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Autore: Rose_412    27/07/2015    1 recensioni
La vita di Grace scorreva ininterrotta, viveva a Brooklyn e frequentava il terzo anno delle superiori, aveva una famiglia amorevole e due amiche dal quale le risultava difficile separarsi, aveva un sogno, quello di viaggiare e sapeva che sarebbe riuscita a realizzarlo. Le mancava solo una cosa, Marc. Era certa fosse lui l'amore della sua vita, ma il destino aveva qualcosa di diverso in servo per lei. La storia travolgente di una ragazza che sogna, ama e vive a pieno tutto ciò che sorprendentemente le accade giorno dopo giorno. Lei che non si accontenta di vivere la monotonia di tutti i giorni e che vuole dare una svolta ad ogni capitolo della sua romantica, spensierata, indipendente e travolgente vita. La dedico a tutte le ragazze che, come Grace, vogliono agire e far si che siano loro le artefici del loro destino.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago
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HOPE


Erano rimasti abbracciati per circa dieci minuti e quando si resero conto di essere rimasti praticamente soli in quella carrozza di getto si staccarono. Nessuno dei due sapeva cosa dire, era strano e imbarazzante. Perché lo aveva abbracciato? Non lo conosceva e non era da lei buttarsi tra le braccia di completi sconosciuti. Ma quella voce, quella voce le dava sicurezza.
«Scusami»
«Già, è stato … parecchio strano»
«Ti giuro che non so cosa mi sia preso» aveva ancora la voce tremolante e non sapeva cosa dire, ma continuava a guardarlo. Non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle spalle possenti che l’avevano protetta per un lasso di tempo che le sembrava infinito.
«Si, be’ … volevo solo … sei proprio assurda» la sua voce era piatta, non faceva trasparire nessuna emozione. Era rimasto seduto lì con lo sguardo fisso a terra come a nascondere un imbarazzo che non sembrava nemmeno sfiorarlo.
«Come scusa? Se permetti ho appena trascorso la serata più brutta della mia vita. Il ragazzo che credevo di amare si è appena rivelato uno stronzo, mi ha spezzato il cuore in mille pezzi e tu non hai il diritto di umiliarmi » era rimasta scioccata, quel piccolo insulto era la gocciolina che aveva fatto traboccare il vaso. Il suo primo istinto era stato quello di mettersi sulla difensiva e ringhiare contro quello sconosciuto che poco prima le aveva dato fiducia.
«Non ti ho chiesto la tua vita, non ti ho chiesto io di abbracciarmi ed è come se tu mi stesti dando la colpa della tua rottura con un idiota … quindi, come ti dovrei definire?» la sua testa si alzò per guardarla. Lei sentì un brivido scorrerle dentro quando avvertì il tono pacato e caldo della sua voce, chiuse gli occhi e fece cadere le ultime lacrime che le erano rimaste. Il suo volto era sconfitto e rassegnato, voleva tornare a casa sua, dormire e non svegliarsi prima del rientro a scuola.
«Ed ora perché piangi?» le chiese. Lo fece per cortesia, non gli interessava davvero e il suo tono freddo lo dimostrava. Grace non volle rispondere perciò alzò le spalle e si andò a sedere il più lontano possibile.
«Ultima fermata: Coney Island»
Grace alzò la testa, si asciugò le guance ormai rosso fuoco ed il suo sguardo era pieno di terrore. Anche il volto del ragazzo misterioso aveva assunto un’espressione spaesata e sorpresa.
«No, no, no, no, no, no, com’è possibile? Come Coney Island? Non ci posso credere … e ora? Come faccio? Come fai ad essere così calmo?»
«Io in realtà sarei arrivato, il problema è il tuo visto che ti trovi praticamente dall’altra parte della città all’una di notte»
Il treno si fermò ed entrambi scesero. Grace si rese conto che non erano passati solo dieci minuti ma ben due ore. Prese immediatamente il telefono, aveva varie chiamate perse e due messaggi, uno di Marc e uno di sua madre. Eliminò il primo e aprì quello di Lara “Tesoro visto che non mi rispondi devo presupporre che la serata stia andando bene, sono felice per te. Io e tuo padre stiamo andando a letto e visto che non hai le chiavi ho chiesto a Jenna se potevi andare a dormire da lei. Ti sta aspettando. Baci mamma.
Controllò l’ora dell’invio, risaliva a più di un’ora fa. Subito inviò un messaggio a Jenna spiegandole la situazione, ma lei non rispose e questo era abbastanza strano visto che Jenna aveva sempre il telefono sotto controllo. Non sapeva che fare, era spaesata, sola ed impaurita.
«Se vuoi puoi venire da me, ti posso prestare il divano» Grace si girò, il panico le aveva fatto dimenticare che era in compagnia del signor nessuno. Le diede per la seconda volta speranza, ma poi ci pensò “Non posso andare a casa di questo sconosciuto, non so nemmeno come si chiama e se poi mi mette le mani addosso? No, non lo farebbe mai, non mi sembra il tipo. Comunque no, non se ne parla, piuttosto vado a piedi da Jenna …”
«Grazie, te ne sarò grata» entrambi si fermarono. Perché aveva accettato? Era stupita delle sue parole che a quanto pare non seguivano la ragione, ma sorprendentemente l’istinto. Anche lui era sorpreso, ma non lo diede più di tanto a vedere. Così ripresero a camminare, il passo di lui era svelto e lei riusciva per poco a stargli dietro.
«Tranquilla siamo arrivati, è qui dietro»
«Bene» voleva risultare anche lei distaccata e non voleva far vedere che stava soffrendo, ma la sua voce la tradì. Lui si girò e fece un mezzo sorriso per poi rigirarsi e aprire la porta di casa.
«Aspetta, ti fidi a far entrare una sconosciuta a casa tua?» chiedendoglielo Grace presuppose che non fosse la prima volta che si portava una sconosciuta a casa.
«Mi stai dando dello sprovveduto?» la fulminò con lo sguardo mentre lei era ancora fuori dalla porta.
«No, è solo che, magari, potresti almeno dirmi come ti chiami»
«Visto che ci tieni tanto Grace, mi chiamo Alex»
«Come, come fai a sapere il mio nome?» chiese avanzando.
«Fatti miei» disse in tono brusco ed irritato «Ecco, prendi questa, penso che non sentirai molto caldo»
Viveva in un piccolo sottoscala, da fuori dava l’impressione di una topaia, ma in realtà era curato ed arredato molto bene. La porta di ingresso dava sul salotto completamente occupato da un divano di pelle e due poltrone abbinate, le pareti avevano i mattoni di coccio rossi a vista e l’unica porta che c’era, era quella del bagno. Il grande letto era separato dal resto dell’appartamento da una possente libreria ed alle spalle del divano c’era la cucina, piccola, ma moderna. Gli occhi di Grace caddero su delle tele posizionate sulla parete del soggiorno, che Alex si sbrigò a coprire. Non sapeva perché, ma si sentiva a suo agio, come se in quel posto ci fosse già stata prima. Il silenzio  di quel momento venne interrotto da un colpo di tosse di Alex che, sicuramente, voleva attirare l’attenzione di Grace. Le porse una maglietta ed un pantalone con trama scozzese e quasi imbarazzato le disse «Se vuoi cambiarti il bagno è lì, se hai fame o sete lì c’è la cucina»
«Ti ringrazio» dopo tutto ciò che le era successo quella sera, si era dimenticata che non aveva toccato cibo, ma le si era chiuso lo stomaco quindi si avviò in bagno. Quando uscì con in mano i vestiti perfettamente piegati, notò che le tele erano scomparse e che l’abat-jour era accesa, Alex le aveva preparato il divano per la notte ed ora era in “camera sua” a cambiarsi. Evidentemente non aveva notato che lei era uscita dal bagno, quindi continuò a togliersi prima i Jeans e poi la t-shirt che indossava. Si bloccò arrossita quando vide quel corpo che aveva sempre immaginato sotto i vestiti e del quale non era rimasta per nulla delusa. Non voleva che Alex pensasse che lo stesse guardando, anche se era proprio quello che stava facendo, così andò di nuovo verso il bagno e chiuse la porta in modo che lui capisse che era uscita. Infatti, Alex si girò e rimase stupito alla sua vista. Grace abbozzò un sorriso e lui ricambiò, quasi non se ne rendesse conto.
«Sei … cioè volevo dire che stai abbastanza …»
«Grazie» forse era l’ennesima volta che lo disse in quella serata. Com’era possibile che un ragazzo così scorbutico e freddo, fosse altrettanto gentile e premuroso nei confronti di una sconosciuta? Non ci volle pensare molto e poi quello scambio di sguardi l'aveva strappata via dalla realtà, sorprendendola a sperare che quel momento non finisse mai.
«Buonanotte Grace»
«Buonanotte Alex»
   
 
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