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Autore: Tomi Dark angel    22/07/2015    10 recensioni
STEREK.
Tratto dalla storia: "-Pronto?-
-Scott…?-
-Sceriffo, che succede? Mi sembra un po’ tardi per chiamare…-
-La... la camera di Stiles è… un bagno di sangue. E lui non… non c’è più. Mio figlio, Scott. Mio figlio…-"
Stiles Stilinski sparisce per tre anni. Per tre anni tutti lo credono morto, per tre anni di lui non si hanno notizie. Quando però riappare, non è più lo stesso. Di lui non resta che una creatura nuova, un incubo talmente orrendo che anche Beacon Hills teme di accogliere.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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“La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro.
Leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare.”
 
I miracoli accadono difficilmente. Sono diamanti rari, antichi, che quando si palesano agli occhi di chi guarda, hanno il potere di cambiare ogni cosa, a cominciare dagli avvenimenti di una vita intera. Qualcuno resuscita, respira di nuovo, e improvvisamente, le cose si raddrizzano. C’è chi ha pensato di morire insieme al rinato, chi si è visto cadere e in quella caduta ha scoperto lo sbocciare di splendide ali perché di esse vi era bisogno per risalire.
Tu non hai mai creduto nei miracoli. Sono invenzioni effimere, bizzarri eventi scientificamente spiegabili che nulla hanno di magico o divino. Nulla.  
Eppure adesso, mentre le grida e il gelo dell’Inferno tornano a squarciarti l’animo, ti accorgi che qualcosa è successo. Il destino ha scelto di mutare, di evolversi, di nutrire per te quella pietà tanto invocata e mai mostrata prima.
Il sibilo del vento ti brucia i timpani fin quasi a farli sanguinare, ma stranamente… non avverti sulla pelle i graffi delle raffiche che dovrebbero travolgerti. C’è calma, serenità, e il gelo ti tocca appena. È come se qualcosa si fosse frapposto tra te e l’Inferno stesso, uno scudo invalicabile che nemmeno Dio e Satana o la disperazione stessa dei dannati possono abbattere.
-Derek!-
Qualcuno ti chiama come da molto lontano, richiamandoti al risveglio totale. Lasci che i sensi riprendano possesso del tuo corpo e finalmente, ricordi: il labirinto, i ricordi, il ragazzo con le maschere. Lupo, corvo, furetto. Poi cosa è accaduto?
Faticosamente, cominci a recuperare tutti i fili dei ricordi, li afferri, li percorri con dita invisibili di trepidante aspettativa. E alla fine, rivedi il viso di Stiles mentre la maschera cadeva tra di voi, ricordi il bacio mai dato che ha innescato il verdetto finale del tuo viaggio più importante.
Di colpo, apri gli occhi sul viso di Scott, pallido e preoccupato. Ti fissa con occhi sbarrati, rossi ma tremanti di lacrime. Al suo fianco, c’è Peter, ma non guarda te.
Lentamente, segui il tragitto del suo sguardo fino a incontrare… ali. Tre paia di arti luminosi, da pipistrello, dall’ampiezza talmente immensa da coprire quasi per intero il cielo plumbeo sulle vostre teste. Sono come cupole iridescenti, luminose di pietre preziose e splendide fiamme covate tra vele e ossa, tessute non da Dio, ma dalla capacità ammaliatrice di Satana stesso. Riesci a distinguere i riflessi blu e neri del paio più vicino, per poi passare all’oro e al cremisi danzanti delle quattro ali più ampie, tanto luminose da eguagliare lo splendore accecante del sole stesso.
Segui con lo sguardo le ossa longilinee che sporgono dalle vele, sorreggendo elegantemente le meraviglie più splendide che mai nessuno all’Inferno si aspetterebbe di trovare.
Al centro di quell’intricato intreccio di ossa, muscoli e vele di seta, vi è una schiena sottile, coperta di cicatrici terrificanti che ancora sanguinano copiose, coprendo di rosso le punte acuminate che seguono la spina dorsale, i fianchi stretti dalla pelle rossa e oro, le zampe rachitiche da canide che stranamente adesso ti appaiono più forti, più muscolose, come se qualcuno avesse fornito loro tendini da levriero e un’ossatura più resistente.
La coda dalla punta d’acciaio scudiscia, fendendo l’aria più delle raffiche di vento, più di quanto qualsiasi artiglio possa mai fare.
Incantato, fissi il bagliore delle corna, i capelli scompigliati, le orecchie allungate e a punta. Le braccia sono muscolosissime, gli artigli d’acciaio toccano il suolo e brillano di riflessi pericolosi.
Puoi sentirlo davvero, il potere che trasuda quella creatura. Vedi l’aria crepitare, il ghiaccio sotto le zampe riempirsi di crepe come un’entità viva e spaventata perché sì, l’Inferno riconosce pienamente la forza devastante di uno dei più potenti seguaci di Satana che seguace tuttavia non è più. Nessun Dio può contrastare quella creatura abbastanza forte da spezzare le catene della prigionia, nessuna potenza naturale può respingerla. Inferno e Paradiso si piegano, Vita e Morte tornano sui loro passi perché tra le i due grandi Divini che bilanciano l’universo intero, si è insinuato qualcun altro, una creatura i cui occhi umani spiccano su un viso di bestia.
Capisci improvvisamente la vera entità del demone di Stiles, il suo essere, il motivo della sua esistenza. Quella creatura, per quanto barbara e bellissima allo stesso tempo, non vive di sangue e dolore, ma anche di vita e libertà. Ha dimostrato che è possibile spezzare il cerchio di una prigionia che da secoli e millenni procede imperterrita, uccidendo e soffocando vittime innocenti. È bastato lottare, crederci, rischiare il tutto per tutto. Ora come ora, Stiles Stilinski ha creato una nuova fazione, dove angeli e demoni possono vivere davvero, sentirsi umani per la loro semplice libertà di scelta. È una nuova vita, una possibilità che mai nessuno a memoria d’uomo e divina, è riuscito a fornire.
Lentamente, Stiles si volta e ti guarda. Ha un viso così umano, nonostante tutto. Umano e bellissimo, come quello di uno splendido principe esotico. Gli occhi però, sono sempre gli stessi, anche se felini, e ti guardano con un amore immenso e senza tempo, un affetto talmente devastante che te ne senti sopraffatto perché mai, mai in vita tua, sentirai di poterlo ripagare appieno.
Stiles ti raggiunge, nudo e bellissimo, camminando elegante sulle zampe da lupo che stranamente, se non fosse per il colore cangiante del pelo, somiglierebbero proprio alle tue di quando sei trasformato.
Stiles si inginocchia alla tua altezza e sorride, stiracchiando il taglio da serpe, preciso e delineato che attraversa la linea della mandibola. Le zanne scintillano, la pelle brilla con più forza, come se qualcuno stesse attizzando il fuoco sottostante. Dai polsi, pendono i monconi spezzati delle catene.
Non hai mai visto niente di più bello.
-Derek.- ti chiama, e senza accorgertene chiudi gli occhi e lasci che le mani adesso umanoidi ma semplicemente munite di artigli più corti di Stiles ti stringano il viso e accarezzino le guance. Il calore della sua pelle brucia contro la tua, gelida e tremante di freddo.
È il tocco di un angelo, quello, ne sei certo: quasi riesci a sentire il fruscio della tua anima che si risana, il dolore delle ferite che finalmente guariscono, il tepore di un corpo che Stiles riscalda dolcemente, come fece già tempo addietro, in Alaska.
Ti perdi nel suo sguardo dorato, ricreando coi tuoi occhi blu cielo un perfetto incontro tra cielo notturno e pallido deserto, un mondo che insieme tingete di mille sfaccettature diverse, brillanti, preziose più di qualsiasi cristallo.
-Stiles!- ruggisce Valefar, improvvisamente allarmato. –Lucifero…-
-Lo so.- risponde Stiles, lasciandoti andare. Si raddrizza, volta nuovamente le spalle e guarda l’orizzonte, dal quale le raffiche di vento provengono sempre più feroci, sempre più violente e taglienti. I due demoni irrigidiscono le ali e puntano le zampe, lottando con tutte le loro forze contro l’ira stessa dell’Inferno che si risveglia davanti ai vostri occhi.
Cominci a ragionare freneticamente: siete nell’ultimo girone, il più piccolo ma anche il più terribile. Cosa racchiude di tanto pericoloso, secondo il racconto di Dante?
Ti concentri, ricordando in un solo istante le troppe parole lette e tradotte, le parafrasi effettuate faticosamente, le notti di stanchezza e caffè trascorsi su diverse copie diverse della Divina Commedia. E all’improvviso, capisci.
Lucifero. Nell’ultimo girone, i dannati sono torturati da Lucifero in persona, incastrato nel ghiaccio fino alla cintola. E voi siete terribilmente vicini all’incarnazione stessa del male.
-DOBBIAMO ANDARCENE!!!- ruggisce Valefar, indietreggiando. Crolla in ginocchio, tossisce. Riesci a vedere la sua pelle perdere di brillantezza, le ali tremare e coprirsi di ghiaccio e sangue oltre alla solita colata di catrame e capisci che qualcosa si sta avvicinando sempre di più, ad ogni istante che passa.
Guardi istintivamente all’orizzonte, dove un’ombra si designa tra la nebbia e l’oscurità, una figura gigantesca, più grande di qualsiasi grattacielo che già da lontano vi sovrasta e sembra pronta a schiacciarvi.
L’aria si fa più gelida, tanto da disperdere il calore donatoti da Stiles e il ghiaccio si riempie di crepe sempre più fitte, sempre più profonde, come ferite dalle quali fuoriesce… sangue. Rosso, viscoso, che puzza di dolciastro e salato allo stesso tempo. Lo senti bagnarti le zampe, infangarti l’anima stessa, perché quello è sangue innocente, riesci ad avvertirlo.
Per quanto tu possa essere coraggioso, non hai mai provato tanta paura in vita tua. Anche Scott cade in ginocchio e Peter comincia a tremare, sopraffatto.
-STILES!!!- grida Valefar quando nota che Stiles non ha ancora mosso un dito. Al contrario, il giovane demone si limita a fissare l’orizzonte con interesse, come se stesse aspettando qualcosa o peggio… progettando un piano. Per fare cosa, poi? Sconfiggere Lucifero? Non si batte il Diavolo, specialmente sul suo campo di battaglia.
-Valefar.- chiama Stiles improvvisamente. Si raddrizza e tu lo imiti subito, per la prima volta più basso di lui. Noti che le zampe gli danno più slancio e di certo quel palco di corna ti supera di quasi mezzo metro.
Lo guardi in viso e per la prima volta, noti nei suoi occhi qualcosa di nuovo, una bruciante decisione che scotta come meteora in caduta libera. Stiles ha i pugni stretti, la coda rigida e le labbra contratte da una gelida rabbia che per un momento, spaventa anche te.
-Stagli accanto.- dice soltanto, oltrepassando Valefar. Cerchi di afferrarlo, ma il vento ti respinge di qualche passo. Non sopporti il pensiero che Stiles possa avvicinarsi a Lucifero, non sopporti l’idea di perderlo di nuovo.
-Guardate…- esala Scott all’improvviso.
Segui il suo sguardo e allora anche tu vedi  l’aria ai due lati di Stiles addensarsi, tingersi, riempirsi, per generare… due incappucciati, alti e slanciati, ammantati di nero e bianco. Li riconosci, li percepisci, perché quelle due entità ti hanno concesso di aiutare quella parte di te che non saresti mai capace di lasciare andare.
Vita e Morte camminano adesso al fianco di Stiles, che imperterrito continua ad avanzare nel ghiaccio e contro il vento, sul sangue scaturito dalle crepe come un sentiero sofferente che sboccia poco a poco, sviluppandosi.
Non vuoi che Stiles segua quel sentiero, non vuoi che si allontani ancora una volta da te.
Ma, come in risposta alle tue silenziose preghiere, Stiles si ferma all’improvviso e lentamente spalanca le ali, stiracchiandole, abbracciando il mondo intero di riflessi oro e cremisi. I muscoli si tendono, le vele si gonfiano al vento e adesso lo contrastano, lottando con fierezza.
Quattro ali immense che sfidano Satana, quattro ali che si spalancano in difesa di qualcosa che il Diavolo stesso non riuscirebbe mai a capire davvero.
Ai due lati di Stiles, Vita e Morte si schierano, compiono la loro scelta dinanzi a bene e male, dinanzi all’universo intero e a ciò che dagli albori lo ha generato. Per la prima volta in assoluto, essi si appropriano del libero arbitrio e affiancano un ideale, una speranza, qualcuno da seguire. Vita e Morte s’inginocchiano, prostrati al cospetto di valori che troppo spesso sono stati sottovalutati, valori che gli immortali a stento ricordano poiché troppo vecchi e troppo stanchi per interessarsene. Valori che gli uomini sin dall’antichità ricordano, proteggono, perseguono. Per farlo, molti hanno incontrato la morte mentre altri la miseria. Ma loro, come Stiles fa adesso, non si sono arresi e ad ogni costo hanno lottato.
Improvvisamente, avverti un sospiro. Basso, misurato, ma che riconosci. Stiles.
In risposta a quel suono stanco, il vento lentamente si acquieta, come in attesa di qualcosa, e finanche i dannati smettono di gridare.
Dal giorno della sua creazione, l’Inferno non ha mai conosciuto silenzio. Ha sempre peccato di grida, lamenti, preghiere inascoltate. I dannati piangono, i demoni ridono e ruggiscono, e il caos che tanto spaventa l’essere vivente si scatena lì, tra le fiamme e il sangue di un fracasso devastante.
Adesso invece… c’è pace. Ogni singolo dannato, ogni demone, sembra aver udito il sospiro profondo di Stiles, come ansito di bestia prima del balzo. Tutti attendono, tutti ascoltano. E allora ti chiedi fino a che punto il personaggio di Stiles abbia assunto importanza.
-Ascoltatemi.- sussurra a voce bassissima, ma che nel silenzio creatosi rimbomba profondamente, come se stesse gridando. –Per una sola volta nella vostra vita, ascoltate. Non fingete semplicemente di farlo, perché voglio che le mie parole raggiungano in voi quegli animi che credete d’aver perduto per sempre ma che invece ci sono ancora: voi non siete questo. Nessuno nasce per causare dolore, poiché la vita è qualcosa di pulito e immensamente prezioso. A volte si soffre, si cade in ginocchio e tutto ciò che ci resta sono le lacrime e il dolore di un’esistenza che nemmeno noi comprendiamo. Guardiamo le cicatrici che ci coprono, e spesso sono così raccapriccianti che non abbiamo neanche la forza di piangere. Ma si nasce anche per questo. Senza dolore, la gioia non assumerebbe importanza, così come bene e male non possono vivere l’uno senza l’altro. Ognuno di noi possiede lati oscuri, ma ciò non significa che la parte più importante del nostro essere sia quella peggiore. Si ha sempre un modo per ricominciare, un modo per chiedere perdono e andare avanti. Ripulitevi. Per quanto sangue vi copra le mani, c’è sempre un modo per lavarlo via, un pezzo alla volta. Chiedete aiuto al prossimo, abbiate fiducia in voi stessi… e siate liberi. Spezzate le vostre catene, accettate la vostra umanità perché questo è l’unico modo per ritrovare la vostra anima. Io vi sto dando una scelta. Non vi chiedo di unirvi a me, perché le mie battaglie non vi appartengono; ma vi prego… smettetela di torturare chi quanto voi è stato peccatore. Questi sono vostri fratelli! Un tempo eravate tra loro, non ricordate? Quali differenze vi allontanano?-
Stupendo tutti voi, Stiles si inginocchia e si copre il viso con una mano. L’Inferno continua a mantenere il silenzio, ed è per questo che quando il primo singhiozzo rompe l’atmosfera, esso rimbomba nelle profondità di ogni dannato, di ogni demone, di Lucifero stesso.
Un pianto diverso, neanche lontanamente attribuibile a quello dei dannati più sofferenti. Quelle lacrime cristalline, che di sanguigna hanno perso ogni traccia, sono versate in nome delle creature che lì sotto continuano a morire, prigioniere o torturate, dannate oppure demoniache. Ali che mai si spiegheranno al vento, gambe che mai più potranno camminare. Ogni cosa è spezzata, lì sotto; che si parli di speranze o di arti veri e palpabili.
È quello il tuo Stiles, il ragazzo del quale sei profondamente innamorato. È quella l’anima che tanta fatica ha richiesto per essere portata indietro. Ne è valsa la pena perché ancora una volta, ti innamori di lui e lo farai sempre, in eterno, qualsiasi cosa accada.
A spezzare la quiete, giunge improvviso un rombo come di tuono, tonante e in avvicinamento.
-Diavolo!- impreca Valefar, trasalendo. Guarda l’orizzonte, gli occhi sbarrati e gli artigli tremanti di paura. –Stiles, Lucifero!-
Stiles si riprende con un sussulto e indietreggia velocemente verso di voi. -Andiamo via! Adesso!- ruggisce, voltandosi a guardarti con terrore crescente. Capisci con un brivido che non è per se stesso che ha paura, ma per voi.
È un attimo, un battito di ciglia quasi impercettibile.
I due demoni spalancano le ali, tre immense paia di vele rilucenti che vi abbagliano, illuminando di macabri riflessi il ghiaccio circostante. Hai appena il tempo di socchiudere gli occhi per combattere quei bagliori accecanti che qualcosa ti cinge la vita e strattona, staccandoti i piedi da terra.
Sbarri gli occhi sul girone che si allontana, rimpicciolendosi velocemente. All’orizzonte, la sagoma si ingrandisce, combattendo la nebbia e diradandola poco a poco, diretta verso di voi.
-Sto per vomitare!- ringhia Peter, stretto al petto di Valefar insieme a Scott.
-Ottimo!- esclama Valefar, piegando un’ala e scartando di lato.
Il cielo sulle vostre teste vibra inquieto e improvvisamente una chiazza come di catrame si allarga tra le nubi, annegando quel po’ di luce e colore che ancora vi erano concessi. Filamenti di oscurità si staccano dalla volta celeste, lunghi e sinuosi come serpi o tentacoli di piovra gigante composti dal buio più nero, più malato e infetto.
I tentacoli piovono su di voi, riversandovi addosso tutto l’odio dell’Inferno, tutta la sua rabbia e la sua oscurità. Il mondo intero sembra rivoltarsi come un guanto. Vomita oscurità, suda rabbia e rancore e improvvisamente l’aria si fa rarefatta, velenosa, al punto che quasi non riesci a respirare.
I tentacoli di oscurità si abbattono su di voi, velocissimi. Stiles scarta di lato, si avvita a mezz’aria, ripiega e distende le ali ripetutamente con l’eleganza di un falco che è nato e cresciuto volando. Il corpo si adatta ad ogni movimento e tu lo assecondi facilmente, come se già conoscessi la sua prossima mossa. Non sai come ci riesci, ma ti risulta facile, come muovere un braccio o una gamba.
-Stiles!- urla Valefar.
I due demoni allargano le ali bruscamente, arrestandosi a mezz’aria.
E allora la vedi: una cappa di oscurità spessa come manto di velluto e cosparsa di filamenti fittissimi, che la ricoprono come di aculei sempre in movimento e pronti a trafiggere, dilaniare, massacrare. Avete davanti uno scudo, l’ultima difesa degli Inferi.
Non uscirete vivi di lì.
-Stiles?- sussurra Valefar, inquieto. Alle loro spalle, la figura si avvicina. È ormai una questione di minuti prima che vi raggiunga.
-In mezzo.- interviene improvvisamente Peter. –Dobbiamo passarci in mezzo!-
-Sei pazzo?- esplode Scott. –Ci ammazzeremo!-
-O questo, o il mostro che abbiamo alle calcagna! I filamenti si muovono, se Stiles e Valefar sono abbastanza veloci da schivarli…-
-Ha ragione.- interviene Valefar, gli occhi improvvisamente vitrei ma fissi sulla cappa di oscurità. Non sembra spaventato, ma c’è qualcosa di sbagliato nel suo atteggiamento, nella sua postura rigida. –È l’unica via d’uscita.-
Si volta lentamente, gli occhi fissi in quelli di Stiles, che poco a poco comincia a capire, a decifrare quello sguardo vuoto.
-Valefar…-
-Mi dispiace, dolcezza.-
E allora Valefar lascia andare Scott e Peter, che precipitano nel vuoto con due identici gridi terrorizzati. Li vedi piombare come marionette tra i filamenti oscuri, sfiorarli e continuare a cadere.
-NO!!!- 
Stiles chiude le ali lungo il corpo e si lascia cadere come un proiettile, schermandovi dal vento tagliente col solo scudo delle vele. Ti senti precipitare a tua volta, senza peso, leggero come piuma portata dal vento, ma non hai paura perché sei nelle mani di Stiles e Stiles non ti lascerà morire. Ti fidi con ogni fibra del tuo corpo.
Senti un urlo, la caduta si interrompe e le ali si spalancano. Stiles si accovaccia, stende un braccio e stringe la mano intorno al polso di Scott. Sotto di loro, la coda agisce fulminea, scattando come testa d’un cobra a sonagli: si avvolge intorno al braccio di Peter e arresta bruscamente la caduta, facendogli scricchiolare le ossa. Il licantropo geme e ringhia, segno che forse il braccio se l’è rotto direttamente.
Stiles sbatte le ali e risale in larghe spirali, scartando di tanto in tanto per evitare gli affondi dei tentacoli oscuri. Uno ti sfiora il braccio, causandoti un taglio bruciante che all’istante si arrossa come un’ustione. Ringhi di dolore ma non ti lasci distrarre o intimorire.
Il vostro obbiettivo è poco più su, dove Valefar ancora fissa inespressivo lo scudo di oscurità.
Stiles accelera ancora, troppo stanco per volare come vorrebbe ma abbastanza veloce da scattare come una saetta, slittando tra i filamenti neri con tanta eleganza che per un attimo pensi che stia danzando. Senti il suo corpo muoversi, adattarsi ad ogni più piccolo movimento e, anche se non è il momento per pensarci, ti chiedi quale spettacolo debba essere guardare Stiles innalzarsi in volo serenamente, le ali tese e il volto sereno.
Siete ormai a un passo da Valefar. Stiles non ha mani libere per afferrarlo e quando lo senti tremare contro il tuo corpo, capisci che sta per succedere qualcosa di brutto.
Valefar scatta senza voltarsi e… si getta a capofitto nello scudo di oscurità.
I filamenti lo afferrano, si stringono intorno ai polsi e alle caviglie, alla vita e alla gola mentre la coda saetta come un cobra vivo e indipendente, falciando lo scudo. Le ali sbattono furiosamente, travolgendo con violenza ciò che resta dello scudo e, quando l’intero corpo di Valefar prende fuoco, capisci perché ha lasciato andare Scott e Peter.
Un diversivo. Valefar aveva già intenzione di aprire il varco, ma a modo suo. Ci è passato in mezzo per primo, aprendo loro la strada e facendo da scudo contro lo scudo, entrambi ultime difese di bene e male, vittime sacrificali dell’ennesima guerra senza nome.
Con orrore, guardi le fiamme lambire il corpo ancora intatto di Valefar, abbracciarlo con dolcezza ed espandersi come una supernova che cresce, pulsa, respira. Le lingue di fuoco, vive e luminose, si contrappongono a quelle di oscurità, buie e soffocanti. Vita e morte, luce e buio si affrontano ancora una volta, schiantandosi con violenza maestosa, palesandosi nello spessore di uno scudo e nel volto angelico di un demone che ha già perso una sorella e troppi amici.
Valefar ha scelto di salvare quel po’ che gli rimane, quei volti che hanno saputo amarlo e concedergli il sorriso e la beatitudine. Una famiglia. La famiglia più stramba che abbia mai avuto.
-ANDATE!!!- ruggisce quando nell’oscurità si apre un varco luminoso, appena visibile attraverso il muro di fiamme che abbraccia quello ormai ferito dell’oscurità.
-No!- urla Stiles con voce tremante. Ti accorgi che sta piangendo, il volto contratto da un dolore lancinante che non riesci nemmeno a immaginare.
Insieme a Scott, Valefar è diventato il migliore amico di Stiles. Lo ha sostenuto, curato, spalleggiato durante uno dei momenti più difficili della sua vita. Come un vero fratello, gli ha concesso la speranza ogni volta che questa veniva a mancare, aiutandolo a rialzarsi ogni volta con pazienza infinita, come un padre che insegna al figlio a camminare.
-ANDATE, ACCIDENTI!!!- ruggisce Valefar, il volto appena visibile tra le fiamme che lo avvolgono. Le vedi pulsare sfinite, cominciare a ritrarsi, lottare con meno veemenza. Anche le bestie più potenti prima o poi cominciano a stancarsi.
Sorprendendo tutti voi, Valefar si rilassa improvvisamente. Distende i muscoli ed espira, ritrovando per brevi istanti quel sorriso ribelle e genuino che gli ha sempre consentito quel po’ di somiglianza con lo stesso Stiles. I suoi occhi si fanno dolci, caritatevoli, liquidi di un amore che nessun demone saprebbe mai provare.
-Mi dispiace, fratellino…- sussurra dolcemente. –…ma devi andare senza di me. Dì a Lydia che io…-
Ma Valefar non concluderà mai la frase. A Lydia, avrebbe potuto dire tante cose perché troppe ne ha taciute e non tutte si possono rivelare. Non in quel momento, non mentre qualcosa lo sbalza leggermente in avanti con violenza, facendogli rovesciare il capo all’indietro. Il petto sobbalza e la punta acuminata di un tentacolo sbuca dalla carne come un paletto coperto di sangue che inesorabile spinge ancora, più e più volte, sfondando costole e tendini.
Poi, tutto si fa confuso.
Stiles grida con quanto fiato ha in gola, un urlo di petto talmente forte da farti fischiare le orecchie. Un suono così raccapricciante non l’hai mai sentito prima, neanche quando Stiles piangeva o implorava pietà in preda alla follia. Riesci quasi a toccare il suo dolore, a sentirlo sulla pelle. Brucia da morire, sa di un’impotenza lacerante che per poco non ti riempie gli occhi di lacrime.
Un verso simile però, lo conosci bene. L’hai imitato quando hanno ucciso Laura e ancor prima di lei tutta la tua famiglia. Un grido di abbandono, l’ultimo canto del cigno morente che si vede spezzare le ali.
Valefar sbarra gli occhi e la bocca, poi china il capo in avanti e fissa stupito l’orribile punta nera che gli fora il petto. La afferra con entrambe le mani, bloccandola prima di levare nuovamente lo sguardo.
-Andate…- esala. –Andate…-
Ma ciò che accade dopo, sorprende tutti voi. Quasi tutti.
Contro ogni previsione, Stiles si lancia nel varco aperto da Valefar, diretto verso il foro luminoso, piccolo come una stella vista da lontano ma abbastanza lucente da combattere le tenebre.
Schizzate tra i filamenti neri mentre quelli vi graffiano, ustionano le carni, lacerano i vestiti.
-Ci vediamo dall’altra parte.- sussurra Stiles al tuo orecchio, sorprendendoti al punto che ci metti un po’ a realizzare il significato di quelle parole. Ancor meno concepisci il capogiro che vi coglie dopo, quando Stiles vi getta a capofitto nel varco senza seguirvi.
 
Quando la soglia di una delle finestre di casa Stilinski sputa all’esterno delle mura tre licantropi sporchi, stanchi e feriti, Derek Hale non può che accettare quietamente l’ennesimo dolore infertogli dallo schianto della sua spalla contro il terreno solido dell’asfalto. Esala con violenza gli ultimi residui d’aria che gli restavano e resta immobile, abbandonato sull’asfalto, gli occhi chiusi e il respiro affannoso.
Avverte il peso del corpo pesare esageratamente, come se la gravità stesse facendo gli straordinari, ma non importa.  
Non si è mai accorto che l’aria di Beacon Hills è così pulita, fresca e viva, come un’entità a se stante che gli attraversa i polmoni in lunghi respiri soddisfatti, sereni e rilassati. La sente ripulire ogni anfratto del suo corpo, all’interno come all’esterno, ed è bello da morire perché quell’aria, quella luce, quegli odori… appartengono al suo mondo. Lì, dove il vento non graffia e un sereno silenzio è ammesso di quando in quando, Derek si sente a casa.
Lentamente, inspira gli odori familiari del quartiere, li memorizza come se li annusasse per la prima volta. Non c’è puzzo di sangue e putrefazione, ma di fiori e aghi di pino, di cibo e terra bagnata.
Sulla pelle, il calore dei raggi solari comincia a fare effetto, respingendo il gelo e richiamandogli alla mente quelle estati trascorse da bambino dove lui e Laura correvano nella foresta, liberi e sudati, ma felici come non mai.
C’è un leggero venticello e i rumori sono fiochi e gentili, tanto che gli accarezzano le orecchie con morbidi tocchi che non gli urtano i timpani. In confronto alla magnificenza di quel mondo, l’Inferno appare ancora peggio di quanto sia apparso in precedenza.
Per concludere il quadro in bellezza, ci sono i colori. Gli esplodono davanti agli occhi quando Derek schiude le palpebre, fissando lo sguardo sul mondo intero, su quelle tonalità accese e cangianti, come riflessi di un cristallo che rilancia tutto intorno numerose sfaccettature diverse, uno spettro di tonalità infinite e senza tempo.
I suoi occhi si posano infine sulla finestra di casa Stilinski i cui infissi improvvisamente luminosi circondano i vetri delle ante socchiuse che bruscamente si spalancano, come spinte da una brusca folata di vento. Un riflesso luminoso attraversa il quadro della finestra, simile a bagliore d’ali di libellula baciate dal sole. Derek sa già cosa sta per accadere, e prega un Dio nel quale non crede che a uscirne sia Stiles, il suo Stiles. Se la missione si rivelasse un’inutile perdita di tempo, il licantropo sarebbe comunque pronto a gettarsi nuovamente attraverso il varco.
A volte però, i miracoli accadono e Dio, per quanto distratto e spesso sadico, risponde alle preghiere.
Due corpi vengono sbalzati fuori dal varco che si chiude, stretti l’uno all’altro e coperti di ferite.
Senza pensare al processo di guarigione ancora in atto, Derek scatta in piedi e si catapulta verso Stiles, le braccia tese e i muscoli nervosi, pronti ad attutire l’impatto.
Stiles atterra nel suo abbraccio mentre al suo fianco, Scott recupera Valefar al volo.
Allora Derek guarda Stiles in viso, e stavolta lo fa per davvero, studiandone ogni particolare come se lo vedesse per la prima volta: nonostante il volto coperto di graffi e sangue, Derek non se lo ricordava così bello.
I suoi occhi sono più dorati che mai, il viso pallido ma non cinereo, come marmo appena scolpito nella morbidezza di una pelle liscia, a dispetto dei tagli che sporcano quella meraviglia di dolore e fatica. Derek si perde nello sguardo esausto di Stiles, nelle sfaccettature solari di quelle piccole supernove pulsanti di vita e amore. È tornato umano, ma gli occhi… quelli non saranno mai umani del tutto. Non esistono uomini con iridi simili, cangianti come pietre preziose ed espressive come quelle di un bambino appena nato.
Gli occhi che Derek ama, gli occhi che ha cercato a lungo, fino a spingersi nei meandri dell’Inferno stesso.
-Bentornato a casa, ragazzino.-
 
“Molti di quelli che vivono, meritano la morte
E molti di quelli che muoiono, meritano la vita.
Tu sei in grado di valutare?
Non essere troppo ansioso di elargire morte e giudizi:
Anche i più saggi non conoscono tutti gli esiti.”
 
Incredibile come spesso, nell’arco di una vita, un istante paradisiaco possa trasformarsi in uno infernale. Ci si distrae, si abbassa la guardia, e allora tutto cambia, crolla, si rimodella in un nuovo, orrido volto che non si riconosce più.
Derek Hale ha creduto di poter restare così per sempre, stretto al corpo ancora bollente di Stiles, perso in quegli occhi che nel profondo racchiudono la magnificenza di secoli dorati e bellissimi, antichi e gloriosi. Un mondo dove il sole è sempre caldo e il cielo tinto di tonalità cangianti, il mondo che Derek ha sempre cercato.
Quel momento, l’hanno racchiuso nel loro angolo di Paradiso personale, un istante valido una vita che entrambi non dimenticheranno mai ma che al contrario, avrebbero voluto protrarre in eterno.
All’apparenza, andava tutto bene. Poi, il mondo si rovescia e la realtà torna a pesare sulle loro spalle ferite, fragili e coperte di sangue e bruciature.
Qualcuno li chiama da lontano, una voce di ragazza urla un nome che Derek recepisce in un secondo momento con un brivido.
-VALEFAR!!!-
Lydia corre loro incontro, seguita da Allison, Isaac e Chris Argent. Ha gli occhi sbarrati, le iridi fisse sul corpo abbandonato e coperto di sangue di Valefar, ancora immobile tra le braccia di Scott.
Derek si odia per averlo dimenticato. Si odia per aver perso tempo ad amoreggiare con Stiles con Valefar in quelle condizioni, se non morto, sicuramente tramortito.
Scott appoggia delicatamente il corpo al suolo, e allora Derek ha modo di vederlo, di capire con un brivido che la situazione è disperata, che quelli sono solo i miseri resti di Valefar. Stiles non ha riportato indietro un amico: ha riportato indietro un cadavere, o almeno, quanto di più vicino a un cadavere possa esserci.
Valefar non sembra neanche più umano. Ha il volto dilaniato, le carni a pezzi al punto che in alcune zone del corpo sbuca ammiccando il bianco dell’osso. Al centro del petto, vi è una voragine oscura, nera di sangue e profonda come un buco nero che risucchia ogni cosa, a cominciare dall’anima stessa di Derek.
Non avrebbe mai creduto di soffrire così al vedere Valefar ridotto in quel modo. Non l’ha mai considerato apertamente un amico, anzi: l’ha odiato dal primo istante in cui l’ha visto, con quel sorriso disponibile e gli occhi gentili di chi ama stringere amicizia e salvaguardare il mondo intero. Derek detestava il rapporto che Valefar aveva con Stiles, il modo in cui lo toccava e scherzava con lui. Lo odiava, lo odiava da morire.
Cosa è cambiato poi? Cosa ha spinto Derek ad affezionarsi a quello stupido ragazzino esaltato sempre gentile e pronto ad aiutare agli altri? Cosa ha spinto il licantropo a fidarsi di lui ogni volta, di continuo, come se non facesse altro da tutta una vita?
L’umanità. Quella stessa umanità dimostrata da Stiles, la stessa che contraddistingueva anche Valefar. Non è mai stato demone, non davvero, e questo Derek lo capisce solo adesso, mentre la sua anima va in pezzi e la sua mente si riempie dell’ennesimo incubo che vede un amico massacrato, l’ennesima scena che non dimenticherà mai più.
Lydia si avvicina, gli occhi intrisi di orrore. Crolla in ginocchio accanto al corpo massacrato di Valefar, gli tocca una guancia per guardarlo meglio, per riempirsi gli occhi di ciò che non sarebbe mai dovuto accadere.
E grida. Grida con tutta la forza che ha, un urlo lancinante che spacca i vetri di tutta la città, esplode le cristallerie, crepa e distrugge gli specchi. Ogni superficie appena più delicata del normale va in frantumi, proprio come lei. Le persone nelle vicinanze crollano in ginocchio, gli animali fuggono e finanche il cielo pare oscurarsi appena al cospetto di un dolore tanto grande, una sofferenza che nemmeno nel grido più lancinante del mondo trova reale sfogo.
Lydia continua a urlare, gli occhi chiusi e la pelle lurida di trucco sciolto a causa delle lacrime che le inondano il viso. Lacrime umane, ma sporche del nero soffocante di un dolore cieco, che non trova consolazione. Derek non ha mai visto Lydia soffrire in quel modo ed esternarlo tanto violentemente. Riesce quasi a toccare la sua sofferenza, i timpani spaccati dall’unica domanda intrisa nelle urla più nere che una banshee possa esternare: “Perché?”.
Perché la gente muore così?
Perché è toccato proprio a Valefar, con la sua innocenza, il suo sorriso, la sua voglia di vivere?
Perché Dio, da Onnipotente misericordioso, permette che a spezzarsi siano proprio i giusti?
Per questo Lydia urla. Urla per se stessa, che mai dimenticherà il volto massacrato di quello che una volta, era uno dei ragazzi più belli che avesse mai visto. Urla per un amore perduto, per tutte le volte che a un sorriso di Valefar, lei rispondeva con uno sbuffo o una frase di scherno.
Valefar la toccava, e Lydia si ritraeva. Valefar la chiamava, e lei si girava dall’altra parte. Lo ha sempre respinto, eppure lui non ha mai perso la pazienza.
Adesso però, Lydia non può chiedergli scusa. Non può dirgli che ha atteso il suo ritorno sotto la pioggia, al freddo, appostata nei pressi di casa Stilinski. Come un cane in attesa del ritorno del padrone, ha continuato ad aspettare, a pregare. Ancora adesso, il ciondolo che le ha regalato Valefar brucia sul suo petto, benedetto e maledetto allo stesso tempo, poiché su quello stesso grano di rosario Lydia ha scelto di abbandonare le sue richieste più disperate.
Ha pregato per Valefar, pur non credendo in Dio. E Dio l’ha delusa.
Lentamente, Lydia si sente morire. Si accascia su Valefar e lo stringe al petto, cullandolo con dolcezza innamorata, struggente più di qualsiasi lacrima. Singhiozza forte, ma a rendere davvero ciò che prova è l’abbraccio soffocante che la lega al corpo martoriato di Valefar. Appoggia una guancia sui suoi capelli, luridi di sangue e gli cinge le spalle con un braccio mentre con l’altra mano gli accarezza il viso gentilmente, richiamandolo alla vita, pregando, supplicando che non le sia tolto anche questo.
-Puoi sentirmi… so che puoi sentirmi.- sussurra contro i suoi capelli. Chiude gli occhi e lascia che le lacrime lo bagnino, mescolando sangue e mascara, umano e demoniaco.
Ma chi è il vero demone, tra i due? Il ragazzo che ha sempre perdonato, o la ragazza che ha sempre ferito per il puro piacere di farlo?
-Svegliati. Me l’hai promesso. Svegliati… svegliati… devo ancora… dirti delle cose… devo… devo…-
Le lacrime soffocano nuovamente la voce di Lydia, sprofondandola nel dolore più cieco. Singhiozza forte contro il corpo di Valefar e sussulta quando una mano insanguinata si appoggia sulla sua guancia.
Lydia trasale, sorpresa dall’umido calore trasmesso da quel contatto e quando si volta, incontra due occhi tanto dorati che per un attimo, la ragazza pensa di star fissando il sole stesso. Nemmeno tutti i gioielli che possiede possono eguagliare la brillantezza di quell’oro, e Derek può capire il suo stordimento quando si perde nello sguardo di Stiles, un’occhiata tanto semplice e saggia da calmare ogni suo dolore, come gelido ghiaccio su una ferita bruciante.
-Non tutto è perduto, Lydia.- mormora Stiles con tanta convinzione che per un attimo, lo stesso Derek ci crede. –Non perdere la speranza, non ora che ne abbiamo disperatamente bisogno. Spera per Valefar, credi in me e forse… forse potrò salvarlo.-
Lydia lo fissa, incredula. –Puoi… puoi farlo davvero?-
Stiles sorride di un sorriso esausto ma sicuro e la lascia andare, raddrizzandosi. Sbatte le palpebre, ancora profondamente stordito, senza tuttavia perdere la serenità dello sguardo, la stessa serenità che gli rischiara il viso martoriato e sporco di sangue.
-Sì, ma… avrò bisogno del… vostro aiuto.- esala. –Ricucitelo. Per quanto è possibile, cercate di richiudere le ferite esterne. A quelle irreparabili penso io, ma prima dovrei… forse… riposare…-
Derek capisce cosa sta per accadere ancor prima che Stiles crolli svenuto tra le sue braccia. Vede il suo corpo sbilanciarsi, le gambe cedere di schianto e automaticamente, il suo istinto protettivo scatta. Le braccia di Derek arrestano la caduta, accogliendo il corpo caldo e insanguinato di Stiles con la delicatezza di chi per la prima volta, serra le mani intorno a fragili ali di farfalla.
 
Scott si odia a morte. Di errori, ne ha compiuti anche troppi in passato, ma questo… quale è stata la sua utilità all’Inferno? Ha combattuto, ha aiutato Stiles a tornare se stesso e Valefar ad abbandonare l’ultimo girone? No. Lui non ha fatto niente perché il niente è tutto ciò che possiede, tutto ciò che è. Come un albatro dalle ali spezzate, Scott si sente totalmente nullo, re decaduto di antica e gloriosa potenza. Non ha più forze da spendere perché tutto ciò che aveva, tutto ciò che ha… lui l’ha lasciato all’Inferno. Ogni barlume di sogno è annegato nel patetico niente oscuro che adesso abbraccia la sua anima, riempiendola di incubi urlanti, mefitici, come ombre che mai più andranno via.
Ancora esausto e sporco, si passa una mano insanguinata sul viso. Può l’anzianità colpire tanto presto una creatura così giovane? Può il peso di troppe esperienze schiacciargli le spalle sotto condanne infinite, curvandogli la schiena e il capo?
Scott non lo sa, ma è troppo stanco per chiederselo ancora: al momento, la sua testa è invasa da orrori, immagini che non dimenticherà mai più. Ha visto esseri umani tramutarsi in informi pezzi di carne; ha visto il suo migliore amico perdere la sua umanità; ha visto Dumah morire e Valefar sacrificarsi per concedere loro di abbandonare l’Inferno. Immagini, ricordi, incubi. Tutti avvenimenti che Scott non è stato in grado di impedire. A cosa serve vivere serenamente se poi dall’altra parte ad attendere vi è tanto dolore?
Con un cigolio, la porta della sua stanza di apre e qualcuno entra. Scott sa già di chi si tratta, e questo perché Melissa è all’ospedale e tecnicamente lui dovrebbe essere solo in casa. Tecnicamente. Solitudine non è una parola che Isaac riesce a concedergli facilmente, e questo perché non accetta che Scott si chiuda in se stesso, così come è accaduto a lui per troppi anni. Si dice che la solitudine spezzi anche gli animi più forti, e Isaac sa che è vero. Lui, per esempio, si sente spezzato da quando è nato. È una cosa brutta, come perdere le gambe, la vista o l’uso della parola. Si tratta di qualcosa che ti cambia dentro, e Isaac non vuole che a Scott accada questo. Non vuole che Scott cambi.
Dolcemente, senza proferir parola, Isaac si inginocchia ai piedi di Scott e poggia sul letto una bacinella d’acqua. Il giovane Alpha non lo guarda, non reagisce. Il suo sguardo è fisso nel vuoto, laddove si annidano gli incubi più neri, laddove vi è un abisso dal quale è difficile riemergere. Eppure, nonostante tutto, Scott non è solo. Isaac è lì, pronto a tendergli la mano, pronto a ringraziare qualsiasi Dio caritatevole gli abbia concesso l’umana carità di poterlo rivedere, vivo e fisicamente integro. Ha pregato per lui, solo per lui, e miracolosamente, Dio o lo stesso Scott, l’ha ascoltato, e per Isaac non vi è vittoria più grande di quella.
Con calma, strizza il panno pulito che galleggia nella bacinella e inizia a passarlo sul viso di Scott, lungo il collo, sulla mascella e sugli zigomi. Ogni più piccolo tocco lava via un po’ di sangue, ogni piccolo gesto della devozione di Isaac lo trascina su, verso il cielo, oltre i confini dell’Inferno. Vi è luce, e Scott la sente scorrere sulle sue carni attraverso la scia bagnata che il tocco di Isaac si lascia alle spalle. È una bella sensazione, e sa di santa beatitudine. Scott non sa perché quei gesti così semplici gli riempiono l’animo di rugiada cristallina, né sente di poter comprendere il motivo che spinge Isaac a sciacquargli la pelle più e più volte, senza stancarsi mai. Scott avverte il battito del suo cuore, i suoi respiri leggeri che come tocco d’aria pulita gli sfiorano il viso. Quello è il bacio della vita, l’abbraccio del Paradiso. E improvvisamente, gli incubi si ritirano feriti perché non tutti gli angeli hanno le ali, e Isaac l’ha dimostrato.
-Bentornato a casa.- sussurra il ragazzo, azzardandosi in un moto di coraggio a baciargli la punta del naso, semplice e puerile come un bambino. Di riflesso, Scott chiude gli occhi e pensa che sì, forse vivere non è poi tanto male.
 
Stiles credeva d’aver dimenticato cosa significasse dormire. Il beato oblio durante il quale il cervello si spegne e ogni pensiero scivola via, a riposo in un angolo lontano della mente gli è ormai sconosciuto. Eppure, quando per la prima volta si risveglia con la consapevolezza di aver dormito un sogno senza sogni, sereno e tranquillo come quello di un bambino, quasi lo coglie un attacco di panico.
“Dormire” non è neanche una parola accettabile, per i demoni come lui. Molti dimenticano effettivamente il significato del termine perché dopo pochi decenni, essi smettono semplicemente di provare a chiudere gli occhi. Gli incubi fanno paura, terrorizzano anche il più temerario tra i demoni. È durante il dormiveglia infatti, che i ricordi più neri delle torture subite salgono a galla, e allora è quasi impossibile svegliarsi. Si resta lì, costretti a rivivere torture e dolori, lividi e ferite.
Stiles sente che è cambiato qualcosa. Non dorme serenamente da molto tempo, se si tralascia quell’unica volta in cui Derek l’ha stretto tra le braccia e cullato finché la stanchezza ha preso il sopravvento.
Lentamente, Stiles prende coscienza di se stesso, del suo corpo, dei suoi sensi. E riesce a sentire quel profumo tanto a lungo cercato, un mix selvaggio di foresta e libertà. Odore di lupo, odore d’uomo vivo e indomito. Stiles riconoscerebbe quell’odore tra mille semplicemente perché lo sente scorrere nelle vene come acqua benefica e purificatrice che lentamente respinge il demone che alberga in lui. Quello è il profumo del suo Paradiso ideale, l’odore dell’uomo che ama.
Derek.
Prima ancora di aprire gli occhi, Stiles avverte il calore di un braccio forte avvolto intorno alla vita e il dolce peso di un corpo premuto contro il suo, come tessera d’un puzzle che gioca ad incastrarsi con ogni arto di cui dispone. Le gambe giacciono intrecciate, i petti e gli addomi aderiscono perfettamente e il mento caldo di Derek poggia sul capo di Stiles, vegliandolo, proteggendolo, salvaguardando la quiete del suo sonno come angelo guardiano dinanzi alle porte del Paradiso stesso.
Quel calore, Stiles ha pensato di non trovarlo più. Ha temuto d’averlo perso per sempre, sostituito dal gelo soffocante dell’ultimo e più profondo girone dell’Inferno. Nessun licantropo avrebbe dovuto salvarlo, laggiù. Nessun sentimento sarebbe stato degno di sopravvivere, nessuna anima pura e vivente avrebbe osato avventurarsi lì sotto apposta per lui.
Eppure, è successo. Non si tratta di un miracolo, ma di qualcosa di più: Dio non si sarebbe scomodato per liberarlo, né avrebbe mai guidato Derek fin laggiù. In effetti, Stiles stenta a credere che il licantropo l’abbia fatto davvero. Forse è tutto uno splendido sogno, e Stiles se ne convincerebbe davvero, se solo all’Inferno i sogni esistessero.
Lentamente, Stiles apre gli occhi sulla giugulare esposta di Derek, talmente vicina che il naso del demone quasi la tocca. Ascolta il suo battito lento, il respiro basso e pacato, beandosi del calore di quel corpo che, al contrario di ogni cosa che lo sfiorava all’Inferno, non brucia né ferisce.
È l’alba. Stiles lo capisce dall’oro pallido che tinge le coltri che avvolgono i loro corpi intrecciati, un ammasso di coperte che, il giovane demone è certo, Derek normalmente non sopporta. Eppure, per tenerlo al caldo e farlo sentire protetto, ha avvolto entrambi e stringe al petto il suo tesoro più prezioso.
Al posto dell’aria velenosa dell’Inferno, Stiles respira il profumo di Derek e quello del suo loft.
Al posto del bruciore del ghiaccio sulla pelle, Stiles avverte la dolcezza di un abbraccio mai sperato.
Al posto dell’Inferno stesso, Stiles ritrova il Paradiso.
Trova la forza di respirare, di sentirsi vivo come mai prima d’allora. Ritrova tutto il suo mondo lì, in quel calore confortevole e inaspettato, morbido e bellissimo costruito da placidi respiri e braccia muscolose che mai più lo lasceranno andare.
-Guarda che lo so che sei sveglio.- esala Derek così all’improvviso che Stiles sussulta. Si sposta dolcemente, allontanandosi appena da lui per portare il viso alla sua altezza e guardarlo negli occhi.
E, per Stiles, la visione di quelle stesse iridi è un’esplosione di colori.
Non li ricordava così verdi, come distese di estate che morbida ricopre l’erba di una rugiada appena nata e di steli sottili, morbidi e lucenti più di qualsiasi gemma preziosa. Gli pare di guardare l’ottava meraviglia del mondo, l’alba di un pianeta lontano e sconosciuto che Stiles ha tutta l’intenzione di scoprire.
Ma c’è qualcosa di diverso, in quegli occhi; Stiles se ne accorge all’improvviso, quando nota delle pallide quanto ben mimetizzate pagliuzze dorate esattamente al centro dell’iride, come un fiore ancora acerbo ma che poco a poco tende a sbocciare. Quel colore brillante, che armonioso quasi si nasconde di timidezza dietro lo smeraldo naturale dell’iride, spaventa Stiles.
-Che c’è?- chiede Derek, senza tuttavia smettere di fissarlo come se non ne avesse mai abbastanza.
Stiles gli afferra il viso tra le mani, accarezzando gentile le guance ispide di barba. Sfiora le labbra coi pollici, vive del respiro che fuoriesce da esse quando Derek le schiude lentamente, rispondendo al suo tocco.
-I tuoi occhi.- sussurra Stiles. –Non… hanno un fiore dorato al centro. Somiglia… somiglia…-
-Al colore dei tuoi.-
Stiles deglutisce rumorosamente, spaventato. –Non dovrebbe essere così.-
Ma Derek gli appoggia una mano sul fianco, sollevandogli appena la maglietta e accarezzando gentile e senza malizia quella porzione di pelle cicatrizzata che compare.
-Va bene, ragazzino. Ricordati che sono entrato nella tua testa vuota, quindi…-
-Già, a proposito di quello…- lo interrompe Stiles, imbarazzato. –Grazie. Per… per tutto. Sei sceso all’Inferno e hai sopportato tanto dolore per raggiungermi, quindi…-
-Lo farei di nuovo.-
Stiles deglutisce, gli occhi sbarrati che mai come in quel momento assumono lo sguardo di un cucciolo spaesato alla mercé di una belva più grande e più feroce. Derek non ha bisogno di guardarlo ancora per capire cosa di lui l’ha fatto innamorare perché ormai, è certo che qualsiasi gesto Stiles compia, qualsiasi parola dica… lui l’adorerebbe in ogni caso semplicemente perché proviene da Stiles.
Continua a fissarlo, riempiendosi gli occhi del suo viso finché un ricordo non sovrappone quello sguardo innocente a uno ben più animale, posto su un volto deforme di bestia, con zanne affilate e corna massicce.
-Posso vedere?-
-È una proposta sconcia?-
-No, idiota. Parlo del tuo aspetto da demone. Posso vederlo?-
Stiles esita, lo sguardo improvvisamente guardingo. -Non… non credo sia una buona idea.-  
-Riesci a controllarti adesso?-
-Credo di sì, ma…-
-Hai paura di qualcosa?-
-Di nuovo sì.-
Derek lo fissa, il viso vicinissimo al suo. Lo giudica col suo sguardo indagatore, scava negli anfratti più antichi della sua anima devastata in cerca di una risposta. Poi, dolcemente, gli poggia una mano sulla guancia.
-Fallo, Stiles.-
Stiles scrolla il capo. –Non posso, Sourwolf. Chiedi troppo.-
Ma Derek si rifiuta di ascoltarlo. Gli accarezza la guancia, dolcemente si china e struscia il naso contro il collo di Stiles, inspirando il suo profumo, vivendo della vena che sente pulsare, viva e costante, sottopelle. Gli accarezza i fianchi, risveglia sussurrando quella carne morbida e ruvida di cicatrici. Poi, come se fosse la cosa più naturale del mondo, lo bacia.
È come se Stiles non fosse mai andato via, è come se si stessero baciando per la prima volta. Derek se ne accorge dal fremito che gli percuote la spina dorsale, dal calore innaturale e bellissimo che gli invade la bocca quando comincia a stuzzicare la lingua dell’altro.
Senza pensare, Stiles si lascia trascinare e stringe tra le mani il viso di Derek, spingendo coi fianchi per ribaltare le posizioni e portarsi su di lui. Pianta le ginocchia ai lati del suo corpo e continua a baciarlo, ancora e ancora, come un assetato alla fonte d’acqua.
Attraverso quei tocchi, ogni particella del suo corpo si risveglia, vive, respira. Il dolore dell’Inferno sparisce, sostituito da qualcosa di diverso, luminoso e bellissimo che scorre come rugiada attraverso le mani di Derek, lungo le sue labbra, su ogni brandello del suo corpo.
È la vita che torna in Stiles. Può sentirla scivolare in lui, richiamandolo all’era in cui ancora respirava come un vivo, l’era in cui era libero e felice di esserlo. Adesso, grazie a Derek e ai tocchi innamorati che gli riserva, Stiles capisce che è possibile tornare indietro, guardare a quella vita che tre anni fa sognava di edificare un pezzo alla volta, come un palazzo maestoso costruito col sangue e il sudore di mille fatiche. Con Derek accanto, tutto sarà possibile e finanche il sole delle ere più buie non potrà rifiutarsi di sorgere.
-Derek.-
Lentamente, come risvegliandosi da un bellissimo sogno, Derek apre gli occhi su due iridi d’oro brillante attraversate da pupille verticali. Occhi espressivi, lucenti come l’alba di un nuovo, glorioso giorno.
Occhi di demone.
Derek prende coscienza della situazione solo quando realizza che Stiles ha parlato con voce non sua, più profonda e roca, ma anche sdoppiata. Due diverse entità, una giovane e una antica come la nascita dell’universo, prestano voce a un unico essere armato di quattro splendide corna nere e ali da pipistrello che, raccolte dietro la schiena muscolosa, invadono l’intera camera da letto.
Derek fissa Stiles come se lo vedesse per la prima volta, abbagliato dall’aspetto demoniaco dell’altro: se a primo impatto aveva paura di lui e quasi lo riteneva inquietante, adesso si vede costretto a ricredersi.
Il male è sempre stato affascinante, lo sanno tutti. Attira gli incauti, li allieta di false promesse e aspetti meravigliosi che tuttavia alla fine si riveleranno infidi e altrettanto  mortali. Lucifero era un angelo, il più bello del Paradiso; è per questo forse che nessuno dei suoi sottoposti, in qualità di servi maligni, potrebbero ostentare un aspetto orribile.
Eppure, Stiles Stilinski pare tutto, fuorché un demone.
Più Derek lo guarda, più si convince che lui è diverso, come una rosa bianca sbocciata tra le sue sorelle cremisi. Nessuna bestia infernale è tanto bella, tanto maestosa nella pericolosità del suo aspetto animale, feroce, irraggiungibile. È come guardare al sole, talmente caldo da bruciare le cornee, ma ugualmente splendido e lontano, simile a un sogno inafferrabile.
Derek riesce a vedere il demone, e stavolta lo vede davvero, da vicino. E non può che trattenere il respiro dinanzi alle braccia nervose dell’altro, agli spuntoni acuminati e lucenti come punti luce, al volto bestiale che all’altezza della mandibola segue una linea frastagliata, simile a bocca di serpe. Vede ogni cicatrice, ogni ferita. E si innamora di ognuna di esse, catturato dalla storia che raccontano, dal modo in cui la pelle si tende quando Stiles si muove o respira, dalla bellezza sanguinaria che emanano. Derek riesce a immaginare il modo in cui Stiles ha sopportato quei dolori, il modo in cui cadeva in ginocchio e puntualmente si rialzava. E può vederla ancora, quella caparbietà, riflessa negli occhi dorati di serpe che lo scrutano, ombreggiati dalle corna gigantesche che gettano oscurità sulle orecchie a punta, sugli zigomi alti, sulla pelle luminosa di fiamma vivida e in movimento.
Derek segue con lo sguardo il percorso delle punte acuminate lungo gli zigomi, sulle sopracciglia, su fino ad annegare nei capelli scompigliati. Non trova un solo difetto in lui, nulla che non rigetti in lui un brivido di prostrazione lungo la spina dorsale del suo lupo interiore. Guarda le ali immense e luminose, la coda rossa e oro, le magre zampe di lupo e ancor più si convince di non aver mai visto nulla di più splendido.
Come in un sogno, il demone non dà segni di aggressività ma anzi, sorride appena, scoprendo oltre ai canini troppo estesi, anche il resto della dentatura da predatore. China appena il viso, accostandolo a quello di Derek tanto che il suo respiro rovente si mescola con quello tiepido e quasi flebile dell’altro.
Derek non può credere che esista qualcosa di tanto maestoso. Finanche l’odore di pulito e incenso che gli invade le narici appare esageratamente piacevole.
-Visto?- ringhia Stiles con voce sdoppiata. –Non sono un bello spettacolo.-
Ma Derek non la pensa così, per niente: non smette mai di fissarlo, pregando il cielo di potersi incidere nella mente quella creatura massiccia e bellissima, terribile ed accecante come una supernova in via d’esplosione. Ha dell’incredibile che Stiles si creda tanto orribile, perché Derek pensa allora, mentre lo guarda, di non aver mai conosciuto la bellezza vera.
Lentamente, passa una mano sullo zigomo squamato di Stiles: è caldo, caldissimo. Pare di toccare il fuoco vivo, senza però scottarsi. Derek tocca con mano le squame spaccate dalle cicatrici, scorre le dita tra i capelli folti, risalendo fino all’attacco delle corna nere e ondulate.
Stiles non smette un attimo di guardarlo, interdetto per l’atteggiamento temerario dell’altro che, contro ogni previsione, non dà cenni di terrore o inquietudine. Al contrario, Derek lo guarda con… cosa? Sembra… ammirazione? Dedizione? Amore? Stiles non vuole sperare in tanto, ma qualcosa negli occhi smeraldo di Derek gli sussurra che va tutto bene, che le cose non andranno come previsto.
A confermare i suoi sospetti, Derek gli afferra una mano ancora umana, che Stiles ha rifiutato di mutare in un ammasso di lame d’acciaio e vi strofina il naso dolcemente, senza malizia o aspettativa. Annusa il suo odore, quindi risale dolcemente col naso lungo il braccio, ben attento a non ferirsi sugli spuntoni che di tanto in tanto bucano la pelle.
Stiles rabbrividisce quando Derek solleva il busto e scorre il viso e le labbra lungo il collo, sulla clavicola, su fino ai tendini tesi a fior di pelle. Stiles non si muove, quasi non respira mentre Derek lo esplora e fa scorrere le mani sull’addome piatto e muscoloso, dovuto alla trasformazione, sui pettorali, poi dietro la schiena. Stiles sente i polpastrelli caldi dell’altro raggiungere l’attaccatura delle ali e sfiorarla con dolcezza innamorata, venerante, che quasi ha paura di toccare realmente ciò che a prima vista tanto appare irraggiungibile e bellissimo.
-Sei meraviglioso.-
Stiles trattiene bruscamente il respiro. Il cuore accelera i battiti, la coda si immobilizza a mezz’aria, lucente e silenziosa come l’ammasso gigantesco e ingombrante di ali ripiegate sulla schiena.
Le sue orecchie funzionano più che bene, ma Stiles comincia a pensare che qualcosa non vada nell’udito. Non può aver sentito quelle parole, non riconosce alcuna verità in esse. Nessun demone potrebbe mai apparire bello, perché in essi è racchiusa la forma più lugubre e bestiale dell’Inferno stesso.
Eppure, quando Derek leva il viso alla sua altezza e comincia a osservare incantato ogni particolare del nuovo aspetto di Stiles, il demone capisce che forse non tutto è menzogna. Riesce a toccare una realtà tangibile e sicura in quello sguardo, una venerazione che non ha nulla a che fare col sentimento che li lega.
Derek lo fissa con avidità e Stiles scopre il suo stesso riflesso demoniaco nelle iridi verdi dell’altro. Per un attimo, come attraverso uno specchio, Stiles vede con gli occhi di Derek, scruta una creatura terribile e bellissima che, nel suo aspetto bestiale, sa apparire anche magnifica come un leone dorato nel pieno delle forze.
È così che lo vede Derek? È così che Stiles appare ai suoi occhi, al suo animo?
Quando Stiles era molto piccolo, sua madre non faceva che ripetergli un vecchio detto: “Gli occhi sono lo specchio dell’anima”. Adesso, Stiles capisce perché. E non crede di poter amare quel burbero licantropo più di così.
Per la prima volta nella vita, Stiles non si sente un mostro. Per la prima volta nella vita, Stiles ha la forza di credersi quasi un angelo. E tutto, grazie a Derek.
-Piangi?- sussurra il licantropo quando un singhiozzo tremante sfugge dalle labbra tagliate di Stiles.
Il demone scrolla il capo e sorride, le zanne lucenti alla luce dell’alba che poco a poco completa la sua nascita, bagnando d’oro quella pelle e scarsa visibilità quegli occhi.
Stiles non ha bisogno di dare spiegazioni, perché Derek ha già capito. Eppure, qualcosa vuole dire.
-Sai perché ho le zampe da lupo?- dice, accennando ai magri arti dal pelo cangiante. Li piega per urtare le ginocchia contro le cosce di Derek e fargli sentire le ossa sporgenti, il pelo non troppo corto, né troppo lungo, i tendini che si flettono e si distendono a comando.
Derek corruccia le sopracciglia, in attesa di spiegazioni.
-Mentre Lucifero mi… trasformava, ho rischiato di impazzire. Un dolore del genere, io non l’ho mai provato, nemmeno durante le torture infernali. Sentivo le ossa spezzarsi, i tendini lacerarsi e i muscoli uscire dalla carne. Il mio aspetto mutava, ma a mio discapito, poiché il prezzo di tanta forza è alto, e richiede una sofferenza senza pari, che rende folli coloro che non sanno sopportare.-
Stiles si porta una mano di Derek alle labbra squamate e ne bacia il palmo, ben attento a non ferirlo con le zanne.
-Per mantenere lucidità, scelsi di ancorarmi a un pensiero, un ricordo vivo e prezioso, potente più dell’Inferno e di qualsiasi follia. Non credo che riusciresti a immaginarti quale, perché sinceramente la risposta sorprese anche me.-
Derek ci pensa, ma tra i mille momenti vissuti con Stiles, non ne ricorda molti di piacevoli.
-Il nostro primo incontro.- sorride il demone, gli occhi lontani e malinconici. –La prima volta che ti vidi, con l’inalatore di Scott in mano e l’aria da serial killer.-
Derek quasi sorride al ricordo, ma non commenta, ansioso di conoscere il resto del racconto.
-Fu questo a donarmi le zampe da lupo. Sentii quel ricordo entrare in me e impedirmi di andare alla deriva, ancorandomi alla realtà… alla terraferma. La stessa terra sulla quale appoggiano queste zampe. Le tue zampe.-
Derek non ha parole per esprimersi, e forse va bene così. Si limita quindi a posare le sue labbra tiepide su quelle bollenti di Stiles, trascinandolo in un bacio di lingue intrecciate e sapori mescolati. Il corpo del demone aderisce al suo senza ferirlo e la coda si insinua sotto la schiena del licantropo per avvolgerli entrambi all’altezza del bacino, legandoli in una stretta promessa, un vincolo che li terrà uniti fino alla fine dei tempi.
Derek sorride nel bacio, scorre le mani lungo la schiena ruvida di Stiles e bruscamente stringe la parte più bassa delle vele alari. Le sente morbide al contatto, come seta  che dolcemente si piega al suo volere, abbracciando di calore i suoi palmi.
Stiles esala un sospiro e spalanca gli occhi improvvisamente lucidi in un’espressione di pura sorpresa, ma Derek non se ne preoccupa. Continua a baciarlo, gli accarezza le ali, fa coincidere i loro corpi come se non avesse mai aspettato altro nella vita.
Il sapore di Stiles è un’esplosione di meraviglia che gli invade la bocca, riempiendola di mille gusti diversi. Non ha mai assaggiato nulla di più buono, di più… giusto. Perché loro, insieme, sono giusti. Sono giusti i sospiri di Stiles sulla sua pelle, sono giusti i tocchi azzardati di Derek che poco a poco osa sempre di più, ansioso di scoprire, di vedere, di capire la vera essenza di quella creatura alata che proprio a lui ha scelto di concedersi.
Ma tutto si ferma quando un pesante frullare d’ali rompe il silenzio.
Derek si separa bruscamente da Stiles e il demone sposta subito lo sguardo verso la finestra, dove un grosso corvo imperiale dagli occhi dorati gracchia sereno.
-Diablo!- esclama Stiles. Senza vergogna, picchietta una mano sul materasso e lascia che Diablo lo raggiunga in volo. Atterra proprio accanto al viso del demone, che adesso giace sdraiato tra le braccia di Derek, il quale dolcemente lo stringe, abbracciato a sua volta dall’ammasso di ali e continua a baciargli la guancia, la mandibola e la punta delle orecchie.
-Va tutto bene, tranquillo.- sussurra Stiles quando Diablo gli pizzica dolcemente la mano. –Stiamo bene… o almeno, quasi.-
Diablo gracchia ancora, più e più volte e improvvisamente Stiles si irrigidisce. La trasformazione rientra bruscamente, tanto che Derek quasi cade dal letto quando le ali si accartocciano dolorosamente nella carne e lo squarcio sulla schiena si richiude. Solo la coda affilata e le zampe lupine mantengono la loro forma e, adesso che Stiles non appare più palestrato per metà come un culturista malriuscito, Derek ha modo di notare quanto le zampe si accordino bene col fisico reale del ragazzo. Non sembrano più esageratamente magre, né troppo sottili, e al contrario, sbucano dal pantalone della tuta come arti troppo grossi, con zampe ampie munite di artigli d’acciaio.
-Che succede?- domanda Derek, ma Stiles lo ignora.
Balza giù dal letto con agilità disarmante ed esce dalla stanza di corsa, subito seguito da un Derek che, come lui, indossa solo i pantaloni e da Diablo.
-Stiles, dove…-
Ma la voce gli muore in gola quando raggiungono la stanza dove riposa Valefar. Il loft non è grande, ma possiede alcuni spazi che Derek non utilizza e decisamente non era una buona idea portare un demone moribondo all’ospedale.
Da parte sua, Derek ricorda di aver lasciato il resto del branco ad occuparsi di Valefar mentre lui ripuliva Stiles e gli infilava degli abiti decenti. Ricorda allora di non essersi alzato da quel letto per ventiquattro ore, troppo impegnato a vegliare sul sonno di Stiles, che più volte ha rischiato di cadere dal letto a causa delle violente convulsioni dovuti a una dolorosa guarigione. Cosa è successo intanto?
Derek non ha bisogno di chiederselo davvero, perché adesso ha capito. Da quando hanno lasciato l’Inferno e perso Dumah, Peter si è ritirato chissà dove, chiuso in un silenzio doloroso che nessuno si è azzardato a spezzare, il che ha portato i restanti quanto inesperti membri del branco a chiedere aiuto a qualcuno per ricucire Valefar senza correre rischi.
Tra tutti, Allison e Chris Argent sarebbero stati i più adeguati, ma anche loro sono abituati a ferite totalmente differenti da quelle riportate da Valefar. I cacciatori guariscono fori di proiettile, tagli, morsi, graffi. Ma quello? Solo un esperto o uno del campo avrebbe potuto richiudere tutte le ferite a dovere e senza creare ulteriori danni.
È per questo che hanno chiamato lei. Non è un medico, ma ha passato abbastanza tempo in ospedale e sa come lavorare su ferite del genere.
Una donna gentile dai grandi occhi scuri che per anni hanno visto Stiles crescere, mutare da bambino a ragazzino, da ragazzino a ragazzo. Il tutto, al fianco di suo figlio Scott.
-Stiles…-
Melissa McCall si preme una mano sulla bocca, i grandi occhi scuri spalancati e fissi sul viso mortalmente pallido di Stiles.
Ma non è tutto, e questo perché se una situazione è complicata non può che peggiorare.
Alle spalle di Melissa compare un’altra persona, un uomo dagli occhi chiari e la divisa da poliziotto. Un uomo che per tre anni ha pianto la scomparsa del figlio, un uomo che per tre anni è sopravvissuto alla vita e al dolore di una perdita troppo grande.
-Stiles…-
E alla voce dell’uomo, risponde quella vacillante di Stiles, la cui coda adesso fatica a nascondersi dietro la schiena e le cui zampe tremano indebolite, tanto che Derek è ormai convinto di vederlo svenire da un momento all’altro.
-Papà…-
 
Angolo dell’autrice:
Sì, ormai aggiorno ogni due giorni. E sudo freddo ogni volta che lo faccio perché temo di aver scritto diverse st…stupidaggini. Ma grazie a voi e ai vostri incitamenti, continuo a osare. Oso grazie a Fangirl_Mutante_SHIELD, che coi suoi commenti mi fa sempre piangere. Oso grazie a Elenuar Black, il cui entusiasmo mi cattura anche nei momenti di totale abbattimento. Oso grazie a Slaveofadream, alla quale sì, prometto che continuerò a scrivere perché dopo il suo commento ho pianto per un quarto d’ora. Oso grazie a Barbara78, la cui costanza nel leggere e recensire non fa che lasciarmi a bocca aperta. Oso grazie a Virginsiny74 e alle sue strepitose, inaspettatissime parole. Oso grazie a _Sara92_ il cui trasporto mi fa sempre sorridere come una scema.
Oso grazie a voi. A tutti voi. E anche alla mia piccola Newt da strapazzo, le cui minacce-lacrime-imprecazioni-urletti mi fanno sempre commuovere, e non lo dico tanto per dire. Grazie di cuore.

 
Anticipazioni:
“-Ora sto meglio.- sussurra Stiles, rasserenato. –È che ancora devo riprendermi dall’ultima visita all’Inferno. Valefar non è l’unico a pezzi, lupastro.-
Derek gli bacia una tempia. –Lo so.- risponde, poi volge lo sguardo tutto intorno. –Credevo che ci fosse una statua per ogni elemento.-
-Infatti c’è, ma la Madre Lava è sotto i nostri piedi, totalmente avvolta dal fuoco. Meglio non disturbarla, ok?-
Derek annuisce, ma al contrario del licantropo, Lydia non si sente per niente a suo agio.
-Che posto è questo?- interviene. –Dove diavolo siamo?-
Stiles si raddrizza e fa un inchino teatrale che tuttavia appare quasi irrisorio nella sua lenta ed eccessiva eleganza.
-Benvenuta, Lydia Martin, al tempio di Lava. Precisamente, siamo nella bocca del vulcano più grande del mondo: il Mauna Loa!-”



 Tomi Dark Angel
  
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