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Autore: l_s    23/01/2009    5 recensioni
"Lei odiava questo mondo. Nè troppo, nè troppo poco. Lo odiava giustamente. Lo odiava amabilmente. E forse io ho sbagliato tutto, sempre, su tutta la linea, ogni giorno, da morire. E invece è lei che ora manca."
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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fuoco NOTA: Voglio ringraziare di cuore Ego me stesso ed io, miss dark e Gotick_92, senza i quali non riuscirei a sopravvivere, almeno non su questo sito, anche se vi garantisco che anche fuori mi date un notevole aiuto. Sono davvero onorata di avervi incontrati, anche se in circostanze e modi diversi, e dell'attenzione che mi dedicate. Grazie perchè, anche se in fondo siamo tutti soli, a volte, inciampando nelle vostre parole, posso immaginare che qualcosa ci unisca, forse la stessa solitudine, forse le menti malate. Spero di non deludervi, anche se sono certa che lo farò, e spero che troviate qualcuno che vi sostenga il capo mentre vomitate il vostro disgusto.

Lucretia



*****




Strana

Una musica ritmata di tamburi irrequieti inquina l'aria e lo squarcio nel mio petto, e non posso che pensare a lei, a lei, soltanto a lei. A come l'ho amata, a come l'ho persa, a come l'hanno bruciata i loro sguardi e disprezzata i loro sorrisi.

Lei odiava questo mondo. Nè troppo, nè troppo poco. Lo odiava giustamente. Lo odiava amabilmente.
E forse io ho sbagliato tutto, sempre, su tutta la linea, ogni giorno, da morire. E invece è lei che ora manca.
L'adoravo, quando il mondo la costringeva a ingoiare tutta la sua merda e lei gliela vomitava addosso, urlando, gemendo, smascherando in piazza il criminale, e invitando il popolo a riconoscerne la natura.
E loro, qual è stata la loro risposta?
Che lei era strana.
Sì, avete capito bene. Erano convinti che lei fosse strana.

Una lacrima timida rotola giù dalla mia guancia, e qualcuno si distacca dal fuoco e mi viene vicino. Non ricordo più chi sia. Non so se potermi fidare di lui. In fondo, non sono stati anche quelli come lui a decidere il tuo calvario? A condannarti? A non vedere, a non sentire, a non capire? Dannazione, Selene, aiutami tu, perchè non capisco più niente.
E dimmelo, spiegamelo di nuovo, non voglio capirlo, perché quel giorno -il giorno terribile, il giorno della morte, dell'addio, della fine- perché quel giorno spegnesti quella fottutissima candela?
Una mano mi carezza la guancia, asciugandomi la lacrima. Non sa che non voglio? Non sa che il mio unico conforto sono loro, le lacrime?
< Ehi! > è dispiaciuto, o almeno crede di esserlo, < cos'hai? >
Cosa dovrei dirgli? Che mia Sorella, la mia amatissima Sorella è morta? Dovrei aver già superato questo dolore. Che io sto morendo? No, io non sono coraggiosa come te, Selene, io non riesco a sputare in faccia al mondo, io, da codarda, posso solo nascondermi.

Mi ricordo di quelle giornate d'estate, quando tutti andavano al mare, spensierati, e tu li fermavi per strada e dicevi loro di preoccuparsi, li avvertivi dell'ormai prossimo arrivo degli Acchiappafantasmi, che con le loro aspirapolveri giganti avrebbero succhiato via i nostri cervelli.
E loro cosa dissero? Che eri strana, che alla venerabile età di quattordici anni non si poteva più andare in giro a raccontare storie per bambini.

Lo squarcio nel petto sanguina, ma questo tizio pare non accorgersene. Forse aspetta ancora una mia risposta. Ma io non dico niente e lui capisce (?) e mi abbraccia. Oh, beato corpo, beata umanità dolente, beato istinto! Non so se è reato rubare a questo inconsapevole e forse gentile essere il calore che mi offre tanto ingenuamente. Gli sporcherò la maglietta. Gli lorderò l'anima.

Quel giorno ci fissammo a lungo, e tu cercavi di frugarmi dentro, e io valutavo la tua somiglianza con Huey Freeman, sentendomi un po' Caesar, ed eri più piccola di me di due anni. Ti piegasti verso di me, e mi parlasti in un serio sussurro triste.
"Cosa farai quando gli Acchiappafantasmi vorranno anche il tuo, di cervello?"
E io, che me l'aspettavo, ti dissi la verità, come sempre.
"Li ringrazierò."

Lo squarcio si sta allargando, e caccia via sempre più linfa dalle profondità del mio corpo marcio. Spero che mi divori, stasera.
E che cazzo! Non si potevano prendere questo pesante cervello malato, come avevano promesso?
E perché, ancora a quest'età, credo alle loro promesse?
L'essere umano si stacca da me con un sorriso di pietoso incoraggiamento, ma si accorge subito dopo del sangue che macchia la sua bella maglietta di marca, mi manda al diavolo e va via.

Sai, Selene, non avevo mai capito se non avessi cuore o ne avessi troppo.
Non ho mai capito se, quell'estate di tanti anni fa, quando vennero gli Acchiappafantasmi e cercarono di prendermi il cuore, ci riuscirono o, al contrario, il mio cuore inglobò anche il tubo di aspirapolvere.
Per questo ho risolto il problema a modo mio. Me lo sono strappato dopo quel 27 Giugno.
Lo ricordi anche tu, quel giorno maledetto?
Mi conducesti per mano vicino alle due candele nere che ardevano ormai da anni sulla mensola sopra il tuo letto. Costituivano l'unica illuminazione della stanza, e la loro luce cupa splendeva sul tuo volto, mentre le osservavi attenta. Ti girasti verso di me, mi sorridesti serena, e, senza dire niente, spegnesti la tua.
 Per me, la tua esistenza è irrimediabilmente legata all'ombra: sei nata tra le ombre e nell'ombra scomparsa.
E me l'hanno detto, sai?
Ma nelle lunghe ore scure passate a discorrere d'amore e di morte con la mia solitudine, non me ne convinco.
Me l'hanno detto che mia madre ha avuto solo una figlia, mi hanno detto che non sei mai esistita, che sei un parto della mia mente.
Ma io non ci credo. E forse è per questo che sono qui, tra le mura bianche di questo ospedale con uno squarcio nel petto.
Mi dicevano sempre che eri strana, e io aggrottavo le sopracciglia e non capivo.
Mi dicevano sempre che eri strana, perciò ti hanno uccisa.
Mi dicevano sempre che eri strana, che suonava un po' come sbagliata, e solo ora, molti anni dopo, lo capisco.
E non posso dissentire.




   
 
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