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Autore: Blacksouls_ink    26/07/2015    2 recensioni
Fu in quella calda notte di luglio che Sirius decise vi voler essere un eroe.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Sirius era seduto sul letto, le gambe incrociate e la coperta tirata fin sopra la testa: teneva in mano la bacchetta con la quale illuminava lievemente la stanza, abbastanza per vederci, ma non troppo in modo che i genitori non lo scoprissero. Aveva in grembo uno strano libro, Sirius non sapeva come definirlo: era simile ad una rivista, l'aveva trovato abbandonato su una panchina di un parco. Non sapeva perché l'avesse preso, o cosa lo avesse spinto a leggerlo: forse i colori brillanti della copertina, oppure semplice noia, il fattore che determinava ogni sua estate.

Sirius era tornato a casa da meno di un mese e già desiderava tornare a scuola: nessun ragazzino della sua età avrebbe pensato lo stesso, ma per lui era diverso.
Quando era salito sul treno in partenza per Londra, si era sentito come se non stesse tornando a casa ma come se la stesse lasciando: Hogwarts. Sirius aveva appena finito il suo primo anno nella scuola di magia, ed era stato l'anno più bello della sua vita: avrebbe voluto che non finisse mai.

Lì era finalmente libero di essere se stesso, senza essere costantemente ripreso dai genitori, schiaffeggiato dalla madre per la sua insolenza, lasciato senza cena dal padre perché gli aveva mancato di rispetto. Non doveva sottoporsi allo sguardo di disapprovazione di Regulus, alla sua espressione sempre seria e obbediente. Ma soprattutto aveva conosciuto James Potter, Remus Lupin e Peter Minus.

Insieme, i quattro compagni si erano dati il nome di "Malandrini" e Sirius era fiero del suo titolo. Era a questo che pensava Sirius in una calda sera di Luglio mentre sfogliava quel... Fumetto. Ecco cos'era, stava scritto sul retro.
Il ragazzo lesse più volte il titolo, ma anche quando in seguito provò a ricordarselo fallì, in quanto non fu quello che lo incuriosì.
Sirius aprì delicatamente la prima pagina e fu sorpreso nel vedere che era occupata principalmente da disegni dai colori sgargianti, con solo qualche scritta qua e là. Guardando con più attenzione vide che le varie vignette raccontavano una storia e che i personaggi disegnati parlavano attraverso delle nuvolette.
Sirius inarcò un sopracciglio: doveva essere una qualche diavoleria Babbana, lui non aveva mai visto niente del genere.
Fu forse per curiosità, o per desiderio di ribellarsi alle regole impostogli dai genitori, che iniziò a leggere: il fumetto parlava di un qualche "supereroe" un umano dai poteri straordinari.
"Certo che questi Babbani, ne hanno di fantasia! Un umano con dei poteri magici!"
Ma presto scoprì che non era questo a renderli speciali: questi personaggi si chiamavano eroi e si schieravano sempre dalla parte dei buoni, difendendo i deboli e gli innocenti.
Sirius continuò a leggere, senza staccare gli occhi dalla pagina di carta, tranne che per controllare che i suoi genitori non fossero nei paraggi.
Quando finalmente voltò l'ultima pagina, si lasciò cadere sul cuscino con un sospiro.
Gli sarebbe piaciuto essere un eroe. Ripensò ai supereroi di cui parlavano le storie dei Babbani e si mise ad elencare ciò che per loro costituiva un super-umano.
Prima di tutto c'era la forza....


– Sirius! Razza di uno squinternato, ti vuoi muovere?! Vuoi farmi vergognare anche il tuo primo giorno di scuola!?
Sirius alzò gli occhi al cielo e si affrettò a seguire la madre che gli stava sbraitando contro da almeno mezz'ora.
Camminava rapido attraverso la stazione di King's Cross, mentre i numeri dei vari binari scorrevano davanti a lui:
6...7...8...
Finalmente arrivarono al nono binario e lì sua madre svoltò bruscamente, senza curarsi degli sguardi dei Babbani, e corse contro il muro che delimitava l'ingresso al binario 9 e 3/4.
Sirius strinse con più forza il carrello con i suoi bagagli e prese un bel respiro, poi si buttò contro il muro di scatto, quasi come per togliersi il pensiero. Non riuscì però ad evitare di chiudere gli occhi. All'improvviso i suoi sensi captarono un'atmosfera diversa dalla precedente: c'era molta più confusione e l'odore del vapore era molto più pungente. Aprì gli occhi, trovandosi davanti al rosso scintillante del treno che lo avrebbe portato a scuola.
Tirò un sospiro di sollievo e si diresse sorridente verso la madre che lo guardava scocciata, davanti all'entrata del vagone. Senza troppi convenevoli la madre lo aiutò a caricare il bagaglio e lo salutò con un "ci vediamo a giugno" borbottato.

Sirius non disse niente e anzi si voltò dall'altra parte, cercando uno scompartimento libero, anche se l'impresa si rivelò difficile.
Vide uno scompartimento che pareva vuoto e si avvicinò speranzoso, ma dovette ricredersi quando vide un ragazzino della sua età intento a caricare il suo bagaglio nell'apposito ripiano rialzato. Il ragazzo aveva l'aria trasandata e aveva strane cicatrici sul volto pallido: Sirius capì che non sarebbe riuscito nel suo intento. Si avvicinò piano e gli sorrise:
– Serve una mano? –
Il ragazzo si voltò con aria sorpresa, poi lo guardò dubbioso.
Spostò lo sguardo da lui al baule e viceversa, poi finalmente si decise ad annuire.

Quando Sirius fece per afferrare il bagaglio lo sentì mormorare:
– È abbastanza pesante, scusa –
– Non ti preoccupare, mi sembri un tipo gracilino, magari io ci riesco.
Detto questo Sirius afferrò saldamente il baule e in pochi secondi lo issò sul portabagagli.
Il ragazzo lo guardò con gli occhi timidi pieno di gratitudine.
– Grazie mille, io non ci sarei riuscito – poi fece una pausa e riprese – Mi chiamo Remus.
Sirius si presentò ma fu veloce a dirgli di non poter perdere tempo, doveva cercare uno scompartimento.
Remus non provò nemmeno a chiedergli se volesse restare con lui perché il moro era già sparito, chiudendosi la porta alle spalle.

 

Sirius ridacchiò pensando alla faccia di Remus quando avevano scoperto che sarebbero stati compagni di stanza.
Sul filo di questi pensieri, rifletté su un'altra capacità indispensabile di un eroe: il volo.

 

– Stendete la mano sulle vostre scope e dite forte e chiaro: "SU!" Non preoccupatevi se la prima volta non vi riesce. –
Sirius si trovava nel campo da Quidditch insieme ai suoi compagni di casa e ai Serpeverde, per la prima lezione di volo.

Sbuffò annoiato: sembrava gin troppo semplice. Guardò James al suo fianco: al ragazzo bastò dire "su" perché la scopa si alzasse e aderisse perfettamente al palmo della sua mano, quasi come se fosse ansiosa di essere impugnata.
Sirius si concentrò sulla sua scopa: tese la mano ed esclamò "su!" Con un tono che voleva essere svogliato e menefreghista ma che uscì come un borbottio. Nonostante ciò la scopa si sollevò immediatamente, anche se non con la stessa forza di James.

Sirius sorrise soddisfatto, senza riuscire a nascondere l'orgoglio: nessuno nella sua famiglia era mai stato bravo a Quidditch.
La professoressa li fece allineare sul campo e ordinò loro di salire a cavallo delle scope e alzarsi di qualche metro. Sirius e James si innalzarono senza fatica, e il moro godette dell'espressione basita dei compagni. Dovette però trattenersi dall'andare più in alto, in quanto gli era stato proibito. Dovettero aspettare che tutta la classe fosse in volo, il che fu abbastanza complicato, ma dopo 10 infortuni minori, 3 gravi, qualche osso rotto, qualche scopa spezzata, erano tutti in aria.

– Al mio tre potrete provare a volare liberamente, senza però uscire dal campo di Quidditch, siamo intesi? –
Tutti annuirono, alcuni spaventati, altri euforici.
– uno... Due...Tre!–

Una trentina di scope si alzò in aria, alcune più lentamente di altre. Sirius partì velocemente, seguito da James che lo osservava ridendo.
Sirius si beò dell'aria estiva che gli scompigliava i capelli lunghi, il sole pallido della Scozia che faceva risplendere il lago sotto di lui. Insieme a James iniziarono a fare mille acrobazie in aria, sotto il finto sguardo di disapprovazione della professoressa, che in realtà vedeva in loro un futuro Cercatore e un possibile Cacciatore.

Si esibirono in mille trucchi, mille giravolte, discese in picchiata che si arrestavano all'ultimo minuto... Sirius si sorprese della semplicità con cui riusciva a manovrare la scopa a sua piacimento, come se fosse una parte del suo corpo.
– Sirius, che ne dici di una gara – James gli si era affiancato, sorridente come non mai a cavallo della sua scopa.

 

Sirius sorrise, un sorriso malandrino , e rispose:
– quando vuoi! – poi partì. Si rincorsero per tutto il campo, evitando i pali degli anelli, facendo lo slalom tra i compagni in bilico su quelli che in mano a loro erano semplici pezzi di legno.
Adesso era in testa James, ora Sirius.
Continuarono così finché il moro, spinto da un'adrenalina che non sapeva controllare, si lanciò fuori dal campo, seguito inevitabilmente da James che non si fece intimidire.
Non importavano gli urli della professoressa che gli intimava di scendere, non importava la punizione che avrebbero ricevuto, non importavano le regole della scuola: c'era solo Sirius, il vento tra i capelli e gli occhi che si colmavano della bellezza del panorama Scozzese.
Continuarono così per oltre mezz'ora, serpeggiando tra le guglie del castello, ridendo senza mai fermarsi. Il vento copriva le loro parole, ma a Sirius non importava perché esse avrebbero solo distrutto l'integrità del momento.
Quando finalmente tornarono a terra, Sirius assunse un'aria mortificata davanti alla professoressa che sbraitava arrabbiata come non mai. Nel suo intimo Sirius però, pensava che in vita sua non si era mai sentito tanto libero.



E poi quella libertà era finita di colpo, stroncata sul nascere quando era dovuto tornare a casa. Si guardava intorno spaesato, come se stentasse a riconoscere l'ambiente in cui era cresciuto. Per lui c'era solo Hogwarts.
Riportando lo sguardo sul fumetto vide due strani personaggi che occupavano l'intera copertina: avevano due poteri simili eppure così diversi: acqua e fuoco.


 

– Forza Peter, non è difficile! – esclamò Remus dopo l'ennesimo tentativo fallito di Peter nel compiere un incantesimo.
Il ragazzo assunse un'espressione rassegnata e appoggiò la bacchetta sul tavolo.
–Non ce la faccio, ti dico, non ci riesco!

Sirius intanto li osservava comodamente seduto sul divano, in mano una rivista di Quidditch.
Era la terza volta in quella settimana che Peter diceva quella frase e nessuno voleva più avere a che fare con eventuali ripetizioni.
Quando James ci aveva provato, il risultato era stato un ricovero di tre giorni in infermeria, dovuta a "strane e controverse complicazioni nell'esecuzione del compito di Trasfigurazione.
Poi era stata la volta di Lily, che in uno slancio di bontà aveva accettato di dargli ripetizioni di Pozioni: non vi vuole molto ad immaginare che la rossa aveva perso la pazienza e se ne era andata dalla stanza lanciando il libro per aria dalla frustrazione.
Ed ora toccava a Remus, il più paziente ed educato, anche se in quel momento aveva gli occhi fuori dalle orbite e l'aria esasperata.
– Non è difficile!! Ripeti dopo di me: "Aguamenti!"–
Peter fece un tentativo, balbettando la formula a bassa voce: tutto ciò che ottenne fu una scintilla è un fumo grigiastro che non prometteva per niente bene.
Remus si lasciò cadere sulla sedia esausto e sospirò:
– Basta, io mi arrendo. Mi dispiace Peter ma proprio non ci riesco. –
Sirius osservò stupito l'amico che corse sulle scale del dormitorio, mentre l'altro scuoteva la testa sconsolato.
A Sirius venne un'idea.
Poche ore dopo, stava trascinando Peter nel parco, accompagnato da James e Remus che sorridevano sotto i baffi. Avevano tutti concordato sul piano e si erano divisi i compiti.
Appena arrivarono al limite della foresta, Sirius si congedò, con la scusa di essere in punizione (molto credibile, secondo Peter).
Appena l'amico gli diede le spalle, Sirius cambiò bruscamente direzione e si addentrò nel bosco, attento a non fare troppo rumore. Poi, iniziò a raccogliere bastoncini, paglia e rami caduti per poi farne un bel mucchio in un punto ben nascosto dagli arbusti.
Sfoderò la bacchetta e sussurrò:
– Incendio.
Il legno prese fuoco all'istante, producendo un sottile filo di fumo che si innalzò grazie al vento.

Sirius iniziò a soffiare sulla fiamma, alimentandola e producendo più fumo grigiastro. Poi, si accucciò dietro un albero, coprendosi con degli arbusti.

Sentì lo scricchiolio dei ramoscelli prodotto dai tre ragazzi che si stavano avvicinando, chiacchierando animatamente.

– Oh, no! – Sirius sentì Remus urlare – Quell'albero sta andando a fuoco!
– Accidenti! Non ho la mia bacchetta! L'ho lasciata in dormitorio!
– Oh, no, anch'io!
Sirius si stampò una manata in fronte: poteva esserci interpretazione peggiore? Nonostante ciò, Peter parve crederci, perché mormorò:

– Io, io ce l'ho la mia bacchetta, ma non so l'incantesimo...
James assunse un'aria tragicamente disperata:
– Dobbiamo provarci! Altrimenti la foresta è condannata! Aiutala Peter!
–E-Esatto!– Remus dovette trattenere una risata nel vedere l'espressione dell'amico.
Peter deglutì tremante:
– A-Aguamenti!– mormorò con scarsa decisione, agitando goffamente la bacchetta. Non successe niente.
– Coraggio, Peter! –
Sirius si accorse che il fuoco stava iniziando ad espandersi, risalendo lungo il tronco di un albero vicino!
– Avanti! Solo tu puoi farlo! – La voce di Remus sembrava già più allarmata.
James invece mantenne il tono melodrammatico:
– Se non lo fai, il fuoco potrebbe arrivare ad Hogwarts! Potrebbe essere la fine del castello!
Sirius nel frattempo stava cercando un modo di arginare il fuoco, ma non gli veniva in mente niente che non lo avrebbe fatto scoprire.
– Aguamenti! – provò di nuovo Peter. Ancora niente.
– Continua a provare!
Questa volta anche la voce di James suonò allarmata: che stupidi, per rendere tutto più credibile, lui e Remus avevano lasciato le bacchette in dormitorio.
Sirius, nascosto dietro un tronco lì vicino, cercava freneticamente di ricordarsi le formule imparate a Incantesimi, ma gliene venne in mente solo una.
–Non ci riesco, non ce la faccio! – Peter gettò la bacchetta a terra e si sedette con fare rassegnato. A quel punto, Sirius si alzò da dietro il tronco, ignorando il piano e tutto il resto: tre alberi stavano bruciando.
Sfoderò la bacchetta e urlò:
– Aguamenti! – un potente getto d'acqua scaturì dalla sua bacchetta e si rovesciò sui tronchi in fiamme, spegnendo l'inferno.
Sirius si voltò verso Peter che lo guardava sconvolto ed esclamò:
– Per la Barba di Merlino, Peter! Sei senza speranza!


 

In seguito, Peter aveva confessato a Vitious le sue difficoltà e il professore si era personalmente impegnato ad aiutarlo. I tre amici, o nessun'altro se è per questo, provò più a dare ripetizioni a Peter.

Sirius lasciò libero sfogo ai suoi pensieri: un eroe doveva poter essere invisibile.
 

– Sirius vuoi vedere una cosa fighissima?
Un James al settimo cielo spalancò la porta del dormitorio, urlando come un pazzo.
Sirius si svegliò di soprassalto e guardò la sveglia sul comodino: le 8.30.
– Tu sei pazzo! È domenica! – detto questo, prese il cuscino e se lo mise sul viso.
– Sei tu che non capisci!
– Illuminami! – bofonchiò Sirius ironico.
James lo ignorò e continuò:
– È Natale! E Natale significa regali!
Sirius si mise ad ascoltare già più interessato
– Ti prego, dimmi che è un biglietto di Mary McDonald in cui lei mi dichiara il suo amore sconfinato.

James alzò gli occhi al cielo: Sirius a volte sembrava un quindicenne in crisi ormonale nel corpo di un dodicenne. La cosa era molto inquietante.
– No, razza di pigrone. Meglio!
– Meglio della McDonald che mi dichiara il suo amore? Seriamente?

– Già.
Sirius si mise malvolentieri a sedere sul letto, si passò una mano tra i capelli e sbuffò: 
– Dimmi tutto.

James assunse un'espressione furba.
– Chiudi gli occhi.
Sirius sbuffò un'altra volta, poi chiuse gli occhi.
Per un momento nella stanza calò il silenzio, poi James annunciò col voce solenne:
– Puoi aprire gli occhi.
Sirius fece come richiesto e trovò davanti a lui solo le mura vuote della sua stanza. Alzò un sopracciglio:
– James, se è uno scherzo giuro che ti ammazzo.
– Non è uno scherzo. – Sirius sobbalzò quando sentì la voce di James vicinissima a lui.
– Ti piace? – chiese sempre la voce – è un regalo di mio padre.
Sirius a quel punto iniziava ad inquietarsi davvero, quando vide una mano dell'amico comparire dal nulla per poi afferrare una specie di velo. In un attimo, James fu di nuovo visibile.
– Allora? È o non è la cosa più figa del mondo?
Sirius dovette ammettere che James l'aveva incuriosito con quella specie di velo: insomma, neanche lui poteva negare che la possibilità di diventare invisibile fosse allettante.
– È un mantello dell'invisibilità, la mia famiglia se la tramanda di generazione in generazione. Allora, non dici nulla?
Sirius stette zitto per un paio di secondi, poi chiese:
– Ci staremo in due?
– Ovvio.
Sirius sorrise, la tipica espressione malandrina sul volto.
– Allora dico che hai avuto un buon motivo per svegliarmi.


Sotto al mantello dell'invisibilità di James, i Malandrini avevano potuto compiere svariate malefatte, senza essere mai scoperti, o quasi.
James custodiva con amore quell'oggetto, e Sirius non lo biasimava: diventare invisibili, vedere il mondo con gli occhi di un esterno, era una prospettiva allettante.

E per ultimo veniva l'eroico altruismo....


– Ridammelo!
– Oh, cosa c'è, la piccola Marlene non ha più il suo diario? Cos'è, ci scrivi i tuoi sogni d'amore su questo pezzo di carta?
Marlene era rossa d'imbarazzo e di rabbia mentre cercava di riprendersi il diario che era finito nelle mani di Bellatrix Black. Poco prima infatti, un ragazzo le era arrivato addosso, facendole cadere i libri di scuola e il suddetto diario a terra. Mentre cercava freneticamente di raccogliere tutto, Bellatrix aveva adocchiato il suo diario e l'aveva raccolto, iniziando a sfogliare le prime pagine. Quando si dice sfiga...
– Ti ho detto di ridarmelo!
– "Caro diario, devo confessarti che ho una cotta terribile per un mio compagno di Casa..." Uuuuuh chissà chi sarà?
Bellatrix sfogliava le pagine del diario, tenendolo in alto in modo che Marlene non lo riuscisse a raggiungere.
– Smettila!
Marlene era ormai sull'orlo delle lacrime e Bellatrix non accennava a smettere.
– "Caro diario, oggi ho visto quel ragazzo mentre rideva con i suoi amici, che bello che era! Adoro i suoi capelli neri e i suoi occhi di ghiaccio!" Oddio mai vuoi vedere che la piccola Marlene è innamorata di–
– Sta zitta!

A quel punto Marlene, spinta dalla frustrazione, mollò un ceffone alla Serpeverde che per un secondo rimase basita.

Marlene la fronteggiava, a testa alta, le lacrime agli occhi, tremante di rabbia; Bellatrix si riscosse e assunse un'aria inferocita:

–Tu... Come osi toccarmi, sporca mezzosangue!
E detto questo alzò la bacchetta, l'aria molto arrabbiata.
– Giuro che ti pentirai di avermi toccato, sudicia Sanguesporco! Io ti– ma fu interrotta da una voce squillante che esclamò:
– Cuginetta! Come mai da queste parti?
Bellatrix cercò di darsi un contegno, assumendo un'espressione altezzosa:
– Cose che non ti riguardano, Grifondoro.
Sirius sospirò: appena era stato smistato, tutta la sua famiglia lo aveva odiato; non che prima lo considerassero un angioletto, ma adesso era praticamente un traditore.
– Beh, cara la mia Bella, stavo passando di qui per chiedere a Marlene se poteva darmi una mano in Pozioni, io sono una frana. Che ne dici?
Poi le sorrise, il suo sguardo che diceva chiaramente "Non preoccuparti, stai al gioco."
Marlene si riscosse e sorrise debolmente:
– C-Certo, ho tempo questo pomeriggio.
– Perfetto!
Sirius le mise un braccio intorno alle spalle e fece per allontanarsi, ma Marlene si sfilò mal volentieri dalla sua presa.
– Il mio diario.. Lei..
Sirius non capì di cosa stesse parlando, aveva solo sentito la fine della conversazione, perciò lasciò che Marlene parlasse.
– Ridammi il mio diario, Black.
Il suo tono era stranamente deciso, Bellatrix quasi non la riconobbe.
– Ti piacerebbe vero? Non ci penso nemmeno, chissà quante altre favolosi elogi a mio cugino troverò al suo interno!
Magari non era la cosa più cattiva che potesse dire, ma per una ragazzina di dodici anni... Non c'era niente di peggio.
Marlene diventò bordeaux e si girò verso Sirius che la guardava serio.
– Ridaglielo, Bellatrix.
Lei sorrise: – E perché dovrei farlo?
–Perché te lo dico io.
–uuuh che paura.
Sirius mise mano alla bacchetta,mentre Bellatrix aveva già sulle labbra un sortilegio.
La ragazza aprì la bocca per parlare, ma Sirius la precedette: con un rapido "Engorgio" fece ingrandire la radice del salice lì vicino, che finì così sotto i piedi di Bellatrix che cadde rovinosamente a terra.
La scena era talmente buffa che intorno a loro si era radunato un gruppetto di spettatori, soprattutto Grifondoro, che dovettero trattenere dei risolini.
Bellatrix si rialzò furente, la rabbia negli occhi: stava già alzando la bacchetta quando vide la McGranitt avvicinarsi.
– Ti diverti vero a fare l'eroe? Non finisce qui, Grifondoro, te lo giuro sul mio orgoglio di Black. – sibilò, poi gli diede le spalle e si allontanò.
Non c'erano mai state parole più vere.

 

Sirius dovette scuotere la testa per scacciare il pensiero: la cugina lo tormentava da allora, con lei il resto della famiglia. Si maledisse: forse sarebbe stato meglio fregarsene.
In fondo i suoi rapporti con i genitori non erano mai stati buoni, dopo quell'episodio erano decisamente peggiorati, infatti già il giorno dopo gli era arrivata una Strillettera di sua madre nella quale esprimeva "il suo immenso imbarazzo e delusione" nel sapere che "la carne della sua carne avesse disonorato il suo sangue" e altre sciocchezze simili.

In quel momento, la porta di camera sua si aprì di colpo e la stanza si illuminò.
Sirius si dovette coprire gli occhi non abituati ad una luce così intensa; quando li riaprì davanti a lui c'era sua madre, l'espressione frustrata e arrabbiata, resa più inquietante dalle occhiaie e i capelli arruffati.

– IN NOME DI SALAZAR COS'È QUELLO?!– strillò, indicando il fumetto Babbano.

Sirius abbassò lo sguardo su di esso e sussurrò:
– Nulla.
– Ah davvero? Questo, ti sembra nulla? – Walburga aveva afferrato il pezzo di carta con due dita, tenendolo lontano dal viso, come fosse uno scarafaggio.
Sirius strinse i denti:
– Stavo solo cercando qualcosa da fare.
– E "qualcosa" sarebbe leggere delle idiote porcherie Babbane?!
Sirius non fece in tempo a trattenere il "sì" che gli si era formato sulle labbra; a quelle parole gli occhi della madre si infuriarono.
La donna buttò il fumetto sul pavimento:
– Incendio!
Subito una vampata di fuoco colpì la carta della copertina che iniziò a bruciare, seguita dal resto del fumetto.
Walburga gli puntò contro un dito:
– Se ti becco un'altra volta a fare una cosa del genere, ti sbatto fuori di casa, chiaro?!
Sirius sibilò un "sì" guardandola intensamente negli occhi, sostenendo il suo sguardo.
– Non dire "sì" con quel trono ingrato! Se fosse stato per me ti avrei rinnegato appena sei diventato un Grifondoro! Ma tuo padre insisteva: "diamogli un'altra possibilità". Avrei dovuto buttarti fuori finché ne avevo l'occasione.
– ah sì? Fallo, qualunque posto è meglio di qui! – le parole gli uscirono di bocca senza che lui riuscisse a controllarle, ma in fondo sapeva che erano la pura verità.
Lo schiaffo arrivò velocissimo e produsse un sonoro "ciak" sulla guancia di Sirius che rimase senza parole, le mani al viso arrossato.
– NON RIVOLGERTI A ME IN QUEL MODO!! Sei un ingrato, un traditore, un'impostore: non puoi essere mio figlio!
Detto questo uscì a grandi passi dalla stanza, sbattendo la porta.
Sirius si riscosse, scese dal letto, raccolse il fumetto in fiamme e spense queste ultime con un incantesimo; si sedette sul letto e aprì la prima pagina.
Fu in quella notte calda di luglio che Sirius decise di voler essere un eroe.





NOTA DELL'AUTRICE(si fa per dire):
Ciao! Questa ff mi è uscita un po' così... Ovviamente su Sirius e ovviamente include alcune scene sui Malandrini.
L'idea mi è venuta leggendo la fanfiction della mia amica Avada_9 che vi invito a leggere, in quanto molto carina.
L'ho scritta in fretta, quindi perdonate eventuali errori di battitura, e sentitevi anzi liberi di segnalarmeli.
Grazie se avete letto fino qua, per favore lasciate un commento, una recensione, in cui mi dite il vostro parere, opinioni e altro (sì, anche critiche).
Ringrazio anche gli eventuali lettori silenziosi, ma anche solo una piccola frase mi può rallegrare la giornata perciò... Provate a dedicarmi 5 secondi del vostro tempo, se riuscite.
Un bacio,
Black 

   
 
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