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Autore: Evee    22/07/2015    1 recensioni
“Sono come un pittore che un dio beffardo ha condannato a dipingere, ahimè! sulle tenebre; dove, cuoco dai funebri appetiti, faccio bollire e mangio il mio cuore”
Parigi, fine del XIX secolo. Mademoiselle Du Maurier fa la conoscenza del misterioso professor Fell, il quale le rivolgerà una proposta alquanto inaspettata...
[ Bedannibal stile “La Bella e la Bestia” || Partecipante al contest “C'era una volta - Seconda Edizione” indetto da SemidareEfp sul forum di EFP ]
Genere: Mistero, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bedelia Du Maurier, Hannibal Lecter
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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II - Le Portrait

 

La porta della piccola bottega sita all'estremità di rue Tardeu venne aperta con una lieve spinta, lasciando penetrare i primi freddi dell'autunno ed i passi ritmati della sua cliente più abituale.

-E' permesso?- chiese in giro, provando a richiamare su di sé l'attenzione del titolare, momentaneamente assente alla vista.

Le giunse in risposta una voce maschile dal retro, a preannunciare il suo arrivo. Poco dopo, un giovane uomo dal fisico robusto e dalla carnagione olivastra fece la sua affannosa comparsa dietro al bancone. A dispetto delle apparenze, l'aveva abbandonato giusto un attimo prima, poiché aveva previsto l'apparizione della sua bella Bedelia sin già da quando l'aveva scorta oltre la vetrina, mentre si richiudeva alle spalle la porta di casa e faceva per dirigersi alla volta del suo negozio. Impeccabile come sempre, a differenza delle sue mani sporche di china e del suo usurato camice da lavoro. Nonostante il tentativo di ripulirle per tempo, le prime erano rimaste irrimediabilmente imbrattate, ma quantomeno era riuscito a migliorare il suo aspetto sfilandosi il secondo.

-B... buon giorno, Badelia.- balbettò imbarazzato -Mi scusi, non intendevo farla attendere.-

Lei gli sorrise gentilmente, rassicurandolo.

-Nessun disturbo, Gaston. Anzi, spero di non averla distolta da nessuna incombenza importante...-

-Nulla che non possa attendere.- mentì spudorato -Cosa posso fare per lei, oggi?-

La donna però distolse lo sguardo dal suo, guardandosi attorno distrattamente.

-Desidero acquistare una tela.- gli comunicò poi, quasi in un sussurro.

-Certamente.- assentì lui, avvicinandosi sollecito agli scaffali -Delle solite dimensioni?-

La ritenne una domanda quasi retorica, quella che le pose: Bedelia si recava da lui ad acquistarne una per il padre quasi ogni settimana, e sempre della medesima misura. Tanto che aveva già recuperato per lei una tela simile, prima ancora che potesse rispondergli.

-Ecco... in realtà non saprei.- lo frenò però la donna quando fece per porgergliela, guardandola con incertezza -E' per un ritratto.-

Al che Gaston abbassò le mani, leggermente disorientato.

-Oh. Monsieur Du Maurier ha deciso di abbandonare i suoi paesaggi?-

-No, in verità.- l'interdisse nuovamente Bedelia, mordendosi leggermente il labbro inferiore -Sarò io, a dipingerlo. Me ne è stato commissionato uno da un certo monsieur Roman Fell... Lo conoscete? Abita da pochi mesi la villa in rue des Saules...-

-No, desolato...-

-Capisco.- commentò piano lei, per poi eludere ogni sua ulteriore domanda ritornando subito all'argomento precedente -Ad ogni modo, suppongo che desideri un ritratto spazioso quanto la sua abitazione... Potrei vedere una tela più ampia?-

Gaston provvide a mostrargliela come da richiesta, e questa volta riuscì a soddisfarla. Tuttavia, quando gliel'ebbe incartata e la donna aprì il proprio portamonete per pagarne il prezzo, la vide a disagio. Ed iniziò a ritrattare la sua scelta. Ma lui intuì in fretta che il vero problema non erano le dimensioni, ma soltanto il maggior costo: dall'incremento della sua clientela aveva apprezzato appieno quanto la concorrenza parigina rendesse sempre più difficile per i pittori vivere di sola arte, ed immaginava che la famiglia Du Maurier non facesse eccezione. Per questo, decise di regalarle quella tela. Come buon auspicio, le disse.

Bedelia, in cambio, gli fece dono di un sorriso.

 

*

 

Per la seconda volta in due giorni, Bedelia si ritrovò a stringersi al petto una tela dinanzi alla maestosa dimora seicentesca di rue des Saules, attanagliata da una sgradevole sensazione d'inadeguatezza. Se, tuttavia, nel corso della visita precedente era stata la scarsa familiarità con le atmosfere del luogo ad averla posta in difficoltà, a metterla tanto a disagio ora era quella che aveva col suo proprietario.

Imperscrutabile, ecco come le era parso il professor Fell. Accuratamente rivestito di un manierismo che si era cucito addosso alla perfezione, come una seconda pelle, e che le rendeva pressoché impossibile distinguere nelle sue parole la cordialità dalla malizia, la complicità dalla derisione. Relazionarsi con lui l'affaticava. E temeva che, una volta in sua presenza, non sarebbe riuscita a controllare abbastanza le loro dinamiche da poterne dipingere il ritratto con la dovuta serenità, così come aveva fallito miseramente nel tentativo di vendergli il suo quadro.

L'avrebbe saputo solo incontrandolo ancora, supponeva.

Fattasi coraggio, Bedelia avanzò oltre gli ormai familiari cancelli e si avviò a testa alta lungo il viale d'accesso. Riuscì a destreggiarsi nonostante i tacchi sulla ghiaia e la scalinata, e raggiunse indenne l'austero portone dell'abitazione. Si annunciò suonando il campanello, dunque rimase ad aspettare l'apertura dei battenti osservandone le fattezze leonine, indecisa se condividerne o meno il gusto. Non ebbe però modo di pervenire ad alcun giudizio definitivo, perché la loro vista venne in breve sostituita da quella del maggiordomo già scorto il giorno prima, rimasto tanto affettato quanto sollecito.

-Buonasera, mademoiselle.- la salutò con un inchino -Prego, si accomodi pure. Il padrone la sta aspettando nel salone.-

Con un cenno, la scortò dalla vastità dell'atrio all'ambiente sfarzoso ad esso adiacente. Giacché non aveva sentito alcuna musica provenire da quella direzione, immaginò che il professor Fell non l'avrebbe nuovamente allietata con i suoi virtuosismi al pianoforte. Ed infatti lo scoprì alla poltrona, le gambe accavallate e le pagine di “Le Figaro” ben distese davanti a sé. Un semplice intrattenimento per ingannare l'attesa, comprese, perché come apparve le abbassò subito, interrompendone la lettura. Incatenando gli occhi nei suoi, e facendola sprofondare nelle loro attraenti, tenebrose voragini.

-Eccola, mademoiselle Du Maurier.- l'accolse cordialmente, rivolgendole un sorriso -Ma non c'era necessità che patiste l'ingombro della vostra attrezzatura. Le avrei ovviamente messo a disposizione quelle in mio possesso...-

Bedelia spostò il proprio peso da un piede all'altro, rinsaldando la presa sulla valigetta che aveva portato con sé.

-Per non mancar di nulla ho voluto provvedervi io stessa, monsieur.- ci tenne a giustificarsi.

-Apprezzo la vostra previdenza, ma sono piuttosto certo che avreste trovato tutto l'occorrente ed anche più, nel mio atelier.- la rassicurò lui, ripiegando il giornale sulle ginocchia e sollevandosi per raggiungerla -Venga, glielo mostro.-

Fu così che Bedelia si accodò al seguito del padrone di casa nel risalire l'imponente e regale scalinata che troneggiava sull'atrio, fino a raggiungere una stanza più appartata sita al piano nobile.

Quando vi entrarono, faticò a trattenere il proprio stupore. La sua personale definizione di atelier mal si adattava a quanto aveva attorno, ben più rassomigliante ad una privata sala museale che ai piccoli, confusionari ambienti di lavoro tipici degli artisti. Per quanto avvolte nella penombra, aveva subito trattenuto il fiato nell'accorgersi di come tutte le pareti fossero rivestite di dipinti, talmente ben incasellati da lasciar appena intravedere la tappezzeria bordeaux ad essi sottostante. Mai le era capitato di vederne altrettanti, in un sol colpo d'occhio. Erano così numerosi da aver completamente sottratto spazio al mobilio, che era stato di conseguenza collocato verso il centro della stanza. Il quale annoverava tra i suoi arredi principali due sinuose ottomane, la postazione di un cavalletto ed un'ampia scrivania in mogano. Fu ad essa che si avvicinò il professor Fell, invitandola a verificare di persona che vi fosse tutto ciò di cui potesse sentir l'occorrenza.

Appoggiata la tela e la propria valigetta, Bedelia obbedì alla richiesta. Effettivamente, vantava un considerevole assortimento di pennelli e colorazioni, molte delle quali da lei neppure possedute. Ciò che maggiormente la colpì furono tuttavia alcuni schizzi al carboncino, collocati poco più in disparte. Degli studi anatomici, articolati però con una precisione talmente chirurgica, ed ombreggiati da sfumature così marcate, da apparirle persino grotteschi.

Quasi dei corpi mutilati.

-Il mio piccolo passatempo.- le spiegò il professor Fell, notando come avessero catturato il suo interesse.

-Pur tuttavia, coltivato con estro.- osservò Bedelia, prendendo tra le mani e studiando più da vicino il primo di quei disegni.

Alla sua considerazione, lui socchiuse gli occhi ed accennò la piega di un sorriso.

-Forse, ma comunque troppo limitato per potermi definire un vero pittore.- le replicò, portandosi le mani in tasca e volgendosi a rimirare malinconico i quadri appesi alle pareti -Col tempo ho dovuto rassegnarmi al fatto che la natura mi ha reso incline più a valutare la bellezza di un'opera, che a crearla in prima persona.-

-Dunque non sono vostri, questi dipinti?- gli domandò lei.

-Ne posso soltanto rivendicare l'attuale proprietà materiale, purtroppo.- sospirò rammaricato -Che ne pensate?-

Per potergli rispondere con onestà Bedelia volle prima affiancarlo, e guardare con più attenzione quell'infinito connubio di paesaggi, ricevimenti e battaglie che si succedevano l'un l'altro come le pagine di un racconto. E si poteva sia riassumerle in un solo sguardo, sia leggerle una per una con uguale attenzione: in alto erano state infatti posizionate le cornici di maggiore ampiezza, mentre i dipinti più particolareggiati stavano collocati all'altezza degli occhi, affinché se ne potessero cogliere appieno tutti i dettagli.

-E' una collezione stupenda.- gli confessò infine, profondamente ammirata -Ed un peccato che debba rimanere privata, anziché poter essere apprezzata anche da altre persone.-

-Lo state facendo voi ora, però...- le ribatté prontamente lui, con quel suo caratteristico fare canzonatorio -Comunque, è nelle altre stanze che tengo esposti i quadri cui più sono affezionato. Alcuni li ho portati con me direttamente dall'Inghilterra. Gradite vederli?-

Bedelia accettò di buon grado. Amava il romanticismo della pittura inglese, ma era riuscita ad rimirarla personalmente solo una volta, nei pochi esempi esibiti per i corridoi del Louvre; dunque per lei quella rappresentava l'irripetibile opportunità di poterne vedere altri da vicino, beneficiando per lo più di una guida esperta qual'era appunto il professor Fell.

Inoltre, durante le varie tappe di quel loro piccolo tour per la magione ebbe modo di ottenere maggiori informazioni anche sul suo conto. Scoprì infatti che prima di giungere a Parigi aveva viaggiato per la Germania e trascorso oltre un anno in Italia, come curatore di un museo fiorentino. Successivamente, per mezzo dei contatti ottenuti grazie a quell'esperienza, gli era stato proposto un ben più prestigioso incarico all'Accademia di Francia, presso cui era tuttora impiegato.

Di più non ebbe occasione di chiedergli, giacché trascorsero la gran parte del tempo a discorrere d'arte. Ovviamente non poteva neppure sperare di riuscire a confrontarsi con lui alla pari sull'argomento, ma la conversazione scivolò via piacevole nell'alternare le di lei impressioni alle accurate spiegazioni del professore. Tanto che Bedelia venne scossa da un sussulto, quando la pendola dello studio in cui si erano spostati prese a battere le nove. L'ora per cui si erano quotidianamente accordati d'incontrarsi, era già trascorsa.

E lei neppure aveva collocato la tela sul cavalletto.

-Temo si sia fatto tardi...- mormorò, mordendosi leggermente le labbra.

-Non si preoccupi, non intendo trattenerla oltre. Avremo modo di dedicarci al mio ritratto domani, con tutta calma.- la tranquillizzò il professor Fell, precedendola all'esterno dello studio -Inoltre, questa era l'ultima delle stanze che ancora avevo da mostrarle.-

-Eccettuata quella corrispondente, nell'ala ovest.- si ricordò Bedelia, accennando alla porta che si intravedeva sul lato opposto del corridoio.

-Ho preferito risparmiargliene la vista, essendo del tutto spoglia ed in completo disuso.- si giustificò lui con noncuranza, richiudendo intanto l'uscio alle loro spalle -In realtà mi rincresce immensamente dover abbandonare parte di questa splendida villa alla polvere, ma ancora non ho trovato per essa alcuna destinazione. E la mia governante è ben felice di farsi carico di un ambiente in meno, nel corso delle sue pulizie mattutine.-

-E' effettivamente un'abitazione molto ampia, per un'unica persona.- commentò lei, per poi azzardare un pensiero addietro formulato -Deve sentirsi solo.-

Monsieur Fell confutò l'affermazione con un distratto cenno della mano.

-Non particolarmente. Dopotutto, col mio lavoro a tenermi impegnato non mi ci trattengo che per poche ore al giorno. E preferisco dedicarmi ad esso, anziché alla ricerca di matrimoni per cui non ho mai sentito alcuna necessità economica, o personale attrattiva.- le spiegò, facendo una breve pausa prima d'osare a sua volta una considerazione personale -Ma visto che neppure lei è sposata, immagino condivida lo stesso punto di vista.-

-Solo in parte.- fu costretta ad ammettere, seppur omettendo di rivelargli quanto sarebbe stata invece desiderabile per la sua famiglia un'unione di convenienza -Vado gelosa della mia indipendenza, tuttavia a volte mi chiedo se non valga la pena rinunziarvi, pur di avere dei figli miei. Una discendenza. Lei no?-

-Io mi proietto nel futuro solo fino a quella che immagino sarà la mia morte. Non penso mai di vivere oltre questo arco di tempo, se non per la mia reputazione.- gli rispose lui, pacato.

Bedelia gli rivolse un'occhiata fugace, cercando di leggere la sua espressione. S'accorse che si era fatta distante, benché non si riuscisse ad intravedere in quale luogo o tempo fosse andata a concentrarsi.

-Trascorre molto tempo a pensare alla morte in generale, da quanto ho avuto modo di notare.- le sfuggì dalle labbra, quasi ancor prima di formulare quel pensiero nella sua mente.

Il professor Fell, però, non rispose all'osservazione. Si limitò a sostare sul posto, per guardarla un attimo con aria ambigua. Dunque distolse da lei gli occhi, e riprese a scendere le scale. Nascondendole solo in parte l'ombra di un sorriso.

 

*

 

-E' certa di voler tornare a casa da sola, madamoiselle Du Maurier? Posso ancora domandare a Lumière di preparare per voi la carrozza...-

La giovane donna si fermò allora oltre allo stipite, inclinando di poco il capo verso di lui.

-Non disturbi inutilmente il suo maggiordomo, monsieur Fell.- rifiutò nuovamente, infilandosi frattanto i propri guanti con aggraziata nonchalance -La via in cui abito è troppo stretta e scoscesa per qualunque diligenza.-

-Potrebbe comunque risparmiarle la fatica di raggiungerla.- obiettò lui.

-Si tratta solo di pochi minuti a piedi.- replicò lei, scuotendo la testa con ritrosia -Davvero, non è necessario che si senta in dovere nei miei confronti...-

Hannibal assottigliò su di lei lo sguardo, fattosi più serio.

-Infatti mi sento protettivo, verso di lei.- volle precisare, con voce ferma ed indurita -Non è sicuro per una signora avventurarsi da sola per le strade, dopo il calar del sole.-

Lei, tuttavia, non parve lasciarsi impressionare dalle sue allusioni. Anzi, inarcò scetticamente le sopracciglia, per poi rispondergli a tono.

-Ciascuno di noi ha l'intrinseca responsabilità della propria vita, monsieur Fell... Nessun altro.-

E, detto questo, madamoiselle Du Maurier si accomiatò definitivamente da lui.

Hannibal rimase sull'uscio ad osservarne intrigato la figura, fin quando non scomparve oltre i cancelli della sua residenza. Poi, s'inumidì le labbra.

Ammirava la fierezza di quella donna, ma non poteva neppure immaginare quali pericoli andassero celandosi nei meandri delle tenebre.

 

*

 

Sulla strada del ritorno, Bedelia si scoprì gravata da un inusuale senso d'apprensione.

Le ultime parole scambiate con il professor Fell l'avevano scossa ben più di quanto avesse dato ad intendere, e persino più di quanto lei stessa potesse sulle prime accorgersi. Perché, dopo soli pochi passi compiuti nella solitaria compagnia della propria ombra, il palpitare nel suo petto aveva già preso ad affannarle il respiro in gola, e a confondersi con l'assordante scalpiccio dei suoi tacchi sull'acciottolato. Impedendole di discernere quali fossero i suoni che le rimbombavano effettivamente dentro, e quali stessero invece echeggiando nel silenzio a lei circostante.

Impedendole di capire se ci fosse anche un'altra persona, intenta a camminare alle sue spalle.

Un brivido gelido le serpeggiò lungo la spina dorsale, irrigidendole le membra ed inducendola a chiudersi ancor più in avanti con le spalle. Non per il subdolo insinuarsi del freddo tra le leggere fibre delle sue vesti, ma per il ricordo angosciante di una notizia udita proprio quel giorno, di ritorno dal mercato.

Non era affatto sua consuetudine prestare orecchio a simili voci, tuttavia era ormai più di un mese che i giornali andavano riportando dei corpi dispersi di alcune giovani prostitute, occasionalmente rinvenuti scempiati nei vicoli più bui del quartiere. In realtà, un fatto piuttosto frequente: era fin troppo risaputo quanto tra i rischi del loro mestiere non fosse da annoverarsi solo lo stupro, ma anche l'assassinio. Tuttavia, era proprio la modalità con cui quest'ultimo veniva consumato ad aver persuaso la polizia parigina che non fosse, come di norma, da addebitarsi ad un qualche sbandato, troppo ubriaco per intendere il senso delle proprie azioni. Reputava si trattasse, semmai, dell'operato ben pianificato e costante del medesimo uomo.

O, come era stato dai più soprannominato, della “bestia di Montmartre”; poiché in un essere capace di privare della vita i propri simili, sventrarli con le sue stesse mani ed appropriarsi del loro cuore quale trofeo, si è di certo perduta per sempre ogni traccia di umanità.

Così, pur nella consapevolezza di non rientrare nella categoria di vittime da lui prescelta, Bedelia scelse di tornare verso casa per una via forse più lunga, ma ben distante dalla zona usualmente animata dagli avventori del Lapin Agile e del Moulin de la Galette. Un scelta prudente, e che confidava l'avrebbe sia tenuta al riparo da brutti incontri, sia da ulteriori, inutili preoccupazioni.

Cionondimeno, le sue gambe accelerarono il passo.

 


N/A - H^o^la!
Rieccomi qui con il secondo capitolo. In sé non è molto denso d'avvenimenti, ma era indispensabile per disporre sul tavolo tutte le carte prima d'iniziare a giocarle. Nel prossimo capitolo le entretiens tra Bedelia ed Hannibal si faranno più numerose e decisive... A tal proposito, ne approfitto per precisare che se per esse ho scelto un'ambientazione serale non è stato solo perché più tenebrosa, ma perché anche nella fiaba originale Belle incontra la Bestia tutti i giorni, e sempre alle 9 di sera.
Detto questo, vi ringrazio per la lettura e vi do appuntamento al prossimo aggiornamento. Commentino?
XOXO

Evee

   
 
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