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Autore: MartynaQuodScripsiScripsi    21/07/2015    2 recensioni
Luculla, contadina sedicenne, stava zappando 'a vigna quando le venne voglia di un gelato. Così mollò la zappa e si incamminò verso la piazza del paese, dove c'era una gelateria che lo faceva buono. Strada facendo incontrò Cicerone, il mago più potente del mondo. Ma lei aveva voglia di gelato.
Genere: Comico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutto cominciò quando a Luculla, contadina sedicenne, venne voglia di un gelato.
Così, a caso: un momento prima stava zappando ‘a vigna in pace e improvvisamente le era venuta una voglia pazzesca di gelato al limone. Il pensiero l’aveva fatta salivare talmente tanto che aveva dovuto inghiottire due volte.
Così aveva mollato la zappa e si era diretta alla gelateria nella piazza del paese, dove facevano il gelato artigianale ed era buono da far male alle papille gustative.
Stava camminando in fretta con il pensiero al gelato quando incrociò un uomo dalla barba bianca che gli arrivava all’ombelico. Indossava una veste nera con ricamate delle stelline bianche e un cappello a cono. I suoi occhi verdi erano contornati da una sottile rete di rughe e in mano aveva un bastone nodoso alto quanto lui.
Luculla sorrise sotto i baffi, ma prima che potesse dirgli che non era Carnevale l’uomo disse:
“Luculla! Tu non mi conosci, ma io sì. E devo confessarti delle cose terribili! Tu credi di essere una contadina, figlia di Pasquale e Genoveffa, ma non è così! Oh, se solo sapessi quali intrighi, da quali misteri la tua nascita è avvolta!”
Luculla si fermò e aggrottò le sopracciglia.
“I miei non mi volevano?”
Il tipo rimase a bocca aperta, poi si riscosse.
“No, no, niente di tutto questo. Ti devo parlare in privato... Ci sono nemici dappertutto…”
“Magari un’altra volta” disse Luculla, che cominciava a vedersela brutta.
“No!” esclamò il tipo. “Il tempo sta quasi per scadere!”
Luculla scosse la testa e incrociò le braccia sul petto. “Senti, per quello che ne so io potresti essere un violentatore o qualcosa del genere. Credi che sia così scema da venire con te?”
Il tipo tacque e Luculla alzò le spalle.
“E va beh. Dimmi tutto, ma qui. Tanto non sta passando nessuno. Ma in fretta!” disse, pensando al suo gelato.
Il tipo si raddrizzò.
“Il mio nome è Cicerone e…”
“No! Odio latino!” esclamò Luculla.
“…e sono il mago più potente del mondo” proseguì Cicerone scoccandole un’occhiataccia.
“Alt! Cala, cala, Cicerone” disse Luculla sporgendo il mento verso di lui.
“…e devi sapere che in realtà tu non sei la figlia di Genoveffa e Pasquale, ma bensì la Principessa di Newikuya” disse Cicerone.
Luculla lo guardò annoiata. “E così io sarei la figlia del Signore Oscuro? Del pazzo sadico che passa le giornate ad uccidere topi a mani nude? Oh, ma fammi il favore, non è manco sposato. Senti, devo proprio andare adesso. Saluti.”
Lo scostò e lo oltrepassò, ma sbatté contro una parete invisibile.
“Ahia!” urlò. “Sei veramente poco gentile!”
“Ascolta!” disse Cicerone digrignando i denti. “Non ti è stato detto mai nulla, ma prima che il Signore Oscuro conquistasse Newikuya, c’era un re buono e giusto, re Kinwus, e sua moglie, la regina Ahera. Il Signore Oscuro è il fratello di re Kinwus, ed è sempre stato geloso del suo potere e del suo essere benvoluto tra i sudditi. Un giorno, la regina Ahera partorì una bambina: eri tu.”
“Ti sei documentato prima di parlarmi?” lo interruppe Luculla. “Ho lo stesso naso di Pasquale e gli stessi occhi di Genoveffa. Me l’hanno sempre detto tutti. Ciò vuol dire che sono loro figlia.”
Cicerone fece scattare una mano, ma quando fu a un centimetro dalla guancia di Luculla la accarezzò.
“Può darsi,” disse, “ma la tua carnagione è uguale a quella di Ahera…”
“Amico caro, casa mia è a cento metri da qui. Ti faccio conoscere i miei genitori così vedi” disse Luculla togliendosi la mano di Cicerone dalla faccia.
Il mago respirò profondamente.
“Lo stesso giorno della tua nascita, il Signore Oscuro avvelenò re Kinwus, facendola passare per una morte naturale. Tua madre fuggì e ti affidò a una coppia di contadini, Pasquale e Genoveffa, perché fossi al sicuro fino al tempo della profezia.”
“Profezia?” ripeté Luculla e sbadigliò.
“Sì, e non dovresti sbadigliare. È una profezia serissima.”
“Cambia spacciatore” disse Luculla. Lo oltrepassò, ma sbatté di nuovo contro la parete invisibile.
“E dagli! Mi ammaccherai il naso” protestò.
“Potenze del cielo, in tutta la mia carriera non ho mai trovato una Prescelta più testarda di te!” esclamò Cicerone stringendo il suo bastone.
Luculla sospirò.
“E vabbè! Dimmi la profezia! Ma in fretta.”
Cicerone si ricompose. “Narra la profezia che un giorno tempi bui avvolgeranno la terra di Newikuya, ma l’erede prescelto, quando avrà sedici anni, riporterà la pace. Tu sei l’erede di cui parla la profezia.”
“Scusa tanto, e tu che ne sai?” domandò Luculla.
Cicerone si tolse il cappello, lo tirò per terra e lo pestò con un piede. “Per la luna celeste, io…”
“La luna è bianca, daltonico” disse Luculla.
Cicerone puntò il bastone e partì una fiammata che fece del cappello un mucchietto di cenere.
“…io non ho mai assistito a una tale insubordinazione!”
“Oh, piano con le parole” sghignazzò Luculla.
Cicerone le lanciò un’occhiata tagliente. “Ascoltami bene tu, piccola impertinente, se ti dico che il tuo destino è quello di salvare Newikuya tu dovrai salvare Newikuya! Diamine!”
Luculla lo guardò come si guarda un bambino scemo.
“D’accordo. Devo salvare Newikuya. Ma come farò?”
Il mago si calmò.
“Dovrai trovare due oggetti magici: la Spada di Uytalon e la Sfera di Piscardiem. La prima è una spada d’oro invincibile dall’elsa tempestata di diamanti. I diamanti lanciano raggi magici in grado di annientare dieci goblin in un colpo solo.”
Luculla inorridì.
“Scusa! Perché dovrei uccidere un goblin? Sono così pucciosi…”
Cicerone lasciò cadere il bastone.
“I goblin? Pucciosi?!”
“Sì! Che colpa ne hanno loro, se sono così brutti e soldati dell’esercito del Signore Oscuro?” disse Luculla. “In realtà sono simpatici. L’altro ieri, per esempio, passava un drappello vicino a casa mia. Erano tutti stanchi e mi hanno chiesto un po’ d’acqua, chiamandomi Sua Eccellenza. Mentre io gli davo da bere, mi hanno raccontato le loro storie. Uno ha moglie e figli e non vede l’ora di tornare da loro, a un altro gli fanno male i calli, un altro è preoccupato perché quando è partito ha lasciato il gas acceso…E quando se ne sono dovuti andare si sono messi in fila e mi hanno baciato la mano.”
Cicerone sbarrò gli occhi e Luculla ghignò.
“Spento.”
“Dicevo…La Sfera di Piscardiem è del cristallo più trasparente e permette di vedere passato, presente e futuro e i punti deboli dei nemici.” disse Cicerone con lo sguardo basso.
“Non è molto pratica” disse Luculla. “Se è di cristallo si spacca non appena prende un colpetto.”
“Non si spacca” puntualizzò Cicerone. “Dovrai trovarli e annientare il Signore Oscuro.”
“Capisco” disse Luculla. “E dove si trovano?”
“Nessuno lo sa. Dovrai cercarli da sola.”
“Ah, sono messa bene” disse Luculla scuotendo la testa. “Neanche per idea” aggiunse sottovoce.
“Non preoccuparti, avrai una Compagnia che ti aiuterà nella ricerca” disse Cicerone.
“Una Compagnia? Sono carini?” si informò Luculla.
“Questo lo deciderai tu stessa” sbottò Cicerone e si voltò.
“Thyallen! Weruk! Xisol!”
Dai cespugli spuntarono un elfo, un nano e un lupo bianco. L’elfo aveva carnagione diafana, i capelli lunghi fino a metà della schiena, lunghi e corvini. Gli occhi erano azzurri e a mandorla. Il fisico scolpito e snello era fasciato da una casacca e una calzamaglia ricamate. A tracolla aveva un arco e delle frecce. Sorrideva, scoprendo due file di denti bianchi come perle.
Il nano aveva corporatura tozza e indossava una cotta di maglia. Appesa alla cintura aveva una mazza ferrata. Aveva capelli e barba rossi e arruffati. Il naso era rosso e sorrideva stupidamente.
Il lupo bianco era un lupo ed era bianco.
“Questa è la tua Compagnia” disse Cicerone.
Il nano sparò un rutto con l’eco e crollò a terra, russando.
“Che schifo!” esclamò Luculla. “Ma è ciucco fradicio!”
“Nani. Fanno sempre così. Noi elfi siamo superiori” disse l’elfo, avvicinandosi. Luculla avvertì il profumo della sua pelle.
Si girò verso Cicerone.
“Ricapitoliamo, signor mago. Io sarei l’erede prescelta che deve salvare il mondo insieme a questa banda di scappati di casa?”
Il mago annuì. Thyallen assunse un’espressione offesa a sentirsi chiamare scappato di casa.
Luculla mise i pugni sui fianchi e sorrise. “D’accordo. Ti informo che io sono una persona normalissima che non vuole rogne. E pazienza se effettivamente non sono figlia di Genoveffa e Pasquale, ma loro mi vogliono bene. Non voglio mettermi contro il Signore Oscuro che può farmi fuori in tre secondi, non voglio quell’ubriacone, questo snob e quel cane cresciuto nella mia vita e non voglio scartavetrarmi i cosiddetti con la spada e la sfera che non so dove cercare. E per giunta” si leccò le labbra “ho una voglia pazzesca di gelato al limone!”
E corse verso la piazza, inghiottendo saliva.

 

 

 

  
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