effetti Fìli si era posto delle domande in merito.
“Ora, quale sarà il piano quando noi rientreremo ad Erebor?”
“Noi?” Fìli scosse il capo, certo di aver capito male.
“Se Tauriel è ancora viva, per salvarla dovremo salvare Kìli; e per salvare lui, dobbiamo scoprire cosa gli ha fatto di preciso il cosiddetto guaritore di Dàin.” Legolas si portò una mano sul cuore e chinò graziosamente il capo. “Fino a che non avremo successo o moriremo nel tentativo, considerami ai tuoi comandi.”

~
 
I piani erano stati approntati, le trame erano state intessute, i cospiratori erano stati radunati. Mentre la compagnia si preparava a declinare l’invito di Re Thranduil ad essere suoi ‘ospiti onorati’, Bilbo aveva colto l’occasione per scrivere due lettere. La prima era stata affidata a Elladan, che si era recato in ricognizione a Bosco Atro in compagnia di una guardia che Rhemyrn aveva portato dalla loro parte.
La seconda sarebbe stata consegnata la mattina della loro partenza. Quando fu soddisfatto della stesura, Bilbo la mise in una busta che sigillò con una goccia di cera fusa in cui impresse il simbolo della ghianda inciso sui bottoni del suo panciotto, quanto di più simile ad un sigillo ufficiale Baggins che si potesse trovare.
La missiva era indirizzata a ‘Re Thranduil Oropherion, presso le sale di Bosco Atro, Terre Selvagge, Rhovanion’, e vi era scritto quanto segue:

Vostra Maestà,
vi scrivo questa lettera in qualità di amico di Tauriel di Imladris, un tempo di Bosco Atro e presto (si spera) di Erebor. Conosco Tauriel da circa quattro mesi, senza contare il tempo da lei impiegato per recarsi da Erebor a Mithlond e da lì nella Contea. Un viaggio della disperazione, intrapreso a causa della vostra crudele decisione di bandirla dall’unica casa che lei abbia mai conosciuto – nonchè della vostra totale mancanza di interesse per il suo benessere.
Non discuteremo qui se la sua messa al bando sia o meno giustificata, poichè sono certo che non ammetterete mai che non avreste dovuto condannare Tauriel solo per aver voluto salvare la vita dell’uomo che ama, così come sono certo che vi rifiuterete di riconoscere che lei e Kìli sono sinceramente innamorati. Eppure io sono stato testimone della nascita del loro amore e raramente ho osservato due persone più devote l’una all’altra, per quanto tutto il resto del mondo sembrasse contrastarli.

Ma sto divagando. Non scrivo questa lettera con lo scopo di convincere il vostro freddo e arido cuore della sincerità dell’amore tra Kìli e Tauriel; so che sarebbe un tentativo vano da parte mia. E in fin dei conti, il fatto che le azioni di Tauriel e il suo allontanamento da Bosco Atro possano essere scusabili o passabili di tradimento non conta. Ciò che conta è che voi, dopo aver accolto ed allevato questa giovane fin dalla sua infanzia, le avete voltato le spalle alla prima occasione in cui ha osato ribellarsi al vostro volere.
Voi, Maestà, siete veramente un pessimo padre.
Non dubito che abbiate parecchie giustificazioni sul perchè non possiate considerarvi il vero padre di Tauriel; ma io rispondo che queste sono sciocchezze e bazzecole, e aggiungo che dovreste vergognarvi. Forse non sarete il suo padre biologico, ma vi siete assunto delle responsabilità nei suoi confronti quando l’avete adottata, e in questo avete fallito in ogni minimo aspetto.
È del tutto possibile che a questo punto abbiate smesso di leggere questa lettera. Probabilmente l’avrete gettata nel fuoco e vi sarete versato un altro bicchiere di vino. Tuttavia ritengo sarebbe negligente da parte mia non cogliere quest’occasione per porgere i miei ossequi alla Regina Meriliel. Spero un giorno, presto, di poter fare la vostra conoscenza di persona, mia signora.
Sinceramente,
Bilbo Baggins

~
 
Thranduil aveva realmente interrotto la lettura a metà per versarsi un altro bicchiere di vino ma, contrariamente alle previsioni dello Hobbit, non aveva gettato la missiva nel fuoco. Aveva terminato di leggerla camminando avanti e indietro nella sala del trono, all’inizio con un certo divertimento per poi passare ad una collera crescente. Di fatto aveva già iniziato a comporre mentalmente una graffiante risposta prima di arrivare all’ultimo paragrafo.
Rimase un attimo perplesso prima di stabilire che forse lo Hobbit non sapeva della lunga assenza di Meriliel; o forse aveva inteso quei saluti come insulto finale ai suoi danni, sia come padre che come marito.
Thranduil gettò le pagine, dopo averle accartocciate leggermente, sulla seduta del trono. “Fà venire uno scrivano,” ordinò alla guardia più vicina, “desidero dettare una lettera.”
Aveva appena finito di trasmettere l’ordine quando si udirono dei passi e un messaggero attraversò rapidamente il ponte prima di inginocchiarsi davanti a lui. “Vostra maestà.”
“Parla,” ordinò Thranduil levando una mano con fare indifferente. “Che notizie porti?”
“Vostra maestà, si tratta della Regina.”
Una fanfara risuonò dai cancelli principali, segno che la Regina stava per entrare; quella musica non era più stata udita nelle sale del regno di Thranduil da più di centocinquant’anni.
Meleth nin...” egli sussurrò.
Sopraffatto dall’emozione, Thranduil si lasciò cadere sul trono più pesantemente di quanto avesse voluto; le carte sotto di lui crepitarono quasi con un suono d’accusa.
“La Regina Meriliel è tornata!”

~
 
Tauriel non potè fare a meno di notare che quella mattina Bilbo sembrava estremamente soddisfatto di sè stesso.
La compagnia era sgusciata fuori dal palazzo usando un’uscita posteriore che, come Rhemyrn li aveva rassicurati, era pattugliata da guardie disposte a chiudere un occhio alla partenza dei loro ‘ospiti onorati’. Speravano che il trambusto causato dal ritorno della Regina Meriliel avrebbe distratto tutte quelle fedeli al Re abbastanza da permettere loro di allontanarsi a sufficienza. Era un piano ardito che dipendeva in gran parte dalla fortuna; eppure, ben prima che potessero ritenessero al sicuro, Bilbo pareva quasi scoppiare dalla soddisfazione.
Tauriel aveva i suoi sospetti sull’origine di quella sua espressione così compiaciuta.
Una volta che si furono allontanati abbastanza da potersi fermare per abbeverare i cavalli, lo prese in disparte e gli chiese: “Rhemyrn mi ha detto che hai consegnato a Elladan una lettera per la Regina. Cosa le hai scritto?”
“Oh, conosci noi Hobbit. Raramente parliamo di cose davvero importanti,” si limitò a rispondere Bilbo con un sorriso raggiante. “Fosse per noi, trascorreremmo tutto il giorno a spettegolare sulle nostre famiglie!”
 
~~~
(glossario)
Nae! E uipada mintaur --> Ahimè! Possa egli camminare per sempre nella foresta
Le fael --> ti ringrazio (letteralmente, "Sei generosa")

Tolkien non ha mai scritto niente sulla moglie di Thranduil e madre di Legolas; le informazioni contenute in questa storia sono state totalmente inventate dall'autrice (QUI potete leggere la os relativa, se vi interessa).
  
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