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Autore: hungrywords    28/07/2015    2 recensioni
"Ricordati che anche il diavolo prima era un angelo"
Lily Lightfire è una normale ragazza che sta per raggiungere la maggiore età. Vive nella tranquillità di una casa isolata, lontana dalle fastidiose tendenze mondane. La serenità quotidiana viene presto sconvolta: suo fratello compare misteriosamente alla porta dopo 18 anni di assenza e il suo migliore amico decide di svelare i suoi sentimenti nel momento meno opportuno. Inoltre Lily ormai non riesce a dormire a causa degli incubi, sempre più inquietanti, che la intrappolano notte dopo notte.
Quando alla fine scoprirà che dentro di sé c'è qualcosa di più, che il suo passato è pieno di misteri e il suo futuro è pieno di pericoli, si rivolgerà alle persone giuste? Riuscirà, tra sogni e allucinazioni, a distinguere la realtà?
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prologo

Il cielo limpido della notte permetteva di scorgere tra le foglie luminose stelle che aiutavano ad ignorare i morsi pungenti del vento. Nonostante fosse chiamata dai mortali 'Misty Forest', per la fitta nebbia che era solita avvolgere tutto ciò che aveva il coraggio di addentrarsi in quella compatta rete di alberi, quella sera non vi era segno nemmeno di foschia.
-La porterò a lui. Saprà cosa fare- il rumore dei rami mossi dal vento fece alzare loro gli occhi. 
-Vengo con te- la voce decisa rimbombò nella selva -No, ti attaccherebbe, devo andarci io- i loro corpi ora erano stretti, come in un abbraccio proibito, passionale, un addio silenzioso e più doloroso di qualunque altro.
-Andrà bene, fidati-  un ultimo sorriso, poi svanì nella notte. 
Percorse il tragitto in assoluto silenzio, cercando di limitare il rumore dei passi decisi, con il cappuccio alzato più che per il freddo, per ripararsi da sguardi indiscreti.

Quando bussò alla porta di quella piccola casa sembrò quasi sapessero del suo arrivo -Vieni dentro- una voce dura, seppur amichevole interruppe l'armonioso silenzio della foresta.
Il calore all'interno dell'abitazione abbracciò il suo corpo, le luci delle candele le facevano risplendere gli occhi.

Quando uscì, dopo diversi minuti, il vento gelido le fece rimpiangere di aver varcato la soglia.
-Mi fido di te, amico mio, verrò a farti visita il prima possibile- si guardarono intensamente.
-Dovresti rimanere- disse l'uomo. 
Le sue mani stringevano quelle di lui, rispose all'invito con un piccolo bacio sulla guancia.
-Fai attenzione, questa notte sarà dura passare, ti stanno alle calcagna.- Annuì alla raccomandazione, gli lasciò le mani e andò via, senza mai voltarsi, mentre le lacrime e il buio le rendevano scarsa la visuale.

Aveva portato un'arma, simile ad una pietra rotonda, facile da tenere in mano, l'aveva scelta con attenzione, doveva essere letale e facile da nascondere.
Camminava velocemente tra gli alberi aumentando sempre più il passo, ormai non piangeva più, si costrinse a smettere. Iniziò invece a respirare affannosamente, cercando di allontanare i brutti pensieri.
Quando finalmente incrociò il corso del fiume si fermò e sorrise.
Passò le mani tra i capelli e riprese fiato, pensò a lui, a quando lo avrebbe rivisto, alla loro fuga insieme.
Nessuno li aveva capiti, i pochi che lo avevano fatto adesso erano scomparsi, per sempre.
Attraversò il corso d'acqua bagnandosi il mantello e gli stivali neri, i crampi dovuti all'insopportabile freddo non l'avrebbero fermata, ormai ce l'aveva fatta, non poteva mollare.

Sulla sponda dove si trovava adesso, il silenzio era assordante, il vento si era fermato. Sospirò chiudendo gli occhi, ripiegando la testa all'indietro. Il respiro caldo uscì dalla sua bocca come vapore che saliva verso le stelle.
Impugnava l'arma meno saldamente. Poi un rumore ruppe il silenzio, uno scricchiolio, un sussurro della terra, e diventò tutto completamente nero.



Capitolo 1- L'incubo

Correvo ansimando, dovevo scoprire quel qualcosa che la mia testa voleva che trovassi, ma non vedevo niente. 
Luci sbiadite tracciavano il mio esile corpo illuminando, per quanto possibile, i vestiti neri. Guardai la mia mano sudata, l'istinto di passarmela sulla faccia fu irrefrenabile: la guidai fino alle punte dei capelli... bagnati.
Il panico mi prese alla sprovvista e non potei far altro che accovacciarmi in quel posto buio e aspettare di calmarmi, le lacrime scorrevano lungo il mio viso come un fiume in piena.

Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Poi finalmente mi svegliai ed ero per l'ennesima volta felice di poter osservare il soffitto, bianco, che placava tutti i miei incubi.
La mia stanza era piena di scacciapensieri colorati, o "acchiappasogni", e oggetti che dovevano avere lo scopo di calmarmi il più possibile quando facevo sogni del genere; la maggior parte del tempo credevo fossero solo stupidaggini, ma in queste situazioni toccavo sempre quello che penzolava sulla mia testa per scaramanzia.

Guardai l'orologio e scoprii di essermi svegliata una mezz'ora prima del dovuto. Stranamente non riuscii a riaddormentarmi, così iniziai a prepararmi facendo il meno rumore possibile. 
Quel sogno mi aveva turbato, non potevo negarlo. Il mio cuore riprendeva a battere forte non appena ci pensavo, ma perché? In fondo, riflettendoci, non era poi così terribile, nessun mostro e nessuna minaccia incombente. Proprio non capivo.

Mi sdraiai sul letto con i piedi sul cuscino e la testa penzoloni, lo specchio vicino all'armadio rifletteva i miei capelli castani, né lisci, né ricci, illuminati dalla luce del sole mattutino. 
Scesi dal letto per fissare, come spesso facevo, la mia faccia. Passai quasi un quarto d'ora ad analizzare la mia pupilla azzurra con sfumature nere, per cercare di capirne il senso; ogni persona che si imbatteva nel mio sguardo mi fissava sbalordita, alcuni la trovavano una mescolanza affascinante, altri inquietante. Il resto del viso era sempre il solito: pelle troppo bianca per i miei gusti, scanalature definite e un naso delicato.

Sbuffando mi rimisi in piedi e uscii dalla mia stanza, sentii dei rumori provenire dal piano inferiore: mamma si era svegliata e stava facendo del caffè in cucina, scesi le scale sbandando per il sonno, poi mi sporsi dalla porta della stanza mostrando un sorriso, mi avvicinai e la baciai in fronte dandole il buongiorno. 
La aiutai a preparare l'impasto per i pancakes, poi aprii il frigo per prendere un bicchiere di latte. 
Il rumore di passi dietro di me mi fece cambiare visuale.
-Buongiorno caro, stavo per venirti a chiamare- riconobbi gli occhi stanchi di mio padre, aveva avuto ancora una volta il turno notturno a lavoro -Buongiorno papà, ti sei fatto di nuovo male?- La benda sporca di sangue che portava lungo il braccio sembrava dover coprire un grande taglio. 
-C'è stato un incendio a poche miglia da qui. Scusate se non approfondisco, sono molto stanco, ero venuto solo a prendere la pillola. 
-Non ti preoccupare. Vai a dormire, ne riparliamo più tardi. - gli accarezzai la schiena, presi un biscotto e, mettendomi lo zaino in spalla, uscii per andare alla fermata dell'autobus.
Costantemente con le cuffiette, aspettai il bus guardando macchine e moto sfrecciarmi davanti, la musica rendeva tutto più malinconico e interessante di quanto non fosse in realtà.
La grande vettura gialla si fermò e, dopo aver consumato la maggior parte dei freni, aprì le porte per farmi salire. 
Avevo una vasta scelta, l'autobus era quasi vuoto. Alla fine optai per un posto con un sedile di fronte, così da poter poggiare i piedi. Sfortunatamente un ragazzo arrivò correndo e dopo essere salito decise di occupare, su una ventina di posti liberi, proprio quello di fronte al mio.
Non riuscì a fare a meno di guardarlo, aveva la mandibola prominente, capelli castani che scendevano morbidi sulla fronte, occhi sottili ma non troppo, castano scuro; quello che mi colpì fu il suo sguardo vuoto rivolto fuori dal finestrino. Improvvisamente si voltò e mi guardò con espressione gelida, non avevo mai visto occhi così privi di emozioni. 
Passai il tragitto a studiare il ragazzo di nascosto, mi divertiva in un certo senso, cercare di capire le persone da fuori e di solito ero molto brava a farlo. Con lui, però, non ci riuscivo.
Quando arrivò la mia fermata ci alzammo tutt'e due e ci fissammo immobili - Prego - disse accennando un finto sorriso. La risatina che sentii mentre scendevo fu piuttosto irritante. Mi rigirai subito dopo per rifilargli un'occhiataccia, ma il misterioso ragazzo era già scomparso.

Mi fermai sul marciapiede ad osservare il luogo dove sarei dovuta stare per altri 5 mesi, alquanto angosciante. Ragazzi dal viso preoccupato e gruppetti di amici sorridenti si avvicinavano all'entrata non facendo caso al mio passaggio.
Salii di fretta le scale dopo essere entrata e andai verso la mia aula, vuota: il mio autobus passava prima degli altri così ero sempre la prima ad entrare; non mi dispiaceva rilassarmi ancora qualche minuto, prima che arrivassero i miei compagni. 
Mi appoggiai alla sedia e guardai il soffitto, pensando al mio sogno, ma poi, dopo averlo un'altra volta analizzato, rinunciai a provare di capirne il senso.

Decisi di pensare piuttosto alla mattinata di noia che mi aspettava. 
-Buongiorno Lily - il mio migliore amico entrò sbuffando. -Buongiorno Kyle - sforzai un sorriso, dopo la notte passata non ero proprio in vena di mostrare i denti. 
-Cosa ti turba oggi?-  non potei fare a meno di sbarrare gli occhi e chiedermi se fosse così evidente il mio turbamento.
- Ti conosco da 16 anni ormai, credi che non sappia riconoscere un sorriso falso?- Kyle mi leggeva nel pensiero.
Lo guardai mentre si sistemava affianco a me e apriva il libro per leggere, non mi ero mai così tanto soffermata a guardarlo: anche se non era molto alto, era un bel ragazzo, uno di quelli che piace, sia per carattere, sia per aspetto.
Passammo le lezioni a parlare del mio sogno; mentre ripercorrevo con la mente quel corridoio, Kyle mi teneva la mano.

Le ore passarono veloci e in un batter d'occhio mi ritrovai fuori dalla scuola intenta a cercare la macchina di mio padre. -Ciao papà- gli diedi un piccolo bacio sulla guancia salendo. -Com'è andata?- alzai le spalle e sorrisi aspramente. Il viaggio era diventato piuttosto silenzioso, quando un'improvvisa voglia mi assalì -Ho avuto un incubo, mi ha turbato molto, non faccio altro che pensarci. Stavo sognando tranquillamente quando è diventato tutto ragione di panico e ho paura che.. - non riuscivo a parlare. -Ed hai paura che possa accadere nella realtà- mi interruppe.
-So che ti è capitato spesso di rivivere un tuo sogno nella realtà, ma non è sempre così, questo può essere uno dei tanti incubi che una persona normale può avere, tranquilla - Annuii, poi mi misi a guardare fuori dal finestrino.
-Comunque sia, domani è il tuo compleanno! Cosa farai?- mi guardò con il viso sorridente, stava cercando di tranquillizzarmi -Credo che andrò con Kyle nel bosco, faremo un "piccolo campeggio" lui ha detto così-  mi prese la mano -Va bene, ma rimani vicino casa, non addentrarti troppo- annuii.

Abitavamo letteralmente in mezzo alla natura. Avevamo un grande giardino con diversi alberi di specie diversa, dai pini ai lati, alla pianta di noci, fino alla grande Quercia dove spesso ci ritrovavamo d'estate. La casa apparteneva alla famiglia di mio padre da generazioni e quando mio nonno morì rimase abbandonata finché i miei non decisero di ristrutturarla.
C'era sempre una certa tranquillità in quel luogo che mi metteva i brividi.
Non avevamo molti amici, vivendo ad un passo dalla foresta eravamo piuttosto isolati, ma a me piaceva stare con la mia famiglia. Per quanto riguarda i parenti, papà diceva che erano troppo lontani per venirci a trovare, non li ho mai visti, spesso mi manca la presenza di una nonna o di una zia. 
Una volta a casa, mi allungai sul letto dopo aver mangiato un buon piatto di pasta. Avevo stranamente paura di addormentarmi, mi costrinsi ad alzarmi e mettermi seduta sulla sponda del materasso.
Il silenzio era inquietante e lo era di più il fatto che tutte le volte che chiudevo gli occhi vedevo quel buio, quel luogo. Iniziai a sudare freddo, i miei occhi non volevano aprirsi, volevano sapere di più, ma io no, io volevo solo tornare alla realtà.
Gli incubi avevano sempre avuto un effetto particolare su di me, mi facevano così male dentro, sentivo sempre come un vuoto incolmabile che si espandeva sempre più. Avevo sempre creduto di poter riuscire a calmare questa sensazione da sola, ma questa volta avvertivo il bisogno di qualcuno, qualcosa che mi aiutasse a riempire questa voragine enorme.

Mi sdraiai sul letto e guardai l'ora, quattro e sedici; fin da piccola avevo la fissazione di esprimere un desiderio quando i minuti erano uguali alle ore, se ci fosse stato Kyle avrebbe detto: 'esprimi un desiderio citrulla' e io avrei espresso il solito da ormai due anni 'ti prego fammi avere una moto 125' con gli occhi chiusi e le dita incrociate, per poi scoppiare a ridere come se quel desiderio potesse avverarsi davvero. Mio padre era totalmente contrario 'è una cosa da maschi!' era questa la frase che lo salvava tutte le volte.
Pensai di esprimere il desiderio anche senza Kyle, ma non si prospettava divertente come al solito, perciò lasciai passare il minuto in silenzio.

Gli occhi si iniziarono a chiudere proprio quando un rumore mi rimise sull'attenti. Sentii la voce di mia mamma in un urlo di felicità e poi una porta sbattere contro il muro. 
Scesi velocemente le scale, stava abbracciando un ragazzo alto di cui non vedevo il viso, papà era a lato del corridoio con gli occhi pieni di gioia. Arrivata alla fine delle scale avvertirono la mia presenza e si girarono tutti di scatto.

Gli occhi intensi del ragazzo erano adesso posati su di me e mi analizzavano dall'alto in basso. Feci lo stesso con lui, con un espressione di curiosità. Il suo viso era squadrato, la sua pelle liscia e candida era leggermente bagnata dal sudore e contornava due grandi occhi, piuttosto normali, pensai, ma che nascondevano qualcosa di più. Le labbra erano rosee e carnose, perfette per quel viso. Portava una maglietta bianca sotto un giubbetto nero che dava a quello strano sconosciuto un'aria da duro. Fisico perfetto e il viso anche di più.

Mamma mi si avvicinò con un sorriso e le lacrime agli occhi -Lily, questo è tuo fratello.. Danel - disse prendendomi le mani.
Si girò completamente verso di me e sorrise mostrando 32 denti. Per un momento rimasi incredula, poi un senso di rabbia misto a dispiacere mi colse alla sprovvista.
Avvertii un calore che cresceva sempre più ogni secondo, il panico mi assalì, non riuscivo a calmarmi.

Bianco. Un bianco così accecante da dovermi coprire gli occhi. Non sapevo dove mi trovassi, iniziai a camminare senza meta, dovevo trovare qualcosa, qualcuno, che mi spiegasse cosa stava succedendo. 
Come se quel posto avesse sentito i miei pensieri, comparve un ragazza seduta per terra con delle catene. Aveva la testa piegata verso il basso e il viso coperto dai capelli castani, assomigliavano molto ai miei.
Indossava un vestito nero strappato e i suoi piedi erano neri per la sporcizia, mi chiesi perché portasse quelle catene.
-Scusami? Sai per caso dirmi dove mi trovo?- cercai di non avvicinarmi troppo -Sono morta?- nessuna risposta.
Le girai attorno per cercare di vederne il volto. I capelli lasciavano scoperta una parte del viso e riuscii a scrutare parte delle sue labbra violacee, poi osservai la pelle, bianca come il latte, e le lunghe ciglia dell'occhio chiuso.
-Mi chiamo Lily, ho ver..- non appena accennai a queste parole, la ragazza aprì gli occhi, rosso sangue.
La terra, se così si poteva chiamare, iniziò a tremare e caddi all'indietro destabilizzata per lo spavento.
La ragazza sfidò le catene e iniziò ad avvicinarsi con foga; se non ero già morta stavo per esserlo, pensai. Mi alzai in piedi e mi girai per iniziare a correre, quando una mano afferrò la mia, mi girai di scatto -Buon compleanno- mi teneva con una stretta di ferro e mi guardava fermamente con quell'occhio che si scorgeva dalla folta chioma sul viso, poi d'un tratto mi lasciò e si rimise a sedere.
  
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