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Autore: bsalvatore    26/07/2015    5 recensioni
Caroline ed Elena Gilbert.
Due sorelle molto diverse, il giorno e la notte, il sole e la luna.
La prima è ingenua, frizzante di sogni, ma vulnerabile, spesso incompresa e sottovalutata.
L'altra è coraggiosa, determinata, ma se si trovasse a dover scegliere tra amore e famiglia?
Due sorelle divise per l'amore del Re d'Inghilterra.
Dal capitolo 10:
“Amate la musica?” chiese la ragazza speranzosa.
“E voi amate respirare?” rispose l’uomo senza pensare e infatti si riprese subito cercando di notare qualcosa tra i suoi occhi.
Lei sorrise.
Era davvero quello che sentiva sempre quando si parlava di musica: era la sua aria, il suo respiro.
E ora sembrava che quel respiro lui glielo avesse tolto, era stato così diretto e sincero … non se lo sarebbe aspettato da lui.
Damon invece era rimasto abbagliato da quel sorriso e soprattutto si era sentito felice di averla fatta ridere.
Elena lo osservava un po’ perplessa e per qualche istante, che sembrava intriso di magia, i due si guardarono occhi negli occhi.
Poi il Re si diresse verso il piano, sfiorandolo con un dito, esattamente come faceva sempre Elena ...
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alaric Saltzman, Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Pioveva ed era la prima volta che Elena vedeva la pioggia lì a Londra.
Non si trattava di una quelle pioggerelline estive durante le quali si finisce sempre per correre sul prato mezzi bagnati cantando a squarciagola e ridendo come folli.
No, quella era una di quelle piogge che ti fanno venire voglia di raggomitolarti nel letto e non muoverti almeno fino a che non sarà definitivamente passato il temporale perché solo il pensiero di uscire ti raggela il sangue.
Era più o meno questo ciò che provava Elena quella mattina, mentre guardava fuori dal finestrino della carrozza reale che stava accompagnando lei e sua zia Jenna al funerale dell’Arciduca.
Il re aveva deciso di tenere la cerimonia là dove quello stesso giorno si sarebbe dovuto sposare con sua sorella, poiché la chiesa era già addobbata, forse non a dovere, ma comunque abbastanza attrezzata per un funerale di Stato.
Di conseguenza quello percorso dalle due donne era lo stesso tragitto che avrebbero dovuto percorrere in circostanze diverse e questo faceva uno strano effetto a Elena, mentre Jenna continuava a ripetere che era stata una fortuna che Caroline non si fosse sposata quel giorno sennò il suo bel vestito si sarebbe rovinato irrimediabilmente.
Come se la morte di un uomo potesse considerarsi una fortuna …
Damon non si era fatto più vedere ne’ da lei ne’ da nessun altro dopo il tragico evento avvenuto in sala da pranzo, quando lo zio gli era morto tra le braccia.
Forse era stato meglio così perché la piccola Gilbert non avrebbe davvero saputo cosa dirgli per consolarlo, proprio lei che aveva perso entrambi i genitori o forse proprio per questo sapeva bene che nessuna parola sarebbe potuta essere di conforto.
Non appena arrivarono davanti alla chiesa, dovettero attendere prima di scendere dalla carrozza che tutte le altre smaltissero i loro passeggeri, vari nobili e borghesi venuti a dare un ultimo saluto a colui che ormai da trent’anni era stato il secondo uomo più potente d’Inghilterra.
Elena scese attentamente i gradini della carrozza tenendo stretta la mano del cocchiere e poi, facendo attenzione a non inciampare in pozzanghere, si diresse seguendo la zia all’interno della chiesa.
Essa era molto scura, probabilmente su richiesta del re, ma molto grande e poteva ospitare tutti i presenti.
Ben presto arrivò anche Caroline che come futura regina consorte aveva un’etichetta da rispettare.
Le tre donne si sedettero circa a metà della navata, senza essere riconosciute da nessuno tanta era la penombra in quel luogo sacro.
Un po’ più avanti, nelle prime panche poterono scorgere Stefan e quando la mora riconobbe Damon le venne un tuffo al cuore che non poté controllare.
Stava molto rigido con la schiena, pareva una scultura di marmo, ma a Elena sembrava di poter avvertire il suo dolore come se lo stessero dividendo insieme, mentre lei lo fissava così intensamente che l’intera chiesa sarebbe anche potuta sprofondare e non se ne sarebbe accorta.
Ben presto arrivò anche Alaric insieme alla duchessa ed entrambi presero posto dietro le tre donne che immediatamente chiesero notizie del re.
“Che volete che vi dica …” rispose lui “suo zio è morto tra le sue braccia, è ovvio che sta male. Tra l’altro il matrimonio è stato posticipato a tempo indeterminato e anche questo non aiuta.”
Rose non disse niente, alzò soltanto il capo con innocenza verso il lungo pianoforte a coda situato al piano superiore e poi dichiarò: “Peccato che il pianista non sia riuscito a venire. Damon ci teneva tanto ad accompagnare lo zio nel suo ultimo viaggio con la giusta melodia.”
Alaric annuì convinto, mentre Caroline lanciò un’occhiataccia alla Duchessa che come sempre si permetteva di chiamare per nome il loro re.
Elena si sentì molto rammaricata di ciò e chiese con veemenza: “La cerimonia non avrà un accompagnamento musicale?”
La donna scosse la testa e poi si fermò a guardare l’altare, persa nei suoi pensieri.
 

La mora rigirò la testa verso l’altare e si sentì invasa da una nuova malinconia: al funerale dei suoi genitori in molti le strinsero la mano promettendole che avrebbero fatto qualunque cosa per aiutare lei e sua sorella, ma Elena non aveva avuto niente da rispondere e aveva semplicemente ringraziato. Questo era il medesimo motivo per cui non si era scomodata a cercare il re, conscia della sua impotenza davanti alla morte, ma in quel momento le parve di poter fare qualcosa per aiutarlo: accompagnare la cerimonia suonando quel magnifico pianoforte nascosto nell’angolo della chiesa. Sarebbe stato senz’altro un gesto davvero piccolo, ma era comunque qualcosa che poteva dare conforto e per lo meno non si sarebbe sentita così inutile come in quel momento.
Lanciò un’occhiata ad Alaric e pensò di chiedergli un parere, ma se lo avesse fatto anche Caroline l’avrebbe sentita e si sarebbe sicuramente opposta, anche solo per semplice gelosia di non poter fare la stessa cosa in quanto assolutamente incapace di suonare.
Così si alzò dalla panca, ma Jenna la trattenne per un braccio: “Dove vai?” chiese con una nota di rimprovero.
Elena non poté mentire: “Qualcuno deve pur suonare”, ma il tono fu così deciso che nemmeno la futura regina, che ovviamente aveva sentito, trovò da obbiettare.
A passi svelti ma silenziosi, la giovane proseguì verso il pianoforte, passando per la navata destra senza attirare troppa attenzione. Dunque sedette sullo sgabello e si soffermò un poco sulla bellezza dello strumento: era di un legno pregiato color nocciola, i tasti bianchissimi dovevano essere stati lucidati quella mattina stessa, mentre i pedali dorati erano sicuramente molto preziosi. Improvvisamente la ragazza si sentì osservata, così alzò lo sguardo e incontrò gli occhi stanchi di Damon che la scrutavano in modo interrogativo. Un piccolo broncio incorniciò le sue labbra, rendendolo così simile a un bambino indifeso che a Elena si strinse il cuore. Avrebbe voluto alzarsi, andargli incontro, inginocchiarsi al suo cospetto e tenergli le mani tra le sue, ma non poteva, perciò ravvivò il suo desiderio di suonare per esprimere il dolore che comprendeva e condivideva, ma allo stesso tempo per esaltare il mistero eterno delle morte.
Inspirò profondamente e non appena sfiorò i tasti cominciò a suonare senza pensieri, lasciando che la testa si svuotasse. Le ci volle qualche secondo per realizzare pienamente quale brano stesse eseguendo e si compiacque che le sue dita ne avessero scelto uno adatto all’occasione: il Requiem di Mozart arrangiato per pianoforte. L’inizio era lento, leggero, per poi diventare più intenso e cadenzato. Poi sempre più energico e difficile, a causa dei velocissimi movimenti richiesti lungo tutta la tastiera, avanti e indietro. Dunque di nuovo lento e poi ancora veloce …
Un senso d’inquietudine penetrò negli animi dei partecipanti alla messa, solo una persona ne comprese l’arte e la piacevolezza: il re, che ovviamente non staccò un momento gli occhi dalla giovane che accompagnava i movimenti delle mani con dolci cenni del capo che la facevano assomigliare a un angelo perfettamente a suo agio in quel luogo sacro.
Ben presto però tutti, persino Caroline, ne apprezzarono le note malinconiche e via via più struggenti, ma sfortunatamente l’esecuzione durò solo quattro minuti che però furono di pura magia. Dopo l’arrivo del cardinale, Elena tornò al suo posto e subito Caroline le strinse la mano nella propria. Allora la minore delle sorelle si accorse degli occhi lucidi dell’altra e aumentò la stretta intorno alla piccola mano della bionda che non poteva smettere di pensare a quanto fosse ingiusta la vita che le aveva tolto i suoi amati genitori.
Perché non c’era giorno in cui ella non richiamasse alla memoria i loro volti e la loro voce. Talvolta sentendosi in colpa di non essere morta con loro, altre volte autocommiserandosi delle proprie sventure, ma la verità era che la maggiore delle Gilbert si sentiva sola. Nella sua ingenuità aveva creduto fermamente che, una volta incontrati, lei e il re si sarebbero perdutamente innamorati. Ma così non era accaduto, anzi era stata sciocca a credere una cosa simile, considerando che prima di amare davvero Matt aveva passato anni considerandolo un semplice amico.
 

Una volta conclusa la cerimonia tutti i presenti cominciarono lentamente a confluire verso l’uscita, non prima di aver fatto le condoglianze al re o almeno aver accennato una lunga reverenza. Anche Elena avrebbe voluto stringergli la mano e insieme alle altre due donne si mise in fila aspettando il suo turno. Quando finalmente i suoi occhi scuri incontrarono quelli blu di Damon non riuscì a dire nulla perché la sua bocca non sembrava essere in grado di formulare parola alcune o forse perché troppe erano quelle che stavano già uscendo da quella di Caroline.  Questa stava cadendo davvero nel ridicolo, considerando che l’uomo non la stava neppure ascoltando e non distoglieva lo sguardo da quello della mora.

Alaric era ancora seduto di fianco a Rose e seguiva  da lontano la scena con l’aria di chi la sapeva lunga, atteggiamento che da sempre lo contraddistingueva, ma non per questo significava che fosse davvero così. Anzi a dire il vero la maggior parte delle volte il buon vecchio Rick non coglieva mai la vera essenza delle cose. Riusciva a cogliere con chiarezza un pezzo della realtà, ma non era in grado di completare il puzzle. Non che non si impegnasse abbastanza, povero uomo, ma semplicemente aveva troppo a cui pensare. Troppi problemi non suoi che andavano risolti come se lo fossero. Eppure gli faceva piacere aiutare il suo amico Damon che per qualche strano meccanismo della sorte si era ritrovato re. Erano cresciuti insieme lì a Buckingham Palace, correndo tra le aiuole, dando pizzicotti al piccolo Stefan e disubbidendo al buon vecchio Zach (che potesse riposare in pace!). Poi erano cresciuti: Damon bello e donnaiolo, Rick buono e intelligente, ma con quell’aria da uomo tormentato che lo diversificava così tanto da Stefan. Personalmente lui non si riteneva così, i veri tormentati erano i poveracci delle strade di Londra che lavoravano notte e giorno in condizioni disumane per poi morire di qualche brutta malattia dovuta alle scarse condizioni igieniche.  Tormentati erano per lui i miserabili, ma forse ancora una volta lui non coglieva un aspetto della realtà: quelli uomini erano costretti a fare i conti con la fame, la povertà, le malattie, mentre lui aveva solo se stesso e quel cuore che si era spento ancor prima di vivere davvero. Nell’amare a distanza lei, donna inarrivabile col nome del fiore più bello di tutti … e poi Damon e Stefan, Elena e Caroline. Quanti nomi, quante persone da supportare e confortare. “Zach, vecchio mio, ti prometto che farò tutto il possibile perché le cose vadano bene, ma tu, ti prego, guarda giù” pensò con sincera tristezza, ma al contempo ammirazione per l’uomo scomparso.
Non appena vide che le due Gilbert si erano allontanate dal re, si alzò dalla panca, seguito a ruota da Rose e si diresse verso l’amico che aveva davvero l’aria di chi sarebbe svenuto da un momento all’altro oppure avrebbe tirato un pugno a qualcuno: “Forse è meglio tornare a Palazzo …” propose, ma Damon aveva troppa paura di tornare così in fretta alla quotidianità: “Devo finire di salutare tutti” rispose freddamente senza degnare Alaric di uno sguardo. Questo comunque non si scompose e insistette: “Siete stanco, fidatevi è meglio riposare. Si occuperà Stefan delle formalità.”
Quest’ultimo sbiancò. Avrebbe voluto ribattere, dire che anche lui aveva perso suo zio, ma poi si rammentò del suo ruolo e di quello del fratello, così annuì con malavoglia e proseguì a salutare gli ultimi rimasti, mentre gli altri due si allontanavano verso la carrozza in attesa.

Dopo che questa partì ci fu un attimo di silenzio, mentre i due uomini rilassavano i muscoli contratti a causa della scomodità delle panche.
“Sai, Zach non era la persona più trattabile del mondo. Era scorbutico, severo e dalla mentalità antica. Per di più non avevi mai idea di cosa gli stesse passando per la mente. Ma, giuro, se avessi potuto lo avrei cambiato volentieri con mio padre. Perché è vero che quest’ultimo era aperto e dall’animo vivace, ma a differenza sua Zach c’è stato quando ne avevo più bisogno. Quando mia madre è morta e io non capivo perché mi avesse lasciato, lui mi ha preso la mano e mi ha detto che il cielo aveva richiamato il suo angelo.”
Sorrise amaramente, Damon, mentre Rick non diceva nulla perché sapeva che era tutto vero. Giuseppe era stato un buon re, ma non un buon padre.
“Zach ha cresciuto Stefan nel modo in cui io avrei voluto essere in grado di fare … perché io ero suo fratello maggiore e avrei dovuto occuparmi di lui. Solo che ero troppo preso dai piaceri futili della vita per pensare alla famiglia.”
“Eri solo un ragazzo a cui erano state addossate responsabilità da uomo, responsabilità a cui nessuno ti aveva preparato.”
“Forse. Ma Zach ha tentato di insegnarmi, ci ha provato, ma io non ho ascoltato. Proprio lui che, più di tutti, meritava il mio ascolto. Lui c’è stato, Rick, c’è stato sempre e io invece? Cosa sono stato in grado di fare in cambio, se non dispiacerlo rovinando la sua amata Inghilterra?”
“Tu non hai rovinato nulla, Damon. Hai fatto grandi cose, sei stato perfettamente all’altezza delle aspettative che aveva tuo zio. Il suo atteggiamento era volto solo a spronarti sempre più. Lui era fiero di te e dovresti esserlo anche tu.”
“Ma non lo sono.”
In quelle ultime parole Alaric sentì non solo rimorso, ma anche paura. Paura di non essere in grado di andare avanti. Zach aveva fatto un buon lavoro, ne era certo, ma non era stato in grado di insegnare al nipote come credere in se stesso e questo era un problema. Ma come sempre il buon Rick posticipò il problema, sperando di poterlo affrontare in seguito.
 

“Qualcuno ha una vaga idea di quanto è stato rimandato il matrimonio?”
Questa era la domanda che Caroline stava continuando a ripetere sin dal viaggio di ritorno dal funerale. Ormai Jenna non sapeva più cosa risponderle e cosi la bionda, imperterrita, si era rivolta a chiunque lavorasse a Palazzo, persino al cocchiere come se il poveretto potesse saperne più di lei.
Elena non aveva detto nulla se non proporre di fare una passeggiata in giardino visto che ormai aveva spesso di piovere. Alla sorella maggiore non era sembrata poi una così brutta idea e accettò per poter smaltire la tensione accumulata.
Sembrava tutto abbastanza tranquillo quando le porte del castello non furono spalancate e tutta la servitù cominciò a sparpagliarsi nel cortile d’ingresso. A bordo di un bellissimo purosangue nero vi era Stefan che reggeva il corpo del fratello privo di sensi.
Lo aveva trovato nella campagna dopo aver saputo che era uscito a schiarirsi le idee a bordo di Aram, il suo cavallo. Il giovane principe si trovò subito in disaccordo con Alaric, il quale riteneva che il re dovesse sfogarsi un po’. Per Stefan invece era meglio che stesse tranquillo nella sua stanza senza andare in giro a dare spettacolo. Per questo aveva preso la propria cavalla, Jarina, e si era diretto nei campi che circondavano Londra, con un brutto presentimento ad opprimergli il cuore. E infatti lo trovò accasciato a terra vicino al fidato Aram che cercava invano di scuoterlo.
Aveva perso l’equilibrio in presa al dolore, mentre galoppava a folle velocità nella speranza di smettere di pensare. Semplicemente liberare la mente da tutto e da tutti. Quando aveva picchiato la testa gli era parso di sentire nuovamente le parole dello zio prima di morire: “Alla fine andrà tutto bene. E se non andrà bene, vorrà dire che non è la fine.” Poi aveva chiuso gli occhi e aveva smesso anche di ricordare.
Non aveva più sentito nulla ne’ i passi veloci di Stefan nel fango ne’ il suo respiro affannoso mentre cavalcava più in fretta possibile. Non aveva sentito il grido di Rose alla loro vista ne’ aveva visto la preoccupazione negli occhi di Alaric.
Immediatamente era stato trasportato nella sua stanza e subito erano stati chiamati i migliori medici nei dintorni. Anche le sorelle Gilbert si erano presentate al suo capezzale e proprio quando Elena mise piede sul tappeto persiano che precedeva il grande letto a baldacchino sul quale riposava il re, pallido in volto e tutto sudato, questo si riprese debolmente e afferrò la mano del fratello seduto accanto a lui, preoccupatissimo: “Elena … dov’è Elena?”
Il principe non disse nulla, ma si limitò a fare un cenno alla mora che si avvicinò più velocemente sostituendo la sua mano a quella del giovane. Non appena i due si sfiorarono come una scintilla di luce sembrò avvolgerli. Il cuore della ragazza smise di battere per un momento, per poi riprendere più lentamente con un respiro regolare.
Damon era bellissimo ed Elena in quel momento non poteva esserne più certa. Mai in vita sua aveva visto un uomo così affascinante, ma solo in quel momento permise a se stessa di pensare una cosa simile. Strinse la sua mano grande nella propria così piccola a confronto. Sembrava stesse soffrendo molto a giudicare dalle sopracciglia aggrottate e dall’alta temperatura corporea. Avrebbe fatto qualunque cosa per alleviare quel dolore e per rivedere quel sorriso malizioso incorniciargli il viso. Per fortuna non stava più uscendo sangue dalla nuca e questo la sollevò molto. Con un’espressione più serena tese la mano libera ad accarezzargli i capelli corvini in un gesto che sembrava avesse compiuto milioni di volte.
“Elena?” chiese conferma l’uomo che non era certo di non essere giunto in Paradiso.
Questa sorrise e portò le loro mani alla bocca baciandogli il dorso. Poi chiuse gli occhi e cominciò a pregare.
“Siamo troppi in questa stanza” esordì dopo un po’ Rose, invitando senza troppi giri di parole a lasciare soli i due e così fecero tutti.
Caroline seguì la zia che la guardava preoccupata. Non poteva credere a ciò che aveva visto: il re sembrava completamente perso dalla sorella e anche quest’ultima pareva ricambiare quei sentimenti.
Sentì il cuore stringersi dall’ansia e comprese che, ancora una volta, era stata troppo sciocca e superficiale e non aveva potuto comprendere ciò che le stava accadendo sotto gli occhi: Elena e Damon sembravano sempre legati da un filo, in particolare i loro occhi perennemente gli uni negli altri, e lei invece messa da parte, mai abbastanza.
Non solo non aveva avuto Matt, ma addirittura era stata ingannata dalla sua stessa sorella e dai suoi amati genitori che non erano stati da meno.
Avrebbero potuto dirglielo, trattarla da adulta quale era, invece che comportarsi come dei bambini, mettendola davanti a cosa fatta.
In particolare sua madre avrebbe dovuto metterla in guardia e, almeno una volta, non schierarsi così apertamente con la minore perché lo sapevano tutti che lei la preferiva, ma non era necessario darlo a vedere in questo modo, no?
Non aveva mai più parlato con quel ragazzo o almeno non come prima. Le poche parole che si erano rivolti erano di circostanza, nulla a che vedere con quelle dolci che si scambiavano prima.
Lo aveva amato davvero: la sua dolcezza, la sua bellezza genuina, i suoi modi gentili, la pazienza nell’ascoltarla. Lui sembrava essere davvero capace di amarla come lei sperava di meritare.
E invece era stata disillusa. Lui non l’aveva mai amata come lei aveva amato lui, le aveva voluto bene, ma il sentimento per sua sorella era un’altra cosa. E in fondo Caroline non aveva davvero potuto ribattere più di tanto perché nessuno sano di mente avrebbe preferito lei alla mora. La sua capacità di amare fieramente e irrevocabilmente le donavano quella luce negli occhi che lei non aveva e che, era certa, non avrebbe mai avuto. Lei era solo una sorta di piacere per gli occhi degli uomini, niente di più.
Aveva sentito dire che il re apprezzava particolarmente il gentil sesso e aveva sperato che, in qualche modo, avesse apprezzato anche lei. Le era sembrato così allettante il pensiero di diventare regina: tutti l’avrebbero trattata con onori inimmaginabili, avrebbe avuto una vita fatta di lusso e ricchezza, sarebbe diventata la donna più potente d’Inghilterra e tutti l’avrebbero invidiata.
Che poi non le pareva davvero ci fosse qualcosa da invidiare. Il re era molto bello, certo, ma non avevano nulla in comune e non le aveva mai rivolto nulla di più che qualche parola. Non sembrava interessargli nemmeno come donna, dal punto di vista … diciamo carnale. Non la guardava mai troppo a lungo e anche quando lo faceva, non lo faceva mai veramente.
Sembrava essere un fantasma in quel palazzo. Tutti la consideravano solo come un lavoro da sbrigare, una principessina in più da viziare. Nessuno si era mai premurato di conoscerla veramente. Eccezion fatta per Stefan ovviamente.
Le girava la testa a causa di tutti quei pensieri e dei sentimenti che provava, che erano però talmente tanti che le sembrava di non provarne alcuno. Non ascoltò le parole della zia che la invitava a tornare in camera sua ne’ rispose alle sue insinuazioni: “Chissà come mai il re ha chiesto di Elena, non lo trovi strano?” oppure “Credi ci sia qualcosa che non sappiamo?” o ancora “Ho paura che le nozze di questo passo saranno rimandate ancora per molto. Non fraintendermi, mi dispiace molto per la brutta caduta di sua maestà, ma …”
Nessuna di quelle frasi aveva senso per Caroline. Nemmeno la presenza di Jenna sembrava averne uno. Lei che riempiva sempre la sua testa di parole e parole come se già non ce ne fossero abbastanza a confonderla. Non poteva accusare di nulla quella povera donna che si era presa in carico le figlie della sorella morta prematuramente, però a volte avrebbe voluto restare sola.
Oppure le sarebbe piaciuto avere Matt con se’, anche se sapeva che lui non provava nessun sentimento per lei. Le sarebbe bastata qualche parola di conforto che la incoraggiasse a seguire quel sogno che aveva sin da bambina, quando aveva conquistato quella capacità da leader che non aveva mai osato tirare fuori.
Avrebbe voluto essere una persona diversa e se solo Dio glielo avesse permesso, sarebbe tornata indietro e avrebbe rifatto tutto. Diversamente. Ma non poteva.
Così comprese che sebbene quello non fosse il luogo migliore del mondo, in un palazzo di carta, lei, bambolina di carta, avrebbe trovato il suo posto.
 
 
 
ANGOLO AUTRICE
Buon salve a tutti!
Chi non muore si rivede!
Infatti eccomi qua dopo quasi un anno di distanza con un nuovo capitolo della mia long.
Durante questi mesi ho ricevuto parecchi messaggi da parte vostra e sappiate che li ho letti tutti quanti con le lacrime agli occhi e la gioia nel cuore!
Questo capitolo è stato un po’ difficile, ma spero di aver prodotto qualcosa di buono. Nel prossimo capiteranno molte cose.
Spero di sentirvi e soprattutto sapere cosa ne pensate.
bsalvatore
P.S: il titolo si riferisce a Damon che chiede di Elena mentre sta male, ma anche a quando si trova al funerale e sente la mancanza di Zach. Si addice però anche a Caroline che vorrebe Matt con se'. 
  
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