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Autore: Mnemosine__    25/07/2015    7 recensioni
Poseidone, l'unico che sembrasse avesse prestato fede al giuramento di non avevre figli, ne aveva aveva avuto uno da una mortale.
E aveva anche la faccia tosta di chiedere alla figlia maggiore di mantenere il segreto e di aiutarlo a nascondere il bambino?
"Cosa vuoi che faccia?" Chiese senza tanti convenevoli quando suo padre le aprì la porta.
"Vivere qui. Dovrai proteggerlo dagli occhi degli dei e dei mostri."
"Cioè vuoi che rinunci alla mia vita per fare da baby-sitter. Va bene, lo farò. Ma se Zeus lo scoprirà ti prenderai tutta la colpa.
"Grazie"
"Ringrazia di avermi fatto giurare." Ringhiò lei. "Allora? È un maschio o una femmina?"
Poseidone fece segno a Sally di avvicinarsi con il fagottino.
"Ti presento Perseus, tuo fratello." Elisabeth sbuffò imponendosi di odiare da subito il fagottino, lo avrebbe solo protetto come voleva suo padre e quando la pulce fosse stata abbastanza grande l'avrebbe lasciato e sarebbe tornata a fare i cavoli suoi.
Quando, però, gli occhi dei due si incontrarono tutti questi propositi andarono dritti dritti al Tartaro.
Quel bambino era speciale.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ade, Apollo, Nico/Will, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Blood Brothers'
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Nico Di Angelo stava facendo il suo turno di guardia ai confini del campo. Era seduto su un tronco cavo e fissava davanti a sé. Aveva, nel fodero appeso alla cintura, la sua spada di ferro dello Stige. I suoi capelli neri, sempre più lunghi del previsto, cercavano di nascondere le occhiaie che il piccolo Di Angelo aveva sotto gli occhi.

Indossava una maglietta con su scritto Campo Mezzosangue nera (fatta appositamente per lui), seminascosta dalla sua giacca da aviatore, un paio di pantaloni neri e attillati e il suo fidato anello con il teschio che non toglieva mai.

Il solito Nico Di Angelo insomma.

Dopo la guerra contro Gea il figlio di Ade si stabilì nella cabina 13 del Campo Mezzosangue, aiutando Chirone e i nuovi arrivati come poteva, anche se molti facevano ancora fatica a stargli intorno.

Il ragazzo stava giocherellando con il suo anello, quando sentì un fruscio. Subito si alzò in piedi con la spada sguainata e si guardò intorno, in cerca di un qualche pericolo.


Avvertì dei fruscii e il rumore secco di rami spezzati, foglie calpestate e rami spostati. Sicuramente una persona, magari un semidio che si stava recando al campo per passarci l'estate.

Allungò il collo, per vedere chi si stava avvicinando e inciampò su una radice. Cadde a terra e, accidentalmente, nel tentativo di appigliarsi a qualcosa per non cadere sulle semidivine chiappe, travolse anche la persona che cercava di spiare.

Quando Nico aprì gli occhi si trovò a pochi centimetri da un paio di pozze verdi; all'inizio credette di essere caduto su Percy Jackson, il solo pensiero di trovarsi sopra la sua ex-cotta lo fece diventare rosso come un peperone, ma allungando lo sguardo notò che quelle iridi marine appartenevano ad una ragazza. E, fino a prova contraria, Percy era un maschio.

Il figlio di Ade si rese conto di quello che era successo solo quando la ragazza si schiarì la voce e disse: "Mi staresti schiacciando, potresti alzarti?" In due secondi Nico visualizzò nella sua testa una parola: contatto.

Nico si riscosse e annuì, mettendosi in piedi e aiutando la sconosciuta a fare altrettanto.

 "Mi dispiace sono inciampato." Disse Nico.

"Non fa niente." Rispose lei sorridendo.


"Figlio di Ade." Disse una terza voce. Nico si girò di scatto e si ritrovò davanti un sedicenne con il fisico slanciato, i capelli biondi e un bel paio di occhiali da sole che gli coprivano gli occhi.


Il più piccolo si inchinò all'istante davanti al dio. "Divino Apollo, è un piacere rivederla."


"Anche per me, Di angelo. Sembra ieri che ti portai qui." Nico lo guardò un secondo negli occhi, grato che non avesse accennato a Bianca.


"Che cosa ci fa qui, se posso chiedere?"


Apollo si strinse nelle spalle ed ammiccò alla ragazza "Devo portare la mia cuginetta al Campo e assicurarmi che non ci siano risse di alcun tipo al suo arrivo."


In quel momento il piccolo Di Angelo poté studiare la sventurata che aveva travolto per colpa di una stupida, stupidissima radice. Demetra ce l'aveva proprio con lui.

Aveva dei lunghi capelli ramati raccolti in una morbida treccia laterale, indossava una canottiera verde che metteva in risalto i suoi occhi e le curve, dei jeans blu e un paio di All Star nere. Sull'anulare della mano destra portava un anello e aveva su una spalla una borsa dall'aria pesante. E, cosa più importante, i dieci centimetri finali dei capelli erano blu.

Doveva avere si e no sedici o diciassette anni. I tredici li aveva passati da un pezzo. 

 "Ho qualcosa in testa?" chiese lei. 

Nico rispose qualcosa di indefinito, tipo: "Uh?"

Lei sorrise di nuovo. "Mi stavi fissando, così ti ho chiesto se avevo qualcosa in testa." 

Lui annuì e le se avvicinò con una mano al viso e, prima di darle il tempo di scansarsi, le tolse una foglia dai capelli. Se la rigirò tra le dita scheletriche, mostrandola alla ragazza che arrossì leggermente.

"Grazie." Poi aggiunse porgendogli la mano: "Mi chiamo Elisabeth, comunque." 

Lui gliela strinse, non molto convinto dal nuovo contatto, e aggiunse: "Io sono Nico."

Nico non sorrise, ma la bocca gli si incurvò in qualcosa di simile.


Un grugnito del dio lo fece sobbalzare. Il nume in questione gli fece l'occhiolino. "Andiamo?" chiese alla ragazza. Lei annuì e fece un passo avanti annuendo. Nico decise di seguirli, potendo così chiedere a Trevis di dargli il cambio.
Non parlarono durante il tragitto, ma arrivati davanti all'entrata del campo, Elisabeth si fermò di scatto. "Non ce la faccio".


Apollo le si avvicinò e le mise una mano sul braccio "Certo che ce la fai, hai aspettato quasi dieci anni per vederlo."


Lei abbassò la testa e la scosse più vote. Anche Nico le si avvicinò, volendo scoprire che cosa stesse succedendo.


"E se non si ricordasse di me? E se fosse arrabbiato?" La ragazza alzò gli occhi, in cerca di un appiglio in quelli del dio.


Lui le prese la testa tra le mani "Non può essersi dimenticato di te, dolcezza. Appena ti vedrà sono sicuro che ti riconoscerà."


"E allora perché non mi ha mai cercato in questi anni?"


"Perché vostro padre mi ha costretto a chiudere i suoi ricordi nel luogo più profondo della sua testa, e di farli uscire solo al momento giusto. Appena ti vedrà lascerò quei ricordi liberi di invadergli la mente."


Disse il dio guardandola negli occhi. Lei abbassò lo sguardo e annuì. "D'accordo. Andiamo."


Apollo sorrise e riprese a camminare a passo spedito verso il campo. "Non vedo l'ora di vedere che faccia faranno tutti!"


Nico guardò interrogativo la ragazza al suo fianco e lei arrossì, distogliendo lo sguardo e seguì il nume del sole.



Quando arrivarono all'arena Nico poté constatare che molti dei semidei che passavano l'estate al campo erano già arrivati, perché sugli spalti c'erano già una quarantina di ragazzi che ammiravano gli allenamenti dei veterani.
I tre si fermarono all'entrata dell'edificio, per non disturbare.



Chirone, un centauro dal manto bianco, era al centro dell'arena e osservava le due ragazze che stavano combattendo in quel momento.

Una era grossa quanto un giocatore di football, aveva i capelli castani tenuti fermi da una bandana e combatteva come un'ossessa; l'altra aveva dei ricci biondi raccolti in una coda disordinata, brandiva una spada fatta con un materiale strano, sembrava quasi un osso.

Erano Clarisse La Rue e Annabeth Chase. 

Elisabeth sfiorò con un braccio quello di Nico e chiese indicando la ragazza massiccia: "Figlia di Ares?"

Lui annuì, non riuscendo a staccare gli occhi dal combattimento. Le due ragazze continuavano a ferirsi a vicenda, ma nessuna delle due dava cenni di cedimento. La differenza tra gli stili di combattimento delle due però, era palese: Clarisse attaccava senza sosta e senza pensare, Annabeth calcolava ogni colpo prima di contrattaccare. La sapienza vince sempre, o quasi sempre.

"L'altra chi è?" Chiese Elisabeth. Nico rispose senza guardarla. "Figlia di Atena."

"Ah."

Da lì in poi fu un susseguirsi di parate e stoccate, tagli e squarci, finché il centauro non constatò che le ragazze avevano perso troppo sangue per continuare e fermò l'incontro.

Le due duellanti si guardarono in cagnesco prima di scoppiare a ridere e complimentarsi a vicenda per l'ottimo combattimento. 

"Fantastico Clare! La prossima volta vincerò io." Disse la figlia di Atena.

"Continua a sperare Principessa." Ribatté l'altra.


Apollo, che era rimasto dietro ai due ragazzi per tutto il tempo si sporse verso Nico, facendo in modo che Elisabeth non lo sentisse, e gli chiese: "Percy Jackson è già tornato?"


Nico fece segno di no con la testa, cercando di capire il perché di quella domanda.


Apollo, evidentemente insoddisfatto dalla risposta, si posò gli occhiali da sole sugli occhi e mise una mano sulla spalla della ragazza: "Tu vedi di non scappare o te lo rinfaccerò per sempre." Lei non rispose, ma fece segno di aver capito. Il piccolo Di Angelo poteva percepire perfettamente il suo nervosismo.


Continuava a torturarsi le mani e i capelli e respirava a fatica.


Apollo entrò definitivamente nell'arena con passo deciso.


All'improvviso tutto il vociare dei semidei si fermò e nell'arena si instaurò un silenzio tombale.


Chirone, Annabeth e Clarisse, insieme agli altri veterani si inchinarono all'istante. I novellini, invece, che non avevano mai visto il dio del sole, ci misero un po' di più; ma, alla fine una quarantina di semidei e un centauro si erano inchinati al cospetto del dio.


Apollo fece segno a Chirone e a tutti i suoi figli di alzarsi, facendo rimanere gli altri in ginocchio. Sorrise calorosamente a Will Solace, che stava medicando un taglio superficiale sul braccio di Annabeth, e si rivolse ai mezzosangue.


"Come butta?" in un secondo, si poté sentire il tonfo provocato dalle mascelle dei novellini, cadute al suolo per la sorpresa di quell'approccio divino.


"Vi ho portato una nuova compagna" disse girandosi verso Elisabeth. Le fece segno di avvicinarsi, intimandole silenziosamente di non scappare. Lei si fece coraggio e, insieme al figlio di Ade, raggiunse il dio, che le mise prontamente un braccio sulle spalle per non farla fuggire via.


Chirone fece una faccia sorpresa, poi però venne sostituita da un sorriso paterno. "Ben tornata figliola."


Apollo piegò la testa da un lato e sorrise "Oh, potete alzarvi. Comunque, lei è la mia cuginetta Elisabeth. Trattatemela bene o vi faccio secchi." Disse ammiccando a nessuno in particolare.


 


 


Un lungo latrato distolse l'attenzione dei ragazzi dal dio, portandola all'entrata dell'arena.


Lì, sostavano un segugio infernale (con collare e medaglietta giganti) e un ragazzo dai capelli corvini. Indossava un paio di scarpe da ginnastica, Jeans blu e la maglietta del Campo. Le sue labbra erano piegate all'insù e i suoi occhi verdi, colore dell'oceano, risplendevano alla luce del sole.


Apollo sussurrò: "Ci siamo".


Il corvino sorrise al centauro e a tutti i suoi amici. La bionda, Annabeth, gli sorrise con affetto, e sarebbe corsa da lui se solo il sorriso del ragazzo non fosse mutato tanto velocemente. L'espressione felice si spense quando posò il suo sguardo sulla ragazza dagli occhi verdi, verdi come i suoi.


Lei fece un passo avanti, spronata dal dio.


Lui si appoggiò contro una delle enormi zampe del cane. Incredulo.


Nico pensò che i due dovevano per forza conoscersi, infondo anche Apollo gli aveva chiesto di lui, ma non aveva idea del come.


"Pierce." Sussurrò Elisabeth, aveva gli occhi lucidi, stava per piangere di gioia.


Il ragazzo sussurrò quasi impercettibilmente: "Liz..."


Lei represse un singhiozzo e annuì.


I due si guardarono di nuovo negli occhi e poi cominciarono a correre, uno verso l'altro.


Lei gli si buttò letteralmente tra le braccia e lui la fece girare sollevandola da terra. Con i piedi di nuovo sul terreno, Elisabeth strinse a sé il ragazzo e inspirò il suo profumo, lo stesso odore che proveniva dalla sua pelle.


Si allontanarono solamente per guardarsi negli occhi, quegli occhi identici in tutto e per tutto, per poi stritolarsi di nuovo in un lungo abbraccio.


Apollo guardava la scena con un sorriso soddisfatto, Chirone guardava i due ragazzi estasiato, Nico aveva la bocca spalancata in un'enorme "O" e Annabeth...


Già, Annabeth. Un lampo di gelosia le esplose negli occhi.
   
 
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