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Autore: miatersicore23    21/07/2015    4 recensioni
Elena guarda spesso quel ragazzo da lontano. Non gli ha mai parlato e lui non l'ha mai guardata. Sa solo il suo nome.
Elena non pensa più a se stessa da ormai tanto tempo.
Damon è un soldato che non può più combattere, ha un passato che gli fa male e una persona, la più importante della sua vita, che lo aspetta a casa.
AU/AH | Delena! | Forse OOC
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PARTE TERZA


 
“E allora io ho detto: Annabeth non è così che si fa surf. Devi saper parlare con la tavola e avere confidenza con lei prima di salirci sopra.- il ragazzo continua a sorridere prima di continuare a spiegare il racconto della sua vacanza precedente.- Lei mi ha guardato malissimo e mi ha sputato in faccia di non saper fare l’amore con una tavola da surf.”

Scoppia a ridere e Elena lo segue a ruota. Non è stato tanto quello che ha detto a farla divertire, ma il fatto è che lui sappia raccontare con tanta ilarità una storia così. Quel ragazzo, Percy, ha solo vent’anni eppure è sposato da sei mesi e ha una figlia di quattro anni. Spesso passa la moglie a prendere la loro bambina, ma questa volta è arrivato questo ragazzo molto giovane che non ha perso tempo a stringere amicizia con lei.

Si è ritrovata quasi in trappola davanti a questo ragazzo. È stato come un vortice che l’ha presa immediatamente. E ripensa alle parole delle sue amiche e crede, Elena, che non ci sia niente di male a farsi degli amici.

“Sul serio. Ci sono rimasto così male per la sua battuta che sono rimasto muto e fermo per forse un’eternità. Di solito lei è così razionale e seria e quando fa così mi lascia senza parole. Forse è anche per questo che la amo. Riesce a sorprendermi quando meno me lo aspetti.”

Elena sorride quando Percy si lascia scappare quella dichiarazione indiretta nei confronti della moglie. Ticchetta la penna contro il legno rosso della scrivania della scuola di danza, mentre Percy si appoggia al muro, incrociando le braccia davanti al petto, dopo essersi scompigliato i capelli neri.

I capelli neri. Un po’ le ricordano i capelli di Damon e anche alcuni lineamenti, sono simili. Solo un po’più giovanili. Gli occhi di entrambi sono chiari, ma quelli di Percy tendono al verde, mentre quelli di Damon sono di un azzurro quasi glaciale.

Si ritrova sempre a pensare a Damon soprattutto dopo la sua uscita con lui qualche giorno prima.

Pensa che circondarsi delle persone giuste possa farla distrarre da quell’ultimo incontro con lui. Percy è una buona medicina, ma lo è solo in parte. Perché Elena sa che quando Damon entrerà da quella porta -quest’oggi lei non fa lezione con le bambine- per venire a prendere Jane, il nuovo ragazzo dagli occhi verdi perderà ogni suo interesse.

E infatti è quello che accade. Percy le sta raccontando di come ha conosciuto la sua ragazza alle medie e di come all’inizio si detestassero, ma le parole nella sua mente non arrivano più, non appena un complesso di vestiti neri non entra nella scuola di danza. E al diavolo, sa che Damon le fa battere il cuore, ma ancora non è pronta ad ammetterlo.

Per un millesimo di secondo i loro sguardi si sfiorano e lei ha il tempo di sentire il suo saluto per poi distogliere gli occhi da quelli di lui. Si morde il labbro per la tensione e abbassa le palpebre per far ritornare il respiro regolare. Non va affatto bene. Tutto quello che è nato tra di loro è assolutamente sbagliato.



 
§§§


 
Inspira, espira. Inspira, espira.

Elena si ritrova a fare avanti e indietro nella sua camera. Alla fine il tanto parlato appuntamento con Damon le sta iniziando a mettere agitazione e forse, se la sua adorata sorellina si fosse stata zitta, sua zia di conseguenza non le avrebbe messo così tanta pressione. Non che fosse sua intenzione, ma Jenna si è fatta prendere un bel po’ dall’eccitazione ed Elena, l’ha seguita a ruota senza volerlo.
E contro la sua volontà si è fatta vestire. Si è messa qualcosa di semi elegante, adatto per una qualunque mattinata. Si è fatta truccare con un filo di matita e di mascara sugli occhi e poi si è guardata allo specchio e per un attimo si è resa conto di non essere affatto male, anzi… si è sentita bella. Si sente bella. E passa ogni due secondi davanti allo specchio per aggiustarsi una ciocca di capelli o per addrizzarsi la camicetta rosa chiaro.

Forse è troppo elegante. Forse è esagerato come abbigliamento per un’uscita che alla fine è stata lei a proporre. Non è nulla di che. Non è nemmeno un appuntamento.

Non è un appuntamento. Non è un appuntamento.

Eppure sente il suo cuore a volte batterle un po’ più velocemente rispetto al normale. Copre ogni pensiero che tenta di farsi strada nella sua mente e non sa perché, ma l’unica domanda che le riaffiora ed emerge e quanto stia meglio con uno chignon al posto dei capelli sciolti.

Che stupida. Si ritrova a pensare, lasciando perdere i capelli, i vestiti e tutto il resto.

Guarda per un attimo l’orologio sopra la scrivania e si rende conto che ha smesso di prepararsi da dieci minuti e ne mancano ancora quindici prima dell’arrivo di Damon.

Il tempo passa lentamente, eppure sono solo così pochi minuti.

Ma continua a fare avanti e indietro. Fermandosi a volte per mangiucchiarsi la pelle morta attorno alle unghie, rischiando di rovinarsi lo smalto rosa. E ticchetta con il tacchetto, quasi inesistente, sul parquet della sua stanza, facendo sentire tutta la sua agitazione alla zia che al piano di sotto guarda qualche rivista di abiti da sposa, ma non riesce a concentrarsi sui ricami in pizzo o sulle pieghe delle gonne bianche o rosa cipria che ricadono sulle modelle troppo magre per poter sembrare vere.

Elena fa finte di niente. Finge di non sentire le frecciatine della zia che la intima di stare calma e tranquilla, ma il cuore batte ancora più forte, quando finalmente si sente il rumore di un auto parcheggiare davanti il vialetto di casa sua.

Lei si avvicina alla finestra e scosta leggermente la tenda azzurrina, sbirciando oltre. Vede la Camaro di Damon parcheggiata e la sua figura uscire dall’auto.

E la prima cosa che vede è lei. I loro sguardi si incontrano quasi subito e quasi subito entrambi sorridono.

Si ritrova a scendere le scale troppo velocemente, con il rischio di cadere e spezzarsi l’osso del collo.

Quando si ritrova al piano di sotto, Damon è sulla soglia della porta con il fidato bastone a sorreggergli il peso e con un simpatico sorrisetto decorargli il viso.

È questione di feeling. Pensa Jenna, osservandoli attentamente. Alcune persone incontrano subito chi le fa sentire meglio a prescindere dai dolori, dalle avventure, dalla tristezza.

Alcune persone sono in grado di far sorridere altre, di farle ridere e di farle giocare, nonostante là fuori, nel mondo, c’è una guerra che si imbatte.

Molte persone si ritrovano senza mai essersi incontrate ed è come se si conoscessero da una vita. Jenna ha l’impressione che Damon ed Elena siano due di queste.

Damon, nonostante l’impedimento della gamba, si muove elegantemente verso di lei e le prende una mano, baciandone il dorso. Sente arrossire, e un piacevole calore parte dalla mano per propagarsi fino al volto.

Damon sorride ancora di più. Lei sa che fa così perché ha notato il suo rossore e si sente in imbarazzo, ma subito dopo lui la mette a suo agio. E non c’è niente di meglio che la faccia sentire a suo agio, se non spostare il centro dell’attenzione da lei ad un’altra persona.

“Jenna Sommers vedo che ti stai dando da fare per essere bella al tuo matrimonio.”

“Oh, mi sto solo facendo qualche idea su come dovrà essere il mio abito. Non è nulla di sicuro e ufficiale.”

“Avete almeno deciso una data?”

“Non ancora. Stavo pensato ad Agosto.”

Elena ringrazia mentalmente quei due che hanno capito tutto. E poi è bello poter vedere Damon sorridere e ridere insieme alla zia. Si è chiesta, Elena, come poteva essere la vita di Damon dieci anni fa, quando era un ragazzo appena diplomato che aveva ancora un padre e non aveva ancora una figlia.

Eppure lei dovrebbe ricordarselo, in un certo senso, perché lei aveva solo otto anni, ma spesso andava a casa della nonna e della zia Jenna e sì, si ricorda degli amici di sua zia, ma tanti volti sono confusi. Tanti persone sono ancora sconosciute e Damon è un’ombra nel passato. Probabilmente loro due si sono già incontrati, ma lei doveva essere solamente una bambina giocosa e lui poco più di un ragazzo.
Prima erano così distanti, completamente sconosciuti, adesso si stanno avvicinando, un po’ per caso, o per un dispetto del destino, ma qualcosa è scattato in Damon ed Elena e capire cosa, probabilmente sarà difficile. Potrebbe anche non esserlo, ma Elena sa che in entrambi risiede una paura quasi tenebrosa della vita. E provare, tentare, osare, sono azioni al di fuori di loro.

“Andiamo, Elena?” le chiede Damon prendendole una mano e una piccola, piccolissima scarica elettrica si propaga nel suo corpo, causandole mille domande e chiedendosi come mai un gesto così casuale possa scatenare una reazione simile.

Annuisce leggermente con la testa e pensa che se solo provasse a spiaccicare parola, la voce non uscirebbe e sarebbe  completamente spacciata.

Perciò stringe forte la mano di quell’uomo e lui risponde alla stretta, accarezzandole il dorso della mano con il pollice. È un gesto semplice, così casuale, ma allo stesso tempo è un gesto intimo per due persone che sono alla loro prima uscita.

È un gesto che non sfugge a Jenna e quando la donna solleva la rivista di abiti, nasconde un leggero sorriso di compiacimento. Lei e Alaric sono rimasti stupiti in un primo momento, quando hanno scoperto che Elena e Damon sarebbero usciti insieme, ma poi si è detta che alla fine non ci sarebbe stato nulla di male. Nulla di male.

Sa quanto possa essere rischioso. Se un uomo e una ragazzina si frequentassero, la loro differenza di età potrebbe essere un grande ostacolo. Ma non vuole essere prevenuta in questo tipo di relazione che potrebbe nascere tra la sua nipotina e uno dei suoi più cari amici.

“Staremo a vedere.” Farfuglia, mentre i due escono dalla casa dei Gilbert e mentre prende il bicchiere di vino rosso lasciato sul tavolino per sorseggiare il liquido alcolico.

Al di fuori di quelle quattro mura, Damon ed Elena si avviano verso il bar più vicino per prendere il tanto aspettato caffè. Elena pare essersi tranquillizzata un po’. Anche perché vedere Damon così tranquillo, le ha fatto pensare che alla fine è solo una semplice uscita quella tra i due e che non è nulla di che.

È solo un’uscita. È quello che continua a ripetersi.

Se ne convince sempre di più, quando passeggiando per le stradine di Mystic Falls stanno tutti e due in silenzio e quel silenzio non è uno di quei silenzi imbarazzanti, ma è più uno di rispetto. Nell’atmosfera alleggia tanta pace e gli unici pensieri sono quelli di Elena, che ogni tanto getta un occhio verso la gamba dell’uomo accanto a lei, chiedendosi quanto possa fargli male. Poi lei solleva il viso e si accorge che Damon raramente si lascia scappare delle piccole smorfie di dolore.

Lui arriccia leggermente il naso e le sopracciglia, storce un po’ le labbra e subito dopo ritorna a quella sua espressione impassibile che presto le fa dimenticare il dolore che provava. Forse lo fa per non farla preoccupare, forse perché è  un uomo troppo orgoglioso per mostrare agli altri il dolore che prova.

Ma a Elena piace un uomo così. Un uomo che cerca di nascondere le sue paure. Elena le vorrebbe scoprire una ad una. Scoprire ogni frammento della sua anima e ricucirla al suo cuore. Elena tutto ad un tratto si rende conto di voler avere questo potere.

Si perde un attimo di troppo nei suoi pensieri, la ragazza, e non si rende conto che anche quell’uomo ha iniziato a fissarla, un po’ per curiosità, un po’ perché si sente osservato.

“So di essere molto interessante. -le sussurra- ma penso che continuare a fissarmi possa essere nocivo per te stessa. Potresti non vedere un palo della luce e sbatterci conto.”

Elena a quelle parole si rianima e arrossendo tutto d’un colpo ritorna a guardare avanti, notando che manca poco al Grill. Sospira per due secondi e spalanca gli occhi prima di poter parlare.

“Voglio solo conoscerti!”

“E pensi di poterlo fare solo guardandomi? Non è meglio parlare?”

“Sarà… ma io preferisco osservare.”

“Sei una ragazza da parete! Allora, illuminami.”

Elena abbozza un sorriso e arrivati al bar, entrano e si siedono. Casualmente o inconsciamente decidono di sedersi al tavolino più appartato per ordinare ancora una volta caffè nero e caffè e latte con panna.

Lei lo guarda attentamente e lui ricambia con uno sguardo di curiosità verso il suo indirizzo. Appoggiando la testa sulla mano che c’è tra lui e il tavolo.

“Sei una persona triste. -tenta la ragazza, sperando di non essere troppo impulsiva- E non triste perché sei deprimente, ma perché hai provato tanto dolore nella tua vita. Il tuo spirito è frammentato e nonostante tu abbia tante persone che ti amano attorno, ti senti solo. Hai una madre che vuole ancora proteggerti, un fratello che ti vuole sollevare il morale e una figlia che ti adora. Ma sei solo. Perché tutti possono compatirti, tutti possono guardarti e imparare a conoscerti. Ma nessuno sa quello che hai veramente passato. Hai il dolore negli occhi. Io riesco a vederlo, perché di dolore ne ho provato anche io nella vita. Molto probabilmente è diverso dal tuo, ma è pur sempre dolore e so che nessuno può capirti. Perché nessuno capisce me.”

“Così però basi la mia vita sulle tue esperienze.”

“Il dolore, così come l’amore, sono comuni a tutti.”

“Ma evidentemente noi proviamo solo dolore.” Afferma l’uomo.

“Noi proviamo solo dolore.” Gli conferma lei.

Quando arrivano le ordinazioni, Elena vede arrivare anche due fette di torta al cioccolato con panna. Damon la guarda e sorride, spiegandole che Jenna gli aveva suggerito di offrirgliela. Lei lo ringrazia e abbassa il capo, girando a vuoto il cucchiaino nella tazza.

Le è piaciuto quel gesto. L’ha fa sentire importante agli occhi di lui, ma non troppo. Un gesto così semplice eppure anche gentile e carico di attenzioni.

“Secondo te saremo mai capaci di provare amore, noi due?” gli chiede lei, mossa da un curiosità nuova.

Le sue amiche le hanno messo in testa questo voler provarci assolutamente, in un modo o nell’altro con un ragazzo (con Damon, in realtà) e lei alla fine si è convinta che un tentativo alla fine non sarebbe tanto male.

Lui solleva lo sguardo dalla sua tazza di caffè e la guarda stupito, spalancando gli occhi e lasciandolo a bocca aperta per qualche secondo.

“Non lo so, spero di sì. Spero vivamente di sì, perché se smettessi di sperare, probabilmente smetterei di vivere.”

Elena resta allibita dalle parole di Damon. Lui spera nell’amore. È una frase così vera, così vicina al resto del mondo.

Tutti prima o poi sperano nell’amore, sperano che nel lungo corso della vita ci sia qualcosa che conduca all’amore. E se l’amore fosse il fine di ogni cosa? Se l’uomo dicesse ogni parola, facesse qualsiasi gesto, e tutto quanto portasse all’amore? Forse non lo fa nemmeno apposta. Forse non se ne rende conto, ma Elena crede che gli esseri umani facciano di tutto per essere amati e per amare qualcuno. Un uomo, una donna. Una persona che sia in grado di far battere il cuore a mille e di far sudare le mani. Aver voglia di accarezzarla e di abbracciarla. Aver voglia di essere abbracciati e di sentirsi protetti e al sicuro.

Beve un sorso del suo caffè e all’improvviso è diventato troppo dolce per lei. Come il battito del suo cuore è diventato più rumoroso e i colori della stanza sono diventati più vividi. E tutto viene risaltato ancora di più, quando Damon si sporge sull’altro lato del tavolo, verso di lei, per pulirle con il pollice la panna che le ha sporcato la porzione di pelle tra il labbro superiore e il naso.
Ennesimo piccolo gesto affettuoso che la fa sentire considerata.

Damon a quanto pare è così. Affettuoso, gentile e decisamente interessato ad Elena. Ma allo stesso tempo la ragazza riconosce che tra i due c’è ancora una certa distanza. Un muro che li tiene separati.
Sebbene il giorno prima siano riusciti ad aprire un piccolo varco, c’è ancora molto lavoro da fare, c’è ancora un lungo cammino da intraprendere, prima che Damon ed Elena si conoscano veramente.

E tutta quella questione dello sperare di provare amore un giorno, spaventa Elena, in realtà.  Perché l’amore è un sentimento grande, troppo grande e lei invece a volte si sente incredibilmente piccola. È una piccola donna, è una ragazzina. Si sente piccola per tutto. Piccola per Damon, piccola per provare amore e piccola per provare amore verso Damon. Non è l’età il vero problema (certo la dieci anni di differenza contano molto), ma quanto lei non si senta ancora pronta a realizzare la sua vita. A lasciare andare tutti quei dolori e di seppellire tristi ricordi di una vita che si è conclusa un anno fa.

Non sa se è giusto per lei o è giusto per gli altri. Non sa che fare, perché è ancora insicura delle sue azioni. È ancora insicura dei gesti che potrebbe compiere davanti a quei occhi azzurri, che la guardano, la ispezionano, la osservano interessati e curiosi, mentre lei decide cosa fare e cosa dire.

“Io non lo so, invece.”

“Cosa?”

“Non so se posso o riesco a sperare nell’amore. È come… è come se mi sentissi indegna, piccola, inadatta a stare con qualcuno. E più che altro non sono io che non voglio sperare, ma è la speranza non vuole venire da me.”

“Ti rendi conto che quello che stai dicendo è molto forte per una ragazzina della tua età? Tu dici di sentirti piccola, ma le persone piccole sono al massimo ingenue non indegne. Le persone piccole sono quelle dotate di tanta speranza, mentre tu sembri un uomo anziano che ha perso tutto.”

Elena cerca di sorridere per nascondere l’imbarazzo, ma la verità è che non ci riesce. Quella discussione ha preso delle pieghe molto strane e lei non sembra contenta. Non lo è affatto.
Si sente improvvisamente giudicata da Damon e lui non se ne rende conto, ma lei è questo che prova. Non sa se sta sbagliando o meno, Elena, ma non ritiene che sia una come Damon a doverle dire cosa sembra o meno.

“Io ho perso tutto.” Ribatte decisa, lasciando perdere la tazza di caffè.

“Non hai perso tutto. Tu hai ancora tua sorella, tuo fratello, tua zia. Hai anche Alaric. Anche io ho tante persone della mia famiglia dalla mia parte e… Ascolta, entrambi abbiamo sofferto. Tu hai perso i tuoi genitori. Io ho perso prima mio padre, poi l’illusione che il mondo sia tutto rose e fiori. Ma la vita non si ferma a loro! La vita continua e di loro non deve rimanere nient’altro che un triste ricordo di dolci anni della tua esistenza.”

“Quello che dici è orribile. Io… -si interrompe per un attimo Elena. Tenta di rimandar giù le lacrime amare causate da ciò che le ha appena detto Damon. Forse sono una temibile verità.- Io non voglio dimenticarli. Se lo facessi… loro non se lo meriterebbero.”

“Non devi dimenticarli. Devi solo superare la tua perdita.”

Damon si sporge di più verso di lei e appoggia i gomiti sul tavolo. Non la guarda in nessun modo. Forse sembra solo un po’ compassionevole nei suoi confronti.

“Mi sembra comunque una cosa sbagliata.” Gli sussurra, rattristandosi più del solito.

Per i minuti seguenti sembra calare un silenzio pesante tra i due. Gli unici rumori che si sentono sono i mormorii della gente ai tavoli vicini e le loro gole che ingoiano il liquido nero, seguiti da momenti di assenza sonora.

Poi, all’improvviso, Elena allunga un po’ e braccia e assaggia quel pezzo di torta al cioccolato che Damon ha ordinato. È veramente buona e lei si lascia scappare un sorriso, al gusto dolce e un po’ amaro. Di rimando, anche lui sorride.

Tutta la piccola discussione precedente sembra essere cancella, e nuovi pensieri si fanno spazio nella sua mente. Perché? Non è la prima volta che lui le sorride. Ma lo fa soltanto quando è la ragazza a farlo. È come se fosse una reazione involontaria, ma Elena non ha nessuna parola, nessun gesto, che possano confermarle quest’ipotesi.

Ma Damon non sembra cedere. Il discorso di prima non cade.

“Davvero credi che sia sbagliato?”

“Ingiusto, più che altro.”

“Ingiusto verso di loro o verso di te?”

Lei lo guarda accigliata e spalanca gli occhi, sorpresa. Per chi è ingiusto? Elena si rende conto di non conoscere la risposta a quella domanda. Di certo lei non vuole smettere i piangere i suoi genitori prima di tutto per loro. Perché loro l’hanno creata, l’hanno resa viva, l’hanno resa così com’è. Ed è proprio per la paura di dimenticarsi chi è che lei non vuole lasciarli andare. Perché lei potrebbe essere più la stessa persona che è sempre stata.

Evita di rispondere. Ha paura di scottarsi troppo a quel fuoco così potente. Chi è quel Damon? Che cosa vuole da lei?

“Scusa. Forse siamo andati troppo oltre per essere al nostro primo appuntamento.”

Damon abbozza un ghigno innocente. Ma tutto ciò che è Damon le sfugge, perché lui ha appena detto “primo appuntamento.” Allora è veramente così? Lei alla fine non ne era sicura, ma lui le ha confermato che questa non è una semplice uscita tra amici.

Si lascia andare un sospiro di sollievo che non sfugge all’uomo.

“Che c’è?”

“Nulla. È che hai appena detto che questo è un appuntamento.”

“Perché tu…oh! Pensavo che volessi provarci con me.”

“Cosa? Io… no! No. Non ci sto provando con te. Non voglio dire che tu non sia un bell’uomo. Anzi. Sei molto bello. Sei molto… piacente. È che… oddio, che cosa ti ho detto?”

Arrossisce violentemente Elena e sente il suo cuore pomparle talmente forte da farle provare un terribile caldo davanti a Damon.

“Ascolta. Io volevo che fosse un appuntamento. È solo che non sapevo se lo era anche per te.”

Dopo quelle parole, Damon scoppia in una contenuta risata, portandosi una mano sulla bocca. Elena si sente in imbarazzo perché alla fine si rende conto di sentirsi troppo bambina, troppo innocente rispetto a questo uomo che non fa altro che sovrastarla, involontariamente.

“Scusa. Non volevo mancarti di rispetto. È che, mi sembrava che fosse ovvia la natura del nostro incontro. Insomma, noi siamo quel che siamo e ovviamente non ci deve essere nessuna pressione. È un appuntamento, ma questo non vuol dire che appena finito qui, io ti debba portare in un luogo appartato. Non sarebbe giusto, perché so che tu non vuoi. L’ho capito.”
“Non sono solo io che non voglio. Sei anche tu a non voler andare oltre per te stesso.”

Ha perfettamente ragione Damon. Lei non vuole andare avanti. Perché? Perché alla fine di Damon non sa nulla e non vuol dire che conoscere cosa ha fatto nella vita e le persone che gli stanno attorno sia un pretesto per farsi avanti. È come essere attorniata da un muro invalicabile. Lei picchietta lentamente contro questo muro, ma per scoprire cosa c’è dopo servirebbe raccogliere della dinamite e far esplodere quel muro, distruggendolo e distruggendo anche Damon.

Ecco perché Elena vuole andarci piano. Ecco perché così come non si sente pronta lei, sa che anche lui potrebbe restare ferito, scottato da quello che ipoteticamente potrebbe nascere tra loro due.
Allora anche lei mette un paletto. Un limite. Un confine che non dovrebbe essere superato, almeno per adesso. Non è ancora tempo per entrambi, di oltrepassare quei confini.
È ancora tempo di camminare con le punte di piedi e cercare solo di scalfire quel muro, senza arrampicarsi sopra, senza provare a distruggerlo.

“Credo che sarebbe un errore, in questo momento. Provare ad essere qualcosa di più, intendo. Insomma, guarda che stiamo facendo! Noi ci piacciamo, Elena, questo non lo nego. Sarebbe un errore idiota non ammetterlo, ma abbiamo entrambi grossi problemi, diversi l’un l’altro, ma comunque grossi. E ammettilo, qualcuno ti ha consigliato di buttarti nella mischia?”

Elena abbassa lo sguardo e non osa pronunciare altre parole. Accenna un sì con un leggero movimento di testa e Damon, senza rimanere troppo sorpreso, si abbandona con la schiena sullo schienale del della sedia. Non è deluso. Non lo sembra affatto. È più uno sguardo di conferma all’amara tristezza del fatto che nessuno dei due sappia ridere.

“Visto? Se non fosse stato per quel qualcuno, probabilmente noi due non saremmo qui, adesso. E non perché nessuno dei due non ha voglia di uscire con l’altro, ma alla fine ci manca il coraggio. Sia a me che ha te.”

“Questo che vuol dire? Che ci fermiamo qui? Che faremo finta di non conoscerci? Perché io non voglio che sia così. Quando ieri ti ho detto quelle cose, erano vere e non le sapeva nessuno, a parte me. Adesso anche tu sei a conoscenza di cosa sentivo durante e di cosa ho provato dopo l’incidente. Tu mi hai fatto tirar fuori delle cose che non avevo detto a nessuno. Non lo hai fatto apposta, ma ci deve essere per forza un motivo che mi abbia indotto a parlarne con te e con nessun altro. Io… io sento che in qualche modo tu sei importante. Non so come, non so perché proprio tu. Ma io ieri, mentre ti raccontavo di me, ho sentito qualcosa accendersi e lo sto sentendo anche adesso che ti sto parlando di me stessa ancora una volta. Non voglio obbligarti a dirmi quello che non vuoi dirmi. Non voglio obbligarti ad uscire con me e ad innamorarti di me. Non lo voglio anche io. Ma, lo so che è stupido, perché ci conosciamo da poco, io ti ho appena trovato e non voglio lasciarmi sfuggire una persona che potrebbe essermi amica.”

“Amica? Tu vorresti essermi amica? -l’uomo è sorpreso davanti alle affermazioni della ragazza- Tu vorresti un tipo instabile come me come amico?”

“Possiamo non sembrare forti, Damon. Ma insieme possiamo esserlo.”

“Amico. -sembra rifletterci su, per un po’- Sì, mi piace. Suona bene.”

Sorridono entrambi e questa volta i loro sguardi sono carichi di una nuova complicità che si è venuta a creare questa mattina. Damon allunga una mano verso quella di Elena e gliela stringe. La ragazza ignora le piccole scariche elettriche che si sono venute a creare, ma non può evitare di provare un certo imbarazzo.

Damon è ufficialmente suo amico, adesso. E questo la eccita molto.




 
§§§


 
“Ciao, amica.”

“Ciao, amico.”

Si salutano complici, Damon ed Elena, mentre lui sente il bisogno quasi viscerale di avvicinarsi un po’ di più a lei, fisicamente. Quella stramaledettissima scrivania fa da ostacolo tra i due. E sono passati giorni dall’ultima volta che si sono visti, stono passati giorni da quella mattinata, da quell’appuntamento.

Damon quella volta è rimasto fermo, ha osato nelle parole, ma per scavare nel cuore di quella ragazza, per scoprire se c’è speranza in lei, per lei. E lui vuole esserle vicino in tanti modi. Sente di farlo anche per se stesso.

Ma da quel giorno non si sono più parlati. Non sa nemmeno perché, hanno solo messo quei tanto famosi paletti per un po’ di tempo.

“Jane dovrebbe finire a minuti.”

“Oh, pensavo che avesse già finito. Insomma, tu sei qui.”

“Oggi lezione la fa la signora Flowers. Dobbiamo iniziare a preparare il saggio di danza e vuole scegliere lei, chi delle bambine farà Campanellino.”

“Metterete in scena Peter Pan?” si intromette una voce, che poi scopre essere quella di Percy.

Sul suo volto si è appena formano un sorrisetto malizioso che Elena non riesce a decifrare. In realtà, non fa in tempo e Damon la distrae, per quello che lui è. Perché la trascina con la mente ad affrontare pensieri nuovi, che la sorprendono e, a volte, le tendono una trappola.

Elena teme che Damon sia realmente così. Che sia capace di tendergli una trappola e di riuscire ad intrappolarla a lui, in un modo che forse nessuno dei due conosce.

La distrae, spalancando gli occhi e restando anche lui travolto dalla troppa vivacità del ragazzo, e quei occhi, così grandi e così intensi. Quei fari azzurri che catturano ogni sprazzo di luce, ma anche ogni grammo di oscurità. Sono specchi che riflettono l’interno della sua anima e Elena percepisce mille emozioni, le sente dentro di lei, come se tra lei e Damon ci fosse una connessione che li lega. Une legame empatico che li unisce.

Questa empatia che c’è tra loro due è assoluta, è piena di consapevolezze, sentimenti e paure che si nascondono dagli altri ma tra di loro, non ci sono segreti, non ci sono veli di parvenze e illusioni sui loro volti, e lei non sa quale sia il rapporto tra Damon e tutti gli altri, ma con lei, Elena sente che è qualcosa di speciale, che è diverso da tutti quanti. Lei per lui è diversa.

Damon ha amici?

Sa che in questi ultimi giorni lui e Alaric si sono visti, ma il suo futuro zio, parla sempre di Damon come se fosse una cosa bellissima riaverlo tra loro. Infatti è così, ma Alaric o sembra ignorare completamente tutto ciò che in realtà sente il suo migliore amico o non lo sa veramente

Perciò Elena spesso si ripete sempre la stessa domanda. Damon ha amici? Quelli veri, quelli che sanno tutto di lui e conoscono ogni sfaccettatura del suo dolore?

Elena ha capito che cos’ha Damon. Cosa gli prende, o cosa sospetta, più o meno.

Ecco perché gli ha proposto di essergli amica, nonostante non si siano visti per niente, dopo. Ecco perché non servono parole, sguardi e incontri, talvolta, per sospettare cosa quell’uomo provi.

“Allora spero che sia mia figlia la fortunata.” Continua a parlare quel Percy, interrompendo le sue elucubrazioni mentali.

Ma quel Percy, ha capito di essere diventato all’improvviso di troppo e sta per andarsene, per allontanarsi e per andare a controllare che la figlia abbia finito la lezione, ma l’uomo lo precedere, si allontana in silenzio, sorridendo alla ragazza e quando finalmente scompare dalla visuale dei due, il ragazzo le può mormorare qualcosa.

“Certo che il tu e il tuo ragazzo fate faville anche quando non entrate in contatto. Stavo per dirvi di prendervi una camera.”

“Io… ma che dici? -Elena spalanca gli occhi sbalordita e si spaventa, perché alla fine quello che ha detto Percy l’ha spaventa, molto.- Lui non è il mio ragazzo.”

“Oh… be’, prendetevi una stanza lo stesso.”

Le fa un occhiolino e anche lui cerca di dileguarsi con disinvoltura come Damon, ma non gli riesce. Non nota la sedia vicino alla macchinetta de caffè e inciampa il piede con le gambe della sedia, andando a sbattere il ginocchio contro il muro.

Elena scoppia a ridere e finalmente non cerca di trattenersi. Sa che non è educato, sa che è brutto ridere di chi si è fatto male, ma Percy sembra essere apposto e sembra solo voler imprecare contro se stesso, o contro la sedia che secondo lui è apparsa per magia.




 
§§§



 
Damon ha corso un grosso rischio.

Quella ragazzina rimane ancora un grosso punto interrogativo. Non ha paura, Damon. Non ha mai avuto paura, ma deve ammettere che quella ragazzina gli offre una buona dose di incertezze. Incertezze sulla vita, perché al suo ritorno a Mystic Falls era certo che nulla si sarebbe messo in mezzo tra lui e la sua famiglia, tra lui e sua figlia. Invece è tornato da circa un mese a casa e tutte le sue certezze sembrano star crollando a causa sua.

A ogni sguardo, a ogni parola scambiata con lei, corrisponde un mattone che si stacca e cade dal suo personale muro di indifferenza che lo divide dal resto del mondo.
Lui tenta veramente di ricostruirlo questo muro, ma gli risulta impossibile. Perché quella ragazzina, forse ancora non lo sa, ma è forte, è tenace ed è in grado di fargli cambiare idea anche senza un motivo ben preciso.

Come durante il loro appuntamento. Lui aveva provato ad osare, a spingersi oltre il limite, solo perché si era convinto, la sera prima, che immischiarsi in una nuova relazione, far entrare una ragazza nella sua vita, avrebbe voluto dire immischiarsi in una brutta faccenda, veramente brutta. Ma, diciamocelo, tutte le sue convinzioni sono andate a farsi fottere nel momento in cui Elena gli ha proposto di diventare amici. Solo amici.

Anni prima Damon l’avrebbe lasciata perdere, una così. Una che cercava solo un’amicizia. Ma adesso Damon è cambiato e un’amicizia con la ragazzina, o nipote di Jenna e Alaric, sta togliendo ogni sua difesa.

Sì, alla fine si p lasciato convincere, ma ha deciso che nulla nella loro storia deve essere forzato. Ecco perché poi non si sono sentiti, per niente. Damon ha pensato che fosse giusto, che fosse corretto, ma nel rivederla, quest’oggi, ha cambiato ulteriormente le carte in tavola.

Dannazione a lei e a lui stesso che le ha permesso di farlo. So che tutto quello che è avvenuto è successo per caso, che nessuno dei due, alla fine, era intenzionato a creare un qualsiasi legame, eppure è capitato. Eppure si sono incontrati, si sono notati e si sono parlati.

Lui ha capito che quella ragazzina è Elena e non una donna qualsiasi incontrata al bar, in una sera piena di alcol e di divertimento. Elena è la ragazza. Quella ragazza che si incontra all’improvviso e non si butta a capofitto non appena incontra un uomo. Elena è timida, riservata e non concede nulla a nessuno. Elena parla con pochi. Damon è uno dei pochi e in questi giorni, sebbene siano stati lontani, lui avvertiva ancora la loro vicinanza. Solo che non sapeva come prendere il telefono e chiamarla, non sapeva come iniziare una conversazione e parlare della sua giornata.

Si è tenuto a debita distanza anche perché si è reso conto che stare troppo con lei gli farebbe oltrepassare quel tanto famoso limite che farebbe del male ad entrambi. Ma (ovviamente c’è un ma in tutta questa storia) ha sentito qualcosa smuovergli dentro nel momento in cui ha messo piede nella scuola di danza e l’ha vista parlare e sorridere con un altro ragazzo. Non si è ingelosito, sarebbe assurdo, ma può ammettere a se stesso che vederla con un atteggiamento diverso dal solito con un’altra persona, mentre al suo arrivo ha abbassato lo sguardo ed è ritornata ad essere la solita remissiva Elena.

Quando la porta della sala si apre, una quindicina di bambine iniziano a scorrazzare per il corridoio per correre nei camerini.

Jane è tra le ultime e ride e scherza con la piccola Margaret. Le due bambine lo notano e gli corrono incontro.

“Signor Damon. Signor Damon!”

“Papà!”

Le due bambine lo abbracciano e lui cerca di abbassarsi per salutarle. Sorride loro e le due bambine si tuffano sul suo petto.

Non ci sono molte parole e Damon si rende conto che anche questa è una situazione molto strana. Perché è assolutamente la cosa più naturale a questo mondo avere un rapporto bellissimo con la propria figlia. Ma provare affetto anche per l’altra bambina davanti a lui… si sente così vicino a lei.  Forse perché è la sorellina di Elena e la piccola gli ricorda così tanto la ragazza.

È in quel momento che con la coda dell’occhio vede Elena sbucare fuori e bloccarsi per un secondo soltanto, guardando sorpresa la scena dei tre che si abbracciano. Non c’è nulla di male, alla fine, lasciare che la ragazza li osservi, affinché possa rendersi conto di come Damon stia entrando nella sua vita. E non c’è modo più dolce. È di due bambine che si sta parlando e Damon ama Jane e vuole bene a Margaret, con tutta la sua furbizia e con i suoi tentativi ingenui di voler far mettere insieme sua sorella e l’uomo come se fosse una missione segreta.

Quando l’abbraccio viene sciolto, Elena si fa avanti e accompagna le bambine nello spogliatoio per aiutarle a cambiarsi.

Damon si rialza lentamente, mentre vede il corpo sinuoso della ragazza scomparire dietro la porta del camerino. Ma, come non detto, Elena lo sta distraendo troppo e lui non si è accorto di aver appoggiato completamente il peso sulla gamba dolorante dimenticandosi completamente del bastone.

Di conseguenza, crolla a terra, gemendo per la fitta di dolore e cercando di non urlare per non far spaventare le bambine, ma qualcuno l’ha comunque visto.

Il ragazzo che si è preso tanta confidenza con Elena, gli corre incontro per soccorrerlo.

Si avvicina silenzioso e calmo a lui, lasciando trapelare un minimo di preoccupazione per Damon, ma non è invadente, non chiede e non si butta a capofitto in una conversazione con un perfetto sconosciuto.

“Cavolo, amico, la tua ragazza è veramente difficile. -come non detto.- Ci ho messo circa mezz’ora per farle dire il suo nome. È estremamente timida. Ma devo ammettere che sei molto fortunato. Elena è bella, intelligente e, se mi è permesso dirlo, ho percepito molta sensibilità da parte sua. Quindi non la far soffrire.”

“Ma tu chi sei?”

“Certo, perdonami! Il mio nome è Percy Jackson, sono appena diventato amico di Elena.”

“Io e Elena non stiamo insieme.” Afferma Damon, ma non fa in tempo a parlare che già il ragazzo scoppia a ridere, lasciando l’uomo in uno stato di perplessità.

“Certo. Ascolta, sono diventato amico di Elena da tipo, venti minuti, ma il mio intuito è infallibile. Riconosco quando c’è qualcosa nell’aria e sono pronto a scommettere che presto qualcosa accadrà.”

Damon non riesce a parlare. Non ne ha il tempo e la strana e assurda conversazione che sta avendo con Percy viene interrotta da una bambina che esce tutta allegra dal camerino. Una chioma bionda, si tuffa sul petto del ragazzo, che accoglie con gioia, il corpicino della bambina tra le sue braccia.

“Papino, lo sai che la signora Flowers mi ha detto che farò io Campanellino al saggio?”

“Oh oh, ma davvero? Allora stasera festeggiamo io, te e la mamma. Batti il cinque!” gli porge il palmo della mano e la bambina appoggia la sua, accompagnandola con uno schiocco.
Percy prende la sua bambina in braccio e prima di andarsene, guarda Damon con uno sguardo ammonitore.

“Mi raccomando… tu, non far soffrire, Elena… a proposito, come ti chiami?”

“Damon.”

“Be’, Damon, è stato un piacere conoscerti. Sento che ci rivedremo presto.”

E se ne va. Lasciando Damon sbalordito. I suoi modi di fare… quel ragazzo un po’ gli ricorda lui stesso da ragazzo. Così sfacciato, così energico. Damon era così da ragazzo. Sì, ok, forse meno idiota, ma il suo carattere era quello.

Un po’ rimpiange quel suo lato di sé. Un po’ gli manca e a volte sente la necessità di ritornare ad essere quel Damon sveglio e malizioso, quel Damon che dimenticava subito e spesso i suoi problemi, perché il suo motto era “dimenticare”. A Damon gli manca essere Damon e vorrebbe dare la colpa alla morte del padre, a Katherine, alla guerra, ma forse la colpa è solo di se stesso che ha permesso a tutti questi fattori di cambiarlo, di non lasciarlo così com’è.

Dopo un paio di minuti, Jane ritorna ad abbracciarlo. È pronta. In teoria, potrebbero ritornare a casa in questo stesso momento, ma lui sa che la cosa giusta da fare è aspettare. Aspettare che Elena finisca di lavorare e accompagnarla a casa, da buono amico che è, che dovrebbe essere.

E all’uscita dell’amica con la sorellina, la ragazza lo guarda sbalordita.

Ma evita che l’uomo la inviti per accompagnarla. Non perché non voglia essere in compagnia dell’uomo, ma perché vuole parlare con lui.

“Possiamo parlare un po’.”

Ci sarebbero mille posti adatti per parlare, soprattutto in presenza delle bambine, ma Elena decide di condurlo nello studio della scuola di danza, in privato. Tanto sa già che le bambine inizieranno a sbizzarrirsi con gli oggetti di scena nel ripostiglio.

Damon si accomoda su una sedia mentre nota la ragazza fare avanti e indietro e torturarsi le mani con le unghie. Non sa cosa vorrebbe dirgli e questo lascia nell’aria un’atmosfera di tensione.

“Forse ho sbagliato a chiederti se possiamo essere amici.”

“Come scusa?”

“Sì, noi alla fine non ci conosciamo del tutto e ho paura che sia stato un errore. È stata un’idea mia e ho paura di averti messo alle strette con questa faccenda. Io ti ho detto di diventare amici e tu evidentemente non ha potuto fare altro che accettare questa condizione. Mi dispiace, è colpa mia. Non volevo metterti alle strette…”

“Ehi-la interrompe Damon-non ho mai detto che la cosa non mi vada a genio. Se non avessi voluto diventare tuo amico, fidati, ti avrei detto di no. E se pensi che non dovremmo esserlo, ti sbagli. Non ti ho chiamato, non ti ho contattato semplicemente perché non sapevo come farlo. Non sono più il ragazzo, amico di Jenna e Alaric. Non ho più la voglia di vivere che avevo un tempo e quando sento che una persona vuole essermi amica, io non so seriamente cosa pensare. In questi giorni credo pure di essere entrato in panico, perché mi sono detto che non so più relazionarmi agli altri, senza combinare casini, senza mostrarmi strano o senza che il resto del mondo mi guardi con pena e che osservi la mia gamba dispiaciuto.”

Gli occhi di Elena si raddolciscono e la ragazza inclina leggermente il capo, facendo scivolare i morbidi capelli, oltre la spalla.

Quella specie di sfogo di Damon, le ha fatto capire che non ci deve essere stato un attimo di tregua per quell’uomo. E in effetti è così. Damon si sente rinchiuso in una trappola che si chiama Mystic Falls, un po’ come ci si sente Elena.

È per dovere che lo fanno. Per dovere di prendersi cura dei propri cari. Per dovere di rispettare ciò che è successo. Per dovere di accettare le condizione che il fato ha potuto offrire loro.

Nessuno ha detto a Damon di fare quello che ha fatto. Nessuno lo ha convinto ad arruolarsi nell’esercito dopo la morte del padre. Nessuno gli ha detto di gettarsi nella mischia per salvare un suo compagno e prendersi al posto suo quella pallottola che è risultata fatale per la sua gamba. Nessuno gli ha detto che Katherine era la ragazza giusta. E sì, si era innamorato di lei, ma probabilmente se prima di essere impulsivo, se prima di farci una figlia, l’avesse conosciuta meglio, probabilmente non si ritroverebbe in questa situazione.

Damon si sente terribilmente in colpa per la figlia. Perché adesso è senza madre, perché lei non si fa sentire da quattro anni in pratica, e di Jane, probabilmente non ha nemmeno un ricordo.
Lui, invece, ricorda tutte quelle telefonate fatte dall’Afghanistan, tentando di convincere la compagna a ritornare, a prendersi cura della bambina. Ma nulla è servito. Quelle telefonate, erano un continuo ripetersi di suoni che dicevano che il telefono era occupato, quelle segreterie telefoniche piene di urla, di preghiere e piene di silenzi.

Damon si ricorda ancora l’ultima conversazione unilaterale avuta con Katherine. Niente stava andando per il verso giusto.

 
“Katherine, ascolta. Io sono stufo. Sono qui a combattere una guerra che ho deciso di combattere, anche per te. Perché quando mi dicesti di essere incinta, io avevo deciso di prendervi cura di voi in questo modo. Avevo deciso… avevamo deciso che tu saresti stata con la bambina, che ti saresti presa cura di lei lì, mentre io sono qui, ma tu hai deciso di farci questa improvvisata. Ci hai abbandonati, Katherine. Quando mia madre mi ha detto che era arrivata in ospedale e tu non c’eri più, lasciando Jane nella nursery.

Perché lo hai fatto Katherine? Perché non hai detto niente a nessuno? Perché non mi hai detto che eri infelice? Perché hai lasciato tua figlia da sola. Senza genitori.”

 
Damon si sente così ferito, così rotto. Ha paura ancora una volta di spezzarsi. E per rischiare non è pronto. Ma per una cosa è sicuramente pronto: essere amico di Elena.

“Lo so che non sembra. Lo so che all’inizio potevo sembrare contrariato, ma, sono sincero, voglio esserti amico.”

Inconsapevolmente, si è alzato nel dire quelle parole. Così facendo, però, i loro corpi si sono fatti molti vicini e Damon percepisce perfettamente il calore del suo corpo, la morbidezza della sua pelle ambrata e le suppliche innocenti del suo sguardo. Damon lo sa, ha capito che vuole tentare di cambiare le cose.

“Sarò tuo amico. Sono tuo amico e ti sarò accanto ogni volta che lo vorrai. Ogni volta che sentirai il bisogno di piangere o di urlare o di sfogarti perché in famiglia ti fanno uscire fuori di testa. Io ci sarò. Sarò il tuo migliore amico, il tuo confidente, l’uomo che ti risolleverà dai dolori.”

Sente Elena tremare tra le sue braccia e i suoi occhi farsi più lucidi, mentre le sue labbra si socchiudono e un sospiro di sorpresa fuoriesce dalla sua bocca.

Damon non può fare a meno di pensare a quanto siano belle le labbra di Elena, a quanto possano sembrare morbide se si toccassero. Se solo lui avesse l’opportunità anche solo di sfiorarle quelle labbra.
Poi, quando sente le sue esili mani accarezzargli il collo, Damon non vorrebbe ammetterlo, ma quelle dita così affusolate sono in grado di procurargli dei brividi assurdi.

Elena si avvicina ancora di più a lui e appoggia il suo volto sul suo collo, ripiegandosi su di lui e nascondendo il suo viso. Il suo respiro si infrange sulla pelle di Damon e, per un attimo, il freddo di gennaio sembra scomparire.

Quella sensazione di casa che si presenta difronte a lui, Damon la prende tra le braccia, la stringe a sé. Non ha affatto mentito. Quella che ha fatto ad Elena è una promessa e intende mantenerla. Fino alla fine.

“Grazie.” È il sussurro di Elena che le esce quando lei solleva leggermente il apo e, senza incontrare neanche una volta gli occhi di Damon, si rifugia nuovamente nel suo collo, alla ricerca di un conforto sempre più grande.

Possono essere buoni amici, entrambi ne sono convinti. Possono cercarsi, parlarsi e risollevarsi a vicenda. Possono anche guardarsi solamente negli occhi e capirsi al volo.

Nonostante Damon ed Elena si conoscano da poco tempo, nonostante ci siano ancora milioni e milioni di cose da scoprire, loro sono irrimediabilmente vicini. E sono pronti a conoscersi sempre di più; sono pronti a giocare con il destino e accettare le sua strane decisioni. È pazzia, quasi follia per due come loro, ma entrambi sono convinti di farcela.

Damon sente di cedere solamente quando Elena, così vicina diventa come una calaminta per lui e l’abbraccia ancora più forte, la tiene ancora più stretta. Non vuole farla andare via. Non vuole sentirla lontana neanche ad un metro di distanza.

Questo lo preoccupa. Perché sa che questa ragazzina rischia di diventare qualcosa di più. Sa che se non sarà Elena a mettere i paletti, lui ci proverà a farlo al posto suo, ma il suo cuore è troppo debole, così come la carne. E la ragione… quella non è in grado di tener testa neanche al più innocente dei bambini.

È come un castello di carte, Damon. Se cade una, cadono tutte le altre.

Se il suo cuore fa cilecca, anche la sua mente non reggerà le pressioni. Se il suo cuore cede, se la sua carne presto capirà e si renderà conto della presenza di Elena, anche la sua mente allora lo accetterà.

Ma innamorarsi… ancora una volta? A cosa lo porterà? Rischierà di cadere, davvero; di farsi male, davvero; di non uscirne più.

Ma Elena è ancora tra le sue braccia, stretta a lui e rannicchiata su di lui. Non ha nemmeno intenzione di allontanarla.

Vuole sentire un altro po’  quel sapore inebriante che proviene dal suo corpo. Si concentra sulla consistenza dei suoi fianchi, sull’odore dei suoi capelli. Come può non ammettere che anche solo così fisicamente Elena lo faccia già sentire bene? Potrebbe perdere il controllo, ma Damon è stato addestrato a non farlo.

Mantenere la calma.

L’unico modo per non andare in panico è mantenere la calma. Seguire le istruzioni e i consigli alla lettera e avere un piano ragionevole, razionale.

Però, farlo con Elena tra le sua braccia, gli risulta impossibile. Lei riesce a farlo sentire bene anche quando è ferma. Forse troppo ferma. Da quanto tempo è così?

“Elena.” prova a chiamarla, ma la ragazza non risponde.

Si discosta da lei e nota che il suo sguardo è perso nel vuoto. I suoi occhi, fermi, fissano l’ignoto. È così tanto assente da farlo spaventare.

Non bastano le sue carezze per farla risvegliare. Non bastano tutti i suoi sforzi per tenerla in piedi. Damon è diventato debole e così scivolano entrambi a terra, mentre lui tenta in tutti i modi per farla risvegliare. Le prende il viso tra le mani e con i pollici le accarezza gli zigomi. Poi un’altra volta. Una ancora.

“Elena, Elena.”

Sospira sul suo viso e la ragazza inizia a tremare violentemente. Finalmente i suoi occhi sembrano guardarlo e si fanno improvvisamente più lucidi, velati da uno strato di tristezza, mentre le labbra, diventate pallide, tremano e il suo viso di bagna di lacrime.

Le mani arpionano il bavero della sua giacca, per restare ancorata a lui.

“Damon, io… mi dispiace così tanto.” La sua voce è rotta dalla disperazione, e sembra voler supplicarlo di tenerla ancora così vicina, di non allontanarla.

Damon le accarezza ancora una volta il viso, con l’intento di asciugare le lacrime.

“Shh. Non devi scusarti. Mi sono solo preoccupato per te. Sembravi essere entrata in trance.”

Elena deglutisce prima di iniziare a parlare.

“È una cosa che mi succede spesso, da quando sono morti i miei genitori. Mi perdo in vecchi ricordi e raramente riesco ad uscirne da sola. Quando ti ho abbracciato, ho ricordato quando ceravo conforto nei miei genitori e… ed è come se avessi smesso di esistere, in questa realtà. Come se tutto quello che c’è intorno a me scomparisse. Il presente lascia il posto al passato ed è come se mi perdessi nella mia mente. È come essere in un labirinto senza via d’uscita.”

Damon nel sentire quelle parole si sente male e prova un forte senso di pietà per quella ragazzina. Sapeva che stava male, che difficilmente aveva superato la morte dei genitori, ma non aveva capito quanto Elena potesse essere fragile.

“Chi sa di questa cosa?”

“La mia famiglia e qualche amica. Anche Margaret penso abbia capito qualcosa. Ho paura, Damon. Più passa il tempo, più io mi perdo… e mi faccio del male così.”

Damon stringe ancora di più a  sé Elena, quasi spaventato di quello che le sta capitando. Sa che non è assolutamente normale quello che sta succedendo. E quella consapevolezza di quella sofferenza fa fremere Damon di rabbia. Le sue mani si contraggono attorno alle spalle di Elena e la tengono vicina a lui. Per paura che riaccada, Damon non vuole allontanarla, vuole tenerla d’occhio.

“Ti prometto che troveremo un modo per risolvere questa cosa. Non so se è grava o meno, ma dobbiamo trovare il modo di spegnere queste visioni. Perché qualsiasi cosa ti avessi detto, tu non mi avresti ascoltato. Metti caso che accada durante una lezione con le bambine?”

“Qui non mi è mai successo? Di solito la danza è l’unica cosa che mi permette di distrarmi completamente.”

“Però può succedere. Tu non lo sai!” alza solo un po’ la voce, Damon. Non per sgridarla, non per farla sentire strana, diversa da gli altri, ma perché sa che Elena è consapevole della gravità del problema e bisogna solo un po’ di forzarla per convincerla.

Elena abbassa lo sguardo per nascondere le lacrime che le stanno cadendo. Sono poche, riesce comunque a vederla in volto.

“D’accordo. Troveremo un modo. Ma adesso dobbiamo uscire fuori di qui. La scuola di danza è ancora piena e sarebbe strano se qualcuno ci sorprendesse qui.”

“Intendi la signora Flowers o quel Percy? Perché potrei accettare delle domande di preoccupazione da parte del tuo capo, ma da quel ragazzo invadente, assolutamente no.”

Elena sorride e sebbene i suoi occhi siano ancora bagnati, l’allegria è tornata a farle visita.

“Cose c’è che non va in Percy?”

“È un tipo strano e poi mi ha detto… no, lascia stare.”

“Cosa?”

“Lascia stare, Elena.”





 
§§§



 
Fa avanti e indietro, indecisa se chiamarlo o meno. Non si è resa conto, in tempo, che Damon un’altra volta le ha risollevato il morale e non l’ha ringraziato, di conseguenza.

Si è pentita.

Perciò ha afferrato il cellullare ed è andata alla lettere “D”, ma non ha ancora fatto partire la chiamata. Finché non ha contato fino a tre e non si è messa ad ascoltare i tuu, tuu del telefono.

“Ehi ragazzina, non sapevo che ti mancassi già.”

“Non è per quello. È che mi sono dimenticata di ringraziarti.”

“Sai che non ho fatto nulla.”

“Non è vero-Prende un respiro, prima di continuare a parlare-Quando le persone notano quello che mi capita, mi dicono che devo risolverlo, che devo superare la morte dei miei genitori, che devo farlo io. Invece tu, oggi, mi hai detto che troveremo un modo. Così mi hai detto che non devo essere solamente io e non mi sono sentita più sola.”

“Tu non sei ma stata sola, Elena.”

“Gli altri mi sono sempre stati accanto. L’hanno sempre voluto farlo, ma ciò non vuol dire che io sempre e comunque mi sia sentita fuori posto, da un anno a questa parte. Poi, sei arrivato tu. E lo so, anche tu hai i tuoi problemi, ma non mi sono sentita più così da quando mia madre e mio padre se ne sono andati. Io…-tentenna. Non sa se ha davvero il coraggio di dire quelle parole-Io, credo che tu sia diventato molto importante per me, Damon.”

“Elena, ascolta.”

“No, non devi fraintendermi. Non ci può essere più di un’amicizia tra noi due, perché siamo quelle che siamo e in un certo senso non possiamo.  Ma io ti voglio già bene, Damon, e tu sei diventato molto importante per me. Lo sei stato sin da subito.”
Note finali: prima di tutto ringrazio heydrarry che anche se non ha corretto il capitolo per problemi di comunicazione (l'estate ci tiene troppo lontane!) l'ho voluta lo stesso nominare. Poi ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo, quindi anche eli_s skizzino84 e chi ha messo la storia tra le preferite ecc...Vi ringrazio tutti quanti per la vostra pazienza, perché sono due mesi che non aggiorno e mi sento terribilmente in colpa. Chiedo in particolar modo perdono anche per le storie che recensisco (in realtà non so se mi seguono, ma faccio le mie scuse anche qui) perché anche per recensire c'era poco tempo.
Detto questo, passiamo al capitolo.
Prima vorrei chiarire che ho creato il personaggio di Percy Jackson perché mi sono resa conto che sopratutto il personaggio di Damon è terribilmente OOC e quindi ho voluto inserire un personaggio che alla fine sia in grado di spezzare tutto quanto. Quindi mi sono chiesta: chi potrei mettere? Percy Jakson non è un personaggio di mia invenzione è il protagonista di una saga fantasy di Rick Riordan "Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo" e così come lui anche la moglie Annabeth è un personaggio di quella serie di libri. Ovviamente questi personaggi hanno solo in comune nomi e caratteri, la storia dei libri non c'entrerà assolutamente niente con la mia storia.
Per il personaggio di Percy io non vorrei dargli nessun volto, perché non mi piace paragonare il Percy dei libri a quello dei film (DUE COSE COMPLETAMENTE DIVERSE), ma se proprio dobbiamo dare un volto a questo personaggio Logan Lerman (percy nei film è più indicato) sarà presente nella storia. Che per altro ha recitato in Noi siamo infinito con Nina Dobrev e Emma Watson.
Che altro dire?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Al prossimo aggiornamento,
Mia
   
 
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