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Autore: sabdoesntcare    31/07/2015    1 recensioni
"Caro John". Sherlock inizia il suo post con queste due parole. E le ripete, quasi bloccandosi su di esse, perché forse racchiudono tutto quello che ha provato da quando ha conosciuto quel piccolo, fragile, fortissimo medico militare. Cerca di andare avanti, di tirare fuori ciò che quelle parole significano, ma è come cercare di togliere una spina dal cuore: è per il tuo bene, ma ti senti morire ogni volta che ci provi.
La storia inizia da qualche giorno dopo il matrimonio di John e Mary, tuttavia lei non è incinta.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Il mio divertimento viene subito stroncato da una frase che non potevo prevedere.

Sei un idiota.
La persona più stupida ed incosciente che io conosca, hai anche il coraggio di ridere.”
Rimango confuso, mentre la sua voce si fa improvvisamente bassa, roca, quasi simile al ringhiare di una bestia. Ricomincia a parlare, e per la rabbia si alza in piedi, per un attimo temo che possa picchiarmi lì, sul mio stesso letto d’ospedale.
“T-tu, Sherlock.. potevi fare qualunque cosa. Qualunque. Potevi parlarne con me, potevi chiedere aiuto a Mycroft e non venirmi a dire che non potevi perché.. mi sto davvero trattenendo. Che diavolo hai fatto, che ti sta succedendo? Sto tornando a casa dal lavoro e tuo fratello mi chiama, e cosa sento?
Che ti hanno sparato. Ora, velocemente, tu mi dici perché e chi l’ha fatto o giuro che ti uccido io.”
Prendo un respiro profondo, ora sento effettivamente di vergognarmi, non era davvero il caso di ridere.
“John, ascolta. L’unico motivo per cui non posso risponderti è che... non so chi mi ha sparato, o chi mi ha fatto sparare.”

Non so.
Quelle due parole sembrano bruciarmi dall’interno nell’esatto istante in cui le pronuncio. O forse, forse è la vergogna che cresce, un motivo dopo l’altro.
John mi guarda, impassibile, non vuole perdonarmi per averlo fatto sentire abbandonato ancora una volta, ancora più improvvisamente, stavolta rischiando che fosse per sempre.
Il dolore viene e va ad ondate, forse dovrei chiedere un dosaggio di morfina più alto.
Parlare è sempre più difficile, decido di sintetizzare anche se significa dare una pugnalata al mio ego.
“John, scusa. Mi vergogno.”
Sento che mi manca l’aria, comincio a tossire.
Il suo sguardo cambia, sembra confuso e spaventato, di nuovo.
“Okay, okay, ascoltami. Sherlock, hai bisogno di un’infermiera?
Devo aumentare la morfina?”
Non ho la forza di parlare, mi limito a fare un cenno con la testa e a indicargli la morfina.
John obbedisce ed il liquido comincia ad affluire lentamente nelle mie vene, lo immagino come un mare trasparente che mi inonda, piano, pianissimo, prima il corpo e poi le sinapsi.
I miei occhi si socchiudono, lasciandomi solo un piccolo spiraglio da cui guardare le pareti bianche, senza poi neanche davvero guardarle.
Sto solo fluttuando nella mia mente, fissando un unico punto, trovando pace da quel dolore insopportabile.
John è di nuovo seduto accanto a me, lo guardo con la coda dell’occhio e lo vedo fissarmi con uno sguardo a metà tra pena e rancore. Fa per dire qualcosa, lascia perdere, riprova.
“Sto per dirti delle cose. Non serve che tu risponda, voglio solo che tu mi stia a sentire.
Sono ancora arrabbiato con te, molto. Tu non sai quanta paura ho avuto, ricevere una notizia del genere così all’improvviso, dopo tutto quello che mi hai fatto passare.. sei imperdonabile, e nulla di quello che dirai mi farà cambiare idea su questo. Ma so anche che non ci riesco, non ci riesco a non... averti nella mia vita, Sherlock. Sei ancora il mio migliore amico, questo mi sembra chiaro.
Quindi, la mia decisione è che tu ed io scopriremo chi ti ha fatto questo, e finché non smetterà di essere un problema, io starò di nuovo con te al 221B. Ma tieni a mente una cosa: non lo faccio per te, ma per me. Non permetterò a nessuno di farmi sentire come mi sono sentito due anni fa, e con questo intendo dire anche che non voglio sentire ragioni sulla mia decisione.”
La sua voce è così seria, il suo tono così categorico e allo stesso tempo freddo che neanche ci provo a rispondere.

“Di nuovo con te al 221B”
Comincio a ripeterlo mentalmente dieci, cento, mille volte. Non sono sicuro che l’abbia detto davvero, anche se l’ho sentito benissimo.
So che non dovrei e cerco in tutti i modi di evitarlo, ma sento il cuore mancare un battito, il respiro farsi irregolare.
John di nuovo a casa, con me.
Mi vergogno di cosa provo, mi sto emozionando come un ragazzino e tutto ciò che posso fare è chiudere gli occhi, fingendo che la morfina abbia avuto la meglio sulla mia mente pur di non mostrare come stanno le cose.
Sono davvero pessimo, è il mio migliore amico, un uomo sposato oltretutto.
Mycroft me lo diceva sempre, le emozioni andrebbero eliminate nel momento stesso in cui si manifestano.

Il punto è, temo di non saperlo fare.
   
 
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