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Autore: barby_164    30/07/2015    0 recensioni
Amalia non credeva che la sua vita potesse cambiare così. Trasformata in un colpo, viene trascinata da quella marea che quella notte l'aveva posseduta con violenza. Ricorda ancora il sapore di rame e la debolezza. Poi...e poi il sapore del sangue,non il suo ma quello del suo soccorritore. Si ritrovò in mulino, che risucchiava le sue sicurezze e tutto ciò in cui credeva.
Si ritrovò a lottare contro se stessa, imprigionata da un corpo che un tempo era suo, ma che ora ripudiava; vittima della sua fame e preda del suo creatore. Non sa che cosa le sia successo, ne in cosa si sia trasformata. Le pare che il mondo le stia crollando addosso, comprendola di macerie e polvere e tutto quello a cui pensa è Gabriele. Il suo primo " pasto" colui che ha risvegliato il suo cuore, letteralmente. In tutto quel buio lui è la luce che la guida. Ma non sa che anche lui nasconde un segreto.
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Corpi sudati, respiri affannati e mani che toccavano troppo audacemente per i miei gusti. Il calore era insopportabile e anche solo fare un passo era un impresa. 
Dovevo andarmene da lì, non mi piacevano le festa ma non volevo passare sempre per l'asociale e malgrado la mia repulsione per attività così mondane ero stanca delle critiche altrui. 
Mi spinsi fuori dal cumulo di gente che si dimenava e rideva, ubriachi se non drogati, drogati dall'atmosfera. Per una notte selvaggia tutto era concesso. 
Mi feci largo tra le coppie appostate nei margini dell'improvvisata pista da ballo, circondata da possenti e imponenti alberi.
Mi addentrai tra la fitta vegetazione, tra sempre verdi pungenti e foglie ruvide e secche. Più mi allontanavo più il senso di oppressione svaniva sostituito da respiri sempre più lunghi e sentiti. Di notte il bosco non sembrava poi così spettrale come si immagina, si sentivano rumori di animali e in lontananza si intravedevano delle lucciole che volavano tranquille nonostante il rimbombo della musica. Camminai per altri dieci minuti con l'intenzione di lasciarmi dietro quegli adolescenti con gli ormoni impazziti e il suono penetrante che osavano chiamare musica. 
Dopo quei minuti, i rimasugli della festa erano lievi e facilmente trascurabili, mi sedetti sotto a un pino e osserva la luna oscurata da un lato, guardai le stelle e cercai di riconoscerne qualcuna. 
Non so per quanto tempo restai lì, ma ricordo bene la sensazione di essere osservata, che io ingenuamente ignoravo.
I rumori, inizialmente, erano impercettibili poi si fecero sempre più vicini e frequenti: sentivo rami spezzarsi, passi veloci alle mie spalle o le foglie degli alberi che si muovevano nonostante l'assenza di vento. Rimasi congelata, ferma sotto il mio albero incapace di muovermi come se la paura mi avesse bloccata completamente, eppure non era quello, una forza, troppo grande per me mi teneva ancorata a terra, senza possibile resistenza. 
Passarono interminabili minuti in cui la pesantezza di quel blocco si faceva sempre più sentire, aderivo al terreno perfettamente, la mia vista piano piano si stava offuscando ma abbastanza lucida da vedere un ombra grossa e slanciata venire verso di me. Tutto di quell'ombra incuteva timore e agitazione: il suo passo lento, quasi sadico; i suoi movimenti agili e fulmini nel spostare le fronde degli alberi e quasi sembrava che volasse sul terreno umido e profumato. In men che non si dica la figura si fermò su di me, non riuscivo a vederne il volto ma intravedo una specie di cicatrice a forma di morso sulla sua mano, anzi una ferita, ancora aperta, ricoperta di pus e sangue che mi fece venire il volta stomaco. 
Piano piano, senza fretta si piegò, sentii il suo respiro accarezzarmi il collo procurandomi brividi di terrore, sentivo le sue mani callose ma al contempo delicate spostarmi i capelli dalla gola, proprio dove mi pulsava la vena principale, che in quel momento stava pompava sangue all'impazzata. Sentii le sue labbra morbide scorrermi sul collo, la sua lingua secca leccarmi proprio la vena e poi... Un dolore atroce mi colpì. Non potevo urlare, ero bloccata. Sentivo i suoi denti squarciarmi le carni e succhiare avidamente il sangue, l'adrenalina non mi stava aiutando ad alleviare il dolore anzi ero cosciente di ogni suo movimento violento e possessivo. Il dolore era straziante, sentivo la gola tormentata da quella cosa pulsare e colare sangue sulla mia pelle, impegnandomi i vestiti. Il mostro continuava a dissetarsi e io diventato sempre più debole e poco lucida ma nello stesso tempo sentivo qualcosa crescere in me, smuovermi non solo le viscere ma la parte più nascosta dall'anima. Piano piano riuscii a prendere il comando del mio corpo, prima un dito poi l'intera mano. La creatura non se ne accorse era troppo presa dal suo pasto. In poco tempo riuscii a muovere un braccio e con estrema lentezza cercai qualcosa intorno a me per colpirlo, le mie mani giunsero a qualcosa di ruvido: un paletto di legno. Ci strinsi intorno le mani con forza e con i rimasugli di forza vitale conficcai il pezzo di legno in mezzo alle costole del  predatore. Un urlo acuto e lacerante ruppe il silenzio creatosi. L'ombra schizzò via gocciolando sangue nero come la pece.
L'ultima cosa che ricordo è il viso di un ragazzo sfuocato che mi cingeva le spalle con un braccio e con l'altro mi prendeva sotto le gambe. Poi tutto nero, tranne per una piccola luce che mi teneva ancorata alla mia vita.

 
   
 
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