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Autore: cin75    27/07/2015    4 recensioni
Che cosa l'amore può spingere a fare? Che cosa l'amore può far accettare?
Jared e Jensen avranno modo di poter rispondere a queste domande!!!!
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quando alcuni giorni dopo, Clif andò a prenderli, i due, raggiunsero i set, pronti a fare le ultime riprese. Giusto qualche ciak, per quello che sarebbe stato il finale alternativo della decima.
Jared e Jensen se ne stavano seduti sulle loro sedie in attesa di essere chiamati.
"Siamo pronti!" fece una voce rivolta a loro.
"Ok! piccolo... finiamo tutto che poi ti riporto a casa!" fece Jensen vedendo ormai una palese stanchezza sul volto del compagno. "Stai bene? sembri più stanco del solito oggi!" chiese preoccupato.
"Ce la faccio. Tranquillo!" tentò di rassicurarlo e si apprestò ad alzarsi dalla sua sedia, ma questa volta non lo fece come sempre faceva. Con i suoi soliti salti imbranati e rumorosi. No!, questa volta poggiò prima le mani lungo i braccioli della sedia, stringendo per avere più presa, poi poggiò i piedi a terra, come per cercare stabilità  e respirando profondamente, alla fine,  si tirò su.
 
Jensen credette di morire in quel momento. 
 
Voleva piangere, voleva urlare forte. Voleva abbracciarlo più forte e al tempo stesso, aveva il terrore di farlo per paura di fargli male.
Provava tutto e non provava niente.
Nella sua mente solo la disperata voglia di trovare un modo per salvare Jared.
Ma Jared in quel momento gli stava sorridendo e allora Jensen si annullò del tutto e gli sorrise anche lui.
 
“Ok! Andiamo. Mancano solo poche inquadrature e poi è fatta. Prima finiamo, prima ti porto a casa, piccolo!” fece accarezzandogli il viso leggermente sudato.
“Dammi solo un minuto, ok!?” fece Jared e il compagno capì che il giovane voleva darsi una sistemata e non mostrare più di quanto fosse già visibile.
Fece qualche passo lontano da lui, per dargli una certa privacy mentre Jared dietro di lui, si asciugava il viso dal sudore e si sistemava il giaccone di scena.
 
Stava per raggiungere Jensen quando una fitta violenta sembrò spezzarlo in due. Il respiro gli mancò all’improvviso. Il cuore prese a battergli furiosamente e velocemente il dolore si propagò in tutto il corpo.
Annaspò in cerca di aria ma in quella ricerca disperata, l’unica cosa che riuscì a dire fu …
“Jen…..Jensen!!” e poi le gambe si piegarono e lui crollò a terra.
Jensen si voltò immediatamente e ignorando tutto ciò che lo circondava , fissò l’attenzione solo quell’immagine assurda che la sua mente non avrebbe mai più dimenticato: Jared che cadeva malamente tra alcune sedie da attori messe lungo quel percorso. Quelle stesse sedie che gli finivano addosso. La voce del suo compagno che chiamava a stento il suo nome.
 
Non pensò ad altro!
 
Si precipitò verso Jared, verso i lamenti che sentiva e che gli urlavano nella testa. Afferrò con rabbia ogni sedia che copriva il corpo del compagno, scagliandola all’aria, incurante di dove la sedia finisse. Si sedette accanto a Jared, lo afferrò per le spalle e se lo tirò vicino, in modo da farlo stare sul suo grembo.
“Jensen…Jensen….” mormorava confuso Jared.
Jensen lo accarezzava, lo stringeva, mentre sentiva gli immediati richiami al soccorso da parte dei vari assistenti ai set. “Tranquillo, piccolo. Tranquillo. Andrà tutto bene. Adesso ti portiamo in ospedale….andrà tutto bene. Tu…tu devi solo respirare, ok!?” lo incoraggiava.
“Fa…fa male!!” disse il giovane.
“Lo so…lo so….ma la penale di Bob, per aver fatto tardi ai set, farà più male.” provò a scherzare. “Quindi mi serve una buona scusa per non dargli i nostri soldi, ok!?”
Jared si sforzò di sorridere, capendo quello che stava facendo Jensen. “Io… ce l’ho… un buon ….motivo!” fece afferrandosi alla mano che Jensen teneva stretta sul suo petto. “Sei tu…quello….nei guai!”
“Hai ragione! Vuol dire….” provò a rispondergli e cercando di trattenere le lacrime. “…vuol dire che la prossima volta mi ammalerò io!” e in quel momento accorse anche Misha, attirato dalla forte confusione.
Si bloccò per un attimo quando vide i due a terra. Jensen teneva tra le braccia Jared. Il maggiore cercava di sostenerlo come meglio poteva, dato che Jared sembrava cedere velocemente.
“Oddio!” fu la prima cosa che riuscì a dire e poi fissando ancora la disperazione che vedeva sul volto di Jensen, si riscosse e capì che almeno lui doveva rimanere lucido. “Dove sono i paramedici? Avevamo detto che doveva esserci un ambulanza sempre pronta. Dove cazzo è l’ambulanza!!” finì per gridare alle persone che aveva intorno.

Pochi minuti dopo, Jared era già pronto sulla lettiga del mezzo ospedaliero, pronto a portarlo nel centro nefrologico  in cui era in cura. L’ambulanza stava per partire quando Jensen fece per salirci, ma Misha lo trattenne.
“Misha, ma cosa…” fece stupito.
“Clif ha preso già la macchina. Lo seguiremo con quella!” spiegò.
“Cosa?..No!!!... io vado con lui!!” obbiettò con forza.
“Jensen, ascoltami. Lì dentro avranno bisogno di spazio per dare a Jared tutte le cure di cui avrà bisogno prima di arrivare in ospedale. Tu saresti solo di impaccio. Vuoi questo, Jensen?” lo ammonì. Jensen sembrò non volergli dare ascolto, ma poi quando guardò all’interno del mezzo si rese conto che molto probabilmente l’amico aveva ragione.
 
Meno di mezz’ora dopo, Jared era già nella stanza in cui i dottori si adoperavano per stabilizzarlo, mentre un Jensen al limite della pazienza e della sopportazione, inveiva contro l’ennesima infermiera che gli diceva che presto avrebbe saputo tutto. Quando gridò più del dovuto, Misha vide avanzare , con uno sguardo, non proprio amichevole, una delle guardie di sicurezza.
“La prego, ci penso io!” fece all’agente. “Lui è…è solo sconvolto!” provò a giustificare.
“Posso capire e per adesso faccio passare. Ma dica al suo amico di darsi una calmata o lo metto fuori dal reparto. Intesi?!” lo redarguì autoritario.
Misha ringraziò lo stesso e si avviò verso Jensen. “Ok! Jensen, ascoltami. Se non ti dai una calmata…”
“Calmata?? Calmata???  Misha….io…. io sto impazzendo!!!” ammise ansimando nervoso.
“Lo so, lo so. Ma se continui così, la sicurezza ti sbatte fuori e addio visita a Jared quando i dottori avranno finito!” provò a spaventarlo, perché sapeva che in quel momento per Jensen la cosa più importante al mondo era  vedere Jared. Infatti l’amico lo fissò quasi terrorizzato da quella previsione e allora tentò di calmarsi, respirando con più calma.
“Ok!ok!...mi calmo…mi calmo. Ma per l’amore del Cielo, vorrei solo sapere come sta. Come…” e rimase a metà della frase, sentendo l’emozione farsi troppo forte per dargli la possibilità di continuare a parlare.
 
Nella stanza in cui Jared stava , visibilmente riposando più serenamente, anche grazie alle prime cure somministrategli, il giovane lentamente riprese i sensi.
“Patrick?!” fece, chiamando il dottore che lo teneva in cura e che lo aveva seguito fin dall’inizio.
“Jared!! Sei sveglio. Magnifico.” fece sollevato nel vedere che il ragazzo, al momento,  reagiva bene e in modo lucido.
“Che è successo, Patrick?!” domandò.
“I tuoi reni stanno cedendo Jared. Ormai sono al limite. Ti avevo avvisato che prima o poi sarebbe successo, ma speravo per il tuo bene, che succedesse quando già eri qui e non come è accaduto.” spiegò amareggiato.
“Cosa succederà adesso, Pat?”
Il  medico sospirò.
Ora, era il momento di spiegare quale sarebbe stato il reale percorso da seguire. “Ti colleghiamo alla macchina per la dialisi, così cerchiamo di sostenere il più possibile i reni e tutti gli altri organi. Nel frattempo eseguiremo dei controlli nell’ambito familiare per scoprire se ci sono compatibilità renali nel caso in cui il centro trapianti non possa esserci di aiuto.”
“Controlli nell’ambito familiare?!” chiese perplesso.
“Sì. Analizzeremo dei campioni per vedere se tua madre o tuo padre o altri tuoi diretti consanguinei siano donatori compatibili.” spiegò.
Jared lo guardò perplesso. Al giovane dottore sembrò quasi che il suo paziente stesse riflettendo su ciò che aveva appena saputo.
“Jared…a cosa stai pensando?” domandò, forse curioso. Si aspettava che Jared gli chiedesse a che cosa stava andando incontro o in che cosa consistevano meglio quei controlli a campione, invece, Jared lo stupì.
“Mi potresti dare carta e penna, Pat?!”
“Cosa?...sì!” quasi balbettò e poi gli passò un foglio di carta bianca, la sua penna e anche la sua cartellina su cui poter scrivere.
Vide il ragazzo concentrato in quello che faceva. La penna scorreva veloce sul foglio come se avesse avuto quelle parole già pronte e ben ordinate in testa da tanto tempo. Poi lo vide perfino sorridere.

Che quella fosse una lettera per Jensen, nell’eventualità di….
 
Ma non terminò quel pensiero, perchè Jared aveva concluso il suo messaggio scritto e con gentilezza gli ripassava tutto. E prima di consegnargli anche il foglio ci tenne a precisare la sua situazione.
“Consegno questa al dottore e non all’amico!” fece serio, facendo così intendere a Patrick che quel foglio doveva essere legato dal segreto professionale medico-paziente. Patrick fece cenno di sì e poi solo con lo sguardo chiese il permesso di leggerla. Jared acconsentì, anche perché era indispensabile che lui sapesse.
Quando il dottore smise di leggere, fu l’amico ad alterarsi.
“Hai la minima idea che se le cose vanno per il peggio, questa…questa è una condanna a morte certa, Jared?” lo disapprovò.
Ma Jared non fece una piega. Aveva preso la sua decisione e non sembrava voler considerarne un'altra. “Puoi chiamarmi Jensen, ora, per favore?” fece invece.
“Jared??!!” lo richiamò con più biasimo.
“Per favore!” indicando la porta oltre cui era certo ci fosse il compagno.
Patrick dovette cedere e nonostante fosse contrariato, si avviò alla porta e richiamò Jensen.

L’attore entrò immediatamente nella stanza e quasi corse accanto al letto del compagno. “Come stai? Come ti senti?!” chiese preoccupato e premuroso.
“Meglio…ora, meglio!” fece chiudendo gli occhi per gustarsi le carezze con cui Jensen gli accarezzava il viso.

 Il giorno dopo sia i genitori di Jensen che quelli di Jared , fratelli e sorelle, compresi, erano all’ospedale per assicurarsi di quello che stava accadendo ai loro cari. Jensen nonostante avesse i suoi in città, insistette perché fossero i genitori di Jared a stare nel loro appartamento. Sapeva che i suoi avrebbero capito quella scelta.
“Il nostro appartamento è più vicino all’ospedale. E poi c’è abbastanza spazio per tutti, e c’è Clif che si è messo a vostra disposizione per qualunque cosa e …e poi…io…io tanto starò qui quasi tutto il giorno e …e …voi…insomma…io…” ma quella lista tramutata in confusione, si spense del tutto quando Sherri gli buttò le braccia al collo per rassicurarlo e rassicurare se stessa.
“Andrà tutto bene. Il nostro Jared tornerà da noi in men che non si dica. Vedrai, tesoro mio!!” diceva mentre gli accarezzava la schiena e lo sentiva tremare in quell’abbraccio.
“Ho paura Sherri!” mormorò in silenzio.
“Sssh!! Non averne, tesoro. Non averne!!”
 
I giorni passavano e più passavano e più Jared , nonostante la dialisi, si faceva sempre più debole. Ora , ci si metteva anche la febbre, sintomo che la cura che gli stavano somministrando per tenerlo sotto controllo, non aveva nessun potere contro l’infezione ai reni.
Il giovane ormai, trascorreva metà giornata stordito dai medicinali e dalla sua condizione e quel tempo che riusciva a stare sveglio lo trascorreva con i suoi, con suo padre che instancabile gli leggeva tutti i risultati dello sport. O la madre con le sue amorevoli attenzioni. Quando era un po’ più sveglio riusciva perfino a battibeccare con Mac, la sorella e con Jeff, il fratello.

Ma solo quando sentiva la paura farsi avanti come un dolore irrefrenabile, cercava con lo sguardo Jensen, costantemente presente nella sua stanza. Jensen allora capiva e con una qualsiasi scusa, chiedeva a tutti di uscire e rimaneva da solo con lui.
Gli si sedeva accanto e lo abbracciava.
Gli diceva che lo amava , che tutto sarebbe andato per il meglio, che dovevano solo avere pazienza. Che lui ci sarebbe sempre stato , che non lo avrebbe mai lasciato solo.
A volte piangeva con lui e con lui, lentamente, ritrovava la calma che avrebbero mostrato quando i loro cari sarebbero rientrati in camera.
Una recita dolorosamente reale , la loro. Da mostrare ad un pubblico che li conosceva fin troppo bene e che come loro mentiva su quello che vedeva, facendo buon viso a cattivo gioco.
 
Un pomeriggio, mentre Jared era via per dei controlli, Patrick richiamò Jensen.
“Puoi seguirmi?!” fece sottovoce.
“Pat, che c’è?” chiese curioso, Jensen.
“Non qui. Andiamo nel mio ufficio!” lo invitò l’altro , suscitando in Jensen una certa apprensione e infatti non appena la porta dell’ufficio del medico fu chiusa, l’attore non gli diede nemmeno tempo di parlare.
“Per l’amore di Dio, Patrick, non dirmi che non….”
“No, ascoltami, Jensen!” lo fermò deciso, Patrick. “Ci sono degli sviluppi tanto assurdi quanto miracolosi!” esordì.
“Cosa?...non capisco!” fece Jensen.
“Prima che io ti spieghi tutto, voglio che tu legga questa. Mi sto giocando tutto, amico. Ma onestamente, sono diventato un medico per salvare vite e non per non fare niente quando so di poter fare qualcosa!”
“Io non …non capisco!” affermò confuso Jensen.

Allora Patrick gli passò la lettera. “Leggi!”
   
 
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