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Autore: King_Peter    21/07/2015    9 recensioni
{ Interattiva | Tremate, tremate, i mezzosangue sono tornati! | Storia completa }
Il Tartaro ha inghiottito tutti.
Innocenti si sono smarriti, peccatori sono affogati, dannati si sono perduti.
Gli dei si sono indeboliti, consumati dalla loro smania di potere, prede indifese della tanto ambita vendetta dei loro nemici.
Il mondo è sulla soglia di una nuova grande guerra e, dopo la sconfitta di Madre Terra, i semidei, sia romani che greci, dovranno affrontare una minaccia ben più grande di Gea, una minaccia che segnerà la loro vittoria.
O la loro fine.
♦ ♦ ♦
Dal testo: Sangue, Corpo, Cuore.
Le parole di Elena acquisivano finalmente un senso, mentre Lion assisteva riluttante a quel rito macabro ed antico come la terra stessa: serviva il sangue di un figlio degli Inferi, il corpo di qualcuno che era andato spontaneamente verso il proprio destino ed, infine, il battito di un cuore puro che potesse riportare sui suoi passi anche la morte.
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Ade, Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio, Semidei Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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12. Strade di Fuoco
Ultima ratio regum.
 
 

Fu un colpo dritto al cuore.
« Come distrutto? » chiese, quasi urlando, « Gli dei non possono morire, non possono. » continuò, la rabbia che gonfiava il suo petto stanco, mentre sotto di loro la terra tremava debolmente.
Atena scosse la testa, mesta.
« Un dio non può morire, ma può essere sparso in migliaia di pezzi nel fondo del Tartaro. » rispose, mettendo a tacere la vocina insistente nella testa di Lion, « Tuo padre, così come Proserpina, o Persefone che dir si voglia, sono stati distrutti da Tartaro, durante la sua ascesa al mondo dei mortali. »
Lo guardò negli occhi, artigliando il suo stomaco come solo una tigre poteva fare.
« È l'amara verità, purtroppo. »
Non poteva crederci, non poteva essere.
Aveva perso troppo nella sua vita, come sua sorella, il Campo Giove, sua madre e adesso anche suo padre che, seppur distante, era l'ultima parvenza di una famiglia normale che gli rimaneva.
E adesso non c'era più.
Stese la mano sul terreno, cercano di richiamare a sé i metalli o anche solo qualche piccola pietra preziosa sotto il dominio di suo padre, ma non ottenne risposta. Riprovò una seconda volta, e poi una terza, mentre non accadeva nulla e sentiva solo una morsa fredda sulla sua spalla, come un marchio che non poteva spazzare via.
Era vero, suo padre era morto.
Guardò Atena, i suoi occhi così belli eppur così antichi, poi incontrò lo sguardo preoccupato e sconcertato di Caelie, una ruga correva sulla sua fronte, rendendolo più vecchio e consumato, poi alzò i tacchi e cominciò a correre, puntando verso la porta di casa e sbattendola alle sue spalle.
Sentiva una voragine nera aprirsi al centro del petto, dove batteva il cuore, mentre le lacrime cominciavano a sgorgare dai suoi occhi e gli impedivano di vedere bene dove si stesse dirigendo.
Il sole, adesso, era ormai alto nel cielo e brillava nella sua intensa luce calda, riscaldando il mondo dei mortali con i suoi raggi. Nuvole occasionali ne smorzavano la potenza, per poi essere spazzate via dal vento caldo di Giugno.
Niente.
Era partito dal Campo Mezzosangue con l'intenzione di liberare i suoi fratelli romani e, invece, non lo aveva fatto. Aveva promesso ad Alexis che sarebbero tornati entrambi sani e salvi e lei si era sacrificata al suo posto. E suo padre, qual padre che avrebbe tanto voluto incontrare, ora era perduto nelle profondità più oscure della terra.
Rimanevano solo fumo e specchi.
Corse in un vicolo dove gli i mattoni erano imbrattati da graffiti e scritte varie che Lion non riusciva a capire, lasciandosi cadere di fianco ad un cassonetto dell'immondizia. Il petto gli si gonfiava e gli si abbassava, come se fosse appena riemerso da un quarto d'ora di apnea, mentre gli tremavano le mani e lui artigliava l'aria, cercando di costringerle all'obbedienza.
Era solo.
Tutte le nozioni che aveva appreso, tutti i miti che aveva studiato, tutte le battaglie che aveva guidato non erano servite a niente, se non a provocare una catena di eventi che avevano generato dolore. Alzò la testa di scatto, quando una piccola figura a quattro zampe faceva capolino sul limitare del vicolo, il pelo rossastro che scintillava sotto la luce del sole, le zampette morbide sull'asfalto crepato.
Lion sorrise.
Non aveva mai avuto animali domestici, non si era mai affezionato ad un cane, ad un criceto o ad un pappagallo, ma si sentiva così simile a quel gatto randagio, così bisognoso di cure e carezze. Attirò la sua attenzione, asciugandosi alla meglio le lacrime che bagnavano il suo viso, mentre la piccola palla di pelo lo raggiungeva a grandi passi, facendo scattare la coda in tutte le direzioni e muovendola come una frusta.
Cominciò a fare le fusa quando Lion gli accarezzò la testa.
« Anche tu sei solo, vero? » gli chiese, retoricamente, guardandolo con occhi lucidi e nostalgici, « Allora siamo in due. » sussurrò, appena prima che il gatto gli rispondesse con un sommesso miao.
Che cosa c'era oltre la morte?
Aveva sempre pensato alla morte come a qualcosa che era inevitabile e lui, essendo un figlio di Plutone, aveva creduto ciecamente che, dopo la sua dipartita, sarebbe entrato nel palazzo di suo padre per servirlo.
Ma adesso? Adesso che suo padre era stato distrutto e il suo regno annientato, cosa ci sarebbe stato una volta che Thanatos lo avrebbe sfiorato con la sua falce?
Inspirò piano, continuando a massaggiare pensieroso il gatto, il quale si era acciambellato sul suo stomaco, continuando a fare le fusa e producendo un rumore simile a quello di un camion, per quanto era forte.
Per un momento, Lion invidiò la sua libertà, il suo senso di intraprendenza, la sua folle vita vissuta al momento: dopotutto, i gatti non salvavano il mondo, lui però lo aveva fatto, e più di una volta.
Eppure non gli restava niente.
Scosse la testa, ricacciando indietro quei pensieri prima che affondasse in uno stato di depressione da cui era impossibile uscirne. Gli era stato insegnato, al Campo Giove, che bisognava sempre controllare le proprie emozioni, persino quando, in battaglia, un tuo compagno viene ferito o mutilato, per non dire ucciso.
Tutto ciò che sapeva, tutto ciò che era, lo dove esclusivamente a Roma. E Roma non gli avrebbe mai permesso di buttarsi giù come un muro di cartongesso.
« Mai arrendersi, Sansone. »
Afferrò il gatto in modo che non si facesse male e si alzò in piedi, stringendo Sansone al petto. Poi, rapido come era arrivato lì, ritornò sui suoi passi, incontrando lo sguardo consumato di alcune persone del quartiere.
Mosse un passo dopo l'altro, muovendosi quasi meccanicamente, mentre il suo cuore batteva forte come un tamburo contro quello del gatto che stringeva al petto, il rumore del suo cuore che lo faceva sentire vivo.
La scritta BETSY era visibile anche da lontano, con quelle poche lettere ancora funzionanti che scintillavano anche durante il giorno, senza mai spegnersi.
Caelie era lì, sul portico d'ingresso, le mani tra i capelli, il volto segnato da occhiaie e ferite varie. Lion tirò su col naso, sperando che lei lo vedesse, ma sembrò non farci caso.
Era arrabbiata?
« Ehi. »
La figlia di Apate scattò sull'attenti, come se le avessero appena puntato un fucile contro. Si guardò intorno confusa e il viso le si illuminò di gioia, quando vide Lion. Gli saltò addosso, quasi schiacciando il gatto che aveva in mano, lasciandosi andare ad un bacio dolce come il miele.
I suoi occhi erano lucidi e tristi, la piega delle sue labbra curvata verso il basso.
« Stai bene? » gli chiese e, anche se era una domanda un po' stupida visto tutto quello che era successo, Lion apprezzò la sua buona volontà. Annuì, sebbene aveva sentito il rumore di qualcosa che era andato in pezzi, dentro di lui, qualcosa che non si poteva più riparare.
Una vita di cicatrici e dolore, ecco cosa gli dei gli avevano riservato.
« Atena è andata via? » chiese, cercando di non tradire il tono neutro che aveva assunto per parlarle. Sansone continuava a fare le fusa, sotto gli occhi confusi di Caelie.
« Si, era molto dispiaciuta. » affermò lei, prendendo il gatto tra le sue braccia e cominciando a coccolarlo, « E lui sarebbe? »
Lion serrò la mascella.
« Sansone, come il guerriero la cui forza risiedeva nei capelli. » rispose Lion, rivangando le sue conoscenze dei miti e delle leggende anche di altri popoli, « Mi ha fatto tenerezza, era tutto solo. »
Caelie abbozzò un sorriso ed annuì, dandogli poi le spalle e Lion pensò che lo facesse per evitare di crollare davanti a lui.
« Io vado dentro, devo riposare. » disse, quasi come se fosse un automa, « Prima della battaglia. »
Pronunciò quella parola con amarezza, sotto gli occhi tristi di Caelie e quelli divertiti di Sansone, l'azzurro che andava mutandosi in verde scuro, come facevano tutti i gatti.
Fra i due intercorse un momento che sembrò durare secoli, poi la ragazza prese la parola, spicciando solo tre parole con il tono migliore che riuscì a comporre.
« Ti amo Lion. »
Lui non rispose, lanciandosi tra le ombre del Betsy.
Quando si svegliò, tutti i muscoli del suo corpo tiravano come corde, facendolo mugugnare di dolore. Ci mise un po' ad abituare gli occhi alle tenebre della sera e alla poca luce che filtrava dalle persiane della camera in cui era crollato.
Doveva essere sera inoltrata.
Si mise a sedere, lasciando cadere gli anfibi scuri sul pavimento di legno, mentre si strofinava gli occhi, lasciando andare gli ultimi residui di sonno. Guardò la forma morbida del suo anello, il leone che scintillava rosso come il sangue contro la pietra nera di ossidiana, il simbolo di sé stesso che lo guardava rampante dalla superficie di un anello.
Si chiese se funzionasse ancora.
« È maleducazione fissare la gente, Castiel. » disse, tutt'un tratto, quando dalle ombre si plasmò la figura del figlio di Eros, i capelli incollati di gel, gli occhi vacui come quelli di un fantasma. Si sedette accanto a lui sul letto, tra le lenzuola sfatte che odoravano di naftalina.
Avrebbe dovuto chiedere scusa a Charlie, ma dubitava che lo avrebbe trattato in maniera gentile, non dopo che lui aveva portato la sua ragazza all'altare di un sacrificio. Se solo avesse potuto, lo avrebbe ucciso all'istante e stavolta nemmeno Atena lo avrebbe potuto fermare.
« Scusa. » sussurrò Castiel, le occhiaie sotto gli occhi appena visibili, « Non era mia intenzione. » disse, gesticolando con le sue lunghe dita da pianista. Anche se si sforzava di trascurarsi, come mostrava chiaramente l'ombra di barba sul suo mento, era chiaramente un bel ragazzo, oltretutto figlio del dio dell'amore.
Voleva chiedere consigli in materia? Pessima decisione, lui era meno esperto di lui, se così si poteva dire.
« Tranquillo. » gli rispose Lion, cercando di consolarlo, « Siamo tutti un po' tesi, che succede? » domandò, diretto, come gli era stato insegnato a fare.
Lui aprì bocca, come per dire qualcosa, ma poi la richiuse subito dopo, abbassando lo sguardo sulle sue scarpe, sporche per via di tutti i combattimenti che avevano affrontato. Le sue  braccia erano piene di lividi e tagli che andavano rimarginandosi, più qualche puntura sospetta.
« È che ... che questa potrebbe essere la nostra ultima notte da vivi. » sussurrò, enfatizzando l'ultima parola con sarcasmo, « E io non voglio passarla da solo. »
Come?
Lion aggrottò la fronte, cercando di mettere insieme i pochi pezzi del puzzle che gli erano stati dati. Poi, prima che potesse spiccicare parola, Castiel si protese verso di lui e lo baciò, premendo le sue labbra carnose sulle sue, secche e screpolate, facendogli sentire il suo odore e il suo sapore.
Per un attimo, Lion si abbandonò al bacio, non sapendo esattamente come uscire da quella situazione, mentre Castiel gli arruffava i capelli e poi si staccava da solo, allontanandosi rapidamente da lui. Lion lo guardò, inarcando un sopracciglio, assumendo un'espressione confusa.
« Ma tu e Cassie non ... beh, hai capito, no? » chiese e fu l'unica cosa che riuscì a dire, prima che asciugarsi un rivolo di sudore che stava scorrendo dalle tempie fino alle guance. Aspettò una risposta, ma Castiel si limitò a scrollare le spalle, appoggiando poi i gomiti sulle ginocchia.
Improvvisò una risatina nervosa, tornando poco dopo serio.
« Mio padre è il dio dell'amore. » affermò, constatando l'ovvio, « E non importa se sia rivolto al sesso opposto o allo stesso sesso, è sempre amore. » disse, come cercando di discolparsi. Si prese la testa fra le mani, mentre Lion continuava ad essere confuso.
Era innamorato di lui?
« Che stai cercando di dirmi, Cass? »
Il figlio di Eros lo guardò, gli occhi tristi e determinati allo stesso tempo, i capelli arruffati sulla sua testa che lo facevano sembrare uno scienziato pazzo.
« Non ero sicuro dei miei sentimenti, ecco tutto. » confessò, tra la vergogna e la voglia di uscire dalla confusione che regnava nella sua testa, « Volevo solo sentire cosa si provava a baciare un ragazzo. » disse, prima di uscire come un tornado e la stanza esplodesse.
A Lion sembrò di essere diventato sordo, per lo scoppio che invase le sue orecchie.
Tentò di rimettersi in piedi, ma un secondo scoppio gli fece cadere il letto addosso, costringendolo a terra. Cercò di spostarlo, senza successo, mentre le lenzuola lo proteggevano dalla vista di due ragazze appena entrate dalla porta della stanza.
« Non è qui, Nives. » constatò una voce, quella di Lilith senza dubbio. Lion poteva quasi immaginare il suo viso, in quel momento.
« E dove potrebbe essere? » chiese l'altra, la lunga veste della notte che strisciava a terra, « Abbiamo controllato tutta la casa, ci sono solo i suoi compagni d'impresa. »
Lilith emise quello che assomigliava tanto ad un ringhio di un cane, prima di dare un calcio alla spalliera del letto che era caduto addosso a Lion, il quale si ordinò di non fare un fiato.
« Maledizione, ci serve il suo cuore! » esclamò, come se stessero discutendo su quale taglio di carne prendere al supermercato, « E ci serve subito! »
Lilith si mosse, osservando lo squarcio che una delle loro bombe esplosive avevano provocato nella parete della stanza, avvicinandosi, poi, al punto in cui si trovava Lion, le scarpe con i tacchi che battevano sul legno del pavimento come proiettili.
« Lo so, Lilith. » rispose l'altra, muovendosi per raggiungerla, « Tartaro non può sopravvivere senza di lui, senza colui che lo ha generato. » si lasciò scappare e, finalmente, una speranza faceva capolino nel cuore di Lion.
Stavano dicendo veramente o era tutta una trappola? Eppure il tono arrabbiato di Lilith era così realistico.
« Sento che è qui, forse un dio lo ha nascosto, ma ancora per poco. » continuò Nives e Lion la immaginò sullo stipite della porta con l'aria annoiata, « Gli resta ben poco da vivere. »
Nives rise, una di quelle risate che gelano il sangue nelle vene.
« Soprattutto adesso che abbiamo la sua ragazza e la figlia di Zeus nelle nostre mani. »
Fu come ricevere un altro colpo al cuore.
Per un attimo, un solo istante, fu tentato di estrarre il suo forcone e fari strada attraverso il letto per combatterle, ma sapeva che non avrebbe potuto batterle, non adesso almeno.
« Dovrà consegnarsi prima della mezzanotte, oppure ... » Lilith lasciò la frase in sospeso e Lion la immaginò mentre mimava il  gesto di recidere la gola a qualcuno. Il pensiero che potesse essere Caelie o Cassie gli corrose il cuore, come se si fosse appena iniettato dell'acido nelle vene.
« Mezzanotte, mezzanotte, l'ora delle streghe. » cantilenò Nives, la voce suadente e dolce come i pericoli che si possono incontrare tra le ombre, « Tremate, tremate, le streghe sono tornate. » continuò, mentre la sua voce si allontanava nel corridoio e si sentiva uno snap, come se si fossero appena smaterializzate.
Lion si morse l'interno delle guance così forte da assaporare il sapore del suo stesso sangue in bocca, deglutendolo a fatica: aveva dato lui origine a tutto, ed era lui a dovervi porre fine.
La morsa del dolore gli strinse il cuore, costringendolo a respirare più velocemente, quasi con l'affanno. Si diede la spinta per cercare di ribaltare ancora una volta il letto e, quando ci riuscì, si ritrovò lo sguardo addolorato e distrutto di Castiel addosso.
Mormorava qualcosa che Lion non riusciva a sentire, come una cantilena, mentre cominciava a piangere e le lacrime bagnavano le sue guance sporche. Non voleva vederlo così, non voleva vedere lo stato in cui sarebbe crollato anche lui se non avesse preso in mano la situazione.
Urlò qualcosa agli altri che erano di sotto, cercando di consolare allo stesso tempo Castiel, mentre in cuor suo nutriva la speranza che le streghe stessero mentendo.
Cosa che ovviamente non era vera.
La disperazione sul volto di Serena era visibile, come lo sconcerto su quello di Zheng oppure la tristezza sul viso segnato dalle ferite di Robin. Charlie lo guardava con aria indifferente, mentre la frusta di Hic scintillava nell'atmosfera apocalittica in cui la stanza versava.
Diede un'occhiata eloquente alla figlia di Afrodite e lei capì al volo, così si mosse verso Castiel e lo portò al piano di sotto, sorreggendolo per le spalle. Poi Lion si alzò in piedi, la maglietta sporca del sangue di Elena, i jeans neri macchiati di gesso, gli anfibi in pelle rovinati, mentre il suo anello brillava di luce propria.
« Vogliono me. » disse subito, prima che qualcuno potesse fare domande. Robin lo guardò con aria sofferta, poi annuì, come se già sapesse cosa Lion volesse fare.
Dopotutto, si conoscevano da un vita.
« Hanno preso Cassie e Caelie come ostaggi per me. » continuò, gesticolando e spostando lo sguardo da un semidio all'altro. Gli occhi di Charlie ardevano di rabbia. « E io devo consegnarmi. »
« No Lion, non puoi. »
Con immensa sorpresa del figlio di Plutone, fu Zheng a parlare, Zheng il figlio di Ecate solitario e silenzioso, quello che tutti non vedevano finché non decideva lui di uscire dalle tenebre.
Lion lo guardò riconoscente, ma distante.
« Devo farlo. » affermò, senza che nessun altro mettesse in discussione la sua decisione, « Libereremo i miei fratelli romani e gli ostaggi che hanno preso. »
Poi, volgendo uno sguardo a Charlie ed Hic, disse « Si, anche Federica, se è ancora viva. »
« Come fai ad essere sicuro che Tartaro non ti distruggerà? » chiese Hic, la frusta attorcigliata intorno al suo braccio come un serpente, « Come riusciremo ad avvicinarci alla tana delle streghe? »
Lion sorrise amaro.
« Tartaro ha potuto risorgere grazie ad un rituale combinato, legato a molti oggetti che Lilith e Nives hanno dovuto procurarsi. » spiegò, la voce carica di tristezza e dolore, « Hanno avuto bisogno di un corpo che ospitasse Tartaro e lo hanno trovato in mia sorella, del cuore battente di Federica per far ricominciare a battere quello morto di Alexis. »
Si fermò, come se parlare di quella cosa gli stesse portando via le ultime energie rimaste.
« E del mio sangue per riportarlo alla vita. » disse infine, « È il mio sangue quello che scorre nelle sue vene, è il mio sangue che lo mantiene vivo. »
« E quindi come lo uccidiamo? » chiese Charlie, la spada di bronzo celeste che scintillava violenta nelle sue mani. Lion incrociò lo sguardo misterioso di Zheng che gli rispose con una smorfia.
« Di questo parlerò con Zheng, solo lui può aiutarmi. » rispose, quasi sarcastico, « Vuoi seguirmi? » gli chiese, retoricamente, mentre usciva dalla stanza sottosopra e conduceva il figlio di Ecate in un luogo appartato. I suoi occhi sembravano ancora più scuri di come li ricordava.
« Ciò che stai chiedendo è impossibile. » disse subito, interrompendolo prima che Lion potesse parlare. Il figlio di Plutone scostò alcuni manici di scopa che gli premevano contro la schiena.
Forse usare il ripostiglio per parlare di come annientare Tartaro non era stata una buona idea.
« Non è impossibile Zheng e lo sai. » rispose lui, quasi con la stessa voce con cui incitava la terza coorte prima di una battaglia, « Sei un figlio di Ecate, dovresti essere versato nelle arti magiche. »
Gli occhi di Zheng si infiammarono.
« Quella che mi stai chiedendo non è magia, è stregoneria! » protestò, puntandogli un dito contro, « E poi servirebbe una quantità immane di potere. »
Lion scosse la testa.
« E della negromanzia che mi dici? » chiese all'improvviso, giocando la sua ultima carta, « Quella è la magia più oscura che esista, Zheng. »
Lui sembrò avvampare di vergogna.
« Non so di cosa tu stia parlando. » disse, tetro, facendo per uscire dal ripostiglio, prima di incontrare il braccio di Lion a sbarrargli la strada.
« Girano voci su di te, al campo. Voci che dicono che tu uccidi la gente per cercare di riportarla in vita con la magia. » spiegò Lion, attingendo alla sua capacità di leggere le persone, « Quella è negromanzia e tu te ne vergogni. »
Zheng non rispose.
« Non ci sei ancora riuscito, non è vero? » gli chiese e Lion si chiese se non lo stesse canzonando, « Eppure potrei darti una mano, visto che sono un figlio di Plutone. »
« Plutone è morto, il suo regno è stato distrutto. » lo riprese Zheng, la voce carica di rabbia ed amarezza per essere stato scoperto. La coda di cavallo dei suoi capelli ricadde dietro le spalle, quando lui mosse la testa.
« Ma la sua conoscenza sopravvive in me. » rispose amaramente Lion, scuotendo il capo, « Io posso aiutarti, se tu aiuterai me. Se non posso muovere i celesti, muoverò gli Inferi. »
« E perché dovrei fare ciò che mi chiedi? »
« Perché io conosco la formula per riportare indietro i morti. »
 

 
 

Notes: il motto latino si traduce con “L’ultima difesa dei re.”
 
#King’sCorner
 
Aloha!
Vi sembrerà strano, ma sto maledicendo Apollo c.c Non riesco più a respirare senza sudare peggio di una delle sue vacche .___.
Ad ogni modo, eccomi qui con il dodicesimo capitolo, ovvero Strade di Fuoco. Beh, il titolo è azzeccato, non trovate? In questo capitolo succedono molte cose che porteranno, poi, alla battaglia nel prossimo (ho adorato scriverlo *^* soprattutto per alcuni particolari che non vi dico AHAHAHHAHHAH)
Mi sto rendendo solo adesso conto che sto facendo soffrire come un cane il mio Lion, però … che leone sarebbe se non lotta contro le avversità della vita? uu Scopriamo che chiamerà il gatto randagio Sansone, come l’eroe biblico, e poi ci sarà un momento het tra lui e Castiel :3
MUAHAHAHAHHAAHHAHAHHAHHAHHAAHHHA
Dai, Castiel era solo confuso, non guardatemi male xD Lilith e Nives, però, non tardano a farsi sentire e rapiscono Caelie e Cassie, tra lo sconforto generale di Castiel c.c Povero cucciolo ewe
Prendete appunti: sono senza cuore AHAHHAHAHAHAHAHAHAHHA
Così Lion prende una decisione drastica e svela quello che è il più grande segreto di Zheng, ovvero la sua brama di riportare in vita i morti tramite la negromanzia.
E chi meglio di un figlio di Plutone sa come resuscitare i morti? :3 Detto questo, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e ne approfitto per dirvi che il prossimo sarà … boom! Esplosivo AHAHHAHAHH
E so anche che vorrete uccidermi, quando lo leggerete MUAHAHAHHHAHHHA Si, il mio sistema cardiocircolatorio sadico si è dato da fare :3 Perdonate se non ho risposto alle vostre bellissime recensioni, ma sono stato davvero impegnato e lo farò al più presto!
Quindi non offendetevi se non vi ho ancora risposto c:
Ah, ultima cosa (finalmente) riguardante la sorpresina che vi avevo annunciato! Riguarderà … nah, va beh, meglio non dirvi niente! ♥
AHAHAAHHAHHHAHAHHHAHAAHHAHAH
Vi do appuntamento a sabato 25 con “Fratelli di Sangue”. Alla prossima e grazie per continuare a seguirmi così numerosi! :3
 
King.

 
  
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