Fumetti/Cartoni europei > Code Lyoko
Segui la storia  |       
Autore: Artemide12    22/07/2015    2 recensioni
Settembre.
Kadic.
20 anni dopo.

La preside Delmas dà il benvenuto a Franz Belpois, Emma della Robbia, Carlotta Dunbar e Chris Stern.
Sei amici si rincontrano per l'ennesima volta.
Nulla sembra veramente cambiato al Kadic. Tranne in fatto che XANA è stata sconfitta ovviamente.
Franz, Rebecca, Emma, Carlotta, Ludovic e Chris sembrano ragazzi normali, ma presto dovranno fare i conti con ciò che i loro genitori hanno fatto tanti anni prima.
Realtà e Mondo Virtuale si intrecciano e si confondono per chi ha immediato e incontrollato accesso ad entrambi. È la conseguenza di una metamorfosi che nessuno aveva considerato.
Ma quando questo potere diventerà un pericolo?
Presto il Kadic tornerà ad essere ciò che non ha mai smesso di essere: lo scenario di una guerra virtuale che non è ancora finita.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, X.A.N.A.
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CodeLyoko METAMORFOSI banner Image and video hosting by TinyPic


Metamorfosi Cap8;

begin

    write('Fare ritorno');

    readln;

end.


Silenzio.

Tranquillo, confortante e ristorante silenzio della mente.

Era passato così tanto tempo dall'ultima volta che c'era stata tanta quiete che era difficile ricordarsene, che ora sembrava una sconvolgente novità.

Silenzio. E immobilità.

Un corpo immobile, debole e inerte, ma non spento, e perfettamente controllabile.

Niente voci, stridii, impulsi nervosi, esplosioni dentro la scatola cranica. Niente momenti di panico controllato o isteria repressa. Niente missioni impossibili o storie assurde. Niente mondi e creature virtuali.

Niente di niente.

Un pensiero. Solo, senza eco né alcun tipo di risposta.

Sono sola.

Mai nulla era stato più perfetto di quel momento.

Sono sola.

Ascoltò la propria voce nella propria testa come se non l'avesse mai sentita, come se la stesse assaporando dopo averla dimenticata.

Il sollievo fu una bolla d'aria tiepida che esplose nei polmoni regalando nuova aria e nuova forza e dissipando qualsiasi peso avesse oppresso prima il suo petto. Il sollievo fu pura gioia.

Tutti i muscoli si rilassarono e delle lacrime calde le sgorgarono dagli occhi mentre si girava a pancia in su e dei sospiri tremolanti le sfuggivano dalle labbra.

«Sissi?» si sentì chiamare da una voce vicina.

Aprì gli occhi umidi e mise a fuoco il volto di Ulrich. Sembrava non essere passato nemmeno un minuto. Doveva essersi appena avvicinato al divano – aveva sentito i passi – e si era seduto sul bordo, con aria preoccupata.

«Ulrich.»

Non stava più piangendo. Si asciugò il viso con due rapidi gesti, poi si slanciò in avanti, si aggrappò alle sue spalle e lo baciò.

Ulrich rimase così interdetto che restò immobile, con gli occhi spalancati e l'espressione stupita.

Elisabeth si fece indietro poco dopo. «Non ti sforzare, mi raccomando» lo schernì mentre si metteva seduta.

Ulrich si raddrizzò. «Che ti è saltato in mente?»

Lei sollevò le spalle. «Sono di buon umore.» Fletté le ginocchia e si alzò. «Sono sola!» esclamò ad alta voce, come se fosse la notizia più bella del secolo.

«Come?»

«Sono sola» ripeté lei. «Assolutamente sola dentro la mia testa e dentro il mio corpo!»

«Sissi, cioè Elisabeth, cosa stai dicendo?»

«Senti, so che sembrerà assurdo, ma lo giuro, non sono pazza. Avrei potuto impazzire, forse sono impazzita, ma è vero, devi credermi.»

«Senza offesa, ma non sembri molto lucida» commentò Ulrich, ma era tranquillo. «Sempre meglio Sissi della preside irriverente comunque.»

«Preside irriverente?» ripeté aggrottando le sopracciglia. «Non importa. Quanto tempo è passato? Aspetta, lo so. Chris ha undici anni quindi ne sono passati… dieci.» Il suo entusiasmo si smorzò di colpo. «Oddio» si risedette sul divano. «Dieci anni» scandì. «Che cosa ho combinato?» domandò a se stessa.

«Come sarebbe a dire che hai combinato? Sissi, che succede?»

«Siediti.» Ora era seria. Ma in un modo umano e naturale.

Ulrich obbedì e si sistemò accanto a lei sul divano.

«Non so nemmeno da dove cominciare» si lamentò lei incrociando le braccia al petto e sprofondando nello schienale.

Ulrich sospirò. «Dall'inizio?»

«Ma è scontato» replicò lei con una leggera smorfia, ma poi si arrese. «Okay» disse lentamente. «L'ultima cosa che ricordo chiaramente è...» si rabbuiò «quando è morto mio padre.»

Lui non disse nulla, ma appariva in qualche modo deluso dalla risposta.

«Prima che tu me lo chieda, no, non ho buco di dieci anni di memoria, ma sono tutti ricordi frammentati.» Tacque. Davvero non sapeva come andare avanti.

«Credevo che stessi solo male per… il lutto. Insomma, nel modo normale, ma non ti sei mai ripresa. Sei stata in ospedale e sotto psicofarmaci...»

«Sì, me lo ricordo. Almeno quelli funzionavano abbastanza da intontirmi. Comunque mi ero ripresa» sottolineò. «Ma c’era qualcosa che non andava e dovevo saperne di più. Mio padre è morto in circostanze misteriose nella fabbrica vicino questa scuola. Ci sono andata, non credevo fosse pericoloso.»

«Tuo padre è morto nella fabbrica?» esclamò Ulrich. «Perché non lo sapevo?»

«Che razza di domanda è?»

«Credevo fosse stato un attacco di cuore. Avevi detto…»

«Ha avuto un attacco di cuore.»

«Non me lo avevi detto.»

«Ero sconvolta! Non ti aspetterai che una figlia in lutto si metta a parlare lucidamente della morte del padre.»

«Okay, okay. Sei andata nella fabbrica e… ?»

«Ho trovato un computer. Nel senso di un computer enorme, non uno normale. E enorme non solo nel senso di grandezza quel coso era… era...»

«Super.»

«Super?»

Ulrich voltò la testa e la fissò negli occhi. «Hai trovato il super-computer.»

«Che nome fantasioso» disse ironica, poi riprese: «L'ho trovato. Non avevo idea di cosa fosse, ma sapevo che non doveva essere lì. Non poteva essere lì. L'ho ispezionato e ho trovato una chiavetta attaccata ad un terminale, una di mio padre. Ho provato a levarla e ho preso la scossa.»

Silenzio.

Dopo un po' Ulrich sollevò un sopracciglio. «Tutto qui?»

«Già.»

«Mi prendi in giro?»

«No. Dopo ricordo solo il buio che si espandeva nella mia testa e il mio corpo che diventava pesante. Mi sono alzata poco dopo, ma non ero in me. Era come se fossi sonnambula, non del tutto cosciente. Credo di essere arrivata a casa.»

«Oh sì, sei comparsa sulla soglia con una faccia allucinata e sei crollata a terra.»

«Ricordo che qualcuno si è messo ad urlare.»

«Chris.»

«Mi sono svegliata in ospedale.»

«Ti ci abbiamo portato io e Odd.»

«Da allora… c'è sempre stata quella presenza costante nella mia testa.»

«Una voce?»

«No, raramente era una voce. Era più un coscienza estranea che mandava impulsi al mio corpo. Movimenti, parole, azioni. Se provavo a contrastarle mi esplodeva la testa, potevo quasi vedere le scintille nel mio cervello, come se stessi andando in cortocircuito.»

«E cosa ti faceva fare?»

«Non lo so, mi ha fatto costruire delle cose, interagivo con qualcosa, con qualcuno, ma io non vedevo nulla.»

«Non capisco.»

«In certi momenti avevo l'impressione di star parlando con qualcuno, o tenendo in mano qualcosa, eppure non c'era nulla davanti a me. Subito dopo mi venivano dei mal di testa così forti che spesso svenivo.»

«Sei sicura di poter parlare al passato?»

«Sì. Oh sì, ne sono certa, ora non c'è nulla dentro di me. A parte me. È così bello essere di nuovo se stessi!» esclamò con un sorriso smagliante che si smorzò poco dopo. «Dio, dieci anni. Cosa… cosa è successo...» si voltò verso di Ulrich e si interruppe davanti alla sua espressione indecifrabile. Sembrava in contemplazione. «Ulrich? Tutto bene.»

«Sembra proprio di sì» sussurrò lui. La guardava come se fosse stata fragilissima. Le prese il viso tra le mani e fu il suo turno di baciarla.

Lei si ritirò quasi subito. «Bravo, ora hai reazioni ritardate?» Ulrich cerò di baciarla ancora. «Ehi no! Aspetta, devo ancora dirti di Lyoko e allora sì che mi prenderai per pazza! E tu devi dirmi cosa è successo in dieci anni mentre… Ulrich

Lui esitò per un momento nel sentire il nome di Lyoko, ma poi si riscosse e la afferrò per i fianchi. «Possono aspettare.»

«No!»

«Sì, invece. Devo approfittare di questo momento, prima che tu torni quella di prima o senta il resto della storia e decida di uccidermi.»

«Non…»

«Credimi, lo vorrai» le assicurò mentre la trascinava verso di sé finché lei non fu costretta a mettersi a cavalcioni sulle sue ginocchia.

«Ah, ora devi dirmi perché. Che diavolo hai combinato mentre io avevo in virus malefico nella testa?»

«Non ti piacerà per niente.»

«A te non piacerà Lyoko.»

«Mi piace Lyoko.»

«Sei matto. Non ti piacerà XANA.» La sua voce si stava abbassando man mano che i loro volti si facevano sempre più vicini e i loro corpi sempre più intrecciati.

«No, XANA decisamente non mi piace» concordò Ulrich mentre stringeva la presa sulle sue gambe e riprendeva a baciarla. Questa volta fu uno scambio bidirezionale. Sissi gli prese il viso tra le mani e lui le circondò la vita con le braccia. Si premettero l'uno contro l'altro, come se insistendo potessero fondersi insieme.


ʘ –


Erano tutti e quattro seduti fuori dall'infermeria, Carlotta in braccio a William e Ludovic seduto tra lui e la madre.

Le ore di lezione erano finite perciò adesso diversi studenti giravano per i corridoi.

«Io continuo a non capire cosa c'entri la preside con tutto questo» borbottò Ludovic.

«Considerando che non abbiamo avuto ancora nessuna spiegazione non mi sorprende» commentò William. «Però in effetti è strano, lei con Lyoko, non c'entra niente.»

«Lyoko?» ripeté Carlotta. «È una persona?»

«No, Lyoko è un posto, più o meno.»

A quelle parole di Yumi due ragazzi che stavano passando si voltarono come se li avessero chiamati. Le loro espressioni erano indecifrabili.

«Julien.» esclamò Ludovic riconoscendo il proprio compagno di stanza «Tutto bene?»

Il ragazzo fissò i due adulti in modo decisamente strano, ma loro non ricambiarono. «Sì, ci vediamo dopo.» disse soltanto, dopo un po', mentre si girava e spingeva via il ragazzo che era con lui.

«Julien?» chiamò Ludovic alzandosi, ma l'amico si limitò ad accelerare il passo mentre si allontanava.

«Che gli è preso?» chiede Carlotta.

«Non ne ho idea.»

«Ma di chi state parlando?» li interruppe Yumi.

I due fratelli si scambiarono un lungo sguardo.

«Del ragazzo che si è appena fermato davanti a noi quando ti ha sentito dire “Lyoko”» fece Carlotta scandendo ogni parola.

La madre la guardò confusa.

«Quale ragazzo?» domandò William.

«Non l'avete visto?»

I due scossero la testa.

«È uno scherzo?» Ludovic dovette sforzarsi di mantenere un tono di voce basso. «Insomma, quello è il mio compagno di stanza dall'anno scorso, abbiamo un sacco di amici in comune, anche se non siamo in classe insieme, come avete fatto a non vederlo?»

«Quel Julien, davvero?» William si guardò di nuovo intorno. «Sul serio, ragazzi, non abbiamo visto nessuno.» Yumi annuì in conferma.

Carlotta aggrottò le sopracciglia, pensierosa. «Avete degli amici in comune hai detto?»

«Certo, e loro lo vedono.»

«E questi amici sono un gruppo stretto?»

«Sono un gruppo normale!»

«Sì, ma parlano con altri ragazzi?»

«Che domande! Sì, certo, credo. Immagino. Non con tutti, alcuni gli stanno poco simpatici e si ignorano a vicenda, ma è normale. Era con uno di loro poco fa e gli ha anche preso il braccio, lo hai visto, quindi è reale!»

«I ragazzi erano due?» chiese William. Evidentemente non avevano visto proprio niente.

«No, no» fece Ludovic. «Ho passato tutto l'anno scorso con loro e sono assolutamente... veri, reali. Siamo finiti nei guai quasi tutti i giorni, siamo una specie di squadra!»

«Stai dicendo che tutte le volte che ci hanno chiamato per il tuo comportamento avevi combinato qualcosa con loro?»

«Sì.»

«E perché non li ho mai sentiti nominare?»

«Beh perché… la preside becca sempre me. O almeno sono sempre io quello che finisce nei guai, credo che abbia una specie di predilezione per loro.»

«Li ha mai chiamati per nome?» chiese Carlotta.

«Come?»

«Anche Anna era normale, vera, reale.»

«Chi è Anna?»

«La compagna di stanza di Rebecca. Chris ha detto che la preside sosteneva non esistesse nessuna Anna Zuz» rispose Yumi.

«Venite» ordinò Carlotta alzandosi in piedi. Gli altri tre la seguirono. Attraversarono i corridoi evitando gli altri studenti e cominciando a chiedersi se vedessero tutti gli stessi oppure no.

Carlotta e Ludovic tennero gli occhi aperti.

E cominciarono a notare.

C'erano ragazzi, o piccoli gruppi, che si muovevano in modo diverso. Parlavano e scherzavano tra di loro, ma zigzagavano tra gli altri studenti come se volessero evitare qualsiasi contatto fisico. Quelli che venivano loro incontro non si spostavano di lato per farli passare.

Una ragazza che sembrava troppo piccola per essere anche solo del primo anno era seduta sul davanzale della finestra e faceva smorfie a tutti quelli che le passavano accanto facendo ridere un'altra ragazza vicino a lei, ma nessuno faceva caso a loro. Nessuno tranne il gruppo che zigzagava in modo strano.

Arrivarono nei dormitori femminili e Carlotta li condusse nella stanza di Rebecca e Anna. Indicò la targhetta che recitava Belpois – Zuz.

«Cosa leggete?»

«Belpois» risposero in coro i genitori.

I due fratelli si guardarono.

Carlotta prese la mano della madre e le fece passare le dita sulle lettere incise del cognome Zuz.

«Non senti niente?»

«Niente. È tutta lascia.»

La ragazza fece un passo indietro. «No, non è possibile. Non ci credo.»

Bussò.

«Chi è?» strillò la voce di Anna dall'interno.

«Sono Carlotta, posso entrare?»

«Arrivo.»

«Sentito niente?» sussurrò guardandosi indietro.

Yumi e William scossero la testa mentre Ludovic li fissava sgranando gli occhi.

Anna aprì la porta. E i due adulti sussultarono.

Anna li fissò mentre i loro sguardi vagavano nella stanza come se potessero attraversarla. Sembrò scossa di un brivido.

«Co-cosa c'è?» balbettò ritirandosi il più possibile.

«Cercavo Rebecca.»

«Non so dove sia.» La rossa fece per chiudere la porta, ma Carlotta la fermò con un piede e poi con la mano.

«Anna, vieni un momento fuori? Questi sono i miei genitori, vorrei presentarteli.»

«Perché?» uggiolò la ragazza da dietro la porta.

«Perché sei mia amica e vorrei che ti conoscessero.»

«Non siamo nemmeno in classe insieme.»

«Sì, ma siamo amiche lo stesso, giusto?»

«Ma è la prima volta che ci rivolgiamo la parola!» protestò giustamente la rossa tentando di spingere la porta. Carlotta si oppose.

Yumi l'aiutò. La figlia lasciò la presa.

Yumi e Anna continuarono a spingere, le loro forze continuarono ad annullarsi a vicenda. Quale illusione poteva fare una cosa del genere?

Yumi lasciò andare la porta che si chiuse.

«Anna...»

«Vattene!»

«Ma...»

«Cosa vuoi? Ti ho detto che non so niente di Rebecca!»

«Non sai dov'è ora, ma l'hai vista stamattina. Per caso ti è sembrata strana, diversa?»

Nessuna risposta.

«Anna.»

«Vattene. Per favore.» Stava piangendo? Stava per farlo? «Ti prego, non voglio.»

«Cosa? Non vuoi cosa?»

«Lasciami stare!»

«Tu la vedevi» intervenne Ludovic. «Lei non era altro che un ologramma, ma tu la vedevi! Ci hai parlato e lei reagiva. Nessun altro l'ha vista.»

«Non è vero. Me lo ha detto lei.»

«Lei non parla!» replicò automaticamente Anna. Dopo piombò il silenzio.

«No, infatti.»

La porta si aprì di nuovo, questa volta del tutto.

Yumi e William non videro nulla oltre la stanza vuota, ma non dissero niente.

Anna aveva gli occhi gonfi, ma non piangeva.

«Io sto bene qui» gemette. «Non voglio andarmene!»

«Perché dovresti andartene?» si stupì Carlotta.

«Perché loro sono qui!» puntò il dito contro William e Yumi. «Tenteranno di fermarla e lei ci rispedirà tutti su Lyoko!»


ʘ –


«Si sveglierà?» insistette Franz.

Aelita, seduta sul bordo del letto, si voltò a guardare Jeremy che strinse le labbra.

«Starà bene?»

«Franz...»

«Che cosa può esserle successo? Una botta in testa. O sarà svenuta per la paura.»

«Oppure potrebbero averla drogata, iniettato sieri velenosi, condotto esperimenti su di lei. Potrebbero averla fatta a pezzi e ricucita e nascosto le cicatrici in qualche modo. Potrebbero averle asportato degli organi. Averla sottoposta ad un elettroshock» elencò Emma. Odd rise un po'.

«Certo, oppure usata per un rituale satanico» la interruppe Chris. «Non sei di aiuto Emma.»

«Se è per questo non lo è neanche Franz con le domande insistenti, né tu che te ne stai lì zitto e imbronciato, né l'infermiera che non sa dove mettere le mani, né nessun altro in questa stanza.»

«Non ha tutti i torti» la appoggiò il padre.

«Non sei di aiuto neanche tu che mi dai ragione papà.»

«Hai torto marcio.»

Aelita li mise a tacere con lo sguardo, poi fissò il volto inespressivo della figlia e le prese la mano.

«Si sveglierà» le assicurò Jeremy mettendole una mano sulla spalla.

«Non so quanto ci convenga.»

Si voltarono tutti verso Ulrich, appena entrato nell'infermeria. Sissi era dietro di lui e non sembrava affatto la preside Elisabeth Delmas di poche ore prime. Aveva persino del colore sulle guance e una fascetta rossa che teneva indietro i capelli leggermente scompigliati.

Tutti tacquero.

Chris si irrigidì. Tentò di spostarsi per essere coperto dagli altri, ma le gambe della sedia stridettero sul pavimento e si ritrovò a fissare la preside intimorito. Poi confuso. Perché non aveva mai visto uno sguardo simile in nessuno. Prima che potesse dire qualsiasi cosa, Sissi spostò gli occhi su Ulrich con un'espressione che diceva chiaramente “questa me la paghi”.

«C'è qualcosa che dovete dirci?» chiese Emma.

Ulrich guardò Sissi, in attesa.

«Ho riportato io Rebecca fuori da Lyoko» buttò lì lei, come se avesse appena spiegato di essere stata lei a riportarla a casa dopo una festa movimentata.

La frase non poté fare più effetto.

Un'ondata di «Cosa?», «Rebecca?», «Lyoko?», «Tu?» e «Aspetta un attimo!» si abbatté su di lei all’istante.

Sissi incrociò le braccia al petto e si impedì di urlare a tutti di stare zitti. «Non accalcatevi per ulteriori informazioni, mi raccomando» disse quando si furono leggermente calmati.

«Cosa sai di Lyoko?» la domanda di Jeremy scavalcò tutte le altre.

«Tutto quello che c'è da sapere. Al momento ne so anche più di voi visto che siete all'oscuro degli ultimi vent'anni di sviluppi.»

«Sviluppi?»

«Sviluppi» confermò Sissi drizzando le spalle. «Non crederai che in tutto questo tempo non sia successo niente.»

«Ma abbiamo spento il super-computer!» protestò Odd.

«Tagliando i ponti tra mondo reale e virtuale» lo corresse Sissi. «Non puoi certo spegnere Lyoko.»

«Spiegati.»

Sissi si andò a sedere su un letto. «Okay, ma dovete promettermi una cosa.»

«Cosa?»

«Che non… no, allora due cose» precisò. «La prima è che mi starete a sentire dall'inizio alla fine.» Tutti annuirono. «La seconda è che non tenterete di fermare XANA.»

«Scordatelo!» esclamò Odd.

«Perché dovremmo?» chiese più educatamente Aelita.

«Perché avete promesso di starmi a sentire.»

«Okay, quella promessa è ancora valida, ma in quando a non fermare XANA ci riserviamo di decidere più tardi» sentenziò Jeremy.

Sissi si issò completamente sul letto, prese il cuscino tra le mani e si appoggiò con la schiena al muro in modo da fissare il vuoto davanti a sé mentre parlava.

«Non avete distrutto XANA, l'avete solo rallentata. Era previsto che succedesse – anzi, che potesse succedere – ed era programmata una risposta a questa evenienza. Il fatto che qualcuno fosse riuscito a superare lo stadio “distruzione” indicava che Lyoko era… autonomo, credo, che aveva modo di difendersi ad ogni modo e sostenersi. Questo faceva sì che si… “salisse di livello”. Quando ve ne siete andati e lo avete isolato, il sistema si è evoluto. I programmi hanno preso un aspetto più… umano, nel senso che hanno creato una società e sviluppato una coscienza. XANA ha modificato il proprio scopo.»

«Com'è possibile?» Jeremy era scettico quanto affascinato.

«E che ne so?» fu la risposta secca di Sissi. «Sei tu lo scienziato, non io.»

«Caduta di stile» commentò Emma a bassa voce e Odd soffocò una risata.

«Comunque,» riprese Sissi «XANA è rimasta quiescente finché mio padre, dieci anni fa, non ha trovato la fabbrica e il super-computer. Non l'ha accesso, ma ha tentato di scaricare dati.»

«Come Rebecca» osservò Chris. Si zittì immediatamente, ma l'occhiataccia che si aspettava non arrivò.

«Il trasporto di dati crea un ponte momentaneo.»

«XANA l'ha usato per uscire?» intuì Jeremy.

«Sì. Non esiste nessuno scanner che crei nel mondo reale un avatar per un essere digitale, perciò per agire aveva bisogno di un corpo ospite.»

«Tuo padre.»

«Sì, ma lui è morto sul colpo. XANA lo ha consumato. Non so di preciso cosa sia successo dopo, credo sia rimasta nella chiavetta che mio padre aveva inserito. Quando sono andata lì e l’ho recuperata, si è trasferita in me.»

«Ma tu non sei morta» osservò Odd, sorpreso.

«Che intuito brillante!» Sissi alzò gli occhi al cielo. «Casualità, non sono morta. Sono stata posseduta.»

«Per dieci anni?» Aelita la guardò atterrita.

«Già» la voce di Sissi si fece molto più bassa.

«E cosa ti ha fatto fare in tutto questo tempo?»

«Ristrutturare la scuola.»

«Cosa?»

«Mi hai sentita Odd.»

«Perché XANA vorrebbe far ristrutturare il Kadic?»

«Per renderlo adatto ad ospitare programmi fuoriusciti da Lyoko.»

Odd fissò il soffitto con aria assorta mentre Aelita si alzava e affiancava Jeremy. «Spiegati, per favore» la incitò quest’ultimo.

«Nel momento in cui è stato possibile trovare un modo per uscire dal mondo virtuale,» riprese Sissi «XANA si è evoluta ad un secondo stadio. Tramite dei ponti per il trasporto dati anche i programmi di Lyoko possono uscire e arrivare nel mondo reale. Questo è possibile perché non si tratta propriamente di programmi, quanto di vere e proprie forme di vita digitali. Nel mondo esterno, però, non sono supportati da un corpo, perciò devono tornare su Lyoko.»

«Non possono possedere un corpo a propria volta?» osservò Aelita.

«No, solo XANA può farlo in qualità di virus. Quando i programmi escono nel mondo reale di solito non sono percepibili e vi possono rimanere solo per pochissimo tempo a seconda delle loro riserve di energia, della loro carica per così dire.» Fece una pausa e si tirò un po' su, per un momento si fissò le mani con aria critica, poi riprese a parlare. «Lo scopo attuale di XANA è quello di portare i Programmi nel mondo reale. Ciò che fa è reinserirsi nel super-computer e agganciarci a quanti più programmi possibile, infettarli per poterli portare via.»

«Portare dove di preciso?» chiese Aelita.

«Qui. La ristrutturazione è stata complessa. Nel cuore della scuola c'è una specie di generatore-»

«E questo generatore forma una specie di scudo intorno alla scuola» la interruppe Jeremy.

Lei gli lanciò un'occhiataccia, ma poi annuì.

«I programmi non possono stare all'esterno,» continuò il biondo socchiudendo gli occhi e seguendo il proprio ragionamento «sono tutti in una specie di enorme generatore, è così?»

«Sì.»

«Il generatore non arriva sul tetto, vero?» chiese Emma.

Sissi scosse la testa.

Emma non diede altre spiegazioni.

«Ecco perché lo scudo circondava la scuola e non la fabbrica» osservò invece Franz rivolgendosi a Chris che annuì.

Jeremy riprese con le proprie deduzioni. «E all'interno dello scudo possono interagire con il mondo reale.»

«No.»

Jeremy riaprì gli occhi e sollevò le sopracciglia.

«I programmi all'interno del generatore si muovono in una specie di ricostruzione tridimensionale che coincide perfettamente con l’edificio vero e proprio. Ogni interazione viene trasmessa da una versione all’altra della scuola in tempo reale.»

«Perciò se un programma apre una porta, tutti se ne possono accorgere» conclude Carlotta. «Ma allora perché nessuno oltre a noi li vede o sente?»

«Perché XANA non ha ancora trovato il mondo di renderli percepibili agli umani. Aveva pensato di impiantare altoparlanti e proiettori, ma così non risolverebbe il vero problema: dare un corpo reale ai programmi. Al momento sono in mezzo a noi e possono interagire indirettamente con noi, ma nessuno può registrare direttamente la loro presenza.»

«Nessuno tranne noi» ricordò Franz.

«Già, ma voi siete un'anomalia.»

«Com'è possibile?»

Sissi sollevò le spalle.

«Quindi erano programmi» intervenne di nuovo Franz. «Gli animali strani.»

«E Anna» aggiunse Chris.

«Chi?» fece Sissi.

«Anna Zuz, la compagna di stanza di Rebecca.»

«Rebecca non...» Sissi lasciò la frase in sospeso e aggrottò la fronte come se stesse compiendo un grande sforzo mentale. «Non lo so» disse alla fine. «I nomi se li danno da soli.»

«Dov'è XANA?» esclamò Aelita all'improvviso, allarmata, come se stesse parlando di un gatto scomparso. «Voglio dire,» si riprese «se lei non è più dentro di te, ora dov'è?»

Sissi abbassò lo sguardo, improvvisamente molto interessata alle lenzuola del letto su cui era seduta. «Le serviva qualcun altro, qualcuno di più idoneo, qualcuno con cui avesse più possibilità di portare a termine il suo piano. Per quanto fantastica, io sono solo un'umana.»

Calò il silenzio.

Lentamente, come se i loro corpi si rifiutassero di vedere ciò che voleva la mente, si voltarono tutti verso il letto su cui era distesa Rebecca.

Ed era vuoto.


ʘ –


Bea rimase seduta su un comodino scombro anche quando uscirono tutti dall'infermeria. Guardò Sissi e Ulrich andarsene per ultimi, dopo che lei ebbe borbottato una decina di frasi incomprensibili.

Si erano dimenticati di lei. In realtà gli unici che poteva incolpare erano Emma, Chris e Franz.

Tentare di avvisarli che Rebecca di era svegliata, alzata e lasciata cadere giù dalla finestra nel giro di pochi istanti, era stato inutile. Non poteva parlare. Non poteva produrre nessun suono, nemmeno schioccando le dita o battendo i piedi a terra. Aveva guardato la sua alter-ego e creatrice farsi spuntare un paio di ali nere durante la caduta e sfrecciare chissà dove.

Incrociò le braccia al petto, saltò giù dal comodino e si avvicinò alla finestra. Da lì poteva vedere la macchina con cui i guerrieri erano arrivati e il cane che dormiva sui sedili posteriori. Di Rebecca nessuna traccia.

Lei, dal canto suo, era abbastanza sicura di non potersi far spuntare le ali – non era nella sua programmazione – perciò era inutile tentare di seguire la sua matrice.

Uscì dall'infermeria e si inserì nel flusso di studenti stando attenta ad evitare quelli che le venivano addosso senza saperlo. L'avrebbero attraversata, ma non era piacevole, creava una momentanea instabilità nel suo sistema.

Quando svoltò nel corridoio successivo una ragazza minuscola appollaiata sul davanzale di una finestra le fece la linguaccia. Rimase impalata per la sorpresa e un'altra ragazza scoppiò a ridere così forte che tutti si sarebbero girati se l'avessero sentita. Invece solo alcuni si voltarono nella sua direzione.

Bea li fissò tutti come fossero animali di una razza sconosciuta.

«Dai, scusa!» esclamò dopo un po' la bambina che le aveva fatto la linguaccia saltando giù dal davanzale e facendo oscillare la zazzera di capelli chiari. «Non credevo che potessi vedermi, di solito non ti giri mai.»

Bea sollevò un sopracciglio.

«Non sei del secondo anno? Nella sezione A.» Arricciò le labbra. «Non mi ricordo il tuo nome.»

«Belpois» le suggerì l'amica. «Quella che sparisce dopo le lezioni.»

«Giusto» esclamò la ragazzina, poi non ne sembrò più tanto convinta. «Però hai qualcosa di diverso.»

Bea si limitò a farsi di lato fino ad appoggiarsi al muro per poter evitare altri studenti.

«Ma non parla?» chiese l'altra ragazza.

Bea scosse la testa.

«Ti è andata via la voce?» domandò la seconda.

Fece di nuovo di no con il capo.

«Come no?»

Si indicò la gola e poi agitò il dito facendo segno di no.

«Non hai proprio la voce?»

«E come farebbe ad essere interrogata, scusa?» sbottò l'altra.

Bea alzò gli occhi al cielo per la frustrazione.

«Tranquilla, aspetta.»

La ragazzina si alzò in punta di piedi e le posò una mano sulla fronte.

Bea sussultò a quel contatto. Nessuno l'aveva mai toccata – esclusi Chris e Ludovic ovviamente. Nessuno erano mai stato capace di farlo. Si ritrasse d'istinto.

«Tranquilla» ripeté la ragazzina e le affondò di nuovo i polpastrelli sopra un sopracciglio. Fu come se la testa di una e il braccio dell'altra si fondessero per un istante.

E le informazioni viaggiarono da una all'altra.

Quando la ragazzina ritrasse il braccio aveva gli occhi spalancati. «Forte» disse con lo stesso tono con cui avrebbe esclamato “oddio”. «Vieni!» strillò di contentezza l'attimo dopo, afferrandola per un polso e cominciando a correre. L'altra ragazza venne loro dietro incuriosita. Si fiondarono per le scale e attraversarono i corridoi finché non furono davanti alla presidenza.

La ragazzina spinse la porta. «XANA?» chiamò. Non c'era nessuno.

Bea si sentì raggelare. Puntò i piedi.

«Non preoccuparti, la preside sa di noi. È lei che ci ha portati qui. Devi solo presentarti.»

«Non la conosce?» esclamò l'altra ragazza raggiungendole mentre si legava i capelli castani.

«Non viene da Cartagine,» spiegò la bionda «né da una città-torre. Non è di Lyoko.»

«Com'è possibile?»

«L'ha creata la ragazza della seconda A, Belpois.»

«Non ci credo.»

«L'ho visto io.»

«Sai cos'è Lyoko almeno?»

Bea annuì.

«E di XANA?»

Annuì di nuovo, più vigorosamente.

«Sì, e lo sanno anche i guerrieri.»

«I guerrieri?» La mora sembrò improvvisamente incapace di respirare. «Quei guerrieri?»

«Sì!»

«Loro sono qui?»

«Sì.»

«No! Loro la fermeranno.»

«Hanno promesso di non farlo.»

Bea non poté fare a meno di osservare che invece non lo avevano più promesso.

«No, non lo hanno fatto» una terza voce zittì le altre due.

I tre programmi si voltarono.

Rebecca era accovacciata sulla scrivania delle preside come se vi fosse appena atterrata, le ali nere ancora spiegate dietro la schiena. Le sue iridi erano tre cerchi azzurri concentrici.

«Oh no!» sussurrò la mora.

«Dobbiamo accelerare i piani» tagliò corto XANA. «Raduna tutti i programmi che trovi. Non devono arrivare al generatore.»

«E tu?»

«Io devo tornare su Lyoko e portare via tutti i programmi restanti.»

«Ma saranno migliaia! Anche se riuscissi ad infettarli tutti e a trasportarli il generatore non può contenerli, non è abbastanza potente. Andremo tutti in tilt!» La sua voce salì di due ottave mentre parlava.

«La mia nuova ospite sarà in grado di potenziarlo.»

Le due ragazze annuirono, tranquillizzate e rassegnate allo stesso tempo. «C'è altro che possiamo fare?»

«Trattenete i guerrieri il più a lungo possibile. Devo distruggere Lyoko prima che riattivino il super-computer.»


ʘ –


Il granchio verde comparve praticamente dal nulla – sembrò emergere dal pavimento – e per evitarlo Emma fece un balzo indietro così improvviso che finì addosso ad Odd e caddero entrambi a terra.

«Che succede?» chiese Jeremy, ancora sulle scale.

«Oh no, di nuovo quello» gemette Chris.

«Quello cosa?» Ulrich fissò invano il corridoio.

«Il granchio.»

«Dove?» gli occhi di Sissi saettarono con sicurezza sul pavimento mentre si metteva davanti agli altri e sembrò colpita quando non vide nulla. Aggrottò lo sopracciglia.

«Ci penso io» assicurò Franz correndo a mettersi tra Emma e la creatura. La fissò con intensità e quella esplose.

«Forte!» esclamò Emma.

«Non chiedetemi come funziona.»

«Come funziona cosa?» insistette Jeremy.

«L'ha fatto scoppiare» spiegò Emma.

«Diavolo ecco chi era che lo faceva!» esclamò Sissi. «La mandava in bestia quando succedeva. XANA intendo.»

I simboli bianchi volteggiavano ancora per aria. A differenza delle altre volte, però, non si stavano dissolvendo. Anzi, cominciarono a farsi più nitidi e più vicini. Il granchio si ricompose.

«Brutte notizie» annunciò Emma alzandosi e cominciando ad indietreggiare. «Si è riformato.»

«Ma non è possibile!» protestò Sissi. «Ci vogliono sei ore.»

Nessuno dei ragazzi l'ascoltò.

In quello stesso istante il pappagallo gigante fuoriuscì dalla parete e il gatto viola saltò giù dal soffitto attraversando Aelita. Lei tossì, ma per il resto non si accorse di nulla.

Emma, Chris e Franz si ritrovarono vicini.

«Se non li vediamo vuol dire che non possono farci niente, giusto?» osservò Odd.

«Hai una logica un tantino illogica, sai?» lo prese in giro Ulrich. Furono le sue ultime parole. Il granchio gli si arrampicò addosso, sprofondò nel suo petto e ci rimase. Ulrich ebbe uno spasmo, come un improvviso singhiozzo, poi si irrigidì. I suoi occhi divennero scuri e vi comparvero tre cerchi azzurri.

«Immagino che questa sia la risposta alla tua domanda, papà» gemette Emma mentre premeva la schiena contro quelle di Chris e di Franz.

Odd si voltò a fissarli e spalancò gli occhi.

Emma guardò i suoi due amici. La loro pelle era suddivisa in quadretti. Lei doveva avere lo stesso aspetto inquietante. Tornò a guardare il padre. «Attento!» strillò, ma era troppo tardi. Il gatto viola gli balzò in testa per poi sparire tra i suoi capelli biondi.

«Odd!» chiamò inutilmente Aelita.

«Mamma abbassati!» esclamò Franz e lei obbedì appena in tempo per evitare il pappagallo.

«Cosa sta succedendo?» chiese Jeremy mentre si schiacciava contro il muro.

«Due di quegli animali, sono entrati loro nel petto e nella testa!» spiegò Chris fissando il padre. Ulrich e Odd erano ancora immobili. «Ne rimane uno.»

«Dov'è?» fece Sissi continuando a guardare in alto in attesa di riuscire a vedere qualcosa, anche se evidentemente non ne era più in grado senza XANA nella testa.

«Viene verso di te!» l'avvertì Chris.

Sissi non ebbe riflessi abbastanza pronti, ma Aelita sì. La afferrò per un braccio trascinandola di lato e finirono entrambe a terra.

«È sparito» notò Emma. «Ha attraversato il soffitto ed è sparito.»

«Credevo non potessero farlo» osservò Jeremy rivolgendosi a Sissi. «Che interagissero con l'ambiente come persone.»

«I programmi portati da Lyoko sì, ma quegli animali sono di XANA. Dannazione, Rebecca deve averli potenziati.»

«Cosa facciamo a fermarli se non possiamo distruggerli?» Franz fissava il soffitto come se volesse incenerirlo.

«Riprogrammandoli» decise Jeremy.

«Rebecca ci riusciva» borbottò Sissi.

«Le lenti a contatto!» ricordò Franz e corse verso le scale. Jeremy gli venne dietro e così Emma e Chris.

Aelita e Sissi invece urlarono quando Ulrich e Odd le afferrarono mentre si rialzavano. Sembrano degli automi.

Il pappagallo spuntò di nuovo dal soffitto cadendo in picchiata.

Emma prese la rincorsa e spiccò un salto. Gli si schiantò contro e lo incollò al pavimento. Quello stridette e le graffiò la pancia con le zampe. Lei si rovesciò all'indietro. La ferita sanguinante si stava già richiudendo, ma l'uccello le era sfuggito.

Chris corse per prenderlo, ma quello scoppiò sotto lo sguardo di Franz.

Sissi e Aelita approfittarono della distrazione per divincolarsi da Odd e Ulrich. Scattando in avanti, però, Aelita finì proprio sulla nube di simboli. Tremò come se avesse preso una scossa tremenda.

«No!» esclamarono Franz e Jeremy insieme.

Anche gli occhi di Aelita divennero cerchi.

«Via di qui!» ordinò Sissi correndo verso le scale. «Prima che si assestino!»

Nessuno trovò nulla da obiettare.


ʘ –


«Cos'è questo ronzio?» chiese Carlotta all'improvviso.

L'attimo dopo Anna si irrigidì come una statua. I due fratelli si guardarono e videro la pelle dell'altro farsi liscia e quadrettata.

«Un messaggio» Anna puntò lo sguardo su Yumi e William. «Dice di fermarli.»

«Fermarli da cosa?» domandò Ludovic mentre ignorava gli sguardi stupiti dei suoi genitori – non doveva essere una bella vista quella dei propri figli “pixelati”.

«Dal riaccendere il super-computer.»

«Quello nella fabbrica?»

Anna annuì.

«Bene!» fece il ragazzo.

Gli altri quattro lo fissarono. Lui si rivolse ai genitori. «Dobbiamo andare alla fabbrica. Subito.» Si voltò e cominciò a correre immediatamente senza aspettare di essere seguito.

«Guarda.» Anna indicò il cielo a Carlotta.

Una luce verde delineò i contorni dello scudo.

«Si sta irrobustendo» spiegò la rossa.

Carlotta accelerò, ma quando fu sul sentiero finì comunque contro un muro invisibile e cadde a terra.

«Carlotta!» Ludovic tornò indietro, ma andò anche lui a sbattere contro lo scudo. Entrambi lo tastarono. Era come se un vetro perfettamente trasparente improvvisamente li separasse. Un'altra ondata verde lo rese visibile per qualche istante. La pelle di Ludovic era tornate normale.

Yumi, che era rimasta indietro insieme alla figlia, avanzò cautamente, ma non incontrò nessun ostacolo. Si voltò preoccupata, ma né lei né William fecero domande.

«Andate!» ordinò Carlotta.

Ludovic annuì, poi si voltò e riprese a correre, seguito dai genitori.

«Anna, noi dobbiamo...» si interruppe notando il modo in cui si era irrigidita la rossa. Seguì il suo sguardo e si voltò in tempo per vedere Rebecca atterrare sul sentiero qualche metro dietro di lei. Dalla schiena le spuntavano grosse ali nere.

«Rebecca!»

«Fatti da parte.» La voce della ragazza era assolutamente inespressiva.

Carlotta divaricò leggermente le gambe e puntò le mani sui fianchi. Non è lei, non è davvero lei, si ripeté. «Scordatelo» annunciò poi.

XANA sorrise.


ʘ –


Bea rimase seduta nell'angolo.

La piccola stanza era sovraffollata di programmi nervosi. Julien, Fee e Lea – le due ragazze che l'avevano accompagnata in presidenza – le giravano intorno con aria vagamente tranquilla, ma lei sapeva che le stavano facendo la guardia.

Si guardò intorno per l'ennesima volta. Non c'erano finestre e la porta era l'unico modo di uscire o di entrare. Ed era irraggiungibile.

Su un tavolo al centro della stanza un grosso portatile era collegato ad un’antenna parabolica grande quanto una poltrona – il generatore.

Ricordava vagamente la strada che aveva fatto per arrivare lì, ma era abbastanza sicura che ritrovarla sarebbe stato facile. Se solo avesse potuto andare a cercare gli altri!

Se solo non fosse stata collegata solo pochi minuti prima al computer. Ora ogni suo movimento era tracciabile. Ora ogni sua azione poteva essere controllata.

Aveva l'ordine di rimanere lì, perciò se anche solo pensava di andarsene, il comando che le era stato inserito entrava in collisione con le sue idee e lei andava in tilt per qualche istante. Appena si riprendeva non faceva che cercare un nuovo modo di allontanarsi perciò zac, era di nuovo in tilt.


ʘ –


Yumi tirò fuori il telefono dalla tasca mentre William studiava inutilmente il computer. Scorse la rubrica, poi portò l'apparecchio all'orecchio. Squillò diverse volte.

«Pronto?» rispose poi la voce affannata di Jeremy.

«Dove siete?»

«Nella scuola. Siamo bloccati sul tetto, Odd, Ulrich e Aelita ci inseguono.»

«Cosa

«Lascia stare, cosa succede?»

«Ci serve il tuo aiuto, come si accende il super-computer?»

Ludovic, che era rimasto fermo in un angolo con aria pensierosa, prese il giacchetto che il padre aveva lasciato su una sedia e frugò nelle tasche interne fino a trovare il cellulare.

«Okay,» disse intanto Jeremy a Yumi «seguite alla lettera le mie istruzioni.»

«Che vuoi fare con quello?» esclamò William.

«Qualcuno deve avvertire i programmi viventi di cosa sta succedendo.» Trovò il cavo a cui era stato attaccato il telefono di Rebecca e vi collegò quello del padre. «Sbrigatevi ad accendere questo coso.»

Lo schermo del telefono si illuminò di blu e la pelle di Ludovic si riempì di nuovo di quadretti.

Venne risucchiato dentro il super-computer, dritto verso Lyoko.





Intervento dell'autrice n1


Se avete letto la storia fino a questo punto, innanzitutto grazie. Se poi avete anche trovato il tempo di recensirla o di scrivermi privatamente per farmi sapere cosa ne pensate, sappiate che mi avete reso una persona immensamente felice.

Questo era il capitolo delle spiegazioni. Be', quantomento era il primo. Non penso di soprendere nessuno dicendo che ci sarà moooolto altro da chiarire. Spero di essere stata chiara (per quanto possibile, ovviamente!), in caso contrario non esitate a fare domande.

Artemide12       

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Code Lyoko / Vai alla pagina dell'autore: Artemide12