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Autore: Aoboshi    26/07/2015    4 recensioni
Cassandra è ormai prigioniera nella reggia del deserto. Il suo tentativo di fuga viene però interrotto dall'affascinante richiamo della biblioteca della magione, la ragazza si ritrova a vagare tra gli antichi volumi del suo misterioso ospite, il quale la sorprende in quel luogo. Dopo il breve scambio di battute, Cassandra capisce che il breve equilibrio, conquistato dopo anni di tormenti, è stato incrinato e sarà proprio Kuja a condurla verso quel destino a cui lei è sfuggita per troppo tempo. Gli spiriti nella sua mente si sono risvegliati e la reclamano, il loro canto popola imbattuto i suoi incubi e, dopo anni, Cassandra non sa se sarà ancora capace di resistergli.
Genere: Fantasy, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kuja, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Frammenti perduti di Gaya'
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Le fiamme arrivarono sino al cielo nero e terso, facendo brillare ancora di più il gigantesco occhio. Myra si voltò verso il suo villaggio, i profili della case erano svaniti sotto le lingue di fuoco, le urla erano diventate un tutt’uno di strida assieme al crepitare delle case.
-Shimazu!?- negli occhi della donna c’era solo l’orrore della sua gente straziata –Cosa significa!?-
 Il terano si voltò, i gravi occhi scuri si rivolsero al Sari
-Te lo avevo detto Myra, prima o poi sarebbe arrivato!-
Myra sbiancò, anni di bugie, di sacrifici, aveva persino finto di odiare sua figlia per difendere sia lei che il suo popolo: tutto, tremendamente, inutile. Un fruscio di ali richiamò la sua attenzione, nell’oscurità vide guizzare gli occhi brillanti di un drago albino.
-Dobbiamo andare Myra, non abbiamo tempo!- disse l’uomo indicando il drago. La folla attorno a loro si era dispersa, chi scappava, chi cercava invece di tornare verso il villaggio per trovare i suoi.
-Come è possibile !?- Myra non riusciva a staccare gli occhi da quello spettacolo terrificante. Sentì il tocco leggero di suo marito sulla spalla, una sensazione familiare ma lontana.
- Lo hanno attirato, richiamando tutte quelle energie, avrà pensato fosse un attacco perpetrato nei suoi confronti!- le spiegò l’uomo serrando la mascella. Alla fine dei conti, visto come si era messa la situazione, forse, quell’attacco, avrebbe potuto fare al caso loro, ma era la sua casa a bruciare, la sua gente a perire, una parte di lei a consumarsi.
-Dobbiamo andare, sono quasi certo non sappia di noi, ma non dobbiamo sfidare la sorte e…-
-Cassandra!- disse ad un tratto Myra. La donna si guardò intorno, sua figlia era svanita nella confusione generale. Il cuore prese a batterle all’impazzata, mentre il panico le si arrampicava lungo la gola.
Afferrò il braccio di Shimazu, conficcandogli le unghie nella carne –Dobbiamo trovarla!-
L’uomo fischiò, il drago si abbassò di quota; il terano allungò un braccio, issandosi alla zampa della bestia, risalendo velocemente in groppa alla creatura.
-Cercala via aria, io mi muoverò a piedi!- gli disse risoluta la donna. Shimazu annuì, deciso a ritrovare sua figlia. I due si separarono, mentre dietro di loro, le case più antiche del pluebo avevano cominciato a crollare, vinte dai flares. 
 
Senti questo profumo!?
La voce dentro di lei era insidiosa e ipnotica. L’emozione di rivedere suo padre le aveva fatto perdere il controllo, permettendo a qualcosa di strisciare nella parte più alta della sua coscienza. L’esplosione, poi, aveva acceso i sensi di quella presenza, assottigliando ancora di più il controllo della bambina.
Quella cosa stava smaniando e, più Cassandra cercava di resisterle, più questa cercava di dilaniarla con i suoi artigli.
La presenza aveva preso il controllo, Cassandra vedeva il suo corpo inerpicarsi sulle rocce sconnesse, sempre più veloce, sempre più eccitato, la frenesia di quello spirito la stava travolgendo. Ogni resistenza si stava rivelando inutile.
Lo senti questo profumo!?
Quella domanda stava diventando un’inquietante mantra nella sua testa. Cassandra sentiva solo le narici bruciarle mentre i fumi neri e velenosi si alzavano alti. La bambina arrivò sino ad un altopiano, la città in fiamme era sotto di lei, poteva vedere i corpi carbonizzati di alcuni sciamani mentre tentavano di fuggire o ripararsi. Le fiamme non smettevano di bruciarli, li inseguivano come se fossero vive. Alle urla degli evocatori si aggiunsero le strida di uno stormo di draghi d’argento. La bocca di Cassandra si allargò in un sorriso. Le creature planavano rapaci sui superstiti ghermendoli e  falciandoli senza remore.
Cassandra aveva paura, il panico la bloccava, impedendole anche di riprendersi la sua mente. Non riconosceva quello spirito, non era lo stesso della cerimonia. Una zaffata di sangue e fumo la investì, allora la presenza dentro di lei guaì dalla gioia più cristallina e inquietante.
Lo senti questo profumo!?
Cassandra aveva la nausea, tutto prese a vorticare mentre le fiamme si facevano macchie insieme ai corpi maciullati. Un drago d’argento volò basso, dagli artigli affilati, cadde qualcosa, il peso piombò giù a qualche metro da lei. Gli occhi della bambina brillarono osservando la carcassa sanguinolenta di un qualche evocatore. Il disgusto le serrò la gola, avrebbe voluto urlare, ma la cosa dentro di lei stava gioendo eccitata, alzando le braccia per ricoprirsi di quella macabra pioggia.
-Smettila!- urlò allora la bambina, al limite. La sua angoscia fu talmente forte da vincere le resistente dello spirito, il quale abbassò le braccia e si fermò. Cassandra si ritrovò faccia a faccia con delle orbite vuote, dall’oscurità della sua testa emerse un essere spaventoso. Erano due corpi malamente saldati assieme, quello di una donna dalla terrificante bellezza e quello di uno scheletro dalle lunghe corna ritorte. La bambina si sentì mancare, ecco cosa aveva dentro. Ora sapeva a cosa si riferiva la voce della donna, ora lo sentiva, il profumo di cui parlava:  l’inebriante odore che lo stava eccitando, era il fetore di morte.
 
Cassandra richiamò tutte le sue energie. Ora che lo vedeva, sapeva anche cosa voleva, sentiva perfettamente la fame di anime che lo agitava. Non poteva permettere di liberare una simile mostruosità. Al limite della disperazione, la bambina cercò di mettere in pratica tutti gli insegnamenti degli sciamani. La creatura strideva e si dibatteva, squarciandole la mente nel tentativo di sfuggire. La bambina sentiva la sua psiche assottigliarsi, mentre la sete di anime e sangue le invadeva le viscere e le faceva riardere la gola.
NO!
Urlò, riuscendo a allacciare a sé quella creatura. Il Mortifero cercava di aprire le ali verso la libertà, Cassandra combatté con tutta la sua forza di volontà. Era inutile sfruttare le conoscenze degli evocatori, loro puntavano a liberare gli spiriti, lei, invece, doveva  sigillarli.
-Lasciaci, sciocca bambina! – le ringhiò addosso la donna – Lasciai giudicare le loro anime! –
Cassandra cercò di resistere, strinse i pugni anche solo per mostrare che aveva un minimo di controllo sui suoi arti. Zalera le artigliò il petto, alla bambina sfuggì un urlo.
-Cos’è, hai a cuore le sorti di questi infimi esseri?- la creatura aveva un tono suadente – Dopo tutto quello che ti hanno fatto? –
-Non gli farete del male!-
La creatura rise, fu come una cascata di vetri infranti, Cassandra raggelò, ma non cedette.
-E’ così dunque!? Ti hanno odiata per anni, stupida bambina, la tua esecuzione si sarebbe consumata da lì a poco e tu hai il coraggio di difenderli? Non ricordi quanto ti hanno fatto soffrire, non ricordi di aver desiderato la loro morte ogni giorno, immaginandoti a torreggiare sulle loro carni!?-
Cassandra sbiancò, il fiato le si bloccò il gola. Era vero, quando le occhiate si facevano più feroci, quando i sussurri diventavano più affilati, lei lo aveva desiderato. Dopo che avevano cacciato suo padre, dopo che l’avevano disprezzata, senza mai accoglierla davvero, la sete del loro sangue era diventato un desiderio costante. La voce del Mortifero non faceva che ripeterglielo, la fame di anime reclamava il suo pasto. Non poteva resistere, lei era quello, gli sciamani avevano ragione, lei era un mostro, per questo sua madre la odiava. Si fermò, quel pensiero la paralizzò, la voce di Zalera si placò.
-No- disse un’altra voce da qualche parte nella sua testa, era familiare, ma non riusciva a capire perché
-Tua madre non ti odia, non ti ha mai odiata!- nell’oscurità della sua mente, si delineò un profilo delicato come luce, era una donna, dai capelli corti e biondi, con un paio di ali sulla schiena e un’arpa assicurata al petto, gli occhi topazio erano supplici. Cassandra la riconobbe, solo una volta aveva visto sua madre combattere, e fu contro uno stormo di piros, li aveva addormentati grazie a lei, Siren, mettendo in salvo la sua comunità. L’eidolon era proprio come quella volta, bello, armonioso, solare.
-Siren… Come è…?-
-E’ stata tua madre, mi ha ceduta a te per proteggerti!- le spiegò la creatura prendendo sempre più consistenza; il suo corpo non sembrava più fatto di sola luce, ma prese lo stesso spessore del suo e di Zalera. Siren le poggiò le mani delicate sulle spalle –Lei non voleva farti soffrire, sperava che, prestando lei stessa meno attenzione a te, la comunità l’avrebbe imitata, permettendoti di vivere tranquilla. Lei non voleva tutto questo Cassandra, lei voleva solo proteggerti!-
-E suo padre!?- ringhiò allora Zalera, la voce non era più né dolce né suadente, era solo un raccapricciante coro di toni disperati –Lo ha tradito, lo ha abbandonato!-
-NO!- rispose deciso l’eidolon alato – Fu Shimazu a dirle di allontanarlo, per impedire ai terani di sapere di Cassandra-  Abbassò il volto contrito sulla bambina – I tuoi genitori si sono sempre amati e ti hanno sempre amata, Cassandra, non rendere vani i loro sforzi, resisti!-
Cassandra guardò l’ediolon senza riuscire a fermare le lacrime, era vero, i suoi genitori le volevano bene, al punto da fingere , al punto di allontanarsi pur di garantirle un’esistenza tranquilla. La bambina alzò lo sguardo sulla creatura mostruosa.
-Gli sciamani mi hanno sempre odiata…- disse allora con voce atona –Ogni giorno, da quando mio padre è andato via, mi hanno sempre messa da parte, mi hanno sempre insultata…-
-Ti prego Cassandra…- gemette Siren.
-E io sentivo l’odio crescere, sognavo di ucciderli tutti, di fare quello che loro facevano a me…-
Zalera rise vincente a quelle parole, assaporando il gusto di quelle anime perdute, il suo regno di morti, presto sarebbe aumentato.
-Ma ora so, che non ero io!- una catena di luce frustò l’eidolon maledetto. Zalera emise un ringhio sordo.
-Io non ho mai voluto la loro morte, io volevo essere loro amica, volevo la mia mamma e il mio papà!  Volevo vivere con loro, volevo che fossimo tutti in pace! E’ per questo che soffrivo!-
Siren spiegò le ali proteggendo la bambina dalla tempesta di colpi del Mortifero. Intanto, un turbine di scie dorate si avvinghiò attorno a Zalera, le cui strida echeggiarono nella mente di Cassandra.
Le ali nere appassirono, le catene si strinsero con più forza al grosso eidolon, mentre questi si dibatteva inutilmente.
-Io non voglio essere un mostro! –
L’eidolon oscuro scomparve nel vortice di luce, la sua presenza venne sigillata nel profondo della bambina. Siren svanì poco dopo, Cassandra riaprì gli occhi sul rogo della sua città, stava piangendo, ma per lo meno poteva tornare dai suoi genitori.
 
Cassandra si allontanò dal corpo maciullato, finalmente le voci dentro la sua testa erano cessate, lo stesso però non valeva per i lamenti degli sciamani feriti. La sua voce si confuse con quella degli altri disperati, alla ricerca di aiuto. Capì perché Zalera smaniava di uscire, le strade di Madain Sari sembravano invase da un fiume di fuoco. Cassandra riuscì a sgattaiolare via sino al versante ovest, era ferita, barcollava, le pietre e il fuoco avevano provveduto a fare di lei l’ennesimo fagotto di bruciature ed escoriazioni, ma non si arrese. La disperazione rendeva assai difficile orientarsi, ogni roccia le sembrava uguale alle altre, ogni rovo o cespuglio, nulla che potesse suggerirle un indizio. Non seppe dire per quanto camminò, ma, sfinita, crollò sulle ginocchia, sporca di cenere e terra, piangendo. Aveva la voce roca per quanto aveva urlato, dei suoi genitori neppure l’ombra, intanto le fiamme della città non accennavano ad estinguersi sebbene non fossero propriamente una minaccia per dov’era. Pianse a lungo, disperatamente, finché un fruscio non catturò la sua attenzione. Il suo cuore le martellò nel petto
-Mamma, papà!?- alzò la testa dalle braccia, si alzò in piedi di scatto –Mamma!-
Due occhi sgranati pieni di odio brillarono nell’oscurità. Cassandra raggelò, la carcassa del vecchio anziano si trascinava tra le rocce e i detriti, era ricoperto di croste e bolle, ma gli occhi, quegli occhi, erano animati da un odio inestinguibile.
-Mostro…- sputò il vecchio. Cassandra arretrò, il vecchio si fece spazio, i flussi di energia si liberarono da ogni poro della vecchia pelle incartapecorita –E’ colpa tua, è solo colpa tua!-
Era impazzito, la bambina se ne accorse dalla bava e dal cerchio bianco degli occhi, l’uomo avanzava barcollando, era come un non-morto sorretto solo dal disprezzo.
-Tu, tu e tuo padre, siete una maledizione!- un forte colpo di tosse gli esplose nel petto, il sangue scuro gli colò dalla bocca assieme alla bava.
-No…-  provò a dire Cassandra- Io…-
-Mostro!- ringhiò il vecchio –Sapevo che Myra era una debole, che era corrotta, avrei dovuto avvelenarla allora, quando tu le rubavi la vita nel grembo!-
Cassandra sentiva le energie del vecchio crescere, non poteva dargli le spalle, arretrava, ma l’uomo sembrava deciso da inseguirla persino all’inferno.
-Ma c’era sempre lui, Shimazu, sempre lì, sempre a vigilare come un avvoltoio sul suo seme di rovina appena piantato! Io lo sapevo, lo sapevo che saremmo stati maledetti, lo sapevo e avevo ragione-
-Mio padre non c’entra niente!- ribatté la bambina, aveva le lacrime agli occhi, la paura stava lentamente scorrendo dentro di lei, fluendo alle gambe sottili, ma era sfinita e non ce l’avrebbe fatta a fuggire. 
- Tuo padre era un mostro, un parassita, proprio come lo sei tu! Guarda come ha ridotto la nostra casa! Ma rimedierò, rimedierò e tu non sarai più una minaccia, io spezzerò la maledizione!- il flusso di energie esplose, Cassandra non riuscì neppure a gridare, dietro le spalle del vecchio si aprì un enorme voragine fiammeggiante. Dal fondo di quel corridoio infernale, una figura galoppava minacciosa verso di loro. Cassandra sgranò gli occhi. A tutta velocità, da quel corridoio di energie, emerse la sagoma di un gigantesco cavaliere. L’elmo cornuto era posto sulla testa scheletrica, gli occhi rossi della cavalcatura brillavano come rubini, la loro luce si specchiava sull’armatura aguzza. L’essere brandì l’enorme spadone .
Cassandra si sentì quasi risucchiare da quelle energie, puntellò i piedi per terra mentre questi strisciavano tra i detriti, ma la potenza spirituale dello sciamano era incredibile. La bambina cadde in ginocchio, alzò gli occhi pieni di lacrime verso quella bocca infernale.
-Muori, mostro…- il vecchio alzò le braccia al cielo, la sua figura  magra si stagliò nera e sottile come un’ombra sotto la bocca del vortice -  Nutri la tua spada del suo sangue, spezza il suo maleficio, colpisci!
ZANTETSUKEN!-
Odino alzò la spada; incapace di distogliere lo sguardo, Cassandra fissò la sua fine, la paura e la disperazione si erano fuse nel nulla, stava per morire e lo sapeva, non aveva senso scappare, non aveva senso richiamare Siren, e, a quel punto, neanche più aveva paura. La spada si staccò dalla presa dell’eidolon, veloce come una saetta; Cassandra vide il filo della lama brillare sinistro.
-Cassandra!- la voce familiare e maschile infranse quell’incantesimo, Cassandra si voltò, suo padre era a cavallo di un drago albino, le cui squame brillavano come madreperla in quello scenario infuocato. Vide gli occhi di suo padre svuotarsi per la disperazione, lei sorrise, perché almeno aveva potuto guardarlo un’ultima volta;  la spala l’avrebbe raggiunta in un secondo. Un altro fruscio, un ruggito possente, una sagoma nera di frappose tra la lama e la bambina. Shimazu spronò la cavalcatura, il drago ruggì a sua volta, planando mentre il suo cavaliere si lanciava giù. La spada si infranse contro una barriera, Cassandra vide i frammenti energetici sfrecciarle attorno al viso, guardò davanti a lei, sua madre le sorrideva da sopra una spalla. La bambina fece per parlare, sua madre l’aveva salvata, sua madre stava lì, stava bene e…
Un rivolo nero spiccò all’angolo della bocca del Sari, Cassandra abbassò gli occhi  su sua madre. La lama di Odino le attraversava lo stomaco, la mitica arma si stava ormai dissolvendo, ma non prima di aver nutrito la sua sete. Il sangue di Myra copriva la lama fulgida venandola di cremisi. La spada scomparve e così il vortice, dissolti in effluvi energetici. Shimazu si era avventato sul vecchio sciamano, il suo drago ronzava sopra di loro per proteggerli dai suoi fratelli color argento.
Ma non contava, non contava più nulla. Myra si accasciò a terra, le braccia lunghe e asciutte avvolte attorno allo stomaco. Cassandra si slanciò su di lei per prenderla, provando quasi sollievo, sentendo i capelli scuri della madre solleticarle le braccia.
-Mamma!?- Cassandra non sapeva cosa fare, sentiva il sangue insudiciarle tutto, sorreggeva sua madre nelle sue esili braccia. Myra sorrideva, gli occhi ametista brillavano lieti.
-Mamma!- chiamò ancora Cassandra, la voce sempre più roca, la paura era diventata angoscia e la pungeva come un ago, l’attraversava come la lama di Odion aveva fatto con sua madre.
-Va bene, va bene, va tutto bene…- biascicò il Sari, alzò una mano sul volto della figlia, Cassandra si strinse il palmo alla guancia.
-Mamma, oh mamma, ti prego non…-
Myra scosse la testa, il sorriso era aperto sul suo volto, sembrava felice, ma nonostante questo la fitta di Cassandra non cessava, era come se le stessero strappando la pelle di dosso, sentiva lo strappo centimetro dopo centimetro.
-Perdonami Cassandra…- la voce di sua madre era un sussurro – Perdonami per il dolore, per averti lasciata nella paura, per i sogni caduti nel silenzio e per i ricordi che non ho potuto darti…-
-No, mamma, ti prego, mamma no!- doveva fermarla, doveva impedirle di parlare, doveva impedirle di dirle addio, così non se ne sarebbe andata, così sarebbe rimasta, per sempre. Il flusso di lacrime le annebbiò la vista, voleva fermarle, voleva sembrare forte proprio come lo era stata sua madre, davanti a tutti i problemi che avevano affrontato, davanti a tutti i sacrifici che aveva sostenuto.
-Non andartene mamma, ti prego non lasciarmi, non posso, non posso farcela, mamma ti prego…- dentro di lei, anche Siren stava soffrendo, il dolore dell’eidolon, si sommò al suo. Lo spirito si rintanò sofferente in un angolo della mente di Cassandra, incapace di assistere a quella scena.
-Puoi farcela, Cassandra- Myra socchiuse gli occhi, era sfinita –So che ce la farai, so che riuscirai a controllarlo…-
-No, no- la bambina scosse la testa, strinse più forte a sé sua madre, quasi per trasmetterle la sua forza vitale –Non senza di te, mai senza di te!-
Myra sorrise commossa –Sì invece, ce la farai Cassandra, anche senza di me… anzi lo hai già fatto- le forze le fluirono via, assottigliandosi sempre più, Myra chiuse gli occhi, le palpebre erano ormai troppo pesanti
-Ti voglio bene Cassandra… sono fiera… di te…-
La mano ruvida del Sari le scivolò via dalla guancia. Cassandra sbarrò gli occhi, il corpo di sua madre si rilassò. Tutto parve rallentare, il vento, il fumo, le fiamme; persino suo padre mentre inveiva contro il vecchio sciamano ormai stramazzato. Era morta, sua madre non c’era più, non l’avrebbe più rivista, né lei, né i suoi occhi ametista così severi, ma comunque pieni di affetto. Non avrebbe più sentito la sua voce mentre le cantava la sua canzone, non l’avrebbe mai più abbracciata o protetta, era sola. Non aveva senso, non poteva essere. Il suo cuore cominciò a battere lentamente, nulla meritava più di sopravvivere, non ora che sua madre non poteva più vederla, lei era Madain Sari, lei era il suo mondo, e ora che non c’era più, anche il mondo doveva svanire con lei. Una risata cristallina risuonò tra i meandri della sua mente; avrebbe distrutto tutto, Madain Sari e ogni singolo centimetro di quel posto insulso abitato da esseri miserabili. Il potere si ravvivò dentro di lei come una fiamma, non era Zalera, non era Ixion, né Siren, era qualcosa di diverso, di profondo, di incontenibile e devastante, era ciò che stava alla fine, era l’Ultima.

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NdA: Dopo settimane di silenzio, con le scene di questo e del prossimo capitolo che ogni tanto spuntavano come margherite, alla fine l'ho messo giù. Scusate per gli errori, ecc, spero che vi piaccia, html permettendo allego anche una piccola immagine: Cassandra e la sua maledizione ^.^ Un saluto a quante seguono questa storia con una pazienza invidiabile, siete meravigliose! 
 
   
 
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