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Autore: Hiraedd    23/07/2015    0 recensioni
Ogni anno, la notte del Venerdì Santo, Genova si risveglia: come un’orchestra inizia a suonare la propria melodia, fatta di ricordi, di anime che si svegliano, memorie che tornano a galla, storie che vengono sussurrate. A dirigere l’orchestra due maestri d’eccezione.
Storia scritta per il contest "Frammenti di mondi" indetto sul forum di EFP da Lutea Eos e Elsker
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa storia è stata scritta per il contest "Frammenti di mondi" indetto sul forum di EFP da Lutea Eos e Elsker. Il tema del contest, il cui link è http://freeforumzone.leonardo.it/d/11046032/Frammenti-di-mondi/discussione.aspx , era partendo da una città (a scelta) scrivere una storia attraverso cui vivere la città scelta. Io ho scelto il pacchetto Blu Oltremare, con la città di Genova. Il Genere indicato nel pacchetto era il fantasy -che, devo ammetterlo, mi ha messo un po' in crisi-. All'interno del pacchetto era inoltre indicato un terzo elemento, ossia "i due protagonisti si incontrano davanti a una fontana". Ho scelto volontariamente di non usufruire del terzo elemento del pacchetto, o per lo meno non completamente (se leggerete la storia capirete di cosa sto parlando). Qui sotto, prima dell'inizio della storia, pubblico lo specchietto e le note che ho inviato ai giudici. Pubblicherò con la frequenza di un capitolo al giorno, dal momento che la storia è già conclusa. 

P.S. In realtà la storia è completa di un immagine per capitolo, compresi Prologo ed Epilogo (in tutto 8 capitoli) ma non riesco ad inserirle. Appena ho un po' di tempo vedo di ragionarci un po', perchè io e la tecnologia di rado andiamo d'accordo alla prima e questa non è una di quelle pochissime volte, ovviamente. Inoltre, ho scritto la storia di getto praticamente durante gli ultimi tre giorni prima della scadenza del contest, e non ho avuto modo di rileggerla prima di consegnarla. Ovviamente, quando oggi l'ho riletta, ho notato tantissimi errori, che correggerò però soltanto dopo la consegna dei risultati poichè mi sembra più rispettoso nei confronti dei giudici e degli altri partecipanti al contest. 



Nickname sul forum: HybrisHir
Nickname su EFP: Hiraedd
Titolo: Tra Storia e Leggenda
Genere: Fantasy, Storico
Pairing: nessuno
Note: nessuna
Avvertimenti: nessuno
Numero capitoli: 8 (6 più Prologo ed Epilogo)
Pacchetto (se scelto): Blu Oltremare
Breve introduzione: 
Ogni anno, la notte del Venerdì Santo, Genova si risveglia: come un’orchestra inizia a suonare la propria melodia, fatta di ricordi, di anime che si svegliano, memorie che tornano a galla, storie che vengono sussurrate. A dirigere l’orchestra due maestri d’eccezione.
 
 
Note dell’autrice:
Per prima cosa, questa storia è una mia personale dichiarazione d’amore a Genova, la mia città, visto che ho iniziato veramente ad amarla solo quando me ne sono andata e di questo non mi pentirò mai abbastanza: per anni ho girato nei vicoli e nelle piazze cieca alle bellezze e ai tesori che Genova ha al suo interno, a volte talmente in vista da risultare invisibili.
In secondo luogo, questa storia è stata una sfida dalla prima all’ultima parola, e ringrazio le organizzatrici del contest per averla proposta in modo così interessante. Non scrivevo da mesi, presa tra impegni vari e blocco dello scrittore e tutte quelle cose lì. Quindi, grazie per avermi concesso di partecipare a un contest tanto bello e avermi permesso di tornare a scrivere di nuovo.
Infine, devo ammettere che non è uscita esattamente come l’avevo immaginata, e tuttavia il risultato finale non riesce a dispiacermi. Tra l’altro, non ho avuto la possibilità di rileggerla perché ho finito di scriverla appena in tempo per inviarla, sempre a causa del blocco che mi ha dato parecchio filo da torcere.
Insomma, vedremo.
Buona lettura,
Hir




PROLOGO
 
 
 
 

 
 
 
 
Sestiere del Molo,
Piazza San Lorenzo, 
sera del Venerdì Santo ai nostri giorni
 
La donna siede sul terzo gradino di marmo davanti alla Cattedrale. Le sue caviglie sono incrociate, la schiena dritta, la testa sprofondata tra le braccia le quali sono appoggiate alle ginocchia. Ha una strana eleganza, per così dire: mentre chiunque in quella posa parrebbe accartocciato su se stesso come un pezzo di carta lei sembra invece appoggiarsi appena al marmo dello scalino, quasi leggera.
 
Attorno a lei, nella piazza, la folla pomeridiana inizia lentamente a scemare portata via dal pigro calare del sole. È una giornata mite, di inizio primavera, e il cielo terso del tramonto preannuncia una limpida stellata nella notte.
 
Passano gli anni eppure Genova non cambia mai  pensa la donna senza nemmeno alzare lo sguardo.
 
Ed è vero, maledettamente vero. Da quanto tempo, proprio in quella sera ogni anno, loro si incontrano e si sfidano a quel gioco che un po’ sa di malinconia? Secoli.
 
<< Genova non cambia mai >> mormora un uomo, vicino a lei.
 
La donna alza lo sguardo, socchiudendo le palpebre, e lo pianta dritto sul volto di colui che le ha rivolto la parola.
 
<< Sembri più vecchio, papà >>.
 
Le labbra dell’uomo, sottili e parzialmente ricoperte da spessi baffi, si arricciano in un sorriso. Ha gli occhi scuri come quelli della figlia ma circondati da molte più rughe e indossa un cappello a cilindro che attrae lo sguardo di diversi curiosi passanti. Veste un lungo soprabito nero tutto rattoppato e per muoversi meglio utilizza un lungo bastone da passeggio.
 
<< Lo sono, figliola. Ultimamente invecchio a vista d’occhio >>.
 
Lo sguardo di entrambi torna alla piazza, al suo viavai di gente che chiude serrande e si affretta verso casa.
 
C’è un odore pesante, nell’aria, come sempre a Genova: fritto, focaccia, piscio, minestrone, rumenta, salsedine, pesto e caffè. Un gruppo chiassoso di ragazzini –non avranno più di sedici anni- si infila in Vico Gesù urlando bestemmie e cantando cori da stadio, una vecchina dall’aria stanca e senza quasi più denti si siede su uno scalino della cattedrale ad aspettare, un uomo in doppiopetto imbocca Vico del Filo con il tipico passo di chi non vuole perdere tempo, guardando l’orologio impazientemente. Alla destra della cattedrale, all’inizio di Via di Scurreria, una giovane coppia orientale si sta godendo il panorama, gli alti palazzi dei vicoli stagliati scuri contro il cielo al tramonto.
 
Il padre della ragazza indica l’uomo d’affari che sta velocemente svoltando oltre i palazzi nei grovigli di vicoli.
 
<< Guarda. Questi disgraziati vivono la loro vita di corsa, e non sanno neanche alzare la testa per apprezzare un bello spettacolo. Io non so, dove andremo a finire… >>.
 
La donna trattiene una risata tra le labbra e guarda il padre divertita.
 
<< Papà, stai proprio invecchiando. Ormai quanto saranno, mille? Duemila? >>.
 
Sfilandosi il cappello a cilindro l’uomo lo porta verso l’alto, come in un buffo inchino dall’aria antica alla facciata della cattedrale.
 
<< Chi li conta più, ormai? >> mormora, e lo sguardo che rivolge alla chiesa sa della dolcezza con cui si pensa a un buon ricordo << Genova è proprio quella vecchia moglie di cui senti la mancanza quando capisci che la tua amante in cucina è un disastro >>.
 
Questa volta la risata della figlia è argentina e divertita, e per nulla soffocata. Lei si alza, dà una lieve scrollata alla gonna del tailleur grigio che le arriva appena sotto al ginocchio, e sale quei tre gradini che la portano proprio davanti alla porticina della chiesa, quella più vicina al leone di destra.
 
Le colonne modellate in marmo bianco e ardesia si infittiscono tra archi a sesto acuto e piccole foglie d’acanto, in quello stile che è proprio della Genova antica.
 
<< Te lo ricordi? >> domanda rivolta al padre con aria solenne.
 
L’uomo, ancora con il cappello a cilindro e il bastone da passeggio in mano, la segue avvicinandosi alla facciata. Nell’intricata confusione delle decorazioni gli occhi di entrambi, un poco più lucidi di prima, si aggrappano alla piccola figura di un cagnolino dormiente. È poco più grande di un palmo, più che scolpito appare abbozzato nel marmo bianco, a stento riconoscibile tra le modanature di due colonne e le morbide foglie d’acanto poste sotto di esse.
 
L’indice destro della donna, lungo, pallido e dall’unghia curata, ne accarezza la candida testolina. Negli anfratti del corpo raggomitolato su se stesso, laddove le mani dei turisti non arrivano a porgere carezze, la statuetta è nera di sporco e di smog. Ma sulla piccola, candida testa, non una particella di polvere arriva mai a posarsi. È una storia, la sua, che fa sorridere anche i cuori più duri.
 
<< Ogni volta iniziare da qui mi commuove >> sussurra la donna abbassando la mano lungo il fianco e appoggiandosi al fianco del padre in una sorta di abbraccio appena accennato.
 
<< Lo so, figlia mia. E il fatto che ti commuova non riesce a non commuovere me >>.
 
Il sorriso dell’uomo è ora quello di un padre orgoglioso.
 
<< Ci rivediamo all’alba? >> domanda alla fine.
 
<< Facciamo a chi arriva primo >>.
 
 
 
***
 
 
 
La cattedrale di San Lorenzo fu costruita a più riprese dal 1100 al 1400, in quel particolare stile a fasce bianche e nere che è il gotico genovese. La storia ci dice che l’architetto responsabile della costruzione delle torri campanarie morì prima di poter completare l’ultima, un po’ come Gaudì, solo un po’ più modesto. 
Sulla facciata, all’altezza degli occhi, tra la porticina e il leone di destra la piccola immagine di un cagnolino dormiente si nasconde fra le intricate decorazioni, quasi a non voler turbare la vista con il suo sonno eterno ma seminascosto. Il manto marmoreo del cane, accarezzato dalle mani di migliaia di turisti e di genovesi un po’ malinconici e un po’ commossi, è ormai consumato e lucido. La leggenda ci dice che ad una bimba, in un incidente proprio negli anni di costruzione della facciata della cattedrale, morì l’amato cane. Il padre, per l’appunto uno dei costruttori, per onorare la memoria del cane che sua figlia aveva tanto amato, lo scolpì proprio sulla facciata principale di quella che sarebbe stata la più bella chiesa della città, un piccolo segno dell’amore che nutriva per la figlia. 
 
 
 
 
 NOTE FINALI:

Chiedo perdono, innanzitutto, a tutte quelle persone che aspettano che io aggiorni le mie altre storie, perchè so di essere imperdonabile. Purtroppo, non ho più il tempo di scrivere e in quel poco tempo che riesco a ritagliarmi non riesco a trovare la voglia. Per quello che mi riguarda quelle storie non sono incompiute e non lo rimarranno mai: anche se di poche frasi per volta, sto andando avanti, e non lascerò quelle storie a marcire. Ovviamente, però, non posso fare promesse sulle tempistiche perchè non mi sento in grado di rispettare delle scadenze. Scusate, ma non voglio viverla come una costrizione, voglio scrivere quando ne ho voglia e non perchè devo. So, però, che questo delude molti di voi, e il deludere voi delude anche me stessa; mi dispiace. 

Per quello che riguarda questo contest, voglio ringraziare ancora una volta i giudici, perchè hanno operato un piccolo miracolo su di me forse senza neanche saperlo e mi hanno dato una gioia immensa. Da mesi spulciavo sul forum nella sezione dei contest per trovarne uno che mi invogliasse a scrivere di Genova, e loro me ne hanno dato l'opportunità. Sapevo che a causa di esami, impegni e blocchi vari difficilmente sarei riuscita a consegnare, ma ho tenuto duro e alla fine ce l'ho fatta. 

Ultima cosa, il genere Romantico è indicato, ma non è riferito all'innamoramento tra le persone. Mi è sembrato giusto, per lo spirito della storia, considerare romantico il legame che unisce i due protagonisti alla città, tutto qui. 

Grazie mille, a domani

 
   
 
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