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Autore: Letizia25    23/07/2015    1 recensioni
«Com’è la vita?»
«La vita è bellissima già per il semplice fatto di esistere, per il fatto di poter dire: “Sono parte di qualcosa di meraviglioso”. Perché la vita è bellissima, nonostante tutti i problemi che possano presentarsi durante il cammino. La vita è un continuo cadere e rialzarsi, a volte da soli, a volte grazie agli altri. La vita è colore, è quell’unico arcobaleno che, qualche volta, comprende anche il nero. La vita è scoprire, emozionarsi, piangere, ridere, soffrire. La vita è originalità, è unica. La vita è pazzia pura.»
*
«Ti prego Ashton, insegnami a vivere!»
«Ma non so come si fa.»
«Allora lo capiremo insieme.»
*
Il destino si divertirà a far incontrare due mondi apparentemente diversi, ma accomunati da tante, troppe cose. Due ragazzi si si ritroveranno a lottare insieme contro qualcosa che all’apparenza sembra impossibile da affrontare. Ma poi l'amore si mette in mette in mezzo.
E sarà proprio l’amore ad aiutarli a superare qualsiasi cosa, insieme.
*
Una storia che parla di quanto sia importante vivere al massimo ogni singolo giorno che ci è dato da vivere, perché la vita è una sola e non va sprecata, mai.
*
Trailer: http://youtu.be/1rNyxp_yUAI
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Sto scrivendo una storia a 4 mani con Nameless_Sam, una mia amica :).
Si chiama Can you keep me safe tonight? e la trovate sul suo profilo.
Se avete voglia di andare a leggere e farci sapere cosa ne pensate, ci fareste felicissime, sul serio!
Vi lascio il link del trailer (https://www.youtube.com/watch?v=6SIgzZVoKfs) e della storia (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3192273&i=1). 
Buona lettura!


16.
Scossa
 
 

Aveva il pennello tra le mani, la punta colorata di blu e la testa piena di così tanti pensieri che proprio non sapeva come fare per dar loro una forma o un minimo di senso. Non con Grace e sua zia Joy al piano di sotto a parlare da più di un’ora dopo l’ultima volta che si erano viste, ormai tanti, troppi anni prima, così tanti che tuttavia non avevano scalfito in alcun modo il rapporto unico e prezioso tra le due donne.
Kay sospirò e chiuse gli occhi, cercando in ogni modo di calmarsi. Aveva bisogno di dipingere, di distrarsi dalla miriade di pensieri che aveva in testa e che non la lasciavano in pace neppure per un secondo. Aveva bisogno di mettere ordine tutti quei sentimenti che le stavano affollando il cuore e che glielo appesantivano come un macigno. Sentimenti che, in un modo o nell’altro, aiutavano il suo cubo di vetro a rigenerarsi, anche se solo di poco.
Perché, nonostante Ashton, lei ed il suo problema più grande non avevano ancora finito di scontrarsi. Perché lei, quel suo cubo di vetro non lo aveva ancora abbattuto, non ci era riuscita, non da sola. Solo lui riusciva a fare a pezzi almeno un po’ quella prigione attorno al suo cuore. 
Ashton… Lui riusciva a renderla felice senza neppure rendersene minimamente conto. E lei gli voleva bene, molto più di quanto riuscisse ad ammettere o di quanto riuscisse a capire.
Però non c’era solo Ashton nella sua vita. C’erano Grace, Calum, sua zia Joy, i suoi amici. Ed era tutto un po’ un enorme casino, per come lo vedeva lei. Un casino dai cui non aveva la benché minima idea di come togliere le gambe senza far male a se stessa o agli altri. Un casino che non riusciva a spiegarsi neppure lei.
Per questo era lì, in camera sua, a cercare di trovare un modo per liberarsene, almeno per un po’. Ed era mentre chiudeva gli occhi, liberando la mente; mentre il suo cuore tornava a battere ad un ritmo più regolare, tranquillo; mentre le sue mani iniziavano ad agire da sole sulla tela; mentre già cominciava a sentirsi più libera; che qualcuno entrò nella sua stanza, facendola deconcentrare.
«Ehi, cugina.» la voce alle sue spalle la fece voltare del tutto, presa dalla sorpresa. Perché che Calum entrasse nella sua stanza era una cosa che non succedeva quasi mai. Lui aveva il proprio mondo, lei il suo. Nonostante tenessero l’uno all’altra più della loro vita e si capissero molto di più di quanto volessero ammettere, erano sempre stati un po’ distanti, soprattutto dopo che Kay aveva vissuto quella cosa. Quella cosa che aveva cambiato tutto, irrimediabilmente.
O almeno, così sembrava, prima che Ashton arrivasse e non sconvolgesse ogni cosa.
Ashton, Ashton Irwin. Sempre lui, in ogni cosa. E Kay non sapeva più che cosa pensare. Perché ogni cosa bella della sua vita era associata a lui, sempre e comunque, in ogni caso, come se loro due fossero destinati a illuminarsi, a sollevarsi quando cadevano, a volersi bene, a rendersi felici a vicenda. Erano uniti da un legame troppo forte, potente ed intenso per essere spezzato.
Erano passati cinque mesi da quando si erano conosciuti. E Kay ogni giorno ringraziava il cielo per averle dato quel dono così grande. Perché per lei – proprio come per Ashton – quel tempo passato insieme valeva più del più grande dei tesori. Era inestimabile, ed era solo e soltanto per loro.
«Ciao Cal. Che ci fai qui?» chiese la mora, diretta come suo solito, mentre si sistemava gli occhiali sul naso e sorrideva al ragazzo facendogli segno di accomodarsi sul tappeto accanto a lei. Tanto ormai a dipingere ci aveva rinunciato, probabilmente non era la giornata giusta.
«Non posso stare un po’ con mia cugina?» rispose il moro con tono ovvio, sorridendo. Perché era da tempo che non passava un po’ di tempo con la ragazza e le mancava. Le mancava sua cugina, più di ogni altra cosa.
«Dai che ci vediamo tutti i giorni, pure a scuola!»
«Sai cosa intendo.» asserì Calum, e Kay rimase in silenzio, per metabolizzare meglio quelle parole, perché le aveva capite fin da subito anche troppo bene. Perché lei e Calum, anche se erano cugini, erano sempre distanti in ogni cosa che facevano; si sentivano come due isole, due estranei che non riuscivano mai a raggiungere l’altra. Per lo mento, questo lo provava solo Calum, che cercava ogni giorno di capire la cugina almeno un po’, senza riuscirci, mentre per Kay lui era un libro aperto, sotto ogni punto di vista. E Calum non sapeva mai spiegarsi come facesse la mora a leggere chiunque così in profondità
«Già…» rispose lei piano abbassando la testa. Perché si sentiva in colpa, come ogni volta, e non sapeva proprio come fare e cosa fare per cambiare la situazione.
Calum sospirò e la attirò a sé, stringendola dolcemente in uno di quegli abbracci che ad entrambi era mancato da far paura, quasi come se servisse quello a volte per far sì che tutto tornasse ad andare per il verso giusto, anche se per poco. «Lei è giù.»
Ed eccolo lì, uno dei tanti argomenti che – Kay lo sapeva anche troppo bene – Calum voleva approfondire con lei quella sera, ma contro cui la mora non si sentiva ancora abbastanza pronta a combattere.
«Lo so.» rispose atona, stringendosi di più al corpo del cugino, quasi a voler cercare un po’ di protezione dalle sue paure più grandi, che tuttavia solo lei sarebbe state in grado di abbattere, se solo avesse voluto.
«Le parlerai?»
«Non oggi.»
«Ma–»
«Tranquillo, anche se è difficile, le cose stanno andando molto meglio, credimi.» 
Ed era vero. Lei e Grace passavano sempre più tempo insieme, quando entrambe se la sentivano. Non era ancora granché, ma le cose stavano andando avanti. E a Kay non importava minimamente di quanto tempo avrebbero impiegato per mettere tutte le cose al loro posto. L’importante era tornare le due persone che erano prima, o almeno, provare a farlo con tutte le loro forze, anche solo per tornare unite come un tempo. Non era molto quello che stava succedendo tra lei e la donna. Ma la ragazza non se ne preoccupava minimamente. Era paziente e per lei ogni più piccolo passo in avanti era la conquista più grande che potesse fare.
«Posso fidarmi?»
Kay, semplicemente, sorrise con il cuore colmo di gioia e di affetto. Perché era proprio il fatto che Calum si preoccupasse sempre troppo per lei, che le dimostrasse sempre un affetto infinito a cui lei non sapeva mai come rispondere, che la faceva stare bene. «Ringrazia Ashton.»
A quella risposta, fu invece il ragazzo quello che sorrise. Perché il fatto che pure per quell’argomento ci fosse di mezzo il riccio – che ormai poteva tranquillamente considerare uno dei suoi migliori amici – gli dimostrava quanto pensasse da parecchio tempo. «Devo ad Ashton già tante cose, non preoccuparti.»
Kay fece per ribattere, perché certe volte proprio non riusciva a capire suo cugino con tutte le cose che faceva uscire fuori dalle labbra. Ma in quel momento, qualcuno bussò alla porta della stanza, facendo sobbalzare lievemente entrambi per la sorpresa. Kay si riscosse ed andò ad aprire.
«Zia, che c’è?» si ritrovò a chiedere preoccupata, non appena gli occhi scuri e intensi di Joy le si presentarono davanti, illuminati da una luce che la ragazza non aveva mai visto prima.
«Giù c’è qualcuno per te.» rispose semplicemente la donna, sorridendo dolce ed avviandosi nuovamente al piano di sotto. «Ed è anche molto carino.»
«Sarà sicuramente Ashton.» commentò Calum divertito, una volta che sua madre era ormai scesa, prima di sgattaiolare fuori dalla stanza, mentre Kay gli rifilava un’occhiataccia.
Perché per la mora, l'argomento "Ashton e Kay sarebbero perfetti per stare insieme" era offlimits, con chiunque, soprattutto in casa, dove non si era mai aperta del tutto con nessuno sui suoi sentimenti, in nessuna occasione. E per adesso avrebbe continuata a tenere tutto dentro, soprattutto se riguardava Ashton. 
«E non guardarmi così. Sappiamo tutti quanto voi siate importanti l’uno per l’altra.»
A quell’affermazione, Kay si ritrovò improvvisamente senza parole, mentre il cuore le batteva così forte e così veloce nel petto da lasciarla senza respiro. Perché erano tutti così fissati con quella storia? Perché Ashton e lei non potevano semplicemente essere amici?  
«Tu–?»
«Kay, non dire niente. Adesso devi solo capire.»
E neppure quella volta la mora riuscì ad aggiungere altro, perché suo cugino uscì dalla stanza senza dargliene modo, lasciandola con così tanti dubbi e pensieri da farle scoppiare la testa.
«Ma che cavolo succede oggi?» si chiese nuovamente la mora, stavolta a voce alta, pur di capire quel giorno molto diverso da tutti gli altri, mentre scendeva le scale con il cuore che le batteva davvero troppo forte nel petto. Perché sperava davvero che il ragazzo fosse Ashton. E sapeva che suo cugino aveva ragione da vendere sul fatto che il riccio per lei fosse la persona più importante di tutte. Ma Kay sapeva che, per ammetterlo a voce alta, avrebbe avuto bisogno di altro tempo. Ed era questo che maggiormente la spaventava. Il tempo, l'unica cosa che aveva sempre temuto e che forse non sarebbe mai riuscita a combattere, né da sola, né con qualcun altro accanto a lei. 
Scese le scale velocemente, e rimase completamente senza parole non appena notò una figura di spalle davanti a lei. Una figura di cui non avrebbe mai potuto confondere la capigliatura folta e riccia, di un color caramello chiaro, tenuta su con un pochino di gel.
Ashton erta davvero lì. E le aveva fatto una bellissima sorpresa.
 
Ed era stato proprio quello l'intento del riccio. Voleva farle una bella sorpresa, chiedendole di uscire per passare un po’ di tempo da soli. Non la vedeva da giorni e gli mancava. Kay gli mancava terribilmente e ancora non riusciva a spiegarsi il perché di quelle strane sensazioni che provava solo quando c’era la mora di mezzo.
E Ashton, quelle sensazioni, quelle emozioni, voleva capirle tutte, fino in fondo, voleva spiegarsi almeno uno di tutti quei Perché? che continuavano a ronzargli in testa, ininterrottamente. Molti dei quali collegati a lui, alla sua vita, ai suoi amici, alla sua famiglia, a Kay.
Kay, che continuava a riempirgli le giornate, ad illuminargliele, a renderle migliori, una dopo l’altra. Che poi, doveva proprio ringraziarla. Perché se non ci fosse stata lei, Ashton non avrebbe mai trovato il coraggio di ripartire con i suoi genitori. Senza di lei, Ashton non avrebbe mai avuto il coraggio di riprovare di nuovo a costruire un rapporto con loro. Un rapporto di cui sia lui che i suoi genitori avevano bisogno.
E aveva provato, lui, aveva provato con tutte le sue forze in quell’ultimo mese – un mese da quando era entrato nella band – ad aprirsi di più con sua madre e suo padre. All’inizio c’era voluta tutta, per uno come lui non abituato a mostrare i propri sentimenti. Era stato davvero difficile lasciarsi trattare come un figlio deve essere trattato sia nel bene che nel male. Eppure… Eppure qualcosa stava finalmente iniziando a cambiare, tra lui ed i suoi genitori. Già il semplice fatto che tra di loro le conversazioni stessero cominciando a durare più di cinque minuti – cinque minuti zeppi di parole e di risate al posto di silenzi e frasi stentate – per tutta la famiglia Irwin era una grande conquista, un enorme passo avanti.
E Ashton ringraziava Kay ogni giorno. Perché era per la forza di quella ragazza, per il coraggio che metteva in ogni cosa nuova che provava o che faceva senza mai tirarsi indietro, se pure lui aveva deciso di buttarsi, di provare, di cambiare le carte della sua vita.
E vedere che, con calma e fatica, ci stava riuscendo, per lui era il regalo migliore di tutti.
E alla fine, quel pomeriggio si era deciso
 
Da: Ashton
Ehi Cal, mi stavo chiedendo… Kay è a casa?
 
Da: Calum
Sì, è qui. Perché me lo chiedi?
 
Da: Ashton
Vorrei farle una sorpresa.
 
E mentre Ashton era intento a leggere i messaggi che si era scambiato con il moro solo qualche minuto prima, non si accorse minimamente di chi stava alle sue spalle fino a che due mani sottili e affusolate non si posarono sui suoi occhi, prendendolo di sorpresa e facendogli prendere un colpo. Mani che ormai sapeva riconoscere anche ad occhi chiusi, per tutte quelle volte che le aveva osservate con attenzione e che le aveva strette con gentilezza tra le sue, quasi a volerle proteggere. Le mani di Kay.
«Scemo, che cosa ci fai qui?» gli bisbigliò lei all’orecchio, facendolo sorridere senza farlo voltare.
«Sono venuto a prenderti. Oggi esci con me.»
«Ma io non ho deciso niente!» esclamò la ragazza divertita, liberando il riccio e facendo finalmente incontrare i loro occhi dopo tutti quei giorni di lontananza. E non appena lo sguardo dorato di Ashton incontrò quello scuro di Kay, fu come se nella frazione di un secondo ogni pezzo fosse tornato al suo giusto posto, per restarci in modo definitivo, come se i loro occhi che si studiavano, si cercavano, si scoprivano fino nel loro angolo più profondo, avessero il potere di fra tornare tutto com’era giusto che fosse. Peccato che quello valesse solo per alcune e piccole cose.
«E chi ha detto che dovevi decidere?» le chiese lui, prendendo parte a quello strano gioco che la mora aveva iniziato, come suo solito. Perché si stavano divertendo nel loro modo, un po’ infantile certo. Ma a nessuno dei due importava, non quando potevano vedere gli occhi dell’altro splendere.
«Ma falla finita.» commentò Kay a bassa voce, cercando di non dare a vedere quanto si sentisse felice in quel momento. Perché erano giorni che non vedeva Ashton, e dire che le era mancato come l’ossigeno non potrebbe mai rendere abbastanza l’idea.
«Zia, io esco, ci vediamo stasera!» aggiunse poi la mora a voce alta per farsi sentire dalle due donne in cucina mentre indossava scarpe, cappotto e metteva quel poco che le sarebbe servito in tasca.
Ashton le sorrise dolce e le prese la mano, riempiendo come ogni volta gli spazio tra le loro dita senza lasciare vuoti, facendo inconsapevolmente nascere nel petto della mora un calore a cui ormai Kay si stava abituando, giorno dopo giorno. Un calore dolce, timido, così accogliente da lasciarla senza parole. Un calore che combatteva sempre contro quel cubo di vetro, e ogni volta riusciva ad indebolirlo.
E Kay non riusciva mai a spiegarsi il perché.
«Arrivederci signora Hood, è stato un piacere conoscerla!» salutò intanto il ragazzo, strappando la mora dai suoi pensieri.
«Ciao Ashton, torna presto! Mi ha fatto piacere conoscerti.» rispose Joy al saluto, avvicinandosi ai ragazzi e sorridendo, soprattutto alla nipote. A quell’occhiata, la ragazza arrossì lievemente e uscì velocemente, trascinandosi dietro un Ashton un po’ disorientato.
 
«Ti hanno fatto qualche domanda strana?» chiese ad un tratto la ragazza, facendo ridere l’altro di tutto cuore.
«No, perché avrebbero dovuto?»
Kay sospirò e si passò una mano tra i lunghi capelli scuri, come a voler alleggerire quella tensione che sentiva dentro e che non riusciva a farla state tranquilla. 
«Non è roba da tutti i giorni vedersi piombare in casa uno sconosciuto, dato che tu e mia zia prima di stasera non vi conoscevate per niente.»
A quella constatazione, Ashton sorrise. Perché era vero. Lui non conosceva la signora Hood. Non l'aveva mai vista quando andava a casa di Calum per le prove con la band. E conoscerla così, in quella circostanza, lo aveva sorpreso parecchio. 


«Salve signora Hood. Sono Ashton Irwin, un amico di Calum, tanto piacere.» l'aveva salutata educatamente, con la voce un po’ tremante per l’emozione e – soprattutto – per l’ansia di non fare una buona impressione.
«Joy, ed il piacere è tutto mio. Cosa posso fare per te?» aveva risposto la donna facendolo accomodare e curiosa di conoscere qualcosa di più su quel riccio che suo figlio e sua nipote nominavano spesso da qualche settimana a quella parte. 
«Stavo cercando Kaylin, per caso è in casa?»
Joy, a quella domanda, aveva sorriso. Perché non aveva bisogno di altre cose per capire tutto il resto. «Aspetta un attimo che te la vado a chiamare.»
E poco dopo la mora era arrivata. 


E adesso che erano lì, insieme, Ashton avrebbe voluto godersi quel pomeriggio di tranquillità. 
Eppure... Quella strana idea che aveva in testa da mesi non decideva a lasciarlo stare, neppure quel giorno. Perché da quando era diventato amico anche degli altri ragazzi, aveva scoperto che Kay e Calum erano cugini e che la ragazza viveva a casa Hood da tantissimo tempo ormai. Solo… I genitori di Kay che fine avevano fatto? Come avevano potuto lasciare sola una stella così preziosa come lei? Lei, che di cose ne aveva vissute davvero tante…
Era questo dubbio che non riusciva a capire, quella strana voglia di conoscere tutto di Kay, ogni minima cosa la riguardasse, partendo dalle cose più semplici, banali, fino ad arrivare a quelle più importanti e – forse – anche parecchio delicate.
Non avrebbe chiesto niente, però. Si sarebbe limitato ad aspettare i tempi della mora. Avrebbe aspettato fino a che non sarebbe stata lei a parlargliene. Perché Ashton voleva troppo bene a Kay e sapeva quando potesse fare male un qualcosa che riguardasse la propria famiglia. Lui, che con i suoi genitori inizia ad avere un buon rapporto solo adesso, solo dopo diciott’anni di vita.
«Allora, il gelato va bene?» chiese la mora, riportandolo alla realtà e facendolo annuire. Dopotutto, a cose simili, poteva pensare in un altro momento. Non si sarebbe rovinato quell’uscita per niente al mondo, non quando sentiva di dover riempire i giorni trascorsi senza Kay.
Entrarono nella gelateria che dava sull’angolo all’incrocio non molto lontano da casa Hood. E subito l’aria fresca dei condizionatori li investì in pieno, facendoli rabbrividire un po’ mentre si avvicinavano al bancone per ordinare. Intanto le loro mani erano ancora unite, mentre i loro cuori battevano forte nel petto. E a nessuna dei due dava fastidio, tutt’altro.
«Che cosa prendete, ragazzi?» chiese il commesso. Kay a quella voce alzò lo sguardo, incuriosita. E non appena si ritrovò davanti due occhi verdi come lo smeraldo, un sorriso come quelli dei modelli nelle riviste, un viso simile a quelli delle statue greche incorniciato da ricci neri come la pece, le si mozzò il respiro in gola per la sorpresa. Perché, a causa delle sue amiche, stava iniziando a notare in quegli ultimi tempi sul serio i bei ragazzi in circolazione. Solo che ogni volta che qualcuno di questi era nelle vicinanze, Kay non sapeva che cosa fare.
«Se mi permetti, ti consiglio vaniglia e cocco, sono i nostri gusti migliori.» le propose il commesso, con un tono di voce che ad Ashton non piacque per niente.
«Mh.» rispose Kay, che invece non si era accorta assolutamente di niente e che non stava dando filo a quel ragazzo che – lei l'aveva notati bene – ci stava provando con lei. 
«Facciamo così, te lo offro io, e vediamo se almeno così riesci a deciderti.» continuò il ragazzo.
«Non credo sia necessario, grazie.» riprese lei, scocciata, mentre cercava un po’ di sicurezza nella mano stretta attorno alla sua. Perché automaticamente con ogni ragazzo che vedeva si ritrovava a pensare: lui non è Ashton e nessuno di loro potrà mai essere come lui.
E lo pensava pure in quel momento, con la mano ancora stretta tra le dita lunghe del riccio e con il cuore che continuava a pompare veloce, facendola tremare mentre accarezzava distrattamente il dorso della mano del ragazzo con il pollice, facendolo rabbrividire.
Perché nessuno dei gesti di Kay passava più inosservato ad Ashton. Lui che, per la mora, aveva l’attenzione alle stelle, pur di non perdersi neppure un attimo di lei. Ed il fatto che quel bell’imbusto al bancone la stesse osservando con occhi troppo languidi, non aiutava di certo il suo autocontrollo. Perché Ashton sentiva uno strano fastidio all’altezza del cuore se pensava che per caso quel ragazzo avrebbe potuto provarci – o anche solo pensare di farlo – con Kay. E nessuno dei due seppe mai spiegarsi –  almeno per qualche tempo – quello che successe nella frazione di un secondo.
Perché Ashton si avvicinò a Kay e la strinse a sé dolcemente, passando un braccio sulle sue spalle e facendola sentire a casa, protetta, così vicina al suo cuore come a non volerla lasciare andare. Lei invece si irrigidì per un istante. Perché Ashton non aveva mai fatto una cosa simile prima d’ora, soprattutto non quando erano fuori insieme.
Ashton, invece, si sentiva ancora più disorientato di prima. Perché il pensiero di poter perdere Kay, di poterla vedere tra le braccia di qualcuno che non fosse lui, l’aveva fatto impazzire, gli aveva dato davvero fastidio al cuore. Un fastidio che gli era sembrato più come una scossa, prepotente e violenta. Una scossa che lo aveva aiutato a buttarsi per compiere quel gesto. Perché lui a Kay non avrebbe rinunciato, per nessun’altra cosa al mondo. Perché con lei aveva tutto, e non avrebbe mai potuto chiedere niente di meglio.
 
«Joy, chi era quel ragazzo?» chiese Grace, non appena la signora Hood tornò in cucina.
«Ashton Irwin.» rispose una volta seduta, facendo inconsapevolmente battere più forte il cuore dell'altra. 
«Allora è... Davvero lui...»
«Kay ti ha parlato di lui?» domandò Joy, che già aveva capito molte più cose di quante ne desse a vedere. E Calum in questo aveva preso da lei. 
«Ogni volta che viene a trovarmi.»
Joy sorrise di nuovo. Era bello poter vedere che finalmente la sua più cara amica stava tornando a riprendere in mano la sua vita, esattamente come sua nipote. E la signora Hood non poteva esserne più felice, contagiato anche dall'entusiasmo di suo marito David che – nonostante fosse sempre lontano per lavoro – era sempre presente, in ogni cosa.
Le due rimanere in silenzio per un po'. Joy perché era silenziosa di natura. Grace invece perché ancora non sapeva bene come gestire tutto quello che le stava succedendo. Era passata dal non avere più niente in cui credere a sperare in un qualcosa che lei stessa non capiva, ma che riusciva a farla stare davvero meglio. 
«È diventata ancora più bella.» si ritrovò poi a commentare, intaccando il silenzio. 
Joy sorrise e prese una mano della mora tra le proprie. «Proprio come te.»
«E come lui...» sospirò l’altra con voce rotta, triste, per poi portarsi la mano libera sulle labbra, come a voler trattenere un qualcosa che forse avrebbe avuto un assoluto bisogno di uscire da quel corpo gracile, stanco dopo tutte le prove a cui era stato sottoposto.
E alla fine pianse, Grace. Pianse per tutti quegli anni fatti di sbagli, di dolore, di perdita, di abbandono, di solitudine. Anni in cui aveva pensato più volte di farla finita, di mandare all’aria tutto. Perché non ce la faceva più, perché era stanca, troppo stanca e sapeva di non essere abbastanza forte. Poi però pensava a Kaylin, e tutto tornava a posto, quasi come per magia.
«Joy… Vorrei poter dire di essere in grado di poter ricominciare, di poter far funzionare le cose di nuovo da zero… Ma non è così… Non sono pronta… Non ancora...»
L’altra, semplicemente annuì. E come un macigno, quel ricordo che in poche persone custodivano gelosamente, si riversò sul suo cuore, come se Joy stesse rivivendo per l’ennesima volta quell’episodio.
 
Era una sera d’inverno quando suonarono alla porta di casa Hood. Fu proprio Joy ad aprire, e non appena vide quello che le si presentava davanti agli occhi, non ebbe bisogno di tante spiegazioni.
«Joy, io non ce la faccio più. Non sono in grado di fare la madre.» aveva detto la donna davanti a lei, la voce rotta, gli occhi pieni di lacrime e di dolore.
A quelle parole, la signora Hood sospirò profondamente per raccogliere tutto il suo coraggio e fece accomodare in salotto la piccola di quasi quattro anni che la donna teneva ancora per mano, tremante, perché nonostante tutto non riusciva a separarsi dalla sua bambina. Eppure sapeva di star facendo la scelta giusta, per proteggere sua figlia, per darle una vita ed un futuro migliore, che con lei non avrebbe mai avuto.
«Ci penserò io a lei, non preoccuparti.» disse Joy, abbracciando l’altra, capendo ogni gesto, ogni lacrima, ogni parola non detta e ogni tremito che scuoteva quel corpo e quel cuore troppo stanchi per farcela da soli.
«Grazie, Joy. Grazie di cuore.»
 
Un singhiozzo da parte di Grace fece ritornare la signora Hood alla realtà.
«Joy, io… Io ti devo moltissimo. Non so come fare per ringraziarti per tutto quello che hai fatto. Io–»
«Grace, non continuare con questa storia. Sai che lo avrei fatto in ogni caso.»
«Grazie, Joy. Grazie di cuore.»






Letizia
Ciao a tutti tesori miei! Che capitolo abbiamo pure qui!!!! Da mettersi le mani tra i capelli, insomma.
Kay che pensa al nostro riccio, mentre Cal e Joy hanno intuito molto più di quanto la nostra mora e Ash possano immaginare (deheheh ;))
Ash che vuole fare una sorpresa a Kay. Ma quanto è dolce?!?!?!?! Awww, piccolo lui!
La scena tra Ash e Joy anche se non sembra è importante, come quella tra Annie e Kay, quindi tranquilli.
Soprattutto di questo capitolo è molto importante quello che succede alla fine tra Grace e Joy. Tenetelo bene a mente, mi raccomando.
E poi, altra cosa importante: ASHTON E' GELOSO DI KAY ANCHE SE NON SE NE RENDE CONTO. 
E' da qui che viene il titolo del capitolo, perchè la gelosia se non si è mai provata è come una scossa che ci mette in allarme.
Quindi, Ash è allarmato che il commesso possa in qualche modo che il commesso possa portargli via Kay.
ksjbfakjfbfjnlknlkandfkjnk, balliamo la conga!!!!! *^* OK, mi tranquillizzo, o almeno ci provo ;).
Via, ultima cosa, poi scappo :D.
Stanotte ho pubblicato un'altra OS su Cal, ahahah :D; On my way (sequel di Only human). Se volete passare siete ben accetti! Spero davvero che vi piaccia :3.
Adesso vado davvero, ci sentiamo presto e grazie di tutto! Un bacione, Letizia <3

 
   
 
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