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Autore: Always_Always    30/07/2015    18 recensioni
Quando Jeremiah Arkham ha aperto i cancelli per la prima volta, non sapeva certo a cosa stesse andando in contro. Era stato più un salto nel buio, il suo: il sogno di realizzare qualcosa di grande. Col pugno di ferro non si era fermato e non aveva mai ceduto alla paura, conscio che quelle che aveva davanti fossero solo persone. Persone che - seppur piene di problemi, di violenza latente e con una concezione di giusto e sbagliato altamente precaria - potevano essere gestite con il giusto personale e la giusta determinazione.
Ma con quest'ultima annata sta per cambiare tutto, perché qualcosa non quadra.
È la classe dell'ultimo corridoio che non quadra, con i suoi studenti. Come se concentrasse in sé qualcosa di sbagliato che fa tremare le pareti di tutto l'Arkham High School.

...
AU ambientato tra i banchi di scuola che cercherà di raccontare dei personaggi quando ancora non sono quelli che conosciamo. Di quello che succede in quel lasso di tempo tra il prima e il dopo.
...
{BrucexSelina, BrucexTalia, HarveyxRachel, JokerxHarley}
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Batman, Due Facce, Harley Quinn, Joker, Un po' tutti
Note: AU, Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo n°5
Crazy in Love
 
 
 
I look and stare so deep in your eyes, 
I touch on you more and more every time
When you leave I'm begging you not to go, 
call your name two three times in a row
Such a funny thing to me to try to explain 
how I'm feeling and my pride is the one to blame
'Cause I know I don't understand 
just how your love can do what no one else can
 
(Beyonce, Crazy in Love)
 
 
 
 
La mensa è gremita di studenti, così tanti che Vicki Vale non pensava potessero essercene in un solo istituto. Ma, d'altra parte, lei è sempre stata abituata al suo piccolo e tranquillo paesino, quindi non dovrebbe sorprendersi che in città le cose stiano diversamente.
 
"Mia cara, sembri particolarmente spaesata…"
 
Jervis Tetch le sta porgendo il braccio con un'eleganza che non trasuda nulla di sbagliato, ma Vicki è sempre stata una donna sveglia, una che sa leggere gli occhi della gente e lo sguardo che le rivolge il suo nuovo collega è tutt'altro che innocuoSembra che voglia mangiarla e questo la mette a disagio. Ma sa che, essendo appena arrivata, non può permettersi di inimicarsi l'unico potenziale amico, considerato che nessun altro si è mostrato interessato a fare conoscenza. Si limiterà a fare buon viso a cattivo gioco.
Si abbassa quel tanto che basta per afferrargli il braccio e vede Jervis illuminarsi. Reprime il disgusto e scuote la testa.
 
"Da dove vengo io non c'era nemmeno, la mensa."
"Non è il massimo, ma il cibo è buono. Vieni Alice, raggiungiamo Eddy."
"Vicki."
"Come?"
 
La donna gli sorride forzatamente: "Il mio nome è Vicki, non Alice."
 
"Oh, ma devi ammettere che ti si addice proprio!" Jervis le sorride di rimando, poi fa un cenno verso un uomo infilato in una camicia verde e corrucciato dalla testa ai piedi. È seduto a uno dei tanti tavoli della mensa. Lei sa di chi si tratta, perché ha avuto modo di conoscerlo qualche giorno prima: Edward Nashton, l'insegnante di matematica. È scorbutico e scontroso con chiunque, persino con Jervis che, per qualche strano motivo, continua a essergli amico. Non le piace per niente, quell'uomo. Il suo senso di superiorità è pari solo al suo sconfinato orgoglio e questo basta per annoverarlo nella lista di persone con cui non intende approfondire un rapporto. Ma, ancora una volta, le circostanze la costringono a contraddirsi.
Questa faccenda del far buon viso a cattivo gioco si sta rivelando più complicata del previsto.
 
"Eddy, sei stato gentile a occupare un tavolo per tutti!" esclama Jervis, particolarmente eccitato.
 
Ma lo fa di proposito o non si rende conto della realtà dei fatti?
Il professore di matematica alza gli occhi appena, li fa roteare al cielo e poi si concentra nuovamente su ciò che tiene fra le mani. Sono una matita e un giornalino de "L'Enigmista"[1]. Vicki ne approfitta per intavolare una conversazione, se non altro per staccarsi dalla presa di Tetch.
 
"Le piacciono gli indovinelli, signor Nashton?" domanda, prendendo posto e poggiando il vassoio sul tavolo.
Edward continua a tenere lo sguardo fisso sulla rivista: "Diciamo che sono particolarmente abile nel risolverli. Ma questi," sventola in aria il giornalino con sufficienza e poi lo sbatte sul tavolo, "sono così insulsi da farmi pena."
Tetch ha la voce sognante di un bambino stupito: "Eddy riesce a capirli tutti nel giro di un'ora. Glielo dico sempre che ha un cervello formidabile."
 
Vicki, suo malgrado, sorride. Osserva il vassoio del collega di matematica e nota che i due piatti sono disposti in ordine perfettamente simmetrico; le pietanze sono separate con precisione chirurgica, così come le posate: maniaco dell'ordine. Ma che bella sorpresa… e lei che pensava che il nano fosse già un grado sopra la sua scala di sopportazione. 
 
"Alice mangia, altrimenti si raffredda."
 
Per l'appunto.
Vicki si volta amareggiata verso Jervis per ripetergli per l'ennesima volta che, maledizionesi chiama Vicki, ma è la voce seccata di Edward a interromperla.
 
"Immagino che 'Alice' non sia il tuo nome…"
 
Pare rassegnato, come se fosse a conoscenza di qualche particolare interessante che lei ignora. Annuisce senza più parlare, concentrandosi sul pranzo e scegliendo di troncare la conversazione.
Un perfezionista patologico e un nano con la fissazione per Alice.
Ma dove diavolo è capitata? Più che una scuola, le sembra un manicomio.
 
 
 
∞∞∞


 
"Sapevo di trovarti qui."
 
Rachel Dawes alza la testa dai libri e sistema gli occhiali che le sono scivolati sulla punta del naso. Davanti a lei, poggiato allo stipite della libreria e con il sorriso sulle labbra, c'è Harvey Dent.
Anche se dovrebbe esserne abituata, si stupisce ogni volta della sua capacità di sorprenderla. Il lato positivo è che sta imparando a non far trapelare la sua agitazione.
 
"Mi stai seguendo?" domanda, ma sorride, perché non c'è alcuna insinuazione nella sua voce.
 
Nell'aria echeggia lo 'ssh' della bibliotecaria, così Harvey abbassa la voce e le si avvicina.
 
"Ho solo pensato che una ragazza secchiona come te non avrebbe perso tempo a mangiare in mensa." Prende posto accanto a lei e getta lo zaino a terra: "Non con un test in arrivo."
"Ottima capacità di deduzione, Sherlock."
"Che posso dire? Mi viene naturale."
 
Ridacchiano entrambi e Rachel scosta una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio. È imbarazzata, ma stranamente a proprio agio; con lui è sempre così: si sente impacciata come se non riuscisse più a ragionare lucidamente, eppure felice e leggera come non lo è mai stata. Che sia questo l'effetto dell'amicizia? È questo che si prova ad avere qualcuno con cui ridere e scherzare? O forse…
 
Harvey si gratta la testa e comincia a parlare: "Dobbiamo anche cominciare la nostra ricerca di arte, sai…"
 
Rachel abbassa lo sguardo e nota che le loro mani sono più vicine di quanto pensasse. Vicinissime. Si sente improvvisamente accaldata.
Ma non li hanno, i condizionatori, in questa maledetta scuola?
 
"Hai ragione," gli risponde, "ma il test è questa settimana."
 
Lui sogghigna e fa scivolare la mano in tasca; per un attimo Rachel è dispiaciuta che si sia allontanata dalla sua: riusciva quasi a sentirne il calore. E le piaceva. Nonostante abbia un caldo insolito, le piaceva.
 
"Facciamo così," Harvey le mostra una moneta, "testa o croce."
Rachel ridacchia di nuovo: "Per che cosa?"
"Testa: cominciamo la ricerca insieme. Croce: tu torni ai tuoi studi e io ti lascio stare."
 
La ragazza soppesa la sua proposta e osserva la moneta d'argento che scintilla nella sua mano grande. Harvey, con il suo carisma che lo rende sempre sicuro, suscita un certo fascino su di lei, al contrario così timida e riservata. Lo guarda, guarda i suoi capelli biondo cenere e i suoi splendidi occhi nocciolati e lo invidia: le piacerebbe essere come lui. Avere la stessa sicurezza.
 
"Lasci che sia il caso a scegliere per te?"[2] ribatte, ancora sorridendo.
 
Vorrei che uscisse testa. 
 
Lui accende il volto con un altro sorriso: "Perché no?"
 
Lancia la moneta. Vortica in aria.
Testa, testa, testa.
Arriva all'apice e comincia a precipitare.
Testa, testa, testa.
Harvey l'afferra e la ribalta sul palmo della mano. Rachel non si era resa conto di quanto fosse agitata, ma ora vuole assolutamente conoscere il verdetto. Harvey se ne andrà? O resterà con lei? L'idea di passare del tempo con lui la manda in visibilio.
 
"Mi dispiace," annuncia infine lui, scostando la mano e permettendole di vedere il risultato, "ma dovrai rimandare i tuoi studi a più tardi."
Il profilo arcigno di John Fitzgerald Kennedy sembra farle l'occhiolino ed è la cosa più bella che abbia mai visto.
"Oh," sbuffa Rachel, in un tono falsamente deluso che lui smaschera immediatamente, "sei davvero insopportabile."
 
 
 
∞∞∞


 
Pamela cammina spedita senza degnare Harleen di uno sguardo. Con disappunto nota che la fila per la mensa è quasi chilometrica, maledizione. Un istinto omicida parte dalle viscere e risale in gola e manca poco perché Pamela si metta a urlare.
Fanculo, fanculo a tutti.
 
"Pam, per favore aspetta!"
"Non ci provare Harl."
"Ho detto che mi dispiace."
 
Si beh, quello è il minimo.
Supera Jonathan Crane e si mette in coda, agguantando malamente un vassoio mentre aspetta il suo dannatissimo turno. Harleen la affianca, ma lei non ha intenzione di guardarla in faccia.
 
"Credo che sia un po' esagerato, sai…" mormora Harl.
Quasi Pamela strabuzza gli occhi: "CHE COSA? Sparisci per una settimana senza farti sentire, poi torni qui come se nulla fosse e non mi degni nemmeno di una spiegazione! E ti aspetti che io ci passi sopra?"
 
Harleen si gira i pollici e osserva il pavimento con inspiegabile interesse: "Non è proprio così. È solo che—"
"No, Harl. Non dirmi che l'hai fatto per non farmi preoccupare. Risparmiami altre bugie."
La bionda storce il naso: "Non sono bugie."
 
La fila scorre più velocemente di quanto si aspettasse, infatti dopo qualche minuto sta già indicando alla cuoca le pasta in bianco. Potrebbe ordinare anche il secondo, ma quella carne ha un aspetto orribile e mangiare verdure l'ha sempre disgustata.
Povere, povere piante.
 
"E per te, biondina?" la cuoca è grassa e ha una voce da uomo. Indossa una di quelle cuffiette per capelli sempre unte che le ricordano quanto sia terribile mangiare in mensa.
Pamela sa già che cosa prenderà Harleen. Lei non è mai stata attenta a quello che mangia, mai.
 
"Bistecca e patatine fritte, per favore."
 
Già. Devo sempre pensarci io alla tua salute, vero?
Contro la sua ferrea ostinazione, consente a Harleen di sedersi al suo stesso tavolo. Sarebbe troppo strano mangiare senza di lei. Quando è stata l'ultima volta che sono rimaste separate? Non se lo ricorda più. Un'eternità, appunto. E lei non è una ragazza che si affeziona facilmente, quindi Harleen l'ha fregata per bene. Maledetta biondina. Fin da quando ne ha memoria, lei e Harl sono sempre state insieme e così deve continuare a essere, anche quando vorrebbe darle due ceffoni ben piazzati sul viso — come in questo momento.
 
"Pam, senti…" Harl chiude gli occhi e cerca di trovare le parole giuste. "Mi dispiace davvero. Ma non sto accampando scuse per giustificare la mia ultima settimana e vorrei che tu lo capissi."
"Harleen Quinzel, pensi che non abbia notato i lividi che cerchi di nascondere con quella maglia a collo alto?"
Lo vede chiaramente, lo stupore, scivolare negli occhi di Harl e pietrificarla sulla sedia.
"Credi che io sia così stupida da non aver visto quanto sei assente in questi giorni? Persa nei tuoi pensieri?"
 
Come se non fossi più a contatto con la realtà.
 
"I-io…" boccheggia, Harleen, incapace di racimolare scuse.
"Quello che ti sto chiedendo è di fidarti di me." Pamela le afferra la mano e anche questo è un comportamento insolito per una come lei. Ancora una volta, è colpa di Harleen. Lei e la sua stramaledetta capacità di farsi voler bene.
 
"Quello che ti sto chiedendo è di lasciare che io ti aiuti. A me puoi dire tutto, lo sai."
 
Per qualche istante è soltanto il chiacchiericcio generale della mensa a fare da sottofondo ai loro sguardi, ai loro pensieri. Pamela non l'ha mai vista così strana. Diversa, Harleen è cambiata. Ha continui sbalzi d'umore e sembra non riuscire mai a concentrarsi. Pare ossessionata da un pensiero fisso e il brutto presentimento che continua a perseguitare Pamela si fa intenso ogni istante di più.
Quando risponde, il tono piatto di Harl le fa capire che aveva ragione: qualsiasi cosa stia succedendo è grossa. E grave.
 
"E se fosse qualcosa difficile da capire?"
 
La voce è un sussurro inquieto che poco si addice al carattere energico della sua migliore amica.
In che guaio ti sei cacciata, Harleen?
 
Deglutisce. "Fammi provare."
 
 
 
∞∞∞


 
Il professor Victor Fries prende posto al tavolo degli insegnanti salutando i presenti con un freddo 'buongiorno'.
Jervis lo guarda dal basso e sorride. Victor è sempre gentile e educato con tutti, qualsiasi cosa accada. Certo, forse è un po' distante, ma lui non se la prende più di tanto, anche se vorrebbe capire il motivo di tale cambiamento: era così caloroso, prima! Poi la signora Fries è morta ed eccolo lì, a odiare il mondo intero con la sua consueta eleganza. Jervis non comprende come possa essere ancora addolorato, anche a distanza di così tanto tempo: Nora era mora, con un nome banale e nemmeno gli occhi azzurri. Non si addiceva per niente a un uomo come Victor! Lui è più adatto alle bionde… come la signorina Vale. Lei sì che è la persona giusta! È proprio contento che si sia unita al nuovo corpo insegnanti, dovrebbe andare a congratularsi con il vecchio Arkham, e…
 
"Oh!" esclama, gli occhi luminosi e la testa ormai altrove, "Bane! Siamo qui!!"
"Anche lo scimmione?"
"Eddy, sii gentile. Non vorrai farlo arrabbiare! Ricordi com'è finita l'ultima volta?"
 
Il collega non risponde, ma il discorso non resta in sospeso perché Alice assume un'espressione indagatrice.
 
"Che cos'è successo?"
 
Adora quella ragazza. La sua curiosità, la sua scaltrezza, la sua energia. Dio, l'adora proprio!
 
"Eddy gli ha consigliato di piantarla con gli steroidi. Bane non ha gradito."
"Si fa di steroidi?"
"Certo che no," risponde Victor, perentorio.
"Certo che sì," ribatte Eddy, "altrimenti perché è così grosso?"
"Costituzione… ?" azzarda Alice.
 
Nota lo sguardo truce di Eddy e decide d'intervenire prima che l'amico possa insultare l'intelletto della sua bionda.
 
"Comunque, Bane non l'ha presa molto bene e ha rotto il tavolo. Usando Eddy."
 
Ride. È l'unico ma non gli importa.
Finalmente Bane li raggiunge con la sua camminata pesante che gli ricorda tanto quella di un grande orso arrabbiato. Eh sì, perché Bane, per un motivo o per un altro, è perennemente imbronciato e questo un po' lo rattrista perché gli piacerebbe che andassero tutti d'accordo come veri amici.
Però non perde mai le speranze.
 
"Allora, come è andata la giornata?"
 
Bane risponde con un ringhio sommesso, agguantando il tocco di pane che ha sul vassoio: "I novellini sono degli idioti."
Eddy, di fronte a lui, sogghigna: "Per una volta sono d'accordo con te."
 
Jervis lo sa: questo non li rende amici. Però non può fare a meno di essere felice di questo piccolo avvicinamento.
Victor si limita a sorseggiare il suo bicchiere d'acqua e Alice è ancora intenta a osservare Bane, probabilmente sconvolta dalla mole massiccia del suo nuovo collega. Lo sa che il suo amicone fa questo effetto ai nuovi arrivati: è davvero bello grosso.
Jervis, tutto sommato, sente che sarà una bella giornata.
 
 
 
∞∞∞


 
Jonathan Crane è in fila per la mensa e si prende il tempo necessario per osservare il mondo che gira attorno a sé. Gli studenti sembrano tante piccole formiche che brulicano alla disperata ricerca di briciole di pane. Gli fanno pena, ma al tempo stesso invidia la loro caparbietà nel voler trovare ad ogni costo un posto nell'ordine delle cose. Lui è sempre stato estraneo a queste necessità. È sempre stato distante, come se fosse separato dal resto del mondo. Ha imparato a non farne un dramma e a bearsi delle piccole cose che la sua vita apatica gli concede. Una, in particolare.
La tua più cara e preziosa amica…
La cuoca gli porge il piatto e lui ringrazia con un cenno educato del capo.
Non ti piacerebbe scoprire qual è la cosa che teme di più?
C'è un tavolo vuoto in un angolo della grande mensa. Da lì riesce a vedere tutti. È perfetto.
Non ti piacerebbe vederli urlare?
Il pacchetto che tiene sigillato prudentemente nella tasca interna dei sui pantaloni ora pesa più di quanto dovrebbe e pare chiamarlo con insistenza crescente.
Ma non si può, non si può!
Impugna la forchetta: l'insalata non gli è mai parsa più terribile.
Non faccio più certe cose. Ho chiuso con quella roba.
In verità non è poi così male, una volta in bocca. Jonathan sistema meglio gli occhiali e osserva gli studenti e gli insegnanti, imponendosi di resistere a qualsiasi cosa potrebbe indurlo in tentazione.
 
 
 
∞∞∞


 
Quando Bruce entra nel salone sa che Selina aspetterà qualche minuto prima di seguirlo e scuote la testa, divertito: quella ragazza ha così tante paranoie. Supera addirittura le sue.
E non è così facile.
 
Silenzio e finzione. Queste sono le regole che si sono imposti quando hanno iniziato quel bollente gioco di seduzione. Non che gli dispiaccia, comunque. Non sa quale potrebbe essere la sua reazione se qualcuno si accorgesse della loro tresca e per ora non vuole scoprirlo. No, molto meglio così. Silenzio e finzione. Le regole esistono per un motivo. E la rassicurante certezza dell'anonimato è una piacevole sensazione.
 
Si avvicina alla fila per la mensa e davanti a lui nota una figura; ha le spalle coperte da una cascata di capelli castani. Per un istante si blocca e non sa come comportarsi. Non ha bisogno che lei si giri per riconoscerla: potrebbe distinguere quei fianchi morbidi e quelle gambe snelle persino in una piazza sovraffollata e proprio per questo è incerto se avanzare e scontrarsi inevitabilmente con lei, o se costringersi al digiuno per causa di forza maggiore. È così indeciso che quando effettivamente lei si volta, resta imbambolato come un pesce lesso. Le labbra carnose e il sorriso niveo risplendono su quel viso perfetto e, quasi come una conseguenza naturale, gli si secca la saliva in gola.
 
"Talia," saluta lui, la fuga ormai un sogno lontano, "non… pensavo di trovarti qui."
 
Bella, con la mascella rigida e gli zigomi appuntiti. Bella, con gli occhi pastosi da sembrare di crema, unico squarcio di tenerezza in quell'armatura di ghiaccio.
 
Per un istante gli sembra che arrossisca. "A volta mi capita, sai…"
 
È solo un'impressione, naturalmente. Talia ha un controllo ineccepibile delle sue reazioni; per questo adora i suoi occhi.
Quelli non sempre riesce a controllarli.
L'aria è pregna d'imbarazzo e lui si sorprende di come due persone carismatiche come loro perdano d'improvviso tutta la loro abilità di argomentazione. Si risponde che, però, a situazioni come quella non sono abituati. Carisma o no.
 
"Beh…" Talia si schiarisce la voce, "come… stai?"
 
È una bella domanda. Se la fa spesso anche lui, senza mai riuscire a venirne a capo. Ora in un modo o nell'altro deve trovare qualcosa da rispondere, però, altrimenti farà davvero la figura del cretino ed è l'ultima cosa che vuole. Non davanti a lei. Specialmente davanti a lei.
 
"Single," si lascia sfuggire e non è esattamente quello che voleva dire; proprio no. Quel tono autocommiserativo da dove è saltato fuori? È in situazioni come queste che vorrebbe prendersi a pugni da solo. Forse un livido o due gli ricorderebbero di collegare il cervello alla lingua.
Talia si rabbuia e così anche lui.
Bella mossa, idiota.
 
"Già…" commenta lei. Questa volta i suoi occhi sono pieni e liquidi. Se non la conoscesse bene, probabilmente non se ne accorgerebbe.
 
Ma io ti conosco ed è questo che fa male più di tutto. I ricordi sono dolorosi, vero Talia?
 
Lei si gira e comincia a camminare verso una meta imprecisata che a Bruce non è dato di conoscere. Vorrebbe fermarla, afferrarle il braccio e chiederle qualcosa su di lei. Come sta. Se le è passata.
Se mi hai dimenticato.
Invece tutto quello che fa è osservarla andarsene, ermeticamente barricata in quella corazza di indifferenza e cattiveria che l'ha sempre caratterizzata e che lui è riuscito, per un tempo che gli pare infinitesimamente piccolo, a scalfire.
 
 
 
∞∞∞


 
"Pam… ti senti bene?"
 
Harleen la guarda di sottecchi senza riuscire a nascondere la preoccupazione. Forse avrebbe dovuto scegliere un posto più consono per questo tipo di conversazione, ma sa che Pam non avrebbe sopportato altre tergiversazioni. E poi, la verità è che vuole ardentemente raccontarle ciò che è successo e sfogarsi con lei per tutto ciò che è accaduto: il primo incontro con Mr J, l'omicidio nel vicolo, l'aggressione fuori dalla scuola e poi il bacio sotto casa. Troppo a lungo ha taciuto, accontentandosi dei suoi soli pensieri e ora ha bisogno di sfogare tutte le sensazioni che ha provato, di dare voce alle emozioni straordinarie che Mr J ha scatenato in lei e cercare di spiegare quanto meravigliosa e al tempo stesso spaventosa sia la rivelazione che lei, in un modo ossessivo e morboso che non comprende ancora appieno, sia innamorata di lui.
E sa che, anche se ci metterà del tempo e probabilmente non sarà d'accordo, Pamela è l'unica con cui potrebbe confidarsi. Almeno, ne era certa prima di vedere quello sguardo strano nei suoi occhi, una mescolanza di preoccupazione, rabbia e paura. Ha il dubbio di aver parlato troppo presto.
 
"No."
 
Harleen osserva le sue spalle irrigidirsi e i suoi pugni farsi sempre più chiusi ed è aggredita dal panico. Tenta di rimandare l'irreparabile.
 
"Senti, so che è difficile da capire, ma—"
"Niente ma, Harl. Questo non è solo 'difficile da capire', è inaccettabile. Dirmi che sei… sei… di quel mostro, poi!"
 
È come se la colpisse al cuore: "Mr J non è un mostro."
 
"Mr J?" sbotta Pamela, lo stupore sgrana i suoi occhi, "Harl, ma senti quello che dici?"
"Qual è il problema?"
"Quel ragazzo ha ucciso una persona e ha tentato di far fuori anche te, due volte."
"L'ha fatto per salvarmi. E non voleva uccidermi."
"Chissà quante altre volte ha ucciso!"
 
Tante. L'ho visto nei suoi occhi.
Pamela le afferra la mano e per un istante è tentata di sottrarsi a quel tocco freddo. Non capisce, Pamela. Non vuole starla a sentire. La tratta come una bambina capricciosa e questo la irrita come non mai.
 
"Harleen, ti prego, abbandona questa pazzia. Non puoi essere davvero… innamorata di lui!"
 
Innamorata di lui.
Detto ad alta voce, ha un suono meraviglioso.
Innamorata di lui. Uhm.
È possibile?
 
"L'avevo detto che non avresti capito…" commenta afona e questo basta perché Pam smetta per qualche istante i panni da vendicatrice per indossare quelli da psicologa mancata. Non ha mai potuto soffrire il suo comportamento da madre surrogata.
 
"Dio mio, Harl! Ti prego!"
"Io ho visto cosa c'è in fondo ai suoi occhi, Pam: tristezza e dolore." E non solo. Ma Pam non capirebbe. "Laverò via quel dolore e lo farò di nuovo felice!"
"Harleen Quinzel, questa volta hai passato il segno e non resterò zitta mentre ti fai ammazzare! Scordatelo! O lui, o me!"
 
 
 
∞∞∞


 
Rachel non avrebbe mai immaginato che studiare con qualcuno potesse essere così spassoso e ne rimane piacevolmente sorpresa. Harvey, poi, è un ragazzo affabile e divertente, che non dice mai una parola fuori posto e riesce sempre a metterla a suo agio. La ricerca procede lentamente ma lei non ne è dispiaciuta, anche se la sua natura studiosa le imporrebbe un ritmo più serrato sui libri. Stare con Harvey è così… bello. Sentirlo vicino, far scivolare lo sguardo sul suo corpo e poi tornare sul suo viso, osservare come l'angolo della bocca si sollevi a ogni sua risata, ridacchiare per i capelli biondi che proprio non vogliono stare al loro posto, è incredibile; la fa sentire speciale. Harvey è speciale. Se ne accorge a ogni secondo che passa. Non è ancora riuscita a capire come siano finiti mano nella mano, seduti così vicini da essere quasi l'uno sopra l'altro, ma non le importa. È come se fosse in un sogno, un sogno ad occhi aperti dal quale per nulla al mondo vorrebbe svegliarsi. E lui le carezza le dita con una delicatezza così amabile che ha più volte indugiato sulle sue labbra sottili provando a chiedersi come sarebbe stato baciarle.
 
"Rachel, mi stai ascoltando?"
"C-come?"
"Lo sapevo, questa storia proprio non ti piace."
 
Un'altra risata. E il suo cuore fa una bella capriola all'indietro. Resta imbambolata a guardarlo anche quando lui si volta verso di lei e smette di parlare. I suoi occhi nocciola la fissano a lungo e brillano di una luce strana che li rende ancora più incantevoli.
 
"Sei… molto bella, Rachel."
 
Lei avvampa. Un'abitudine alla quale si è ormai abituata.
Poi Harvey si avvicina lentamente e posa le labbra sulle sue in un bacio che ha il sapore di dolcezza. E Rachel a quel punto chiude gli occhi e lascia che lui la porti lontano, in un posto che profuma di fragole e d'amore e dove esistono solo loro.
 
 
 
∞∞∞


 
"Amico, ma perché non mangi mai niente?"
 
Jack Ryder si sente in diritto di fare domande, ma la verità è che è un'irritante chiacchierone e se continuerà con questa imprudenza imparerà a sue spese che è sempre meglio pensare prima di parlare. Ma oggi Mr J non ha voglia di dare spettacolo: il pubblico è noioso e senza classe e la sua arte sarebbe sprecata in un contesto simile.
Ah ah. Ho parlato troppo presto.
Nel suo campo visivo entra una figura interessante che gli accende lo sguardo e gli fa cambiare idea: Bruce Wayne.
Sarebbe splendido verificare se quello che pensa sul piccolo principe corrisponda a verità, ma se vuole davvero mettere in scena uno spettacolo come si deve, occorre prima di tutto dare 'il via alle danze'.
Ridacchia, ora sinceramente divertito.
 
"Jacky," dice, "quello non è il tuo amico Bruce?"
 
Lo stolto si volta a quelle parole e il suo volto s'indurisce alla vista del principe di Gotham.
Mr J sa che tra i due non è mai corso buon sangue, o almeno: sa che Jack odia a morte il più famoso orfanello della città, forse per un'invidia mai del tutto sopita. Ma da uno squallido imbecille come Jack Ryder non ci si può aspettare altro.
 
"Bruce Wayne, quella feccia," risponde Jack. "Che ci fa qui?"
 
Può sentirlo dalla sua voce, tutto l'astio che impregna le sue parole. Così tanto che è quasi palpabile.
Ride di nuovo.
 
"Perché non glielo chiedi?"
Jack lo guarda e sorride, ma il suo, di ghigno, è molto più allargato: "Io ti seguo, Jacky."
 
È l'ultima piccola spinta: Jack parte alla carica e lui deve trattenersi a stento per non ridere come un matto.
Non ancora, non ancora. Non è ancora ora.
 
"Ehi, Wayne! Credevo che i principini come te non frequentassero la mensa! Ti mischi con le persone normali?"
 
Dai, dai, dai…
Bruce si volta appena, squadra per qualche secondo la figura di Jack e poi torna a osservare il cibo. Alza le spalle.
 
"Credevi male, Ryder. A volte anche noi principi dobbiamo mangiare."
"E dov'è il tuo caro maggiordomo? Si è scordato di cucinarti il pranzo?"
"Si è preso la giornata libera. Che posso dire? Sono sfortunato."
 
Eh no, no, no, non va. Quell'idiota non sa proprio come si fa.
Jack sta annaspando nel suo stesso discorso e nessuno li sta ascoltando. Se Mr J vuole davvero arrivare dove spera, ci vorrà molto più di questo show da quattro soldi per scaldare il pubblico e crede proprio che dovrà intervenire.
D'altra parte, lui se lo ripete spesso: se si vuole fare una cosa è sempre meglio pensarci da soli.
Si apre il sipario!
 
"Pare che anche tuo padre si fosse preso una giornata libera e quando l'ha fatto non gli è andata molto bene."
 
Lo vede chiaro come il sole: le spalle di Bruce Wayne s'irrigidiscono d'istinto e il chiacchiericcio che aveva caratterizzato l'imbarazzante intervento di Jack sprofonda nel silenzio.
Oh, ora sì che ci siamo.
Ai tavoli, nessuno si è ancora accorto di niente e questo gli dà un po' fastidio, ma pazienza: per questa volta dovrà accontentarsi di un piccolo pubblico. Qualcosa gli suggerisce che ci saranno altre occasione per performance migliori.
Bruce si volta verso di lui e questo gli dà il pretesto per affiancare quell'inetto troglodita di Jack Ryder e superarlo.
 
"Credo che la sfortuna di cui parlavi sia una cosa di famiglia, sai?"
 
Ridacchia. Per la situazione, per la giornata così meravigliosa e sopra ogni cosa per la faccia marmorea che assume il caro Bruce Wayne. È impagabile. Mr J ha centrato l'obiettivo, ma in fondo, è stato facile: il principe di Gotham è una bomba a orologeria e lui è sempre stato bravo con gli esplosivi.
 
"Tu chi sei?"
"Arrabbiato, Brucey? Non dovresti. O forse sì…"
 
Ride di nuovo e il principino gli si avvicina fino ad arrivargli a qualche centimetro di distanza. È livido di rabbia. Basterà poco per farlo cedere.
Pronti…
 
"Non mi sono mai andati a genio quelli come te."
 
Mr J dovrebbe sentirsi offeso, ma decide di passarci sopra: è il loro primo incontro, dopotutto. Bruce non ha ancora avuto l'opportunità di conoscerlo. Ma si rimedierà a questa piccola mancanza. Ne avranno, di tempo.
 
"Non esistono quelli come me."
"Credi di essere tanto furbo?"
"Più furbo di tuo padre…" un'altra occhiata stralunata e Mr J capisce che il piccolo Bruce si sta trattenendo a stento.
 
Partenza…
 
"Anche se, a dirla tutta, ho sentito che sei stato tu a voler uscire da quel bel teatro. Quindi in verità quello poco furbo sei—"
 
Un pugno. Un pugno potente in piena faccia che lo fa cascare a terra bello e disteso.
Via!
Ride così tanto che fa fatica a respirare.
 
"Guarda come ti scaldi! Sono sensi di colpa, quelli?"
 
Un altro pugno, questa volta all'altezza dello stomaco, ed è quasi certo di morire dal ridere. Non può fare a meno di guardare Bruce: la sua ira, la sua disperazione, come si disseta nella violenza nonostante si nasconda dietro una maschera d'indifferenza. È l'oscurità, quella che lo avvolge come un mantello nero, ed è buffo che solo Mr J se ne sia accorto.
 
"Ehi, lascia stare il mio amico, stronzo!"
 
Jack Ryder scaraventa il vassoio sulla testa di Bruce, facendolo cadere a terra. Il principe di Gotham resta immobile per alcuni istanti e Mr J ha il timore che possa aver perso i sensi. Non era così che doveva andare. Sbagliato, è tutto sbagliato! Lo spettacolo? Rovinato. La giornata? Sciupata. E quel troglodita di Jack Ryder si contorce in una risata che gli ricorda tanto un tasso con l'asma.
E questo non è divertente.
 
"Vieni, ti aiuto io," gli dice poi Ryder, allungando una mano che però Mr J rifiuta.
"Jacky Jacky Jacky…" è arrabbiato. Le mani prudono e lui deve trovare il modo per salvare il salvabile. "Perché devi sempre impicciarti negli affari degli altri?"
 
Quell'idiota non capisce mai come stanno le cose. Ha il cervello più piccolo di una briciola di pane e lui non ha mai sopportato la stupidità. Certo, ne ride. Fino a quando la stupidità non diventa d'intralcio, come in questo momento. Dovrà dargli una bella lezione, una esemplare che non si dimenticherà più. Bacchettarlo sulle mani fino a quando non capisce come stanno le cose. Dopotutto, un insegnante deve sempre sapere quando è il momento di passare alle maniere forti. Mano caritatevole e mano pesante: è lo stesso meccanismo che si usa per addestrare i cani, con Jack Ryder non deve essere poi tanto diverso.
Jack lo affianca quando lui si avvicina al bancone e scuote la testa, deluso.
 
"Jacky Jacky Jacky… ma ce l'hai un cervello in quella testa vuota?"
 
Dietro di loro si alza l'urlo furibondo del professor Bane e mentre Bruce Wayne è ancora steso a terra, tutti si voltano in quella direzione. Tutti tranne lui e Jack. È il momento. Vendicarsi e concludere in grande stile.
L'ultimo sketch della giornata.
 
"Ma che stai dicendo, amico? Io ti ho—"
 
Il rosso schizza e Mr J ritrova il sorriso.
 
 
 
∞∞∞


 
Se prima aveva il dubbio di essere capitata in una gabbia di matti, ora Vicki Vale ne ha l'assoluta certezza. Il corpo insegnanti con cui sarà costretta a lavorare fino al prossimo trasferimento è composto da pazzi apatici e il fatto che ci abbia impiegato così poco tempo per rendersene conto la dice lunga su quello che sarà costretta a sopportare per il resto dell'anno.
 
Bane è un enorme orso costantemente arrabbiato che probabilmente, e aveva ragione Edward a sostenerlo, fa uso di steroidi, perché non può davvero essere così grosso.
Victor è sociopatico e sembra odiare il genere umano a prescindere, come se fosse allergico al sorriso e alla felicità. È freddo come un iceberg e lo sa anche se non gli ha mai stretto la mano: quell'uomo emana gelo al posto del sudore. Comincia a comprendere perché gli studenti sussurrino 'Mr Freeze' ogni volta che attraversa i corridoi[3].
Edward è un megalomane ossessivo compulsivo: ha riordinato più di dieci volte le posate alla giusta distanza e ha passato l'intero pranzo a lanciare frecciatine più o meno velate asserendo quanto tutti siano ignoranti rispetto a lui.
Jervis, invece, assomiglia sempre più a un maniaco depravato. È fissato con i cappelli stravaganti, con il the e dà sempre l'impressione di non capire nulla di quello che gli si dice. E ha scoperto perché la chiama Alice: per colpa di un dannato romanzo! E pare che non sia un nomignolo che affibbia solo a lei, ma a qualsiasi ragazza bionda dagli occhi azzurri. Vicki si è appuntata mentalmente di avvicinarlo solo per le questioni urgenti. Quelle tanto urgenti. Come un incendio o un terremoto.
E che si fotta pure il buon viso al cattivo gioco.
 
All'improvviso un gran baccano desta tutti e cinque e fa alzare loro le teste. Jervis smette di farneticare e viene coperto dal tono glaciale di Victor, che ferma la prima studentessa che passa e le domanda che cosa stia accadendo.
 
"Una rissa," risponde quella, intimidita, "Bruce Wayne e Jack Ryder."
"CHE COSA?" sbraita il professor Bane. È un urlo potente che attira l'attenzione dell'intera sala mensa e fa fuggire la ragazza. Doveva essere terrorizzata dall'idea che lui potesse farle altre domande e Vicki non può darle torto: non ha impiegato molto tempo per capire che quel tizio perde le staffe con una velocità imbarazzante. Forse anche lui dovrebbe essere avvicinato solo per le questioni urgenti. Come il professor Nashton.
L'idea di poter contare solo su Mr Freeze non la consola come dovrebbe.
 
"Quel Jack," commenta Edward, disgustato, "sempre un piantagrane."
"Ma Wayne!" esclama Jervis. "È un ragazzo così ben educato!"
 
Tutti restano ai propri posti e quando un urlo squarcia l'aria Vicki prende coraggio e si schiarisce la gola: "Scusate, ma… non dovremmo intervenire?"
 
Edward, Jervis e Victor si voltano contemporaneamente verso Bane e quest'ultimo alza gli occhi al cielo e poi si alza. La vena sulla sua fronte è rigonfia e la sua ombra ottenebra completamente il corpo minuto di Jervis. Ringhia. Vicki non se l'è sognato: il professor Bane ha ringhiato davvero. Non la sorprenderebbe se cominciasse a mordere e sbavare. Francamente, a questo punto non la sorprenderebbe più nulla.
 
"Vado, li sistemo e torno."
"Aspetta," dice Victor, incolore, "vengo con te."
"Anche io," aggiunge Vicki, precipitandosi dietro di loro.
 
Non sa cosa intendesse Bane quando ha detto 'li sistemo', ma ha un brutto presentimento. Manca soltanto una scazzottata tra professori e studenti per completare il quadro. Manicomio sotto mentite spoglie: ecco il quadro clinico.
 
"Non metterci troppo, Bane, o la carne si raffredda!"
"Jervis, perché devi sempre essere così inopportuno?"
"Scusa, Eddy."
 
 
 
 ∞∞∞



"Harleen Quinzel, questa volta hai passato il segno e non resterò zitta mentre ti fai ammazzare! Scordatelo! O lui, o me!"
Harleen quasi si strozza con la sua stessa saliva.
 
"Mi stai chiedendo di scegliere? Tu o lui?"
 
Pamela la squadra con la determinazione che sfoggia soltanto in situazioni disperate e questo la spaventa ancora di più. Quando Jack Ryder ha urinato nell'aiuola della scuola, ecco quando le ha visto assumere quell'espressione. Non è stato piacevole. Il povero Ryder non ha parlato con nessuno per settimane.
 
Pam scuote la testa: "Non lascerò che ti cacci nei guai per lui."
"E quindi mi costringi a scegliere?"
"Se è per aiutarti, sì."
 
Harleen si sente tradita, ha il cuore a pezzi e una gran voglia di piangere. Pensava che Pamela sarebbe stata un porto sicuro con cui condividere le sue sensazioni e riuscire a chiarire il da farsi, invece ora è più confusa di prima e ha la certezza che quando termineranno questa conversazione perderà una delle due persone che ama.
Che cosa può fare?
 
"E se scegliessi lui?" è soltanto un'ipotesi, ma Harl vuole ferirla in qualche modo. Vuole che si senta spezzata come lo è lei. E Pamela abbocca all'amo, perché il suo volto muta in un'espressione costernata, come se non credesse a ciò che ha sentito.
 
"Harle—"
 
Un urlo disumano tronca la loro conversazione e le fa voltare verso il banco del cibo. C'è tanta gente ammassata, laggiù e non si vede bene cosa stia accadendo, ma ad Harleen basta fare attenzione per avvertire nell'aria una risata che conosce fin troppo bene.
Sbianca.
 
"Che cosa sta succedendo?" Pamela non ha ancora capito.
"È lui," mormora Harleen, apatica.
"Lui?"
 
Mr J…
Si alza di scatto e comincia a correre.
 
 
 
∞∞∞


 
Quando Vicki raggiunge il luogo della rissa insieme ai suoi due colleghi, non riesce a reprimere un urletto di orrore: c'è del sangue. Tanto sangue. Copre gran parte del pavimento e si concentra su un corpo riverso a terra.
Mio… Dio…
Accanto a quel corpo ce ne sono altri due, intrecciati con ferocia e intenti ad azzuffarsi come leoni imbestialiti. In verità, soltanto uno scaglia raffiche di calci e pugni, livido di rabbia. L'altro si limita a ridere. È coperto di sangue e si sbellica dalle risate come un pazzo. Non tenta nemmeno di fermare il suo avversario, che incessante continua a colpirlo e a sbraitare di smetterla di scherzare.
Vicki non ha mai visto uno spettacolo più orrendo e grottesco di quello.
 
"CHE DIAMINE SUCCEDE QUI?"
 
Sobbalza: il tono baritonale e minaccioso di Bane l'ha presa alla sprovvista un'altra volta. Anche Victor urla e per la prima volta lo vede sbilanciarsi.
 
"WAYNE! BASTA! LASCIALO STARE!"
 
Quello è Bruce Wayne?
Alla fine è Bane a risolvere la questione. Solleva di peso il ragazzo che continua a menare calci e pugni e lo divide da quello che ride senza contegno. Sente i due ragazzi urlarsi contro ma non riesce a capire cosa si dicono, perché rivolge l'attenzione al professor Fries e al corpo immerso nella pozza di sangue.
 
"Cosa gli è successo?"
"Chiami un'ambulanza, ora" ordina lui, senza guardarla.
 
Vicki percepisce la sua agitazione e non può che giustificarla.
C'è così tanto sangue…
Estrae il cellulare dalla tasca mentre il ragazzo che ride cade di nuovo a terra. In quel momento nota che ha la bocca sfregiata da due lunghe cicatrici.
 
"Tu…" lo sente mormorare tra una risata e l'altra, additando Bruce Wayne, "sei… troppo… divertente!"
 
Quello che ha appena scoperto essere il principe di Gotham si slancia verso il suo obiettivo con una furia cieca negli occhi e Vicki si rende conto che, se Bane non fosse grosso come un armadio a due ante e dotato d'incredibili riflessi, probabilmente l'altro ragazzo si ritroverebbe già all'altro mondo.
 
"MR J!"
 
Una voce isterica apre la folla e una ragazza bionda si fionda accanto al ragazzo con le cicatrici. Vicki non riesce a riconoscerla. In verità, non ha riconosciuto nessuno e questo la infastidisce: dovrebbe riuscire a distinguere delle facce, ormai. È passato del tempo dalle prime settimane di scuola.
"Come ti senti?" domanda la bionda, preoccupata oltre ogni limite. Si poggia il ragazzo sulle gambe e lo stringe a sé.
 
"118. Pronto intervento, qual è l'emergenza?"
Vicki si riscuote: "Serve un'ambulanza all'Arkham High School. Non so cosa sia successo, ma c'è tanto sangue…"
 
 
 
∞∞∞


 
Lui è poggiato sulle sue gambe ma Harley ora non riesce ad assaporare questo bellissimo contatto: Mr J è malmenato e ricoperto di sangue. Lei sente che sta per scoppiare a piangere ma riesce a trattenersi – a stento.
Chi? Chi ha osato!
 
"Che ti hanno fatto?" mormora, gonfia di rabbia e preoccupazione. È attanagliata da sentimenti così forti che sente di poter rompere qualcosa. Di poter uccidere qualcuno.
"Harle-quin…" lui alza il mento e intreccia una mano tra i suoi capelli biondi. Sorride, carico di un'euforia che gli annebbia lo sguardo; sembra essersi dimenticato della loro ultima conversazione. Ubriaco di risate, per Harleen non è facile decifrare le sue parole.
 
"Volevo solo vedere… se avesse il cervello…"
"Chi?" lo incalza.
"Ma non ce l'ha…" Mr J ride di nuovo. "Jacky non ha il cervello…"
 
"Signorina Quinzel," il professor Bane le parla con tono indecifrabile. Sta ancora trattenendo il bastardo che ha ridotto così il suo Mr J, ma non sembra fare molta fatica. "Porti il suo amico in infermeria."
 
Suo malgrado, annuisce. Suo malgrado, seppellisce il rancore e la voglia matta che ha di risistemare i connotati di quello stronzo che ha malmenato così Mr J.
Ma questa me la paghi molto, molto cara.
Però Mr J continua a ridere come un pazzo e lei alla fine abbandona i suoi propositi di vendetta e ritrova il buon umore: è felice che non sia ridotto così male da non riuscire più a divertirsi, perché se lui non potesse più ridere sarebbe davvero la fine del mondo.
Mr J si alza e le si poggia contro, anche se non sembra aver bisogno di sostegno per camminare. Harley sorride e avvampa pensando che, probabilmente, lui voglia semplicemente starle vicino.
 
"Andiamo, Pasticcino…" si ritrova a dire, pregna di dolcezza. Non ha idea da dove le sia uscito quel nomignolo improbabile, ma lui non sembra turbato. Al contrario, la guarda smagliante e le fa l'occhiolino: "Andiamo, Bambolina…"
 
Se Harley non si scioglie a quelle parole è solo perché non vuole rovinare tutto.
Sì, andiamo…
Si fanno largo tra la folla, sotto gli sguardi indagatori degli studenti dell'Arkham High School. Sono occhi penetranti che traboccano di curiosità ed eccitazione – le risse hanno sempre questo strano effetto e Harley non riusciva mai a comprenderne il perché, prima. Ora, invece, le sembra di condividere quella bramosia di novità, quell'interesse per il proibito, per l'adrenalina, per la violenza. 
Siete invidiosi, non è vero? Vorreste avere il coraggio di agire, andare contro le regole e fare tutto quello che volete. Vorreste esserci voi, al loro posto. E invece spiate chi non si fa scrupoli perché siete dei codardi. Ma io no: io sono esattamente dove vorrei essere.
Tuttavia tra quegli occhi neri ce n'è un paio che brilla di luce propria e per un attimo la fa piombare in un denso imbarazzo.
Gli occhi di Pamela avvampano di rimprovero e traboccano di preoccupazione e rimpianto, come se il loro discorso non fosse semplicemente in sospeso, ma già concluso.
Ma questa non è una scelta, si ripete Harleen. Io non ho ancora scelto.
Quando scosta lo sguardo perché non riesce più a reggere il confronto, però, Harleen sente comunque il cuore lacerarsi e perdere un pezzo lungo la strada.
 
 
 
 
Got me lookin' so crazy right now,
your love's got me lookin' so crazy right now
Got me lookin' so crazy right now, 
your touch's got me lookin' so crazy right now
Got me hoping you page me right now, 
your kiss's got me hoping you save me right now
Lookin' so crazy your love's got me lookin' got me lookin' so crazy your love
 
(Beyonce, Crazy in Love)
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
Ecco il nuovo capitolo. È molto più lungo e molto più caotico degli altri, ma non ho voluto dividerlo in due perché altrimenti avrebbe perso quel non-so-che che lo rende così…appetibile (?). Quindi l'ho lasciato per intero!
 
Sinceramente, mi sono divertita da matti a scrivere questo capitolo – non che mi sia divertita nel malmenare Jack Ryder, intendiamoci – però l'ho trovato estremamente…liberatorio. Mi sono sfogata parecchio con questo capitolo.
Quindi spero che possa divertire/allietare anche voi.
 
Questo capitolo ho voluto dedicarlo soprattutto ai miei amati professori. Perché? Semplice semplice: io adoro Jervis, Edward, Bane e Mr Freeze. Li trovo dei personaggi interessantissimi e bellissimi.
Jervis, poi, lo adoro. Dico sul serio. Nonostante sia un nanetto dai seri disturbi mentali e con un'ossessione spaventosa per Alice nel Paese delle Meraviglie, io lo trovo tenerissimo. Da spupazzare. Poi, anche io ho la fissa per i cappelli e per il the, quindi… U.U
 
Per quanto riguarda Selina, invece, mi dispiace che in questo capitolo sia solo accennata. Ma volevo affrontare altri argomenti e introdurre nuovi elementi – come il rapporto tra Bruce e Talia e il povero Crane, che pure avrà un bel ruolo all'interno della storia ma che è stato praticamente dimenticato fino a ora. Inoltre avevo paura di mettere troppa carne al fuoco, quindi ho deciso di accantonarla, per questa volta.
Chiedo perdono. Non ricapiterà più (credo).
 

Spazio note: 

[1]: Lo so, lo so. Fare riferimenti all'Enigmista usando il giornalino dell'Enigmista è scontato e imbarazzante. Ma, ehi, lasciatemela passare dai. Mi fa troppo ridere l'idea di Edward alle prese con le parole crociate.
[2]: È una citazione presa pari pari dal film TDK di Nolan.
[3]: Il. Soprannome. Di. Mr Freeze. Anche qui, chiedo venia. Non sono mai stata brava con i nomignoli.

Per il resto, come al solito, grazie infinite a chi ha recensito lo scorso capitolo, a chi recensirà questo, a chi ha inserito la mia storia tra le seguite/preferite/ricordate e a tutti i lettori silenziosi.
 
Un abbraccio a tutti di cuore! :D
 
Stavolta, vi lascio con l'immagine coccolosa di un Jervis ancora più coccoloso.
Al prossimo capitolo!

Always_Always                                                                  
                                                                                                  
                                                            
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