Angolo Autrice.
Buongiorno e buon lunedì! Per iniziare questa settimana con
tutti i buoni propositi possibili, cosa c'è di meglio di un
po' di tenerezza et dolciosità dei piccoli Sesshoumaru e
Kagome? :D Come sempre, un grazie infinito a chi legge e un grazie in
particolare a sesshyekaggy,
_sesshomary
e Bruna_e_Julia
per aver recensito lo scorso capitolo - grazie mille per i complimenti
e le gentili parole, care ♥
Con la speranza che anche questo capitolo sia all'altezza delle aspettative, per quanto possa essere "di passaggio", vi lascio alla lettura! Sempre vostra,
Niglia.
______________________________________________Con la speranza che anche questo capitolo sia all'altezza delle aspettative, per quanto possa essere "di passaggio", vi lascio alla lettura! Sempre vostra,
Niglia.
{5}
Awakening
Lo strano sogno si
sbriciolò in frantumi di oro, argento e oscurità,
svanendo con le prime
avvisaglie del risveglio.
Quando Kagome
aprì gli
occhi comprese subito di non trovarsi nella sua camera: prima di tutto,
Buyo
non stava dormendo accanto a lei; e seconda cosa, c’era una
notevole carenza di
rosa.
Mettendosi a sedere e
guardandosi intorno con aria piuttosto disorientata, la bambina prese
lentamente coscienza dei suoi dintorni. Innanzitutto, era in una tenda:
lo
sapeva perché suo padre l’aveva portata in
campeggio, qualche volta. Si trovava
poi su quello che, all’apparenza, doveva essere un futon
composto quasi
esclusivamente da pellicce folte e calde, e più in
là, ordinatamente riposti
per terra una di fianco all’altra, c’erano tre
spade.
La domanda era: come ci
era arrivata? Si ricordava vagamente di aver inseguito Buyo fino al
tempietto
dietro casa, di essersi arrampicata sul pozzo, e di esserci caduta
dentro
quando le assi che lo ricoprivano avevano ceduto, completamente marce,
sotto il
suo peso… il che le fece realizzare che sua madre non ne
sarebbe stata per
niente contenta... ma, comunque, adesso dov’era?
Avrebbe dovuto attendere
per ricevere delle risposte adeguate, poiché dei rumori
attutiti – bisbigli e
fruscii e strani tonfi – iniziarono a provenire
dall’esterno, seguiti
immediatamente da una mano che si insinuava tra le pieghe della tenda
sollevandone un lembo.
Sulla soglia apparve allora
un giovane dall’aria familiare, e che tuttavia le sembrava
decisamente alieno.
Portava lunghi capelli argentei raccolti in una treccia che pendeva con
noncuranza su una spalla, indossava un haori color avorio con dei fiori
lilla
ricamati sul bordo delle maniche e sul colletto, e un paio di hakama di
un
profondo blu scuro. Ma ciò che attirò davvero la
sua attenzione, al di là di
quell’abbigliamento prezioso e ricercato, furono i strani
marchi che portava
sul volto: in tutti i suoi lunghi sei anni di vita Kagome non aveva mai
visto
nessuno andarsene in giro con delle righe cremisi sugli zigomi e una
mezza luna
al centro della fronte – e quel portamento severo e compunto,
poi!
D’altra parte,
non aveva
mai neanche visto delle mani dotate di artigli e occhi d’oro,
da gatto, sul
viso di nessuno. Forse era qualche sorta di travestimento?
A quel punto qualcosa
rimbalzò ai confini della sua coscienza e la bambina
trattenne bruscamente il
fiato, sgranando gli occhi e puntando un dito verso di lui.
«Ma tu eri un
sogno!»
Esclamò, decisamente confusa. Doveva per forza averlo
sognato quel ragazzo che
l’aveva portata fuori dal pozzo con un solo salto, no? E se
lui ora le stava
davanti, voleva forse dire che stava ancora sognando?
Illuminandosi di speranza
alla possibilità e senza aspettare una risposta da lui, la
bambina prese a
pizzicarsi violentemente sul dorso della mano, certa che una volta
sveglia
sarebbe stata nuovamente nella sua cameretta rosa. Ma al primo sibilo
di dolore
il ragazzo scattò al suo fianco, prendendole la mano tra le
sue con un ringhio
soffocato e guardandola come se fosse pazza.
«Smettila, ti fai
male»,
l’ammonì severamente.
Ma Kagome era distratta
dal tocco decisamente solido delle loro mani intrecciate, e
realizzò a quel
punto che qualcosa di grave era realmente accaduto.
«Tu…
tu sei vero», balbettò.
E scoppiò in lacrime.
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