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Autore: O n i c e    20/07/2015    4 recensioni
Regnava l’oscurità, ma non per lui. Regnava il silenzio, ma non per lei. Gli occhi e le orecchie della Setta erano lì, insieme.
«Non finirà oggi. Non per gli Assassini.» disse Altair con voce profonda.
«Ma per noi sì, vero?» si stupì nel sentire nuovamente la sua stessa voce.
«Conosci già la risposta». Le sollevò il cappuccio sorridendo mestamente.
La Mela. Essa li avrebbe distrutti, se già non l’aveva fatto.
Genere: Avventura, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Malik Al-Sayf , Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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XVI
Iniziazione








 
 
 
Nonostante fosse passato un intero giorno da quando si erano salutati, Nadirah percepiva ancora il suo odore addosso.
Era stato via per oltre un mese e in quel periodo si era preparata decine di discorsi da fargli. Eppure nel momento in cui l’aveva rivisto le erano mancate tutte le parole e, segregando per un attimo il suo autocontrollo, gli si era gettata tra le braccia dimostrandosi una ragazzina sentimentale. Se n’era vergognata subito, ma le parole che Altair le aveva rivolto un attimo dopo le avevano fatto scordare anche il minimo imbarazzo.
Aveva trascorso tutta la mattina a rotolarsi tra gli enormi cuscini del suo letto e ripensava a ciò che le aveva detto l’Assassino, ma soprattutto al comportamento che aveva avuto con lei: non le aveva staccato gli occhi di dosso per tutto il tempo, con uno sguardo che, come sempre, non riusciva a decifrare.
Si era sentita lusingata e aveva l’impressione di sentire ancora la stretta di Altair sul polso quando, prima che andasse via, l’aveva trattenuta per un attimo incrociando i suoi occhi e poi aveva mollato la presa congedandola con un “va’ pure”.
Nadirah sorrise per l’ennesima volta con lo sguardo perso nel vuoto, prima di riprendere il controllo dei suoi pensieri e decidere di alzarsi. A giudicare dall’altezza del sole sull’orizzonte doveva essere quasi l’ora nona1, e ciò significava che aveva sprecato gran parte della giornata.
Fantastico. Pensò con sarcasmo prima di avvicinarsi allo specchio; si osservò per un attimo e si rese conto di aver bisogno di un bagno caldo.
Raggiunse la sala termale carica di teli e vesti pulite e non si sorprese di trovarvi Delen, immersa nell’acqua fino alle spalle, intenta ad accarezzarsi il ventre ancora piatto dentro cui stava crescendo una nuova vita.
«Salute e pace Delen» la salutò e ridacchiò quando la vide sobbalzare per la sorpresa. «Scusa, non volevo spaventarti» aggiunse.
«No scusa tu. Ero sovrappensiero e non mi sono accorta del tuo arrivo» spiegò la rossa sistemandosi qualche ciocca che le sfuggiva ribelle dalla crocchia con cui si era legata i capelli, «È da molto che sei qui?» chiese.
«No, sono appena arrivata.» le rispose Nadirah spogliandosi e raggiungendola nella vasca mugolando di piacere a contatto con l’acqua calda.
«Poco fa c’era qui Rasha…»
Nadirah annuì. «Sì, l’ho incontrata un attimo fa sulle scale, mi ha detto che ti avrei trovata qui. Come ti senti?»
«Grazie all’intruglio che mi prepara Amani che devo prendere mattina e sera, nausee e giramenti non ne ho, però quella roba è davvero disgustosa da bere.» le disse assumendo un’espressione schifata.
«Non ne dubito, ne so qualcosa anch’io. E spero di non essere più messa male al punto di dover prendere qualche altro dei suoi preparati. Chissà cosa ci metterà dentro!» esclamò facendo scoppiare l’amica a ridere.
«E invece tu come ti senti?» chiese Delen, sposando l’oggetto della conversazione a Nadirah.
«Riguardo a cosa?»
Delen si strinse nelle spalle. «In generale… Ieri notte ho sentito ritirarti in camera tardi, ho pensato che magari fossi stata impegnata altrove…» osservò maliziosa.
«Delen!» Esclamò scandalizzata e si apprestò a spegnere qualsiasi sospetto della ragazza, «No, no! Ma che ti viene in mente? Non è successo nulla di ciò che pensi tu… In realtà non è successo proprio niente, ci siamo solo salutati, tutto qui» ammise con un sospiro.
«Sicura?» insisté.
«Sì» soffiò dalle labbra.
«E ti dispiace?»
«Perché dovrebbe?»
Questa volta fu Delen a sospirare. «Perché, come l’ho nominato la prima volta che sono venuta a trovarti in infermeria, mi hai lanciato uno sguardo che temevo mi avresti sbranato.» disse ridacchiando.
«Dove vuoi arrivare?» chiese, capendo che con quella frase Delen aveva intuito molto più di quanto Nadirah sperasse.
«Be’, è evidente che ti importa di lui, intento molto più di quanto dovrebbe essere tra un maestro e un’allieva.» rispose sorridendo.
«E come fai a sapere quanto dovrebbe importarmi realmente?»
«Gli occhi non mentono mai.» le rispose facendole l’occhiolino.
Nadirah sbuffò roteando gli occhi al cielo e si immerse completamente nella vasca, trattenendo il respiro. Possibile che chiunque fosse in grado di capirla così bene?
Mannaggia. Mannaggia. Mannaggia!
Riemerse dopo qualche secondo, trovando Delen a osservarla divertita. «Ad ogni modo non hai risposto alla domanda.»
L’altra le rivolse uno sguardo interrogativo e la rossa puntualizzò: «ti dispiace o no?»
Nadirah la guardò indignata prima di schizzarla con l’acqua calda della sorgente e scoppiare a ridere per la faccia sorpresa dell’amica. «Chi può saperlo» aggiunse, «ti lascio con il dubbio.»
Ridacchiarono entrambe, ma prima che Delen potesse rispondere il suono grave di un corno riecheggiò per due volte tra le mura della fortezza.
Assassini di ritorno.
 
Jawad era in piedi, con lo sguardo che vagava oltre i finestroni del suo studio, concentrato sulle parole dei tre giovani assassini che stavano facendo rapporto, appena rientrati da Gerusalemme.
Altair, in disparte, ascoltava in silenzio, riflettendo su quelle informazioni.
A quanto pareva Corrado del Monferrato non era ancora riuscito ad attivare la Mela. Si vociferava tra le guardie di un incidente che l’aveva visto coinvolto poco dopo il rientro dall’assedio a Masyaf: il sovrano aveva provato a toccare il Frutto dell’Eden e la sua mano era rimasta ustionata, da allora aveva iniziato a maneggiarla indossando sempre degli spessi guanti in cuoio, terrorizzato che l’evento potesse ripetersi…
Da dove diavolo può arrivare un oggetto del genere… rifletteva Altair, mentre dentro di lui conservava ben vivido il ricordo del potere che il Frutto aveva esercitato su di lui.
«… si dice che già due dei migliori studiosi al seguito dell’esercito del Monferrato siano morti carbonizzati quando sono entrati in contatto con il manufatto. Un altro invece è finito sulla forca per essersi rifiutato di toccarla, memore della fine dei suoi due predecessori. Adesso dovrebbe esserci un francese a studiare la Mela, ma per il momento sembra non stia compiendo passi avanti.» concluse Jalil chinando la testa e arretrando di un passo.
«Molto bene, sono informazioni utili e ci danno un vantaggio sul nemico.» osservò il Maestro. «Bene, per ora potete andare.» li congedò prima di rivolgersi ad Altair. «Tu che ne pensi?»
L’Assassino volse l’attenzione al vecchio. «Sapete già come la penso Maestro. Se mi deste il consenso partirei  anche ora per andare a Gerusalemme, recuperare la Mela, piantare una lama nel cuore di Corrado e mettere fine a questa storia.» rispose con i pugni chiusi.
Jawad sospirò. «È vendetta quella che cerchi, ragazzo?»
«Ho sperimentato sulla mia pelle il potere di quell’oggetto! Più resta in mano ai Templari e prima arriverà la fine. Va distrutta!» ribatté.
«Credi di essere l’unico a essere stato controllato dalla Mela? Tutta Masyaf era soggiogata dal suo potere, quindi so bene anch’io come ci si sente. Ma non posso rischiare una missione suicida, ho già perso troppi uomini durante l’assedio. Dobbiamo attendere il momento propizio.» concluse.
«E quando credete che verrà? Quando sarà riuscito a capire come si usa il Frutto? Così in un batter d’occhio ci spazzerà via. Ed eccolo lì il vostro momento propizio.» Altair ora faticava a mantenere la calma.
Il Maestro si accarezzò la barba brizzolata socchiudendo gli occhi, valutando le parole del giovane. «Corrado sa di essere il nostro bersaglio principale al momento, per questo ha sicuramente intensificato la sorveglianza, oltre che in città come ci è stato riferito, anche intorno a sé. Abbiamo molti informatori in città, e Malik sa fare bene il suo lavoro. Dovessero esserci degli sviluppi stai certo che verremo a saperlo.»
«Certo. Come preferite.» sibilò tra i denti
Jawad ignorò il tono. «Ora, se non ti dispiace, dovrei dare disposizioni per la cerimonia.»
Altair sgranò gli occhi. «Cerimonia?» ripeté interdetto.
«Esatto.» confermò riacquistando il suo solito sorriso benevolo. «Domani due novizi verranno iniziati.» aggiunse prima di congedarlo.
 
Era da tutta la giornata che le Grazie andavano su e giù per la torre, a destra e a manca per le stanze, alcune di loro erano anche andate al villaggio alla ricerca di abiti adatti all’evento. Non capitava spesso ultimamente che dei novizi venissero passati di grado, o almeno così le aveva detto Rasha mentre si rilassava nella stanza circolare tra un bagno e un massaggio.
«Dopo la cerimonia ci sarà un grande banchetto, con musica e balli. Vedrai, ti divertirai un sacco! A dopo…» le disse prima di alzarsi e di corsa dirigersi verso la stanza dei massaggi.
L’aria della stanza era impregnata di una miriade di profumi diversi che le facevano venire il mal di testa, per questo Nadirah decise di uscire e andare a farsi una passeggiata in paese. Già dal sentiero che dalla fortezza portata al villaggio, la ragazza poteva vedere un gran numero di persone che, indaffarate, procedevano in entrambe le direzioni cariche di stoffe, addobbi e quant’altro. Rasha aveva detto il vero, l’iniziazione era un grande evento, e non solo per gli Assassini: tutti gli abitanti erano in fermento e già si sentivano per le viuzze del paese i musici intenti a strimpellare i loro strumenti e i bambini che saltavano e ballavano a ritmo di quel motivo improvvisato.
Quell’atmosfera di festa le metteva allegria e sovrappensiero si ritrovò a vagare per il villaggio fin quando un bimbo, tutto concentrato nella sua corsa, non si scontrò contro la sua gamba e si ritrovò con il sedere per terra. Nadirah si precipitò su di lui, prendendolo in braccio. Non doveva avere più di due o tre anni e aveva gli occhi sgranati e lucidi per lo spavento. «Ehi cucciolo, stai tranquillo. Non è successo niente.» gli sussurrò prima di dargli un tenero bacio sulla fronte. Lui si girò verso di lei e la osservò con i suoi occhioni blu allungando le manine per tirarle i capelli. «No, piano! Sta’ fermo.» ridacchiò lei allontanandolo leggermente prima di rimetterlo a terra. «Fai attenzione!» aggiunse mentre il bambino si allontanava ridendo.
Altair sorrise da sotto il cappuccio prima di avvicinarsi alle spalle della sua allieva. «Nadirah.» la chiamò e la vide sobbalzare dalla sorpresa prima di voltarsi nella sua direzione.
«Salute e pace, Altair.» lo salutò arrossendo leggermente. L’Assassino si domandò del motivo. «Mi cercavi?» chiese la ragazza.
«Sì.» confermò, «Il Maestro vuole che tu partecipi alla cerimonia.»
Nadirah lo guardò allibita. «Come scusa?»
«Credo tu abbia capito bene.» le rispose prima di incamminarsi verso la fortezza. La ragazza gli andò dietro, guardandolo di tanto in tanto di sottecchi.
«C’è qualcosa che vorresti dirmi?» domandò Altair quando raggiunsero il cortile di addestramento. Nadirah distolse lo sguardo da lui, imprecando mentalmente per essersi fatta beccare.
«In realtà mi chiedevo perché dovrei assistere anch’io a questa cerimonia.» disse dopo qualche istante di silenzio.
Altair ridacchiò. «Chi ha parlato di assistere?» chiese voltandosi a guardarla.
Nadirah sbiancò quando colse ciò che il suo maestro le stava dicendo. «Scherzi vero?» continuò bloccandosi in mezzo al piazzale. «No. Scordatelo. Io questa cosa non la faccio.» aggiunse con le mani tremanti.
L’Assassino si piazzò di fronte a lei e la prese per le spalle, avvicinando i loro visi a una spanna l’uno dall’altro. «Non eri tu quella che diceva di voler diventare un’Assassina? Dov’è finito tutto il tuo coraggio?» soffiò a un palmo dal suo naso e la sentì irrigidirsi.
«Io… ecco…» balbettò.
Altair sorrise e la liberò dalla sua stretta. «Sta’ tranquilla. Non è ancora giunto il tuo turno.» la rassicurò. «Ad ogni modo ti aspetto qui al tramonto. Ora va’ a darti una sistemata, e sii puntuale.»
Nadirah ubbidì e corse via con la testa affollata di pensieri.
 
Il freddo vento invernale frustava senza sosta le mura esterne della fortezza, eppure nella cripta cerimoniale il caldo era quasi asfissiante e l’aria densa di fumo che si alzava dai bracieri le dava la nausea. Nadirah era in piedi a fianco di Altair, entrambi in disparte, semi nascosti dalle possenti colonne che sorreggevano la volta. Nella navata centrale della cripta tutti gli Assassini della Setta erano immobili, rivolti verso il Maestro e i due novizi che sarebbero stati iniziati. Regnava un silenzio tombale. Il crepitare dei bracieri era l’unico suono che si sentiva.
Nadirah percepì Altair emettere un lungo sibilo e contrarre i muscoli e capì che era giunto il momento. L’atmosfera era carica di trepidazione e la voce del Maestro tuonava possente. Stava assistendo a una cerimonia sacra per gli Assassini e, ascoltando le parole del Maestro, comprese che non era stato Jawad a volere che lei partecipasse, ma Altair. Lui voleva che comprendesse cosa volesse dire essere un Assassino, che lo custodisse nel profondo del suo cuore…
«Quando gli altri seguono ciecamente la verità, ricorda: nulla è reale». La voce degli Assassini riecheggiò tra le mura della cripta.
«Quando gli altri si piegano alla morale o alla legge, ricorda: tutto è lecito». La voce di Altair era come una bassa litania che la cullava.
Aveva i sensi attutiti, i suoni attorno a sé le giungevano ovattati, ma dentro di sé percepiva vividamente quelle parole, come fossero un essere vivo che le indicava la via da seguire.
«Agiamo nell’ombra per servire la luce, siamo Assassini». Quelle ultime parole le rimbombarono nella mente mentre con lo sguardo fisso vedeva il Maestro calare la lama tra le dita dei due novizi.
Agiamo nell’ombra… per servire la luce… siamo Assassini.
Assassini…
Assassini… nulla è reale… tutto è lecito…
Aveva la mente ancora offuscata quando si rese conto di trovarsi a girovagare tra i numerosi tavoli imbanditi della sala dei banchetti reggendo un bicchiere mezzo pieno di un liquido scuro. Domandandosi cosa ci facesse in mano sua ne trasse un lungo sorso.
Vino.
Scorse intorno a sé qualche volto conosciuto e parecchi mai visti, molti intenti a gustarsi le pietanze che i servi porgevano dai vassoi, vide Widad e alcune delle Grazie appartate con degli Assassini. Non fece in tempo a domandarsi chi fossero che Rasha le si fiondò addosso e, sfilandole il bicchiere, la trascinò con sé a ballare.
«Andiamo! Sciogliti un po’…» le urlò per sovrastare la musica, ma prima che Nadirah potesse rispondere la ragazza fu afferrata per un braccio e trascinata in mezzo alla calca da qualche Assassino.
Sorrise tra sé e andò alla ricerca di un altro bicchiere per placare la sete. Si sentiva euforica e, dopo aver recuperato un calice colmo di vino, riprese a girovagare tra i tavoli alla ricerca di qualche viso amico. Trovò Jalil seduto a un tavolo insieme a altri novizi intento a raccontare chissà quale missione.
«Salute e pace, iniziato!» lo salutò arrivandogli alle spalle e cogliendolo di sorpresa.
«Mia signora, qual buon vento ti porta qui tra noi?» l’accolse di rimando il neo Assassino.
Nadirah ridacchiò. «Se devo essere sincera è per questo.» rispose sporgendosi ad afferrare una brocca con del vino e versandosi il contenuto nel bicchiere.
«Il vino non credo sia appropriato per una donna.»
La ragazza rise ancora. «Secondo me neanche per chi ha appena perso un dito.» constatò.
«Ma in qualche modo dovrò pur contrastare il dolore, non credi?» disse con un sorriso.
«Touché.» acconsentì lei cogliendo un altro sorso dal calice.
I novizi la guardarono senza capire, ma prima che potesse spiegarsi la voce di Altair risuonò alle sue spalle. «Per una volta credo di dover concordare con lui.» le disse sfilandole il bicchiere. Nadirah tentò di protestare e solo un istante dopo si rese conto della mano del suo maestro premerle sul fianco e trascinarla fuori dalla sala.
«Dove stiamo andando?» si lamentò, mettendo il broncio.
Altair sospirò roteando gli occhi al cielo. «Fuori di qui.» le rispose infine.
Trascorsero qualche tempo in silenzio, in lontananza rimbombava la musica della festa e nei corridoi deserti l’unico suono percepibile era il ritmo cadenzato dei loro passi. Con uno sbuffo Nadirah si decise a interrompere quel mutismo. «Sai, credevo che per voi il vino fosse vietato.» osservò.
L’Assassino si voltò a guardarla da sotto il cappuccio. «E io pensavo che le nobildonne non lo tollerassero.» ribatté.
«Vero, ma io non sono una nobildonna.» obiettò dandogli una spintarella con il gomito. «Te l’ho già detto.» aggiunse ridendo.
«Come vuoi.» concesse. «Ma ad ogni modo non mi pare che tu sia in grado di reggerlo molto bene.»
La ragazza risolse con un’alzata di spalle. «Comunque sono contenta che tu sia tornato, però non saresti dovuto partire senza dirmi nulla.» disse, rendersi conto solo dopo un istante di ciò che le era sfuggito dalla bocca e di quanto patetica potesse sembrare.
Dannato vino.
«E perché mai?» domandò Altair fermandosi.
Nadirah proseguì oltre fingendo di ignorarlo. E adesso?
«Ti ho fatto una domanda.» insisté.
La ragazza sbuffò di nuovo, arrestandosi a sua volta e volgendo lo sguardo oltre le bifore da cui entrava la pallida luce della luna. «Fa freddo qui…» sussurrò stringendosi nella veste di cotone che indossava. Forse Altair aveva ragione, aveva esagerato con il bere; le girava la testa, eppure si sentiva così bene. Poteva essere merito solo del vino? Tutto quel fumo nelle cripte…
Con la coda dell’occhio vide l’uomo fare un passo verso di lei e scioglierle le braccia dalla posa rigida in cui le aveva serrate per scaldarsi. Un brivido le scosse le membra e sentì la presa di Altair farsi più stretta intorno ai suoi polsi. Poteva percepire il suo corpo caldo a un passo da lei. Sentiva il suo sguardo penetrante su di sé e il suo fiato solleticarle le labbra.
«Cosa vuoi, Nadirah?» chiese suadente a un soffio da lei. «Cosa vuoi realmente?»
Lo sapeva fin troppo bene, eppure in quel momento, con l’aria fredda che le risvegliava i sensi, la sua mente non riusciva a lasciarsi andare.
Nel silenzio assordante in cui erano avvolti l’eco di un urlo riecheggiò nella fortezza, assordante. Un urlo di donna.
 






 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 1- l’ora nona corrisponde alle 15.00

Note autrice:
Ehm... sì ecco, salve a tutti. Rieccomi di nuovo qui dopo quanto? Un anno e mezzo? Qualcosina di più forse.
Chissà chi di voi che seguiva questa storia sarà tornato per questo nuovo capitolo. Se la risposta è nessuno, beh un po' me lo sono meritata, perchè è passato davvero troppo tempo. Sono sincera, in questi mesi non ho buttato giù neanche mezza riga. Zero voglia, zero ispirazione, con il lavoro che mi porta via un sacco di tempo il mio ultimo pensiero era quello di mettermi a scrivere. Però settimana scorsa riordinando i file sul pc ho ritrovato questa storia e, dopo essermela riletta, mi sono convinta a continuarla.. così questo capitolo è il risultato.
Spero che ci sia ancora qualche anima pia che dedicherà qualche minuto a leggerla.
Non so quanto passerà per il prossimo aggiornamento, dico solo che ho intenzione di concludere questa storia. 
Spero di non impiegarci diec'anni.

Salute e pace,
O n i c e
  
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