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Autore: Malanova    01/08/2015    1 recensioni
Come non detto ... QUESTA STORIA E' IN FASE DI MODIFICA!
Anno 1992. Un gruppo di otto ragazzi, provenienti da diverse parti del mondo, verranno catapultati a Digiworld per salvarlo dai Hacker e riportare la pace nel mondo digitale ... Ci riusciranno oppure il Mondo Digitale è destinato a soccombere? Detto questo; vi auguro buona lettura e scusatemi ancora ... Alla prossima!
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Due giorni prima …

Gli Hagurumon sono Digimon Ingranaggio: ESSI nascono per la Fabbrica, ESSI vivono per la Fabbrica, ESSI muoiono per la Fabbrica …
(Secolare motto degli Hagurumon della Fabbrica Dei Metalli).

Successe tutto così d’improvviso. Ero nel reparto delle fusioni a controllare che tutto si svolgesse esattamente come da manuale quando fui colpito da un giramento di testa ed iniziai a vacillare. Non era mai stata così forte, quella sensazione. Hagurumon 54915001, che era insieme a me ed a altri quattro per controllare che i fluidi fossero della temperatura giusta; si accorse del mio malessere e disse, in modo che anche gli altri lo sentissero “Hagurumon 98915090; non sei molto concentrato …” “Ho avuto solo un leggero calo di pressione del 1,5 centigradi ...” “Non è sufficiente a giustificare la tua disattenzione!” replicò lui. Fece un sorriso derisorio e aggiunse “Forse il nostro Hagurumon 98915090 ha avuto un messaggio da parte della sua amichetta immaginaria …”. Gli altri si misero a ridere poi, come se niente fosse successo, tornarono al lavoro. Li guardai a lungo, con odio e rabbia.

Da quando sono nato; ho sempre avuto la sensazione di aspettare qualcuno. Non sapevo il suo nome; ma ero certo che fosse importantissima per me e … non digitale. Questa convinzione mi rese fin da subito diverso dai altri Digimon della mia categoria: loro erano presi e entusiasti soltanto del loro lavoro mentre io USCIVO e rimanevo a scrutare il cielo denso di nuvole di fuliggine alla ricerca di un segno, qualcosa che mi avvisasse che LEI era vicina. Essere un Hagurumon come me, alla Fabbrica Dei Metalli, significava che la produzione rallentava del 3,9% e, di conseguenza, più pezzi incompleti. E il rallentamento della produzione per gli Hagurumon era visto come un disonore, uno scandalo. Dopo un anno che ero diventato un Hagurumon della Fabbrica; presero tutti a isolarmi e a prendermi in giro per la mia “attesa”. Passarono così alcuni anni. Io rimanevo imprigionato nella solita routine: smontavo gli oggetti, li rimontavo per poi smontarli di nuovo in un continuo circolo vizioso privo di alcun senso. Ormai sapevo a memoria dove e come si incastrano all’altro ogni singolo pezzo. Ero più che convinto che avrei passato il resto della mia vita là dentro, scivolando poco a poco nell’apatia … fino a quel momento.

La sensazione si acuì tanto da farmi venire una forte claustrofobia. Sudai copiosamente e deglutii a fatica. Me ne dovevo andare … lasciare la Fabbrica … e dirigermi … a … ovest? Come se qualcuno mi avesse tolto un blocco; seppi esattamente cosa fare … Guardai gli altri. Erano tutti presi dall’estasi di vedere uno dei immensi calderoni di metallo pieni di ruggine versare il suo prezioso contenuto simile alla lava in un’altra macchina per stampare i pezzi, illuminando debolmente la fucina con tonalità ambrate ed emettendo onde di calore, diminuendo più del 40% la visibilità dei altri Digimon. Dovevo approfittarne. Lentamente; uscii dalla fonderia, attraversai i corridoi e i ponti di grate facendo attenzione a non farmi notare dai altri Hagurumon operai sparsi a controllare le macchine, fino ad uscire dal portone della Fabbrica Dei Metalli. La sabbia grigia e sporca circondava l’edificio come un immenso mare notturno mentre dal cielo cadevano minuscole braci. Un brivido di eccitazione percorse il mio corpo. Cosa ci sarà mai a ovest? Perché avevo l’impulso così forte di andarci? Non lo sapevo eppure ebbi il sentore che se avessi raggiunto quel luogo io … LEI … Dovevo sbrigarmi.

Fluttuai per l’intera giornata nel deserto e ancora potevo sentire il rumore delle nostre pompe del Digi Oil. La sabbia stava lasciando il posto ai rari ciuffetti d’erba scuri e secchi ma solo a notte inoltrata riuscì a raggiungere … delle montagne asiatiche? In mezzo al deserto? Con dei alberi fioriti? Nella foga della corsa e dell’aspettativa; non mi ero minimamente accorto di aver appena varcato un portale magico. Lo fissai con ammirazione: solo un Digimon potente avrebbe potuto creare una cosa simile. Stavo per retrocedere per ammirarlo meglio quando urtai contro qualcosa. Io mi innalzai appena in tempo ma una palla verdastra con delle strisce blu e una cresta rossa rotolò per un breve tratto. Il Digimon fece un debole lamento mentre una voce scoppiò in una fragorosa risata “Betamon! Sei il solito scemo! Non bisogna mai mettersi alle spalle di un Digimon macchina!”. A parlare era stato un Impmon, un Digimon folletto color melanzana con uno smile appiccicato alla pancia. Circondava con un braccio le spalle di un Palmon, obbligandolo a seguirlo ad ogni passo, mentre la mano del braccio libero giocherellava con un grosso coltello da caccia. Un Demidevimon andò a soccorrere il Digimon Anfibio mentre un Goblimon, un Patamon e una Salamon mi circondavano, fissandomi, sospettosi. Li fissai uno per uno, per nulla intimorito, fino a guardare nei occhi color smeraldo del Impmon. Lui fece un sorriso accattivante “Sei coraggioso … Finora non c’era stato nessuno che è riuscito a fissarmi nei occhi così a lungo senza avvertire un brivido di paura …” “Forse avevano più paura di quello che tieni in mano” risposi e feci un cenno al coltello. Il Digimon Folletto lo fissò a sua volta, poi borbottò “Questo? Mi serve per fare amicizia …”. Lo puntò contro il Palmon al suo fianco, che iniziò a tremare, chiudendo gli occhi. Impmon gli sussurrò al lato della testa “Non è così Palma? Perché non gli dici come siamo diventati amici … Perché noi siamo amici … Non è forse vero?” “Sei malato …” borbottò Demidevimon. L’altro fece le spallucce, come se il Digimon Pipistrello non avesse detto niente di ché, poi tornò a rivolgersi a me abbassando l’arma e usandola per indicarmi “Pensavo che gli Hagurumon vivessero tutti dentro le Fabbriche …” “Io non più … Sono andato via questa mattina …” “Per via di quella SENSAZIONE …” disse la Salamon, scrutandomi. Mi girai a osservarla. Una cagnolina dal pelo rosa con penetranti occhi azzurri ed un collare d’oro intorno al collo; si posizionò di fronte a me e disse “C’ho preso … Anche tu hai fin dalla nascita la soffocante sensazione di aspettare qualcuno … Non sai chi sia né che aspetto abbia … ma per te è essenziale quanto un soffio d’aria …”. Spalancai gli occhi, sorpreso. Lei fece un piccolo sorriso “Siamo sulla stessa barca allora … Anche noi siamo arrivati fin qui guidati dalla sensazione …”. In quel preciso momento; un Piximon venne verso di noi brandendo una lunga asta d’argento …

Ai occhi di Hagurumon; la piccola Midori sembrava ancora più piccola e fragile avvolta in quel pigiamone verde. In mano stringeva un Digivice e lo teneva contro il suo petto come se fosse un amuleto. Il Digimon si avvicinò con cautela alla bambina, timoroso di spaventarla con movimenti bruschi, fino a piazzarsi di fronte. Fu allora che la nipponica tese una mano e lui la afferrò cercando di essere il più delicato possibile, stringendo le sottili dita bianche tra le sue. Anche gli altri Digimon erano emozionati di incontrare finalmente i loro umani, anche se i più orgogliosi fecero di tutto per non darlo a vedere. Piximon ruppe l’incanto del momento “Lasciate che le vostre mani vengano giunte e mettete il Digivice tra di esse così che i vostri dati vengano registrati …”. Quando il gruppo fece come gli era stato ordinato; una luce lo illuminò per pochi attimi finché non tornò come prima. Allora il Digimon Rosa batté il suo bastone sul terreno e un Wizardmon apparve al suo fianco “Prendi questi marmocchi e conducili verso il dormitorio …” ordinò seccamente. Poi si rivolse verso i ragazzi, li guardò torvamente, e ringhiò “Per questa volta vi farò cenare e dormire nella mia dimora nonostante siate riusciti ad arrivarci dopo il tramonto ma da domani vi dovrete dare una mossa …”. Gennai consegnò ad ognuno di loro dei cestini porta-pranzo “Mi raccomando non rimanete troppo svegli: gli allenamenti di Piximon sono noti per essere eccezionalmente duri”. I ragazzi annuirono, un po’ titubanti, poi furono condotti dal Wizardmon verso una finestra. Si scoprì che non era altro che una porta, che si affacciava in un corridoio immerso nel buio. Luisa e Hu si voltarono prima che la porta si richiudesse alle loro spalle e videro l’ID parlare in modo fitto con Piximon. Entrambi sembravano molto nervosi.

Il Digimon Mago li condusse fino ad una porta rossa e mormorò, mettendosi di lato “La vostra stanza è pronta … Vi auguro buona notte Prescelti …” “Stai scherzando … Non è vero?”. Wizardmon sbatté per un paio di volte le palpebre e balbettò “C- Come?”. James lo guardò male ed lo stesso fece Patamon “Esigo di avere una camera privata in rispetto del mio ceto sociale …” “Che in questo mondo è pari a zero …” sbottò Jean, seccato, mentre Impmon sghignazzava. Hu conosceva fin troppo bene la tensione che si stava creando; così fece un passo in avanti e disse “Andiamo ragazzi … Vi sembra il momento di mettersi a litigare? Siamo tutti così stanchi e scombussolati …” “Per non parlare che Piximon potrebbe avere in serbo per noi chissà quale addestramento” si intromise Midori, rabbrividendo al solo pensiero. I due ragazzi si guardarono in cagnesco, poi l’inglese sbottò “Al diavolo!” e si infilò dentro alla stanza, subito seguito dai altri. La camera era spaziosissima ed era confortevole anche nella sua semplicità. C’erano una fila di otto letti dall’aria comoda affiancati da un alto armadio a due ante da un lato ed uno scrittoio dall’altro. Luisa si buttò felice sopra ad uno, inseguita da Palmon e esclamò “Ah! Finalmente un letto! Mi sento letteralmente a pezzi!”. Poi si mise seduta ed accarezzò con dolcezza le foglie del Digimon Pianta, che si era accucciato accanto a lei e teneva la testa sulle sue gambe “Tutta questa faccenda mi sembra così irreale … Siamo sicuri che non stiamo semplicemente sognando?”. Rimasero svegli per tutta la notte, parlando tra loro e con i loro Digimon, colti solo allora dal fiume di eventi che li avevano strappati dalla loro vita quotidiana per portarli in un mondo dove il destino dei suoi abitanti erano nelle loro mani.

All’alba del mattino seguente … “Svegliatevi, branco di mocciosi!”. La voce di Piximon echeggiò per tutta la stanza, facendo scattare i Prescelti ed i loro Digimon dal letto. Il Folletto Rosa svolazzò tra loro, facendo volar via magicamente le loro coperte man mano che si avvicinava a un letto “Credete di essere in una gita scolastica? In piedi, vi ho detto!” “Che diamine!” sbottò Jean ma prima che potesse aggiungere dell’altro fu colpito in testa dall’asta del Digimon. Ania si stropicciò gli occhi e si lamentò “Ma è appena l’alba! Io mi sono addormentata solo un quarto d’ora fa …”. Piximon la guardò storto e ringhiò “Così imparerai che quando ti dico di andare a dormire DEVI andare a dormire!” si rivolse verso ai altri e gridò “Forza! Wizardmon e una Floramon vi condurranno verso i bagni e poi direttamente nella mensa dove farete TUTTI insieme la colazione …”. Nel dire tutti; il Digimon rosa guardò in cagnesco il ragazzino inglese “Fra mezz’ora vi voglio vedere in cortile …”. Poi la sua faccia assunse l’espressione di uno che deve andare a vomitare “Gennai vi ha portato dei abiti per sostituire quelli che avette addosso …” e gli gettò addosso un pacchettino beige. Kwaku lo aprì e … “Non è possibile … questa è la divisa che indossa lui!”.

Dopo un paio d’ore furono condotti nel cortile, che non era altro che lo spiazzo dove avevano incontrato i loro Digimon. Gennai li accolse con un ampio sorriso, godendo nel vederli vestiti con le sue tuniche. Invece i ragazzi diedero un’occhiata preoccupata alle attrezzature che erano sparse li attorno. Aveva traslocato una palestra oppure Piximon aveva voluto riprodurre a grandezza naturale una sala delle torture? Il Digimon Rosa strillò “Incominciamo! Gennai, inizia con gli insegnamenti base del Karate con i Digi Prescelti umani mentre voi Digimon farete una sfida tra di voi … voglio vedere le vostre mosse migliori …”. Dopo averci pensato un po’ su; chiamò “Patamon contro Betamon, Hagurumon contro Demidevimon, Impmon contro Palmon e infine …”. Il Digimon Pianta, sentendo ciò, gli si riempirono gli occhi di lacrime mentre la figura sadica del Digimon Folletto gli offuscava la mente “NOOOO! NON VOGLIO COMBATTERE! LUISAAAAA!!!!”.

Nel correre incontro all’italiana; urtò Goblimon e lo fece cadere in avanti, schiacciando la povera Salamon. La Digimon strillò dal dolore e per ripicca morse il suo aggressore al braccio che lanciò la clava e colpì Impmon. Il Digimon si toccò la testa e vide che gli era uscita una goccia di sangue. Il corpo color melanzana tremò dal furore e disse “Maledetti … bastardi …”. Unì le mani e urlò “BADABUM!”. La fiamma colpì la faccia di Demidevimon che contrattaccò con “BABYPUNTURA!”. Una siringa colpì Patamon che, sotto l’effetto del veleno, cadde addosso a Palmon. Era rimasto in piedi solo Hagurumon, che fissò i suoi compagni allibito quanto i loro Master. Piximon sbottò “Al manicomio … Sono finito in un manicomio!”.

Da quel giorno in poi; i ragazzi venivano svegliati dalla voce acutissima del Digimon Rosa che urlava “Svegliatevi branco di smidollati! Oggi inizieremo con trenta giri della torre ed le nozioni di sopravvivenza, oltre a dover accudire i vostri piccoli Digimon!”. Poi, durante la giornata, egli svolazzava intorno alla testa del ragazzino di turno ed a strillare frasi del tipo “Secondo te questa è una pianta curativa? Il fungo della Smemorataggine! Una volta ingerito, azzera la memoria, idiota!”. E Gennai non era da meno: nonostante fosse più gentile di Piximon; anche egli voleva che i ragazzi dessero il massimo. Oltre ai duri esercizi fisici e gli studi sul Mondo Digitale; dovevano imparare ad interagire con i loro Digimon. Così passarono sei mesi. Era una serata estiva quando Gennai e Piximon decisero che era arrivato il momento.

Fecero radunare tutti nella cortile e quando fecero il loro ingresso anche quei ritardatari di Goblimon e Kwaku; l’uomo prese parola. E non poté mascherare una specie di orgoglio quando li vide tutti vestiti ancora con la stessa tunica che aveva lui “Sono passati sei mesi da quando vi ho conosciuto e, se devo essere sincero, non credevo che ce l’avreste fatta a superare questo duro e difficile addestramento”. Sia i ragazzi che i loro Digimon lo guardarono molto male. Gennai si affrettò a aggiungere, leggermente a disagio “Ma adesso siete qui, davanti a me, più forti e audaci, pronti a combattere contro Digimon ostili e forse abbastanza forti da poter sconfiggere un Hacker!!!”. Tutti lo fissarono senza dire una parola. Piximon si massaggiò gli occhi borbottando “Che razza di cretino …” e disse ad alta voce, guardando il gruppo “Ora che avete avuto la prova che Gennai non sa fare un discorso; quindi vi dirò io che cosa vi aspetterà d’ora in poi …”. Iniziò a volare avanti e indietro “Mentre voi venivate istruiti sia nell’arte bellica che culturale; io e Gennai abbiamo fatto le nostre ricerche sulle intenzioni dei Hacker. Loro stanno cercando delle Carte speciali che permetterebbero di raggiungere le altre dimensioni parallele al Mondo Digitale e sembra che vogliono aprire un varco verso il vostro mondo …”. I ragazzi si fecero molto più attenti. “Oltre a questo; sembrano che abbiano altre intenzioni che non siamo riusciti a scoprire … dobbiamo fermarli prima che riescano nei loro loschi piani!”. Si fermò ed disse “E’ arrivato il momento di dimostrare che i sei mesi di duro addestramento siano serviti a qualcosa: domani mattina partirete in diversi angoli di Digiworld alla ricerca di queste Carte. Ricordatevi che i vostri Digivice funzionano anche come ricetrasmittenti e localizzatore … Nel caso decideste di separarvi …” “E che fine hanno fatto tutte quelle lezioni sul lavoro di squadra e fesserie varie?” chiese James, insolente come al suo solito. Piximon lo guardò malissimo “Tu, come al solito, non capisci niente: il lavoro di squadra non dovrete farlo solo tra di voi ma anche insieme agli oppressi ed i membri della Ribellione! E state certi che ne troverete più di quanto immaginiate pronti a darvi manforte! Ricordatevi che non sempre bisogna usare la forza bruta …” ed il suo sguardo indugiò su Goblimon e Betamon. Palmon stiracchiò le foglie braccia e sbadigliò, poi appoggiò la testa sul fianco della sua Master. L’ID lo imitò e disse “Ora potete andare a dormire …”. I ragazzi si alzarono e si diressero nella loro stanza. Però, prima che si allontanassero del tutto, si sentì la voce di Piximon sussurrare “Buona fortuna … Ne avrete bisogno …”.

  
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