Quinto
Capitolo
Jack e il Dottore erano seduti sulla
gradinata metallica del
Quartier Generale, intralciando il passaggio di gente
che lavora – come aveva puntualizzato
scherzosamente Gwen
all’indirizzo dei due.
Il Signore del Tempo era talmente
scosso che, se fosse
dipeso da lui, si sarebbe accasciato sull’ascensore e
lì sarebbe rimasto. A
causa della sua non proprio ottimale situazione psico-fisica, aveva
permesso al
Capitano di farlo sedere e tempestarlo di domande, pentendosi
amaramente più
volte di non aver semplicemente liquidato l’amico con uno “sto bene”.
Era sempre stato orgoglioso quel
tanto che bastava da non
permettersi di apparire debole, ma quella qualità
era cominciata a venire meno dal ringiovanimento. O forse le 24 ore non
c’entravano nulla, era semplicemente arrivato al suo limite, crollando tra le prime braccia
amiche disposte ad
accoglierlo.
Il pianto era stato liberatorio, ad
ogni modo, e gli aveva
permesso di mettere Jack al corrente di tutto, in maniera
più o meno composta.
Non aveva versato altre lacrime, ma il suo sguardo aveva sempre quella
punta di
disperazione che portava chiunque lo osservasse per più di
qualche attimo a
chiedersi quando sarebbe nuovamente esploso.
Il Capitano, nello specifico, dopo quella reazione inaspettata
– non aveva mai
visto il Signore del Tempo ridotto in quel
modo – era molto più attento alle parole che
lasciava uscire dalla propria
bocca, soppesandole una ad una per evitare di toccare qualche nervo
scoperto.
Nonostante tutte le premure, dopo
poche domande il Dottore
aveva cominciato a parlare a ruota libera come suo solito, segno che la
parlantina non era scomparsa, anche quello non era proprio un argomento
Coca Cola e palloncini. Aveva
scaraventato tutto fuori, i suoi pensieri, le sue emozioni, perdendo
progressivamente l’aura da bomba ad orologeria che emanava.
Si era tolto un
gran peso, ma il macigno che gravava sul suo cuore era ancora
lì, in attesa di
rivedere la sua Rose con i propri occhi.
Nonostante quel piccolo particolare,
aveva appurato che piangere
e raccontare la storia della propria vita a qualcuno migliora le cose.
Aveva
sempre considerato le telenovelas argentine come spazzatura, ma a
quanto pareva
su quello avevano ragione.
Meglio
ancora se la
causa di tutto sono problemi di cuore e, di solito, in quegli squallidi
programmi
televisivi che Rose guardava alle due di notte tutto riguardava
intrighi
amorosi.
L’aveva colta sul fatto
più volte, sdraiata sul sedile della
sala comandi, avvolta da una coperta, a piangere tutte le sue lacrime
inzuppando
i popcorn e a biascicare nomi propri
con fare lagnoso, mentre seguiva l’ennesima puntata dal
monitor del Tardis.
Un paio di volte aveva tentato di
riportarla a letto,
sottolineando il fatto che quello schermo non era fatto per guardare porcherie terrestri,
ma si era sentito urlare contro “Bianca
vuole togliere Leandro a Carmen e tu vuoi che io vada a
dormire?”
Sorrise. Ogni piccolo dettaglio gli
faceva tornare alla
mente la sua Rose, rendendolo patetico quanto le sitcom sopracitate, e
se per
un attimo ritrovava il sorriso, quello dopo sprofondava nuovamente
nella
depressione per la mancanza della ragazza. Come aveva detto: patetico.
“Quindi cosa sei venuto a
fare esattamente qui?” la voce di
Jack lo riscosse dai suoi pensieri.
“Volevo provare ad entrare
in un tunnel dimensionale, per
rientrare in contatto con Rose, e mi serviva una faglia
attiva” spiegò, senza
giri di parole.
“Immagino non serva che io
ti illustri gli innumerevoli rischi
a cui andrai
incontro, vero?” domandò l’altro
retoricamente, scuotendo il capo. Poi si alzò.
“Ti servirà
comunque il nostro aiuto” sentenziò
“Dobbiamo
attivare la faglia e, una volta dentro, impedire per quanto
sarà possibile che
le cose vadano male”
“Avete disattivato la
faglia?” chiese curioso l’altro.
“Oh, sì, dava
non pochi problemi” rispose il Capitano
“attirava mostri, creava buchi dimensionali… non
sai la fatica di insabbiare tutto.
Non è proprio disattivata, ne abbiamo
limitato la potenza e la teniamo sotto controllo”
Il Dottore annuì
semplicemente. Gli interessava soltanto
sapere se poteva compiere quella pazzia, tutto il resto erano dettagli
insignificanti ed inutili.
Rose, sto
venendo a
prenderti.
*
Nella radura non soffiava un alito di
vento. Nessun rumore o
movimento lasciava intendere la presenza di due esseri
viventi che, però, erano lì, intente a
squadrarsi senza
aprire bocca.
Dopo aver pronunciato quella frase
enigmatica, la creatura
luminosa aveva taciuto, forse per permettere a Rose di riordinare le
idee, ma
dal sorrisetto che aveva messo su
non
bisognava escludere l’ipotesi si stesse divertendo a
prenderla in giro con
tutta quella suspense.
La ragazza, però, era
troppo scioccata per accorgersi delle
espressioni del volto dell’altra. La prima reazione fu quella
di mettersi sulla
difensiva, perché l’idea che qualcuno –
o qualcosa
– sapesse del Lupo Cattivo
la
terrorizzava. Non capiva neanche lei cosa fosse accaduto esattamente
quel
giorno, e ricordava molti pochi dettagli, dato che il Dottore aveva aspirato via da lei il potere del
Tardis. Ricordava solo il tocco delle sue labbra, poi il buio.
E poi si era
rigenerato, cambiando in quel Signore del Tempo che ora le mancava da
morire,
pensò.
A quel pensiero la figura di fronte a
lei ammiccò più del
dovuto, attirando la sua attenzione. Nonostante tutto, la
curiosità di Rose
vinse e si ritrovò ad aprir bocca per colmare i suoi
innumerevoli dubbi.
“Dove siamo?” la
domanda che avrebbe voluto fare, ovviamente,
non era quella, ma prima di
porla un lampo negli occhi blu della creatura aveva lasciato intendere
che non
le avrebbe risposto, almeno per il momento. Perciò la scelta
era ricaduta sulla
seconda, sperando di ricevere qualche informazione da trasmettere al
Dottore
una volta di nuovo attivo il collegamento.
La luce nello sguardo della donna
cambiò, facendosi divertita,
e Rose si trattenne dal picchiarla. Non era molto sicura di poterlo
fare,
comunque. La luce normalmente non è solida.
“In una radura”
rispose, mal celando il divertimento.
Rose respirò profondamente
un paio di volte per calmarsi.
Quell’essere aveva lo stesso atteggiamento del Dottore quando
non voleva dirle
le cose e la trattava come una bambina impaziente e capricciosa.
La sensazione che i suoi pensieri non
fossero poi tanto
privati riaffiorò ad un nuovo sorriso della sua
interlocutrice, facendole venire
i nervi. Quella donna era estremamente irritante, ma doveva tenersela
buona se
voleva avere uno straccio di informazione utile.
“Questo lo so”
replicò lei, soppesando le parole “Ma dove si
trova precisamente questa
radura?”
“Dovresti
saperlo” sentenziò l’altra, senza dare
una vera
risposta.
A Rose non piaceva per niente quel
gioco ad indovinelli, ma non le ci
volle molto
per capire che avrebbe ricevuto solo enigmi, perciò stette
in silenzio per
qualche secondo, finchè la risposta non le parve
così ovvia da darsi uno
schiaffo mentale da sola per quanto era stata stupida.
Sembrava
passata
un’era, ma non si era mai spostata da lì.
“Siamo nel Tardis,
vero?”
*
“Dottore, sei
pronto?” La voce di Jack risuonò nel Tardis e
lui si affrettò a rispondere affermativamente.
“Bene, sappi che non hai
molto tempo” lo informò il Capitano
“questa faglia è piuttosto instabile,
sarà difficile tenerla nei ranghi”
“Quanto?”
domandò.
“Pochi minuti, mi
dispiace” fece l’altro.
Poteva farcela, bastava non perdersi
in chiacchiere inutili
e carpire le giuste informazioni, mentre il Tardis provava ad
agganciarsi al
segnale.
“Buona fortuna”
Il Capo di Torchwood si collegò un’ultima
volta, prima di far partire il conto alla rovescia.
*
Rose non poteva crederci. Tutto quel
tempo passato a
dannarsi l’anima, e non si era mai mossa da dentro la cabina.
Era quasi
divertente. Quasi,
perché la mancanza
di porte non le era di certo sfuggita, e senza una qualunque apertura
che la
riportasse indietro trovarsi a diecimila
anni luce o dietro l’angolo non era importante.
Era sempre lontana dal Dottore.
Anzi, ora la distanza le sembrava
addirittura maggiore,
anche se a pochi passi da lei il Signore del Tempo si stava
arrovellando per
trovarla, premendo pulsanti e spedendo la sua nave in giro per
l’universo.
Non
poteva
raggiungerla con il Tardis, come avrebbe potuto? Solo l’idea
della cabina blu
che si materializzava lì le faceva dolere la testa.
Non era possibile materializzarsi all’interno di
sé stessi, neanche con tutto
il wibbly wobbly timey wimey che il
Dottore si ostinava a utilizzare come argomentazione per spiegare quel groviglio intricato che erano le linee
temporali.
Anche se le stanze sembravano mondi a
parte, di fatto non lo
erano; quella stanza in particolare era una bolla infrangibile, senza
entrate
che lasciassero filtrare un minimo di speranza di salvezza.
Gli occhi cominciarono a pungerle per
le lacrime. Sapere di
essere nel Tardis avrebbe dovuto farla sentire meglio, ma aveva solo
sottolineato l’irraggiungibilità
che
opprimeva la sua condizione.
Una mano delicata le
sfiorò la spalla. Con tutto quel
rimuginare si era dimenticata della donna luminosa che ora la guardava
con un
misto di tristezza e compassione
nei
suoi occhi blu.
“Forza Rose, hai tante
domande che necessitano risposta”
Rose.
La voce del Dottore
risuonò nella sua testa, ma a giudicare
lo sguardo dell’altra poteva anche darsi che fosse udibile in
tutta la radura.
Dottore.
Quasi non ci credeva. Il Signore del
Tempo, una volta saputo
cosa stava accadendo, l’avrebbe salvata, perché
non esisteva la parola impossibile
nel suo vocabolario. La
ragazza credeva ciecamente in lui.
Rose?
Il suo nome questa volta
suonò come una domanda, perciò si
chiese se avesse risposto troppo fievolmente la prima volta e
l’altro non l’aveva
udita.
Dottore!
Rispose
con più forza, dopo essersi schiarita mentalmente la voce.
Questa
dannata
connessione non funziona, stupido Torchwood… Lo
sentì biascicare frustrato
dall’altra parte.
Cosa stava accadendo? Lei riusciva a
sentirlo. Perché lui no?
Si voltò a guardare la
donna luminosa che fino a quel
momento era rimasta in silenzio, notando una certa concentrazione
nel suo sguardo color crepuscolo.
“Cosa stai
facendo?” le chiese, circospetta.
L’altra non le rispose, ma
quando il Dottore la chiamò ancora
con una punta di disperazione nella voce capì.
Stava bloccando
il
segnale. Per colpa di quello stupido essere non poteva neanche parlare
con la
persona più importante della sua vita. Era frustrante,
soprattutto perché ora
era più evidente di prima che la sua prigionia era
semplicemente dovuta alla
volontà di Miss Occhi Blu.
Era colpa sua se non
c’erano porte, era colpa sua
se il Dottore non riusciva a
sentirla.
Sentì la rabbia montarle
dentro e le si avventò addosso,
cercando di liberarsi da tutti quei sentimenti che minacciavano di
farla
esplodere, ma si ritrovò immediatamente con la faccia
nell’erba, come se avesse
attraversato un fantasma.
Beh, c’era almeno qualcosa
di normale in lei. La luce è luce,
non è
solida, pensò Rose.
Quasi a cercare conferma,
avvicinò la mano alla gamba
luminosa di fronte a lei, per testare l’effetto
ologramma. Con sorpresa urtò qualcosa di compatto
e ritrasse la mano quasi
spaventata.
Si era fatta attraversare solo per il
gusto di farla finire
con la faccia per terra.
“Non sono un
giocattolo” disse la donna, facendola
sussultare.
“Fammi uscire”
replicò prontamente lei.
“No” fece
l’altra senza voltarsi.
Ad un suo sospiro frustrato,
continuò: “Deve venire lui”
spiegò più dolcemente.
La donna luminosa voleva il Dottore
lì, e questo secondo la
sua esperienza non era mai un buon segno. Non era la prima volta che
finiva
prigioniera di qualche alieno che
mirava al suo amico.
Era una buona merce di scambio, a
quanto pareva.
“Non è per
quello” ridacchiò l’altra voltandosi a
guardarla.
“Deve venire lui per te”
“In che senso?”
chiese lei, senza ottenere risposta.
Sbuffò di nuovo, poi si
sedette meglio. Se doveva aspettare,
tanto valeva stare comodi.
*
Il Dottore uscì dal Tardis
con la sensazione di non aver
risolto niente. E in effetti era così, ammise.
La connessione si era stabilita, ne
era sicuro, ma non
rispondeva nessuno dall’altra parte. Questo poteva voler dire
che Rose non era
in grado di rispondere, pensò mentre l’idea di una
segreteria telefonica si
delineava nella sua mente.
L’altra opzione era che qualcosa
bloccasse il segnale. Forse Rose aveva cambiato posto, non era
più nel bosco, e
il luogo in cui si trovava in quel momento era schermato.
Tutto era possibile.
Non era abituato a farsi così tante domande e non saper
rispondere a nessuna di queste. Arrivava sempre quel lampo di genio che
gli
permetteva di risolvere l’enigma, ma questa volta l’illuminazione tardava,
lasciandolo a brancolare nel buio.
“Dottore?”
alzando lo sguardo vide Jack, con tutta la truppa
al seguito, che lo scrutava, probabilmente, in cerca di segni di
cedimento.
“Novità?”
disse, sentendo la pelle delle guance tendersi con
fare innaturale. Quanto tempo era passato
da un suo vero sorriso?
“In
realtà… sì” rispose
l’altro lentamente.
“Buone o
cattive?” chiese il Dottore, cercando di trattenere
la speranza che cominciava a gonfiarglisi nel petto.
Non poteva permettersi di
essere felice, si
ricordò, non finchè
Rose non fosse stata al sicuro tra le sue braccia.
“Non saprei
dirlo” sospirò il Capitano. “Il Tardis
non può
raggiungere Rose” spiegò, odiandosi per il dolore
che cresceva nello sguardo del Signore del Tempo “abbiamo
registrato un paradosso”.
“Come può essere
anche una buona notizia?” domandò
amaramente l’altro, abbassando la testa.
“Beh, restringe il campo.
Quanti posti il Tardis non può
raggiungere?”
“Il Tardis può
andare ovunque” replicò stanco.
“A quanto pare no. Ci deve
essere un posto, nel quale la
presenza del Tardis genererebbe un paradosso”
rifletté Jack.
Ianto si schiarì la voce,
attirando l’attenzione. “Il Tardis
ha tante stanze, giusto?”
“Sì, ma cosa
c’entra ora?” chiese quasi scocciato il
Dottore.
“Beh, è la
soluzione al nostro problema” disse l’altro con
fare ovvio.
La risposta colpì il
Signore del Tempo come un fulmine a
ciel sereno.
Rose
è nel Tardis.
*
Note
dell’Autrice:
Ciao a tutti! Eccomi di nuovo
puntuale (non fateci
l’abitudine :’3) con un nuovo capitolo! Su, non
sono stata così crudele,
qualche risposta l’avete ottenuta, ma per conoscere
l’identità della donna
misteriosa *suoni misticheggianti* dovrete attendere ancora, mi
dispiace :P
Questo capitolo è un
po’ più lungo dei precedenti (2243
parole), spero non vi dispiaccia, ma non trovavo un buon modo per
concluderlo
u.u Diciamo che è un mini premio
di
consolazione, dato che non sapete ancora chi è la bellissima carceriera di Rose
(è bellissima nella mia testa, magari
vi faccio un disegno per il prossimo capitolo, per vedere se la
immaginiamo
allo stesso modo). Ringrazio comunque quelle sante donne di nikiss e _Secret_
che ormai mi recensiscono tutti i capitoli (Love
you) e che mi hanno anche dato le
loro idee sulla tiZZZia misteriosa.
Se vi va, il sondaggio è
ancora aperto (?)
Ringrazio anche tutti coloro che mi
seguono, se mi lasciaste
una recensioncina piccina piccina mi fareste davvero molto felice :3
Baci,
L.
(Spero di essere puntuale
lunedì prossimo, se non sarà così
non odiatemi, pls)