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Autore: roseinwonderland    20/07/2015    1 recensioni
“Vedo che non è mai venuta. E questo mi dice ogni cosa.”
“Allora perché è venuta proprio lei a chiamarmi? Poteva venire chiunque altro.”
[fanfiction Loki/Nuovo personaggio][Leggete solo se avete visto entrambi i film!]
--->ATTENZIONE! Questa ff non tiene ASSOLUTAMENTE conto degli avvenimenti di un futuro Thor3!
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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NOTA DI PRELETTURA

Melodie e ricordi cancellano gli incubi. | Copertina ---> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604

Old melodies


Le figure, di quella luce così calda da lontano, erano gelide ora, mentre si attaccavano alla sua pelle, risalendo le gambe, le braccia, il petto.
Le immagini nel buio, tutte uguali.
Cento volte il suo volto, i capelli neri, gli occhi verdi, la pelle chiara. Ogni tratto che tanto amava era lì soltanto per procurarle dolore, e per soffocarla.
 

“Non è neanche qui.” Loki si tirò indietro la chioma corvina, infastidito. “E’ già il terzo corridoio che visitiamo, e non ne restano molti.”
“Forse non è nelle celle. Forse la tengono rinchiusa in un altro luogo” Ammise semplicemente Zwingli.
“E dove allora? In un misterioso laboratorio segreto?” Il dio degli inganni tornò a usar il suo consueto tono ironico, e il demone alzò gli occhi al cielo.
“Non alzare gli occhi al cielo, era un’affermazione assennata la mia. Visto quello che lei….è, potrebbe essere stata sottoposta a esperimenti. Dopotutto sei tu l’esperto qui, scienziato.” Il dio incrociò le braccia sul petto e guardò il vecchio con aria di sfida, mentre quest’ultimo alzava le spalle.
“Non so, potrebbe essere nei laboratori interni, ma tutte le ricerche su di lei sono già in archivio: la studiai a lungo quando nacque, e le sue caratteristiche e capacità sono già note da temp-“ Zwingli spalancò improvvisamente gli occhi scuri.
 
“Il portale.”
“E’ ancora aperto vecchio, non creare allarmismi.”
 
“Non questo portale, quello originale!” Il vegliardo s’incamminò veloce in un corridoio alla sua destra, costringendo Loki a correre per stargli dietro. Ora aveva la voce affannata mentre parlava, più per l’ansia che per la fatica. “Il portale originale che avete usato tu e Meridia ha una capacità particolare. Vedi, a differenza di altri del suo genere, è direzionabile.
“Vuoi dire che uno può scegliere dove atterrare?”
“Quasi.Può scegliere un pianeta dove atterrare, ma non il luogo esatto. E ora che è stato parzialmente distrutto probabilmente avrà scarsa manovrabilità, ma resta una porta sul vostro universo.”
 
Portali Transmondo, ovvero capaci di farti saltare da un universo ad un altro, erano una rarità. Ma portali del genere addirittura direzionabili erano così rari che molti pensavano non esistessero nemmeno; il potere che potevano condurre da chi li controllava era talmente vasto che la loro rarità era infine forse un bene.  
 
Naturalmente proprio un esercito di demoni doveva averne uno disponibile.
 
“Hai fuso i comandi. Ti ho visto mentre lo facevi.”
“I comandi sono distrutti, ma non il collegamento.”
“Può essere ripristinato?”
“Servirebbe una quantità colossale di energia, come quella prodotta da una stella nel suo centro, ma sì, può essere ricostruito.”
“Nessuno possiede tutta quella energia.“
 
Quasi nessuno. Diventa una supernova in forma umana.
Meridia.
 
Il vecchio finalmente raggiunse la sala che stava cercando, dopo più d’una svolta e qualche scala stretta. Erano in una zona della città che Loki non aveva mai visto fin’ora. Poggiò la mano sulla maniglia, spinse ed entrò in fretta; Loki rallentò, si appoggiò allo stipite della porta e guardò nel profondo buio in cui era immersa la stanza. Forse c’era un altro corridoio ancora, non riusciva a vedere.
 
Sapeva che lei era lì. Il misto di sensazioni, sollievo e paura più che altro, lo avvolgeva, e sentiva che molti pesi svanivano dal suo corpo, lasciandolo in una incredibile sensazione di leggerezza e bruciore. Non sapeva descrivere cosa, ma qualcosa gli dava energia per andare avanti, e questo lo spaventava. Tutta questa situazione lo spaventava.
Inspirò profondamente e si staccò dall’ingresso, immergendosi nell’oscurità.
 
***
 
Quello che il dio aveva scambiato per un corridoio era in realtà un’altra stanza circolare; ci volle qualche secondo perché i suoi occhi chiari si adattassero alla penombra. Una serie di scaffali erano addossati alle pareti, e pochi tavoli ricolmi di fogli erano distribuiti equamente nel centro della sala. Opposta alla porta che avevano appena spalancato, ce n’era una identica, chiusa. Nell’avvicinarsi osservarono che non era realmente chiusa, ma solo socchiusa; uno spiraglio di luce bianca scivolava all’esterno, e si allargò nel momento in cui Zwingli dischiuse la porta completamente.
 
Le immagini luminose avevano quasi raggiunto il loro scopo. Non sentiva più nulla, né freddo né caldo, né dolore né sollievo. L’aria e mancava, il respiro era affannoso. Lui era ovunque, i suoi occhi verdi, con cui regalava agli altri uno sguardo di odio, ma non a lei. No, a lei aveva sempre regalato uno sguardo diverso. Uno sguardo indecifrabile, luminoso benché velato di tristezza forse, dolce quasi e ricolmo di rabbia. E ora quegli stessi occhi la fissavano, mentre soffocava, persa nel nulla.
 
 
 Al centro della sala convergevano ogni genere di cavi, illuminati di un bagliore aranciato, causato da ciò che scorreva al loro interno probabilmente. Si attorcigliavano tutti attorno a una figura sottile, crocifissa a una grata metallica che la teneva in piedi; i cavi pulsavano sulla sua pelle, lasciata per buona parte scoperta. Assorbivano l’energia prodotta dalla figura legata, e la portavano al portale dietro di essa. Ricordava quella stanza. Era l’ultima volta in cui erano insieme, la volta in cui lei l’aveva abbandonato.  
 
“Figlia mia…”
I ricci le coprivano in parte le spalle e il volto. Meridia aveva gli occhi chiusi, ma il petto si abbassava e alzava ritmicamente: era ancora viva.
“La stanno usando come batteria.” La stanno uccidendo. Si sta lasciando uccidere per noi. L’asgardiano di avvicinò a lei, e delicatamente incominciò a staccare i cavi che le legavano la testa, comprese due piccole ventose sulle tempie. Lei si riscosse leggermente, emettendo un gemito:
Loki continuò a liberarla dai cavi, fino a che non ne fu completamente libera, mentre Zwingli spegneva lentamente la macchina attraverso un pannello retrostante. Staccato anche l’ultimo collegamento tra lei e il macchinario, Meridia cadde in avanti, afflosciandosi in braccio al dio, che la depositò gentilmente sul terreno.
Riaprì gli occhi, e lo squadrò velocemente.
 
“Tu..”
 
Prima che Loki potesse rispondere, si trovò un coltello alla gola. Era stata così veloce a sfilarglielo che nemmeno se ne era accorto. I suoi occhi limpidi e chiari erano freddi, e straripavano d’odio, mentre lo sovrastava col suo corpo, schiacciandolo a terra.
Non avrebbe mai pensato che sarebbe finita così. Era sempre stato lui quello con la lama dalla parte del manico.
 
Quest’ultima incominciò a incidere la sua pelle candida, ma fu bloccata da un lieve cigolio: qualcuno era entrato nella stanza, e questo fu abbastanza per distrarre la ragazza prima che potesse terminare il suo lavoro. Fu abbastanza perché Loki potesse spingerla contro il muro, e bloccarla con la magia.
 
“Impressionante vero? I tecnici hanno fatto un lavoro incredibile con lei, è venuta meglio di quanto pensassi.” Lo straniero scivolò nella poca luce della sala. Alto, la pelle chiara e pallida, i capelli corvini e gli occhi d’un forte verde smeraldo. Era sorprendentemente simile al dio di Asgard, se non fosse per il viso, dai lineamenti differenti, più taglienti, e per la voce, più suadente.
“Meglio di te in ogni caso.”
 
Lo sconosciuto sorrise. “Sempre così provocante, fratellino.”
 
***
 
Loki sbiancò, mentre l’altro allargava ancor più il suo sorriso malevolo.
“Non mi riconosci? Forse in questa forma” La pelle dell’uomo divenne bluastra, ricoperta di lievi ghirigori, e gli occhi si fecero rosso rubino. “ti sono più famigliare.”
“Chi sei tu?” La voce del moro era incrinata, mentre davanti a lui appariva la vera identità del suo interlocutore.
“Moroi, secondogenito di Laufey, signore dei giganti di ghiaccio e delle fredde lande di Jotunheim, tuo fratello, anche se non di madre.” Il gigante fece un inchino, mentre Loki alzò un sopracciglio disgustato.
 
“Vedo che mio padre ha avuto da fare dopo la mia scomparsa. E io che pensavo mi fosse più affezionato”
Moroi fece spalluccie. “Beh, serviva qualcuno sul trono. I potenti lombi di nostro padre hanno provveduto in fretta, e con un risultato…migliore.”
 
“Stesso umorismo fastidioso, è un tratto di famiglia vedo. Non vorrei intromettermi” Zwingli, usando la distrazione prodotta dal discorso tra i due fratellastri, era sgattaiolato furtivo alle spalle del gigante, che ora si trovava un coltello  sotto il mento, premuto sulla gola. “ma cosa diavolo hai fatto a mia figlia?”
 
“Il padre protettivo…Quale meraviglia!” Moroi diede una testata indietro al vecchio, che perse la presa, quindi con un colpo forte e veloce gli piantò un coltello nel ventre. “Non osare mia più toccarmi vecchio decrepito.”
Con un rumore secco sfilò l’arma dal corpo di Zwingli, che scivolò a terra, accasciandosi.
 
 
No!”
 
 
Moroi si voltò sorpreso verso il dio asgardiano, che senza accorgersene aveva appena gridato.
 
 “Tu provi verso questo essere immondo” Si avvicinò moltissimo a Loki, fin quasi a sfiorargli una guancia. “pietà?”
Il moro non rispose, e Moroi rise, rigirando il pugnale appena usato nella mano. La situazione era così divertente! Ma aveva un esercito da comandare. Si avviò all’uscita.
 
“Asgard ti ha rammollito, fratellino.” Con uno schioccò di dita liberò Meridia. “Ti lascio in sua compagnia, forse ti farà rinsavire a suon di botte. Ma è probabile che ti uccida.” Moroi scomparve nell’ombra, mentre per la seconda volta la guerriera si avventava sul dio degli inganni.
 
***
Lui era lì.
Era tutto ciò che le aveva causato dolore, così tanto dolore.
 
Non appena fu libera, Meridia si avventò sul moro. Doveva colpirlo, e  colpirlo ancora, fino a che il suo corpo non fosse stato molle sotto le sue mani, morto. Un incubo, finito.
 
Atterrò il dio degli inganni, e riuscì a percuoterlo al volto una volta, prima che lui la rovesciasse sulla schiena. Batté le costole sul freddo pavimento, mentre le sue mani erano bloccate a terra da quelle del dio.
Si dimenò sotto il corpo agile di Loki, che non mollava la presa. Stava parlando, ma lei non voleva ascoltare: gli diede una ginocchiata poco sotto il costato, e il moro fu costretto a lasciarla andare tossendo; lei si rialzò velocemente dietro di lui.
 
Era vulnerabile, lì, in ginocchio, e le dava le spalle. Meridia prese il pugnale rimasto a terra, gli avvolse un braccio al collo e gli puntò il coltello sulle vene pulsanti poco sotto il viso.
“Muori.”
 
Lui, la causa di tutto quel gelo, nella stanza buia.
 
“Almeno abbi la decenza di uccidermi da davanti.” La sua voce era sfiancata, e sottile. Lei lo lasciò andare, e lui ne approfittò per schiacciarla nuovamente a terra.
 
La guardò negli occhi, e nuovamente vi vide solo rabbia e astio. Ma sotto, sotto quel velo di ira furiosa, c’era paura. Lei tremava ora, consapevole di aver perso; ma non era per la frustrazione. Tremava di paura ogni volta che lo vedeva.
Qualsiasi cosa le avessero fatto,  doveva essere stato un incubo. Un incubo in cui lui era il mostro. Doveva tirarla fuori da quel sogno, in un modo o nell’altro.
Lei si dimenò ancora, lui la tenne ferma con delicatezza, continuando a fissarla negli occhi. Aveva poco tempo, e poche idee.
 
Incominciò a sussurrare una breve melodia, la stessa che da bambini si cantava alle feste. Lei amava quella canzone, da bambina aveva sempre adorato cantare.
Lei si dimenava sotto di lui, cercando di scappare, mente lacrime le solcavano il viso. Continuarono così per minuti interi, fino a che lei non si placò, e chiuse gli occhi.
 
Il suo incubo svaniva, l’illusione distrutta. La paura colmata dalla gioia e dai vecchi ricordi.
 
La melodia continuò, ma questa volta erano le labbra di lei a muoversi: ora anche lei cantava, piano, la sua melodia. Continuò finchè la canzone non fu completa, quindi riaprì gli occhi e guardò l’asgardiano, che ora aveva un lievissimo sorriso sul volto. Era stata persa, ma ora non più.


ANGOLO DELLA SCRITTRICE
Oddei schifo. Questo capitolo è un po' affrettato, ma ero in ritardo causa vacanze e impegni vari ç.ç Giuro che mi rifarò sul prossimo! Grazie a tutti i miei amati lettori, siete gentilissimi e adorabili <3 See ya!

#roseinwonderland

 
   
 
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