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Autore: VeronicaFranco    25/07/2015    21 recensioni
Tra il Cavaliere Nero e lo Strappo, uno dei periodi peggiori della vita di André Grandier. Una notte forsennata e tormentata, tra vino e incubi.
Dedicato in modo speciale a tutte le disegnatrici del fandom di Lady Oscar!
FANART della magnifica LINAFM!
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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"You don't know what love is
until you find the meaning of the blues"

(You don't know what love is,
standard jazz)

"Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell'aurora."

(Genesi 32, 25)

 

 
 

Mi sento infinito, mi sento milioni di esseri vocianti.

Li ricaccio indietro, ma il confine della ragione li trattiene a stento.

 

Sono cresciuto in questi panni di silenzio.

Quand’ero bambino mi stavano larghi: credevo d’avere la capienza di un mondo.

Ora sono adulto e il mondo è piccolo; questi panni ormai mi soffocano.

Anonimo, da solo ho ascoltato la mia anima gridare.

Non ho confidenze da fare, se non alla luna. Ma oggi lei non c’è.

 

È notte, e i demoni tornano.

Non dormirò neanche oggi…

 

(Quando dormo poco tu te ne accorgi.

Ma c’è qualcosa di più forte, il desiderio di essere impeccabile ai tuoi occhi, che mi impedisce errori sul lavoro.

Se io sbagliassi qualcosa, ti danneggerei.

Così do appuntamento ai demoni tutte le notti, per lasciarti in pace i giorni.)

 

Sono mostruosi, amore. Non ti auguro nemmeno un minuto con uno di loro.

Li trattengo con catene durissime, cigolano come un esercito di larve.

 

Mi capisci?
Prego di no.

Dici di soffrire per un uomo; o meglio, non lo dici, ma la tua bocca non ride quasi più e il tuo profilo è spento nel giorno, a onta dell’aureola d’oro che ti fa splendere. Come se fossi una santa, o un dio coronato d’alloro.

Io vedo tutto, con due occhi o uno, io sento tutto.

Se la tua sofferenza somigliasse anche solo un poco alla mia, chiederei che mi venisse affidata. Dio ha accolto tante delle mie preghiere, finora. Gli offrirei anche questo voto.

Di più non chiederò; ho paura di venire punito all’improvviso, per il mio osare.

E ho paura del baratro in cui ti trascinerebbero i miei demoni.

 

Non chiederò la tua bocca, perché ho paura di morderla.

Non chiederò il tuo corpo, perché ho paura di soffocarti nel mio abbraccio.

Non chiederò il tuo segreto, perché ho paura di ferirti, nell’intimo tradirti, io bruta, cieca forza naturale!

 

I demoni mi hanno preso il cuore a morsi, amore. Se lo contendono per un banchetto lugubre, lo divorano e non riescono a consumarlo tutto. Rinasce ogni giorno, dopo che l’hanno scarnificato nelle pieghe del buio.

 

Se il supplizio finisse, preferirei la morte.

Ma so che non finirebbe così facilmente. Nemmeno Lei, la Signora Velata, mi solleverebbe dal tormento.

Tu vivresti indifesa, orfana di me che ti proteggo.

Il mondo è crudele, e tu hai rischiato molte volte di cadere.

Come potrei morire, egoista?

 

Non aver paura dei miei demoni, li tengo al guinzaglio.

Non meriti un graffio da loro, sei pura come l’acqua dei monti. La mia meravigliosa vergine guerriera, la mia amazzone.

Se l’amore che nutro per te ha il potere di diventare bestia, io gli spaccherò i denti e mi avrai così, ligio ed eunuco al tuo fianco, sempre, come sempre. Integerrimo, ché mai ti toccherei né ti ho toccato.

 

Tranne quella volta… e quell’altra… attimi, attimi di brivido, attimi in cui sentivo che sarei stato uomo, non mostro, se ti avessi amato. Perché potevo stringerti la mano e tirarti indietro davanti a un pericolo. Abbracciarti, per fuggire a un’esplosione o a un lampadario impazzito. Incontrarti nel morso di una mela. Toccarti sempre con lo sguardo, e sentirmi un uomo beato per il solo contemplarti.

 

Oggi non oso più nemmeno quei contatti. I demoni mi strapperebbero le mani dal corpo. Te le getterebbero addosso come fauci. Il solo pensiero è un inferno, e nel mezzo tu, tra le fiamme, prima delle fiamme, incandescente e immensa.

Potrei cavarmi anche l’altro occhio con queste mani sacrileghe, per non vedere tutto questo. Potrei annullarmi, ma di nuovo no, non posso. Se ti strappassi la mia ombra dai piedi, tu saresti in pericolo come un corpo nudo nel fuoco.

 

Il tuo corpo nudo...

Anche la fantasia ha occhi! Ti ho raffigurata tutta, ho mutato in carne il tuo profumo.

L’aria è come i pensieri: tradisce, non ha briglie, non ha guinzagli. L’aria del tuo odore mi ha avvelenato lentamente; lei, più degli occhi.

Ho FAME. Come una bestia digiuna, ho fame. Vorrei strapparti di dosso quei maledetti vestiti da soldato e stringerti e sentirti muovere nella mia stretta.

 

Mi illudo che il vino riempia questo vuoto.

Falso, non cancella nemmeno il dolore.

La sete non paga la fame rabbiosa.

Dannata anima che chiedi sazio al corpo, non ti basta una bottiglia di vino?

Corpo maledetto, non vuoi dunque cedere all’oblio? Bevi! Bevi, corpo, bevi! Bevi, scaldami il cuore perché adesso viene il peggio, adesso che è buio e la casa tace. Bevi, ingozzati! E se non sai dimenticare, impallidisci nell’oblio! Soffri, ma dimentica per chi soffri! Questo puoi farlo, corpo d’uomo? Puoi?

 

Cosa gridate, belve! Pensate che vi ascolti, che vi tema? Oh, no: col mio vino in mano, gli occhi alla finestra e alle stelle morte, io aspetto il mio avversario…

 

Perché i demoni, ogni notte, a una certa ora, si concretano in due singole creature.

I due combattono fino all’alba, pazzi di rabbia.

Uno è l’uomo che ti sta a fianco. Quello di cui ti fidi ciecamente, quello per cui hai giurato davanti a un re dissoluto di gettar via la tua vita, quello che, ferito a un occhio, hai vegliato con premura e tremiti di labbra, confusa e incerta, impotente e pronta alla vendetta.

L’altro non so descriverlo. Non so nemmeno se sia umano. È morto, o vorrei che lo fosse; la sua presenza sanguinosa arroventa le viscere ed è crudele. Per un tuo bacio brucerebbe una reggia, una Francia. Per un tuo bacio farebbe la Rivoluzione e camminerebbe addosso al cadavere dell’uomo cui deve tutto, tuo padre.

Costui ti vuole per sé. E ogni notte mi guarda con un ghigno sinistro, convinto che un giorno cederò alla sua violenza.

 

Combattiamo. Morde strappa ferisce e dilania. Io lo stesso.
Va al collo stringe soffoca uccide. Io lo stesso.

Turbina ammazza strozza e poi sviene. Io lo stesso…

 

Vinco tutte le notti, contro di lui. Ma fino a quando?

Le mie forze sono al limite.

L’energia del vino è un’illusione breve, e mendace la sua consolazione.

Quel che è peggio, ascoltando i presagi della Nuova Era inizio a credere che verrà il giorno in cui ti avrà, in cui lui, il mostro, ti avrà. E mi trovo a volte a pensare, Dio santissimo, che il mostro si calmerebbe tra le tue braccia. Che si riunirebbe a me, pago d’aver ottenuto ciò che desiderava, e ti renderebbe felice con me.

Ha fauci spietate perché è digiuno, dopotutto.

Si ammansirebbe come un agnellino, se ti avesse, se ti adorasse.

Si perderebbe nel tuo grembo e morirebbe tra i tuoi baci, lasciandomi infine campo libero per aver cura di te eternamente.

E questo è crudele, perché mi dà speranza. Una maledetta speranza, definitiva, che mi impedisce di morire!

 

Voglio sposarti.

Merda, l’ho detto a voce alta. La stanza è infida, ho sentito le pareti ripetere queste parole. Se qualcuno avesse sentito…

Voglio sposarti.

Se lo grido strozzandolo in gola non è meno potente.

Voglio essere tuo marito.

La tua bocca i tuoi occhi i tuoi capelli l’uniforme le tue gambe cosce la danza dei tuoi passi la tua figura sottile il cavallo al galoppo il tuo grido di sfida il cielo ti guarda ti ha dato ali per essere libera ma nel nostro letto ti abbraccerei piano un bacio un altro, sotto l’orecchio dov’è il tuo collo, i seni di fiori, il tuo grembo di grano, dolce il mistero, una rosa, una rosa bianca, quando entro in te io piango. No, amore dolce, non piangere anche tu, non piangere, piccola, non piangere, adorata, non piangere, non piangere, non piangere…

 

 

Alba.

 

La finestra rompe la notte.

Sudore, lenzuola a cappio. C’è odore di vino e di stanze chiuse.

 

Mi tocco addosso.

Sono ancora vivo.

 

– André! Che fine hai fatto? Oscar è già di sotto che fa colazione!

– Sì… sì, Nonna. Arrivo.

 

I passi della Nonna si allontanano da dietro la porta.

Mi schiaffo una mano sulla faccia. Se ho il viso stravolto, cerco la maschera migliore per coprirlo.

Il catino, l’acqua ferma. Uno specchio, per me.

 

Eccolo. André Grandier

è tornato.

 

Anche questa notte…

ho vinto.

 

Image and video hosting by TinyPic

[disegno di Lina Fm]

 _____________

Note.

Questa storia è dedicata a tutte le fan-artiste di Efp che con linee e colori ci regalano i loro André e le loro Oscar. Il disegno è più vicino al sogno di quanto lo sia la scrittura, credo: e voi ci fate sempre sognare tanto. Un bacio!


P.S.! La connessione blue-blues-demoni me l'ha suggerita un disegno di Sabre; un'osservazione di Alga, invece, mi ha regalato l'immagine di un morso di mela condiviso tra O&A. 

 

P.S.: Aggiungo un GRAZIE immenso alla fantastica fan-artista Lina Fm, che si è lasciata ispirare da questa one-shot per produrre un André tormentatissimo, con i Demoni tutti dentro l'unico occhio che gli è rimasto. In uno scorcio, c'è tutto e di più. Meraviglia!! *O*)

 

 

   
 
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