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Autore: Sabaku No Konan Inuzuka    20/07/2015    7 recensioni
{ Storia Interattiva/ad OC | Avventura, Sentimentale | Un po' tutti | Het, Slash, Femslash | post-Gea | molto probabilmente Angst | sospensione di giudizio sull'inserimento dell'avvertimento Violenza | Iscrizioni chiuse}
Dal testo:
"La giornata era iniziata come ogni altra al Campo Mezzosangue. Erano nel pieno dell’estate sotto il sole cocente di Luglio, il cielo di un intenso e brillante blu non aveva neanche una nuvola vacante. Il Campo era nel fiore delle sue attività pomeridiane e tra figli di Apollo al poligono, figli di Ares in arena e figli di Efesto alle fucine, nulla poteva risultare più tranquillo se non un sonoro bisticcio tra fidanzati."
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Ade, Altro personaggio, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Semidei Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3



 
A Sofia, che ha avuto il coraggio e i nervi saldi da betarmi il capitolo,
ad Agry, as usual,
e ancora a Sofia perché ha campiuto un miracolo.
 E a voi, che state leggendo :)







 




Ruby

La riunione andava avanti da ore, e più o meno tutto il Campo era in attesa dell’impresa. A Ruby, però non interessava. Durante tutta la vita aveva già viaggiato abbastanza, stava benissimo lì dov’era: per la prima volta senza problemi da ben due anni, un record per uno come lui. Seduto a gambe incrociate sul letto, era impegnato a maneggiare un aggeggio vecchio e arrugginito grande quanto un pugno. Stringeva bulloni, scrostava sporcizia, inseriva pulsanti. Era un piccolo automa di un paio d’anni prima che qualcuno dei suoi fratelli, brutalmente, aveva abbandonato sotto al letto per anni. Lo aveva trovato per caso, cadendo un paio di mesi prima, e da allora non se ne era più separato. La verità era che era curioso, voleva assolutamente sapere la funzione di quel robottino e cercava di aggiustarlo nel massimo delle proprie possibilità, tentando comunque di non danneggiare o variare la sua natura cambiandone la funzione. Mordicchiava il labbro inferiore per l’irritazione, non si capacitava di non riuscire a sbloccare quell’affare di metallo, insomma, modestia a parte, lui era geniale! Non poteva farsi mettere in ginocchio da quell’arnese. Jake Mason entrò nella cabina e sedette nel letto fronte al suo, sporco d’olio e sudato: evidentemente era tornato dalle fucine o dal Bunker 9. Spostò distrattamente lo sguardo alle sue mani e si bloccò nel bel mezzo dell’azione di togliersi le scarpe:
<< … Ruby >> chiamò, incerto.
<< Mh? >> mugugnò lui in risposta, senza alzare gli occhi dal suo lavoro.
<< … Dove lo hai trovato? >>
<< Sotto ad un letto. E’ tuo? >>
<< No… Veramente quello era di… di Beckendorf >>
Ruby si fermò bruscamente fissando le sue mani, lasciò cadere il giravite e rigirò il piccolo automa fra le dita quasi con riverenza, prestandogli grande attenzioni. << Beckendorf… >> ripeté piano, << Davvero? Sai a cosa serve? >>
Ruby non aveva mai conosciuto Charles Beckendorf, ma ne aveva sentito parlare abbastanza da diventare un tipo da ammirare. Naturalmente però questo non poteva darlo a vedere ai fratelli, dimostrarsi debole non era cosa a cui era abituato. Solo una persona in tutto il Campo ne era consapevole oltre a lui, ed era già difficile accettare per il figlio di Efesto che questa fosse proprio un ginger, Arhtur Jennings per la precisione. Evitò di guardare Jake.
<< In realtà no, non ce lo ha mai detto, in effetti… Però doveva essere una vera forza, sembrava sempre particolarmente felice quando ci armeggiava… >>
Non ne dubito, pensò Ruby assorto rigirandosi tra le mani l’oggetto ancora una volta. In effetti era parecchio intricato e interessante per essere così piccolo. Una volta, manomettendo giusto un po’ il sistema, avrebbe giurato di averlo visto lampeggiare un SOS. Una ancora un pezzo di metallo era diventato così ardente da lasciargli il segno della bruciatura, tutt’ora evidente sul dorso del suo dito indice. Strinse le labbra con irritazione: ora che sapeva di chi era decisamente non poteva permettersi di manometterlo più tanto, doveva stare molto più attento. A quanto pare ogni mossa sbagliata avrebbe potuto ammazzare qualcuno, dubitava si trattasse solo di una lucetta e un termosifone. Se in più aveva un sistema di sicurezza così immediato, seppur arrugginito, di certo era qualcosa di importante.
<< Mh. Chiaro… >>
E non aggiunse altro, si alzò e uscì dalla Cabina di Efesto infilandosi l’aggeggio in tasca. Parlare con Jake di Beckendorf era l’ultima cosa che voleva fare, a maggior ragione se lui non sapeva niente dell’oggetto. Accelerò il passo alla ricerca dell’albero sotto il quale era abituato a sedersi, quando qualcuno lo spinse di lato con una potente spallata, riacchiappandolo poi passandogli un braccio attorno alle spalle.
<< Shawn! Che mi dici? >>
Roteò gli occhi azzurri che si ritrovava e si liberò dalla stretta di Arthur. << Niente. Tu, invece? Che pensi di questa roba che è successa a quello svitato? >>
<< Michael Tall, dici? Beh... doloroso. E sanguinoso. Tanto. In più volevo aggiungere che stavo andando a gettargli un occhio in infermeria, vieni? >>
Il sopracciglio del figlio di Efesto scattò in su: << Scherzi, vero? >>
<< No >> Arthur gli passò nuovamente il braccio attorno alle spalle, passandogli nel mentre una mano tra gli scompigliati capelli corvini. << Dai su saranno cinque minuti e non credo sia tanto bisognoso di rapporti umani… non quanto te almeno. >>
<< Neanche per idea. >>
<< Dai… >>
<< No. >>
<< Su… >>
<< Weasley, cosa non hai capito della parola no? >>


A quanto pare non era nel vocabolario del figlio di Ecate. Ruby ce la stava mettendo davvero tutta a capire come avesse fatto a convincerlo, e con tutto quel ben di Dio che aveva in testa quel tutto non era poco, eppure questo gli sfuggiva. Ammetteva a se stesso – ma a nessun altro – che magari, ma proprio magari, forse aveva un debole per le preghiere del figlio di Ecate. E magari, ma proprio magari, anche per i suoi occhi dolci. Insomma, come aveva fatto a resistere per ben due minuti a quei due grandi occhi blu che lo guardavano speranzosi, rigorosamente messi in risalto dai capelli rossi, non gli era ancora chiaro. In sintesi, forse, era per quello che aveva ceduto. Ma forse eh, niente di certo. Il punto era però un altro: Michael Tall. Il tipo era sul letto e sembrava semimorto. Arthur aveva fatto per bussare quando la sua mano si era fermata a mezz’aria, e Ruby alzò gli occhi:
<< Weasley, è una tenda, non si bussa >>
<< L’ho capito, Malfoy >>
Aprì lentamente la tenda da cui poco prima Arthur aveva dato una sbirciatina (<< Siamo in infermeria, Shawn. Potremmo capitare in situazioni imbarazzanti. Che ne sai che gli rimuovono il catetere >>) e l'altro infilò sorridente il viso:
<< Ehilà, cinquanta sfumature di Micheal! >> salutò allegro.
Micheal aprì gli occhi eterocromatici da cui derivava il soprannome: << Ah, ciao Arthur. Quello è l’ultimo soprannome che vorrei sentire, in verità… >>
<< In effetti >> osservò acutamente Ruby sbuffando. << un soprannome sugli occhi ad un ex cieco. Ottimo lavoro, Sherlock >>
<< Va bene, Micheal. Come va? >> Arthur ignorò bellamente.
Micheal lo guardò. << Arthur… per favore, usa quel tuo piccolo cervello. Sono consapevole di sembrare figo anche così, ma… sono diventato cieco. Capiscimi >>
Un sorrisetto affiorò sulle labbra del figlio di Efesto: forse Tall non era così svitato come sembrava. Fece vagare lo sguardo che si fermò sulla sagoma dormiente di Katarzyna McGallin. Austin stava analizzando diverse parti del corpo con attenzione. Ruby sapeva che era meglio non impicciarsi, dopotutto Austin non gli stava neanche simpatico – come più o meno la maggior parte del Campo, del resto – ma la curiosità fu più forte di lui e, facendo cenno ad Arthur di stare zitto, si avvicinò al figlio di Apollo.
<< Ehi, Raggio di Sole >> chiamò.
Austin si voltò a guardarlo, reprimendo uno sbuffo subito dopo: << Ciao, Shawn. Serve qualcosa? >>
<< Stai ancora cercando di fare amicizia con me? Forse dovrei chiamarti Teletubbies, sei irritante anche al loro stesso modo. >>
Austin strinse le labbra, cosa che era solito fare molto spesso in sue presenza. << Senti, l’ho promesso a Sel. Ora dimmi che sei venuto a fare e finiamola subito, vuoi sapere d Katarzyna? >> Ruby annuì, e il figlio di Apollo sospirò richiamando a sé la pazienza, ancora, il che divertì non poco il moro. << Non… non ha niente. È svenuta apparentemente senza motivo ma sembra particolarmente migliorata con la prestanza fisica- >>
<< Fermo là! >> Arthur alzò la mano, bloccandolo. << Teletubbies, hai detto migliorare le prestanze fisiche? >>
<< Che fitness >> intervenne Ruby.
<< Che culo >> corresse Micheal. << quasi quasi la prossima volta svengo anch’io, sembra più sana della palestra >>
<< Non è un gioco >> sbuffò Austin. << non intendo fisicamente… intendo tutte le imperfezioni che aveva in corpo… e come se fosse divenuta del tutto sana d’un tratto. >>
Ruby aggrottò le sopracciglia, incuriosito. << Tipo… io soffro d’asma, sarebbe guarito? >>
<< Sì… credo. >>
<< Bene >> esordì Arthur << ho trovato la soluzione per i miei occhiali >>
Ruby lo guardò. << Ginger, sul serio… Pig-Sherman fa più bella figura di te… >> poi si rivolse ad Austin. << capito… ed esattamente, a Micheal che è successo? >>



 

Amethyst

Generalmente da un figlio di Eros ci si aspetterebbe l’amore sia preso seriamente, che sia il proprio elemento, costante motivo per cui combattere, una cosa addirittura quasi vitale… Ma non per Amethyst Cotton. Lei era l’eccezione. La bisessualità latente le donava sì una visione a trecentosessanta gradi dell’amore, l’amore cieco per l’esattezza, ma dimostrava anche quanto per lei esso fosse una cosa leggera, un giochetto. Amethyst non aveva mai preso sul serio l’amore, lo minimizzava spesso e questo sorprendeva spessissimo chi le stava intorno, tanto quanto li irritava. Perché sì, sebbene la figlia di Eros fosse quella presenza costantemente allegra con la battutina pronta tra le labbra, era comunque la stessa ragazza capace in tempo record di far saltare i nervi alle gente con le sue osservazioni sarcastiche e la sua malizia costante. Aveva pregi e difetti, come qualsiasi essere umano che si rispetti… e forse fu proprio grazie a questi che era riuscita a conquistare Lou Ellen, la figlia di Ecate più spigliata e vendicativa di sempre. La figlia di Eros le stava tenendo la mano sotto al tavolo, accarezzandole dolcemente le nocche col pollice, quando Spencer Parrish fece irruzione. Una rapida spiegazione dell’accaduto da parte della figlia di Ares aveva convinto più o meno tutti che il momento di agire era arrivato molto più rapidamente di quel che si pensava. Annabeth stava per esporre la sua teoria, quando Allistor Loganach parlò, senza staccare gli occhi dal dipinto di Rachel.
<< Andrò anche io >> disse.
<< E su quale base? >> domandò Amethyst anticipando il silenzio che si stava andando a creare.
Allistor le gettò un’occhiataccia, e la figlia di Eros gli sorrise sorniona: sapeva di non essergli affatto simpatica. << Sulla base secondo cui ci servono dodici semidei. Tu, Felicity, i due figli di Efesto, Jennings, Tall, Greenwood, Smith, Celestia, la Parrish e la McGallin. Che sono undici. La notte e la progenie della saggezza servono solo come aiuti supplementari. Sfuggente è il segreto inseguito persino dalla sua stessa vendetta, Nemesi è la dea della vendetta, cioè mia madre, e nel dipinto c’è il suo simbolo, una ruota spezzata sorretta da una figura alata con faretra in spalla, cioè tu, una figlia di Eros. >>
<< Quindi io dovrei sorreggerti? >> Amethyst ridacchiò. << Ma davvero? Immagino non sarà molto bello per te- >>
Fu interrotta dalla gomitata di Lou. Si voltò a guardarla in cerca di spiegazioni, Lou scosse la testa guardandola con aria di rimprovero mentre le stritolava la mano, Amethyst si limitò a sorridergli e fargli un occhiolino, giusto per farla arrossire un po’. Guidò lentamente le loro mani unite sul ginocchio della figlia di Ecate, e non poté che godere nel vedere la sua espressione imbarazzata, stava disperatamente cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere. Nel frattempo tutti avevano ripreso l’analisi. A quanto pare combaciava tutto perfettamente: la simbolica del quadro diceva tutto, mentre si notava quanto fossero in bassorilievo la civetta e la notte come se fossero supplementari, un aiuto, abbastanza da zittire Annabeth. Quando finalmente la riunione si concluse, la figlia di Eros trascinò fuori Lou respirando a pieni polmoni.
<< Oh! Aria fresca! >> allargò le braccia dalla pelle olivastra mentre il vento le scompigliava i mossi capelli biondo cenere e si lasciò cadere all’indietro addosso a Lou, mentre le guidava le mani sui suoi fianchi: << Sto volando Jack! Sto volando!* >>
Risero entrambe subito dopo, e Amethyst approfittò per stamparle un bacio sulla guancia. Non era mai stata molto romantica forse, ma dopotutto che si sarebbe fidanzata a fare se non avesse fatto per lei neanche un gesto di tenerezza?
Accompagnò Lou alla Cabina di Ecate mentre il sole batteva forte sul prato verde e rigoglioso. Si guardò distrattamente attorno, soffermandosi sulla Cabina 1. Fumava ancora leggermente, il soffitto annerito e un grosso buco in cima. Quella notte aveva quasi preso un infarto quando fulmine era caduto e aveva rombato, il suo primo pensiero era stato un assalto aereo, sebbene non reggesse, ma dopotutto quando si ha sonno tutto sembra credibile. Si fermò piantando i piedi a terra, fermando così Lou che le teneva la mano.
<< Guardiamo la Cabina di Zeus? >> domandò, i suoi grandi occhi castani luccicarono.
Lou esitò. << Non è mica uno spettacolo da ammirare… >>
<< Ci mancherebbe. Sono sicura che un figlio di Hermes dopo pranzo arriva e ci fa pagare, meglio anticipare. Ti va? >> La figlia di Ecate sospirò, e allora Amethyst le elargì un sorrisetto malizioso. << E poi… pensaci, una sola cabina, vuota, deserta, senza nessuno a disturbarci, solo per noi. Noi due sole >>
Lou arrossì e le diede una leggera spallata. << Piantala Amy, non è divertente. >>
<< Però so che ti piace l’idea >> ridacchiò lei.
<< Hai finito? >>
<< Ma ci andiamo? >>
<< Ho altra scelta? >>
La figlia di Eros sorrise e le diede un rapido bacio sulla fronte, prima di trascinarla con sé verso la Cabina 1, a quanto pare per il momento deserta.
Non appena entrarono un forte odore di bruciato punse le narici di Amethyst, che arricciò di conseguenza il naso all’insù. Il punto del pavimento dove era caduto il fulmine era spaccato e divideva a metà il letto semi bruciato. L’elettricità era ancora palpabile nell’aria, macchie nerastre disegnavano ampi semicerchi di cenere per terra, diversi pezzi di intonaco e frammenti di tetto erano per terra. Ma ciò che più attirò l’attenzione della figlia di Eros furono le dense e numerose macchie di sangue scuro per terra, assieme alle lenzuola del letto completamente sporche di rosso. Tutto quel sangue era di Micheal. Compatì il figlio di Zeus dentro di sé e si avvicinò piano a sfiorare le lenzuola con le dita affusolate.
<< Attenta Amy >> Lou la richiamò distrattamente, troppo impegnata a guardarsi intorno. << chissà perché le arpie non sono ancora passate… >>
<< A volte dubito persino esistano le arpie >> osservò Amethyst rimirando le dita umide di sangue. << Povero Micheal… >> aggiunse.
<< Già… andiamo? >> La figlia di Ecate non sembrava ansiosa di passare ancora del tempo là.


Qualche ora più tardi Amethyst stava preparando il tutto per partire nell'impresa. Al consiglio si era deciso che i semidei sarebbero partiti l'indomani per dare il tempo a Leo e gli altri figli di Efesto di decidere. Aveva appena finito di chiudere la borsa quando si accorse di qualcosa che non quadrava. Era Giugno inoltrato eppure la cabina era fredda, il silenzio non era il solito dei posti abitati vuoti, dato che al momento c'era soltanto lei... Era più carico di tensione, tanto che per un momento alla figlia di Eros sembrò trovarsi in un film horror. D'un tratto si irrigidì, leggermente ansiosa. L'immagine della Cabina 1 bruciata e insanguinata le balenò prepotente in mente e per un momento temette che le sarebbe capitato qualcosa di simile a ciò che era successo a Michael Tall. Era tesa come una corda di violino quando... un improvviso bussare le fece perdere un battito, la voce esitante di Rey Parker arrivò subito dopo:
<< Amethyst... posso entrare? >>
La figlia di Eros lasciò andare il respiro che solo allora si era accorta di aver trattenuto. le tremarono le ginocchia e nella sua mente lanciò a Rey le peggior maledizioni che conoscesse per averle fatto prendere un tale spavento. Si sedette sul letto prese a respirare.
<< Certo, entra >>
I primi passi del figlio di Efesto furono timidi e impacciati, tanto che Amethyst non poté trattenere un ghignetto irritante, poi tentò di farsi un po' di coraggio e si avvicinò alla figlia di Eros.
<< Ehi >> fu la prima cosa che disse, arrossendo leggermente.
<< Ehi >> canticchiò Amethyst ridacchiando, tanto per metterlo un po' più in ansia. << problemi con il manichino? >>
Rey arrossì nuovamente e rispose con un borbottio: << Non esattamente... Io volevo farti una domanda... >>
La figlia di Eros si raddrizzò subito battendo le mani allegramente: << Uh! Sì! Allora: quando un uomo e una donna si amano tanto... >>
<< Non questo! >> la interruppe Rey, se possibile ancor più rosso e vagamente irritato. Ah beh, era questo il vero potere della figlia di Eros: far saltare i nervi alla gente. << Io... mi riferivo all'impresa... >>
<< Ovvero? >>
<< Tu... o Allistor, avete avuto qualche tipo di... segnale? >>
La bionda lo guardò perplessa: << Segnali? Tipo quelli di Parrish, McGallin e Michael? Uhm, no... come mai? >> il cipiglio di Amethyst divenne subito sospettoso.
Rey scosse la testa guardando per terra. << N-niente.. nulla. Devo andare, cia- >> stava già avviandosi verso la porta quando Amethyst si alzò di scatto.
<< No! Ehi, fermo! Tu non ti muovi da qua finché non mi dici perché me lo hai chiesto! >> era decisa nel tono. Più di un figlio di Efesto sarebbe andato e se era Rey non aveva intenzione di lasciarlo indietro: in un modo o nell'altro ci sarebbe finito, funzionavano così le profezie.
Il più piccolo sembrava sorpreso dalla presa di posizione della bionda, ma comunque si limitò a borbottare timidamente: << Curiosità... >>
Amethyst inarcò un sopracciglio con sarcasmo: << Curiosità? Davvero? Tu? Rey, io non sono brava a capire quando una persona mente... e credimi, con te non è necessario nemmeno esserlo. Cosa c'è che non va? >>
Rey esitò, spostando il peso da un piede all'altro ma, quando aprì la bocca per rispondergli, un grido da fuori lo interruppe. Subito seguirono dei bassi vociferi piuttosto sospetti; Amehtyst e Rey si scambiarono uno sguardo e corsero fuori a vedere. il ragazo si avvicinò a Felicity:
<< Ehi, che cosa è successo? >>
La figlia di Dioniso, pallida come un lenzuolo, lo guardò terrorizzata: << Una ragazza del Campo... di non so quale cabina è stata... è stata... >> non riusciva a trovare le parole, tanto era lo spavento. Amethyst si chiese come avesse reagito quando aveva saputo dell'impresa.
<< Rapita >> concluse freddo Theodor Smith di fianco a loro, fissando una cabina lontana: << a quanto pare hanno trovato sangue e disordine nella Cabina 19... Questa faccenda è più seria di quel che sembra, dobbiamo darci una mossa... >>
Amethyst annuì flebilmente: decisamente sì, non potevano starsene con le mani in mano... Qualsiasi cosa fosse successa alla ragazza non potevano permettere che accadesse ancora... Guardò Rey che, con Felicity stretta al suo braccio, scrutava distrattamente un punto non precisato e si chiese se lui ne sapesse qualcosa.
<< Fantastico... davvero fantastico. La fortuna è cieca ma neanche Edipo scherza... >>



 
▓▓▓▓▓▓▓
Paura.
Quasi nessuno apprezzava quella parola, trasmetteva un senso di vulnerabilità, di debolezza, di codardia. Ma a River invece piaceva, piaceva eccome. La paura dimostrava la giusta via di un essere, se egli era codardo sarebbe scappato, se no avrebbe combattuto. Era questa che faceva un uomo o una donna: quello che facevi in un momento di terrore ti segnava a vita. Nel momento stesso in cui River aveva avuto paura aveva scelto la sua strada, via dal Campo, via dal quel mondo falso. Quel mondo libero che in realtà si era schiavizzato da solo, dove la solidarietà era scomparsa ed era solo una parola per prendere in giro, un gioco, perché questo era diventato. Le persone avevano così paura della libertà che avevano da calpestare tutto in suo onore, inventando cose come potere per sottomettersi o per sottomettere. Cercavano la libertà che loro stessi stavano brutalmente ammazzando e per governare essa, per raggiungere una cosa che in apparenza non era ma somigliava alla libertà, erano disposti a qualsiasi cosa. Arrivando persino a privare gli altri della loro, e non solo di quella. Alle volte, persino della vita. River lo aveva visto. Nella sua mente, senza permesso ovviamente, passò rapido un ricordo. Il rimbombo lontano di uno sparo che, nonostante gli anni, era rimasto terribilmente vivido; un proiettile troppo veloce per i suoi occhi, e due secondi dopo un buco rosso scuro sulla camicia costosa e la cravatta elegante dell’uomo a cui era indirizzato. Si morse il labbro cercando di sopprimere il ricordo: doveva dimenticarsene. Aprì gli occhi castano scuro come se nulla fosse successo e si alzò dal divanetto. Una ragazza stava legata stretta alla sedia. Numerose contusioni lungo tutto il corpo, i capelli rossi davanti al volto che non nascondevano adeguatamente il ritmico singhiozzare che la costringeva a spasmi col petto e la testa.
<< Come hai detto di chiamarti? >> chiese River girandole intorno.
I suoi passi sul vecchio pavimento di legno rendevano la situazione più cupa di quanto avrebbe dovuto. Scricchiolavano lenti e rumorosi, rendendo perfettamente giustizia al terrore che faceva sobbalzare la ragazza ogni volta. Ella pianse più forte, stringendo le gambe entro cui passavano numerosi e profondi solchi rossi e sanguinanti. River sorrise notandolo, mise la mano sulla testa della ragazza e la costrinse ad alzare il volto tirandole i capelli. Le lacrime le solcavano le guance, il naso era spaccato e sanguinante, il labbro gonfio e un brutto graffio sulla fronte le sporcava il viso di rosso.
<< Ti ho fatto la domanda >> sussurrò. Il tono era gentile, ma il modo in cui strinse la radice lo smentì subito.
<< S-Sheila >> singhiozzò lei con voce rotta.
River annuì. << Sheila… un nome normalissimo, per una ragazza normalissima. O sbaglio? Figlia di? >>
<< … Tyche >>
River scoppiò a ridere di cuore, eppure la sua risata sembrava tutto meno che allegra. << Davvero? Una figlia di Tyche? La dea della fortuna? Beh, non mi sembri particolarmente fortunata adesso… >>
Sheila gemette e sobbalzò quando la porta si aprì nuovamente con un freddo scricchiolio, stavolta per mostrare una ragazza alta e magra dai lunghi capelli rossi più scuri dei suoi. Si diede un’occhiata intorno con fare distaccato, poi la squadrò con un’espressione indecifrabile. I suoi occhi erano neri come le tenebre, screziati di un rosso che le ricordava vagamente il sangue che le sporcava il viso. Più quei freddi occhi autoritari la guardavano più la paura di Sheila aumentava. Ricominciò a piangere flebilmente lasciandosi sfuggire qualche lacrima. Le corde che la stringevano allo schienale erano sempre più strette e dolorose mano a mano che i suoi singhiozzi aumentavano.
<< Allora? >> domandò con voce fredda, stava guardando lei ma la figlia di Tyche era certa che stesse parlando con River. << Che ti ha detto? >>
<< Poco >> grugnì River. << ma a quanto pare la Profezia non ha minimamente menzionato la sconfitta di Edipo >>
Dayleen inarcò un sopracciglio. << E allora mi spieghi cosa stai facendo? >>
Lui si strinse nelle spalle, ma lo sguardo che riservava alla figlia di Thanatos era di puro odio. << Mi diverto >>
<< Piantala di giocare, quella ragazza ci serve >>
Dayleen estrasse il pugnale d’oro imperiale e con passo svelto si avvicino alla semidea, sollevandole dolcemente il mento e tracciandovi dolcemente una linea lungo il collo. Un sottile graffio si fece largo, Sheila gemette reprimendo un forte singhiozzo, deglutì.
<< Adesso tu mi dirai cosa sai dei semidei che ti sto per elencare >> sibilò fredda al suo orecchio. << o ti assicuro che rimpiangerai amaramente qualsiasi cosa ti abbia fatto River >>
Sheila pianse ancora e scosse forte la testa. << Io non so niente >> pregò con voce rotta. << vi prego io- >>
Ma venne interrotta dal suo stesso grido di dolore. Persino Dayleen fu colta alla sprovvista, ma non si scompose e si limitò a gettare un’occhiataccia a River che, alla destra di Sheila, stava incidendo con un pugnale una frase sul braccio della figlia di Tyche. Preciso come sempre nonostante il suo aspetto fisico, si premurò di scrivere per bene la parola. Non c’era un segno più profondo dell’altro, lettere della stessa grandezza e riga precisa: ἀθανασία. Un sorriso folle gli increspò le labbra non appena ebbe finito, stonando decisamente con il suo volto armonico nonostante la stravagante pettinatura. Dayleen si chinò appena a leggere le lettere sanguinanti e rosse che rischiavano di affogare nella loro stessa forma.
<< Athanasia… >> lesse in un sussurro. Guardò River per un momento, poi torno a premere la lama contro il collo di Sheila, che gemette nuovamente piangendo sempre più forte. << Cominciamo: cosa sai di Micheal Tall? >>
La sua domanda di origine era un’altra, ben diversa riguardante un altro semidio… ma non si sarebbe mai dimostrata così debole dinanzi a River, non si sarebbe mai affidata a quel ragazzo. Una terza voce irruppe con allegria nella stanza, con un allegria che decisamente non andava bene.
<< Ehi, posso giocare? >>
River guardò con astio verso la porta: << Sparisci >> grugnì. E per una volta, Dayleen fu d’accordo.
Il ragazzo biondo sulla soglia aggrottò le sopracciglia, le lentiggini sul viso gli conferivano un aspetto poco più giovane di quello che aveva. << Oh, eddai. Anche io voglio giocare! >>
<< Qui non stiamo giocando >> il tono di voce di Dayleen era gelido. << e faresti bene a capirlo subito >>
<< Oh, ma dai >> sbuffò l’altro. << volete divertivi così da soli? >>
<< McCoy >> River lo richiamò, mentre sottolineava lentamente la parola che aveva scritto con il pugnale. << togliti di mezzo e lascia lavorare chi ne è capace >>
<< Rory >> corresse con nonchalance il figlio di Apollo, avvicinandosi. << e poi, io ne sono più che capace… sennò perché sarei qui? >> afferrò senza permesso la spada in bronzo celeste dalla cintura di Dayleen e, con un gesto rapido quanto inaspettato, affondò la punta nella spalla di Sheila, strappandole un urlo, la smosse velocemente e la estrasse con lentezza, lasciandola poi ricadere a terra e sorridendo cordialmente alla figlia di Tyche. << Allora… Micheal Tall? >>



 








Angolo Autrice
Ehilà!
Allora, sì: Il capitolo è arrivato in ritardo ma comunque presto rispetto ai miei standard.
Scusate, fosse per me sarebbe arrivato prima ma...
il computer fa le bizze, ed è già un miracolo che sia riuscita ad aggironare da questo PC ospite.
Non l'ho riletto, non ho avuto né il tempo né l'occasione e una parte l'ho trascritta su questo computer dai minitasti...
Dovreste vederlo.
Il mio solito è un Titano mentre questo è...
Bes, il dio nano, per chi non sa chi è.
E' stata una faticaccia... Quindi, se trovate errori è colpa mia:
Pendragon è stata l'anima buona che stavolta ha betato e,
sebbe sia brava, i miracoli ancora non li può compiere, anche se spesso dimostra il contrario xD
Grazie Sofi, ancora, sei  l'aMMore :'3
e poi... Sì, la parte dei "cattivi" fa abbastanza schifo ma...
E' più difficile di quello che sembra u.u
Voi che dite: ce lo inserisco violenza?
Sinceramente non mi sento all'altezza di queste descrizioni...
ma imparerò sul campo, si spera.
Allora... Qui avete coniscuto anche Rory McCoy,
il mio irlandese figlio di Apollo abbastanza bad :3
... okay sì lo ammetto, non era implicato ma...
Ew, gente non mi avete dato nemmeno un figlio di Apollo!
E io stramo i figli di Apollo ç_ç
E anche per i figli di Hermes ma per quello c'è il mio Connor :3
ho provato a redimervi (perché sì, questa è colpa vostra) con Austin...
Ma era di zio Rick e soprattutto non c'entrava una minchia nell'impresa...
Poi ho costruito la trama (sì, l'ho quasi finita a grandi linee, il problema è solo scriverlo) con Rory...
E quando sono riuscita a inserire Austin non potevo togliere il mio irlandese, o sarebbe crollata tutta la trama...
Era un tassello ormai :/
E sempre qui avete consciuto il mio odioso pargolo,
nonché unico figlio di Efesto: Ruby.
Che ve ne pare? :3
E' gay, per chi non l'avesse capito
E poi, boh... per adesso credo che basti xD
E non credo ci rivedremo presto, ho problemucci con il PC in calore
(AHAHA, se lo sapeste capireste la pessima battute e mi lapidereste <3)
Quindi boh... ci vediamo quando ci vediamo.
Questo computer è ancora in fase... qualcosa.
Ma non posso ancora utilizzarlo bene.
Quindi boh.
Recensite numerosi, fatemi sapere :3

 
Baci
Konan
  
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