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Autore: Espero    27/02/2005    3 recensioni
Squallida esistenza di una Idol (pop star del minuto). Inaspettata consapevolezza e fuga dall'umiliazione e dallo stupro morale e fisico.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Raccontami di te Alice… cosa fai per vivere

Raccontami di te Alice… cosa fai per vivere?

Sai cosa sono gli idol?

Si, perché?

Niente… Lascia perdere

Come vuoi tu. Che fai per vivere?

Recito

Sei un’attrice? Wow!

Si… un’attrice… a tempo pieno…

Il mio nome è Yumiko Shiratori , sono una idol. Sono nata e vissuta in una stazione orbitante sino all’età di sedici anni quando, credendo di realizzare un sogno, divenni ciò che sono. Un volto su ogni prodotto, un testimonial del consumismo, una bambolina sexy che canta su un palco banalità di sconcertante superficialità, una puttana per menager, registi e persone altolocate. Sotto un vestito da scolaretta giapponese, dietro una maschera di lolita tutta la merda di questa società. La mia famiglia è stata tagliata fuori dalla mia vita, da coloro che mi hanno reso ciò che sono e che devo essere: una idol.

Ogni uno o due anni un volto diverso e dunque presto verrà il mio turno di scomparire. Di notte quanto arrivo a casa, dopo che menager e colleghi hanno abusato a turno di me e del mio stramaledetto corpo mi fermo a guardarmi allo specchio poi mi trascino in bagno e vomito. Vorrei vomitare l’anima, lo spirito, la vita, ma l’unico risultato è piangere per quelle poche ore di pace.

La mia vita è girare di città in città a cantare per sconosciuti che mi adorano e farmi sbattera da vecchi bavosi tutti intenti a riversare la propria frustrazione sul mio corpo colpevole. Ormai è una abitudine, non riesco a fare altro che arrendermi al tocco delle loro mani… ma verrà il giorno in questo vuoto che mi anima scomparirà ed io potrò tornare ad essere Yumiko Shiratori.

Eh quanto hai iniziato a recitare?

Presto… intorno ai 15 anni… poi non ho più potuto farne a meno…

Ti ammiro! Hai una grande passione! E rara di questi tempi!

No… nessuna passione… si tratta di sopravvivenza…

La mia vita è iniziata nell’Aprile del 2035 nella stazione orbitale di Ninsei. Quella sera suonai nel solito locale trendy gremito di fans, poi me ne andai in camerino.

Puntualmente arrivò il mio menager ad eseguire la sua solita routine.

Mi cinse la vita con le sue grasse mani e iniziò a sbottonarmi la camicetta. Mi sentivo come una mosca inerte sulla tela di un ragno.

Mi irrigidii.

Per la prima volta non recitavo… non simulavo accondiscendenza e non mi sforzavo di essere seducente nel farmi sbattere dal ragno. Non apprezzò questa freddezza e irato mi tirò uno schiaffo facendomi capitolare a terra. La guancia non mi faceva nemmeno male, non sentivo che l’odore di polvere della moquette del camerino. Ancora più eccitato si sistemò sopra di me per umiliarmi secondo il copione. Alzò la mia gonna, si slacciò i pantaloni e il sangue mi si gelò. Le mie vuote orbite fissavano quella bestia, che animalescamente mi chiavava sul pavimento, riflessa allo specchio e poi vidi sotto di lui un volto attonito, pallido e freddo. Quel volto si deformò in una smorfia di abissale tristezza, calde lacrime solcarono quel viso e poi quel involucro indifeso e svestito che giaceva sul pavimento prese vita ed in un convulso scatto d’odio e rabbia calciò quel grosso animale nelle palle. Afferrò il primo oggetto che trovò sul tavolo e massacrò di colpi quel sudicio porco degno di ogni sofferenza.

Mi ripresi che ero davanti allo specchio con la camicetta aperta sotto la quale si intravedevano i miei seni sodi e la gonna strappata via nella febbrile eccitazione di quel ammasso di carne che giaceva a terra rantolante. Mi guardai ed in quella figura mi riconobbi. Orrore e disgusto di ciò che ero e sono stata. Le forbici sporche cadono dalle mie mani e sfioro quella fredda raffigurazione di una ragazza a cui hanno cercato chirurgicamente di asportare l’anima. Quella ragazza piangeva e dovevo salvarla. Mi vestii, raccolsi la forza di quel riflesso e mi allontanai da quella stanza senza dare nell’occhio. Raggiunsi il parcheggio e mi infilai nella prima AV che trovai: un piccolo furgone che mi racchiuse in una cassa.

  
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