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Autore: sabdoesntcare    24/07/2015    1 recensioni
"Caro John". Sherlock inizia il suo post con queste due parole. E le ripete, quasi bloccandosi su di esse, perché forse racchiudono tutto quello che ha provato da quando ha conosciuto quel piccolo, fragile, fortissimo medico militare. Cerca di andare avanti, di tirare fuori ciò che quelle parole significano, ma è come cercare di togliere una spina dal cuore: è per il tuo bene, ma ti senti morire ogni volta che ci provi.
La storia inizia da qualche giorno dopo il matrimonio di John e Mary, tuttavia lei non è incinta.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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In men che non si dica mi ritrovo nell’ufficio di mio fratello, certo è stata una riunione di famiglia un po’ brusca, ma il motivo mi stuzzica: minacce al pomposissimo “governo inglese”, o più nello specifico, a Mycroft.

“Mycroft, hai idea di chi possa mandarti questi messaggi?”
“Sherlock, so che non sei molto sveglio ma mi sembra OVVIO che non ti avrei chiamato se sapessi già chi è. Sei un investigatore, fai il tuo lavoro.”
“Inopportuno e più acido del dovuto, dovresti misurarti se vuoi una collaborazione. Comunque, se non ne hai proprio la minima idea, dovrò ispezionare il tuo pc e controllare se c’è qualche traccia informatica del mittente. Ti sta bene?”
 sorrido sarcastico.
“Non ho nulla da nascondere. E’ solo lavoro Sherlock, evita di fare il bambino e occupati di scoprire quest’individuo.” così dicendo mi fa consegnare il portatile da uno dei suoi uomini.

Passano alcune ore, sto ancora cercando, quando mi si apre una finestra di chat dal nulla.
“So che sei vivo. Presentati al Garden Square a 2 km dalla tua attuale postazione tra un’ora. Ti sto guardando.”
Per un attimo mi sento paralizzato. Chi è che si interessa del mio essere vivo? Intendiamoci, ho una lista di persone che mi vogliono sotto terra, ma non in grado di dare noia a Mycroft e passarla liscia come niente.
Per di più, sapeva che sarei stato qui. Chi è così bravo?
La cosa che mi turba non è il messaggio in sé, ma il fatto che io non riesca a ricollegarlo a nessuno.
Nessuno di vivo, almeno.

“Mycroft, ho cose più importanti da fare adesso. Verrò appena possibile, sembra che io abbia un nuovo caso.”
“Ah davvero? Ossia?”
“E’ il mio lavoro, tu pensa a fare il tuo.”

chiudo la chat, per poi andarmene.


Avrei potuto dirglielo, ma no.
Ci sono una serie di motivi per cui non è una buona idea:
Uno: questa persona se è brava come credo lo verrebbe a sapere e non si presenterebbe, e io voglio vederla, assolutamente.
Due: finirebbe per sparargli prima ancora che io abbia conosciuto il suo nome.
Tre: non mi faccio aiutare da mio fratello.

Prendo il taxi, per poi aspettare lo scadere dell’ora camminando avanti e indietro nel luogo prestabilito.
Continuo a guardare l’orologio.
“Undici e quaranta.. undici e cinquanta.. mezzogiorno in punto” dico a voce bassa, ma appena termino la frase un dolore lancinante mi colpisce alla schiena, così forte da non farmi respirare.
So cos’è successo ma non riesco a ragionare.
Sto morendo? o morirò? devo salvarmi. Non so chi chiamerà l’ambulanza e se sarà chiamata, ma per ridurre al minimo i danni devo cadere in avanti.
“Cadi in avanti... ora.”
Un tonfo e sono a terra. Il dolore mi sta facendo impazzire e cerco di fare di tutto per non alimentare lo shock, ma ho davvero paura.
Se muoio, non saprò chi mi ha ucciso.
Non saprò chi mi ha ucciso.
Sherlock, non morire.

Comincio a sognare, vedo tutte le persone che mi conoscono urlarmi di non morire e il più disperato è proprio John. La sua voce sembra così reale, il suo pianto così forte, forse perché l’ho già visto fare così sulla mia tomba.
Vorrei abbracciarlo ma so che tutto questo non è reale, e rende le mie sofferenze ancora più insopportabili.
Si avvicina a me piangendo a dirotto, prendendomi la mano.
La sento reale, calda, ruvida a causa dei calli ma così rassicurante.
Sembra davvero quella di John.
A un certo punto i suoi singhiozzi si fermano, lo sento sospirare, come se stesse prendendo più aria possibile nei polmoni. Il suo petto si gonfia, ha un’espressione incerta, come se non se la sentisse di fare qualcosa... ma, coraggioso com’è, decide di farla e basta.
Avvicina il viso ancora rigato dalle lacrime al mio, e mi bacia.
So che sto sognando perché mi hanno sparato alla schiena e sono sotto shock, lo so.
Ma se posso morire così non m’interessa il nome del mio killer.
Le sue labbra sembrano calde e vere proprio come la mano, e questo bacio mi rende così felice che non sento nemmeno più il dolore.
Forse sono solo morto e giunto nel mio paradiso personale. Chissà.
Dopo alcuni secondi lo vedo allontanarsi, dividendo quel bacio a stampo di nuovo in due bocche solitarie e ammalate di morte e d’amore.
Ricomincio a sentire dolore. Devo essere vivo allora.
Cerco di svegliarmi in tutti i modi, e a un certo punto, con fatica, sento di essere tornato al mondo.
Apro lentamente gli occhi, le palpebre sembrano pesare tonnellate e il posto in cui mi trovo è troppo bianco e luminoso per me.
In questo lasso di tempo però non ho smesso di sentire la mano di John, e sarebbe un controsenso se veramente fossi sveglio adesso.

Apro per bene gli occhi, vedo che sono in un letto d’ospedale, con una mano calda e ruvida che tiene la mia e una testolina bionda accanto ad essa, intenta a singhiozzare piano.
Il bacio me lo sarò immaginato, ma almeno mi vuole bene davvero.
Ho difficoltà a respirare ma cerco di parlare nel modo più normale possibile, schiarendomi la voce.
“John”
“Sherlock.. non morire..”
“John.”
“Sherlock ti prego...”
“John Watson! Mi farai morire tu se continui a farmi sgolare”

Lui alza la testa di scatto e mi fissa con l’espressione più spaventata, confusa ed esilarante che io abbia mai visto. 
Trattengo a stento le risate, anche perché mi farebbe malissimo ridere ora.

Caro il mio John, non cambi mai.
   
 
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