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Autore: sognatrice99    01/08/2015    1 recensioni
Non ci credeva. Quel sentimento di dolore misto al desiderio di chiudere definitivamente col mondo, quel sentimento che pensava di non poter più provare, dato che ormai doveva averci fatto l'abitudine per quante volte l'aveva provato in passato, era tornato ad assalirla, potente, inesorabile, rude. E sentiva che qualcosa dentro di lei si stava rompendo - o forse era già rotto - per mano sua, per mano di quel ragazzo dal sorriso sincero, per mano di entrambi forse, oppure per colpa del caso solamente. Sorrise tra sé amaramente: pensava che il caso fosse come una libreria, che ti poneva una serie illimitata di romanzi, e tu decidevi cosa prendere e portare a casa; da quel momento, stava a te decidere se affezionarti a quel libro, se odiarlo, se portarlo con te fino alla fine della tua esistenza oppure se liberartene appena ti era possibile farlo. E il caso aveva deciso che in quella libreria di quel lontano autunno incrociasse lo sguardo intelligente e affamato di scoperte di quel ragazzo solitario nella sezione Scienze, che sembrava essere preso da un mondo tutto suo, con un saggio di Astronomia in mano.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Primo capitolo.

 
Delilah scoprì con sollievo che il suo nuovo impiego non ostacolava i suoi studi, anzi la aiutava a ripassare ciò che doveva sapere per ottenere, finalmente, la laurea tanto agognata sin dal liceo. In poco tempo riuscì ad abituarsi a quel lavoro che le procurava soddisfazione e che le sembrava tutto tranne un mezzo per guadagnare.
Ogni tanto le capitava di buttare lo sguardo verso la sezione Scienze, mentre cercava un libro richiesto, era al bancone o sistemava gli scaffali, ma non vi era alcuna traccia di quel ragazzo che presumeva fosse uno studente come lei, anche se non di Letteratura: leggeva quei saggi, a quanto aveva potuto vedere, come lei leggeva i libri di inizio Ottocento, con un amore che si poteva provare solo per una persona.
Ricordò con un sorriso il commento che aveva fatto sua zia prima che lei partisse: "quando troverai qualcuno, dovrà lottare contro la letteratura per il tuo amore!". Fino al giorno del suo colloquio, Delilah era riuscita a non seguire ciò che per le sue coetanee era normale: l'istinto di cercare e mettersi col primo ragazzo che passava per strada pur di non vivere in solitudine. Dopo il periodo tempestoso che aveva passato in Irlanda, aveva faticato a riprendersi e a schiudersi a persone che non avevano secondi fini, ma quel dubitare degli sconosciuti avrebbe sempre fatto di lei, anche se riusciva a gestire il sospetto e tentava di essere solare, come si era scoperta grazie a Éile (Ayla) e Máire (Marie): quelle ragazze erano riuscite a far uscire il suo lato migliore e a mostrarle la luce che c'era nella vita. Dopo aver visto quello sguardo, però, era curiosa di conoscerne il proprietario. Delilah dovette aspettare un mese prima rivedere quel ragazzo che entrò mentre lei stava sistemando i nuovi libri sugli scaffali. Si accorse della sua presenza quando, dopo aver finito, lo vide dirigersi verso di lei.
-Posso aiutarti? -gli chiese, sorridendogli.
-Sì, vorrei iniziare a leggere dei classici inglesi, ma non la più pallida idea da dove cominciare.
-Beh, ci sono vari generi anche nella letteratura inglese classica, che preferisci?
-In realtà non saprei, non sono solito leggere romanzi, sono più per la saggistica. Cosa mi potresti consigliare?
-Credo che Dickens potrebbe andar bene al tuo caso, ha scritto alcuni romanzi che descrivono piuttosto bene la società del 1800.  David Copperfield dovrebbe essere un buon inizio.
-E se invece volessi leggere un qualcosa di diverso?
-Mh... dipende da cosa intendi per "diverso".
-Tu che cosa consiglieresti, in generale, ad una persona che vorrebbe leggere un classico inglese?
Delilah iniziò a massaggiarsi l'interno della mano con le dita dell'altra, pensandoci attentamente.
-Il primo titolo che mi viene in mente è Jane Eyre.
-Allora vada per Jane Eyre. -disse il ragazzo, sorridendo.
-Vado a prenderlo. - disse Delilah, andando nella sezione Classici e prendendo il libro che aveva letto quando era poco più che un'adolescente e che era nella lista dei suoi libri preferiti da un decennio. Sperò che il ragazzo abituato a tutt'altro genere non trovasse strano quel mondo di cui lei si era innamorata perdutamente; la categoria maschile era solita giudicare quel libro, o i romanzi di Jane Austen, come libri per ragazzine, senza nemmeno provare a leggerli. Forse non erano libri propriamente neutrali, ma erano comunque bei romanzi, ricchi di emozioni e di ironia, nel caso di Austen, e non solo amore di qua e amore di là.
-Ecco qua. -disse, tornando col libro dal ragazzo che nel frattempo era rimasto accanto alla scaletta, pensieroso.
-Posso leggere la trama?
-Certamente. - annuì Delilah, porgendogli il libro e guardando il suo volto, leggermente ansiosa, mentre lui iniziava a scorrere con gli occhi le poche righe sul retro.
-Va bene?-chiese lei, un po' timorosa.
-Voglio vedere che cosa combinerà Jane. - rispose il ragazzo, alzando gli occhi e abbozzando un sorriso.
Delilah tornò a respirare normale, poi si diressero verso il bancone.
-Buona lettura, allora. -disse Delilah, consegnandogli lo scontrino.
-Ti farò sapere. A presto!- disse il ragazzo, uscendo dalla libreria.
-Hey Deli.- disse Hayley, uscendo dal magazzino con uno scatolone di libri appena arrivati. Era il giorno delle consegne allora, pensò Delilah.
-Hey Hayley, nuovi libri? - indicò la scatolone.
-Sì, ma li sistemo io, non ti preoccupare. Piuttosto... è strano che quel ragazzo che hai appena servito compri romanzi, di solito entra per vedere se ci sono nuovi saggi scientifici, la maggior parte delle volte ne compra qualcuno, e poi esce. Non ha mai comprato altro, fino ad ora.
-Magari voleva sperimentare. - suppose Delilah. - Viene spesso qui?
-Non con una determinata frequenza, delle volte si fa vivo due volte alla settimana, altre dopo due mesi, però va sempre in sezione Scienze. Mi aiuteresti con lo scatolone? Non sento più le braccia. - disse Hayley, tentando di posizionare meglio lo scatolone tra le braccia, inutilmente. Delilah la aiutò, poi insistette per aiutarla a sistemare i libri, finché non arrivò l'ora di chiudere il negozio.
Una settimana dopo, Delilah non pensava certo che avrebbe trovato, entrata in libreria per iniziare il suo turno, il ragazzo a cui aveva consigliato Jane Eyre, ad aspettarla poco distante dalla porta. Quando la vide entrare, lui le rivolse un cenno di saluto, che Delilah ricambiò, prima di andare a sistemare la borsa e il cappotto.
-Hai già finito il libro? -chiese, vedendo che quel ragazzo era ancora lì.
-Sì, e volevo ringraziarti per avermelo consigliato, è sorprendente.
-Mi fa piacere. - rispose Delilah, sorridendo.
-Ti disturberei se ti chiedessi di consigliarmene un altro?
-Affatto!  Lo vuoi sempre su questo genere oppure...
-Scegli tu.
E per un mese, ogni settimana, come un appuntamento non stabilito, Delilah trovò il ragazzo della sezione Scienze che voleva leggere qualcosa di diverso pronto a leggere qualsiasi libro lei gli avrebbe consigliato. Al quinto libro, però, quel ragazzo non le chiese quale libro potesse ancora consigliargli, ma le porse una domanda che lei non si sarebbe mai aspettata.
-Più tardi hai qualcosa da fare?
Delilah trattenne lo sguardo di sorpresa, mentre rispondeva: - No.
-Ti andrebbe di bere un tè con me ad un bar qui vicino, quando hai finito il turno qui?
-D'accordo, finisco verso le sette.
-Deli, puoi finire anche prima, è una giornata piuttosto monotona, resto io qui, non ti preoccupare. -disse Hayley, comparendo al fianco di Delilah, con un sorriso incoraggiante.
-Sei sicura, Hay? Magari appena esco arrivano flotte di studenti, bambini...
-Delilah, vai, ci penserò io in tal caso. - rispose la commessa, come se si chiedesse ancora perché quella ragazza che si era rivelata, oltre che simpatica, un aiuto prezioso in libreria fosse ancora lì.
-D'accordo... Vado a prendere alcune cose e arrivo. - capitolò l'irlandese, che venne seguita da Hayley, che appena furono sole, disse: -Certo non mi aspettavo un tè, però ce ne ha messo di tempo per chiederti di uscire!
-Magari è astemio. - rispose Delilah, alzando le spalle, mentre si avvolgeva il collo con la sciarpa. In realtà era rimasta leggermente sorpresa, pensava che gli studenti inglesi, invece di sorseggiare con aria formale del tè mentre discorrevano di argomenti  decisamente meno formali, andassero nei pub a bere boccali e boccali di birra. Meglio così, pensò poi, almeno non devo giustificare la mia preferenza verso gli analcolici.
-In ogni caso, ti auguro una buona serata. - disse Hayley, mentre Delilah si dirigeva verso il ragazzo che era rimasto ad aspettarla.
-Grazie Hayley, buon lavoro!
Ed uscirono, avvolti dal venticello di quella prima settimana di novembre.
-Come stai, Delilah? -chiese il ragazzo, pronunciando il suo nome in un modo che da quel giorno lei avrebbe riconosciuto ovunque.
-Abbastanza bene, grazie... tu sai il mio nome, ma non è reciproco.
-Sono Peter.
-Beh Peter, oggi avevi voglia di un tè al posto del solito libro? - chiese Delilah, in un principio di risata.
-Potrei dire che mi ero stufato di leggere di gentiluomini che si fanno avanti e non cercare di conoscere colei che mi consiglia libri di cui avevo bisogno, quindi eccomi, anzi, eccoci qui mentre andiamo non a Pemberley ma ad un bar dietro l'angolo, spero vada bene lo stesso... - rispose Peter, abbozzando un sorriso.
-Da quanto non leggevi qualcosa che non fosse un saggio?
-In realtà fino ad ora, escluso questo mese in cui ho deciso di leggere anche dei romanzi, ho letto pochi libri che non c'entrassero con argomenti scientifici, e in periodi piuttosto lontani l'uno dall'altro.
-E frequenti un'università qua a Londra?
-Sì, la UCL, lì studio Matematica ed Astronomia, tu invece?
-Vado anch'io lì, anche se studio Lingua e letteratura inglese.
-Dovevi studiare qualcosa che riguardasse i libri.
-Perché?
-Sai la prima volta che ci siamo visti nella libreria? Credo tu fossi lì per il colloquio.
-Sì... - affermò Delilah, sorpresa.
-Non avevi il tipico sguardo di chi va a fare un colloquio giusto per ottenere un lavoro. Dallo sguardo si capiva che ami profondamente i libri, provi un amore nei loro confronti che forse puoi provare solo per una persona. Sai, la libreria è sulla strada per la biblioteca; i giorni successivi, mentre ci andavo, mi son fermato pochi attimi davanti alla vetrina della libreria, e ho potuto confermare l'impressione che ho avuto su di te quando ti ho vista sistemare i libri sugli scaffali, li guardavi e li riponevi con cura. E poi te ne intendi di libri, l'ho sperimentato sulla pelle. Entriamo? -disse Peter, aprendo la porta del locale.
-Grazie. - rispose Delilah, entrando mentre lui teneva la porta aperta.
-Ci sediamo qui?- chiese il ragazzo, indicando un tavolino vicino alla finestra, per poi ricevere un assenso.
La cameriera che prese gli ordini rimase sorpresa, era abituata a servire a ragazzi come quei due clienti alcolici di ogni tipo, e ora stava dicendo a nessuno in particolare di preparare due tè. Talmente immersa nel suo stupore, non si era accorta che c'era solo lei; quando se ne rese conto, rise della sua sciocchezza, per poi prendere il bollitore e gli infusi.
 
 
Delilah si alzò dal pavimento su cui si era seduta dopo essere scivolata lungo il muro dopo aver chiuso la porta di casa, sopraffatta dai sentimenti. Cercò con lo sguardo l'orologio che Peter le aveva regalato il Natale appena passato: segnava le undici, e lei aveva, nonostante tutto, bisogno di lui. Scosse la testa, poi decise di farsi del tè. Questa volta, però, non ci sarebbe stato Peter, che era ora troppo occupato con la fisica per vedere che stavano andando a rotoli. O magari a rotoli sto andando solo io. Si mise a cercare una tazza, facendo attenzione a tenerla saldamente per non farle fare la fine delle sue compagne, che ora erano cocci da qualche parte della città, invisibili. Io proteggo questa tazza dal diventare tanti cocci, ma chi protegge me? Mise la tazza sul tavolo, poi aprì l'armadietto e cercò la scatola delle bustine, e notò senza pensarci che il loro tè preferito, il tè preferito di Peter, era finito.
-Dannazione. - esclamò tra sé. Chiuse l'armadio, uscì dalla cucina lasciando tutto com'era, prese le chiavi che aveva abbandonato sul tavolino, il portafoglio e lasciò quell'appartamento, sperando di trovare un supermercato aperto.
 
 
Quando la cameriera arrivò con i due tè fumanti che alla fine era riuscita a preparare, i due ragazzi si erano ormai dimenticati del tè, talmente presi da una conversazione che stava colpendo vari fronti. Fu Delilah a ricordare a Peter della loro intenzione di bere quella bevanda calda quando la cameriera si presentò al loro tavolino con le due tazze, e appena se ne andò, continuarono a parlare. Parlarono per tutto quel che rimaneva del pomeriggio e la sera, e se qualcuno li avesse visti dalla vetrina, avrebbe detto che si conoscevano da sempre, non avrebbe potuto immaginare che la loro conoscenza, rimandata ad oltranza, era ora appena iniziata.
L'amore di Peter verso le materie scientifiche era cominciato sin da quando era ancora piccolo, era talmente intenso che l'aveva presto spinto a farsi regalare i saggi che poteva comprendere; delle volte era così immerso in quelle pagine a colpo d'occhio incomprensibili che sua madre doveva staccarlo a forza dalla scrivania quando giungeva la cena, o almeno così gli aveva raccontato sua madre, ricordò Peter con una risata. Questa passione non gli aveva negato le amicizie, ma era impossibile svegliarlo dalla dimensione scientifica quando ne era completamente sopraffatto. Nonostante ciò, Delilah avrebbe più tardi deciso di continuare la sua conoscenza con lo scienziato. Peter aveva preso la decisione di cominciare a leggere periodicamente un classico della letteratura inglese sia per curiosità, sia perché sua madre voleva che parlasse di qualcosa che potesse comprendere durante le cene di Natale, e sia perché, a detta di un suo amico, Brian, si conquistavano le ragazze carine se si parlava di letteratura, ed era ora che Peter ne conoscesse qualcosa. A questo entrambi sorrisero imbarazzati, per poi scoppiare a ridere.
-Mia madre però si può dire felice.
-Perché?
-Ho imparato a suonare la chitarra qualche anno dopo essermi innamorato della scienza, è il mio secondo amore. Almeno può dire che non ha un figlio totalmente insensibile, amo suonare e ascoltare la musica, in particolare quella elegante e leggera, che volteggia in ogni dove ma se non hai la mente occupata, riesci a notarla e ad apprezzarla, e in un attimo tutto cambia, il noioso diventa interessante, e la vita acquisisce un senso. Mi comprendi?
-Perfettamente. Comunque credo che tua madre si sbagli, amare la scienza, la matematica non rende per forza una persona insensibile, e se ti sentisse parlare così, capirebbe che sei tutto il contrario di ciò che lei crede tu sia.
-Ti ringrazio. Tu, invece?
Lei raccontò dell'Irlanda del Nord, sua madrepatria che aveva abbandonato per inseguire un amore più grande, quello per la letteratura, e che l'aveva spinta ad iscriversi all'University College London; i suoi avevano tentato di convincerla a rimanere a Belfast, ma, per quanto Delilah amasse vivere lì e l'idea di non svegliarsi in quel luogo la spaventasse, il scappare da ciò che voleva realmente la inquietava ancora di più. Così, un mese prima che iniziassero i corsi, era saltata sul primo volo disponibile, poiché era ansiosa di vedere i luoghi che avrebbero fatto parte di ciò che sarebbe stata la sua nuova quotidianità. Appena si fosse laureata, era intenzionata a visitare il Regno Unito, ritornare in Irlanda e valutare se restare lì oppure cercare la sua vera casa; in quel momento le bastava il suo lavoro in libreria. Oltre all'amore verso i libri, amava la musica inglese, poiché era calma e rassicurava e, nei momenti più disperati, era tutto ciò che serviva oltre ad una buona tazza di tè.
Decisero di andare alla ricerca di un pub per cenare, non avendo intenzione di rinunciare alla compagnia che l'altro offriva, ma vedendo che tutti i pub dei dintorni erano affollati, si fermarono per strada, indecisi sul da farsi.
-Hai qualche idea?-chiese Peter, voltandosi verso Delilah.
-Possiamo comprare qualcosa ad un take-away e poi andare a casa mia, se ti va.
- Brian mi ha parlato di un take-away gestito da italiani non troppo distante da qui, possiamo prendere la cena lì.
-D'accordo allora!
Camminarono per qualche minuto, poi entrarono nel locale non troppo affollato; quando arrivarono al bancone, avevano già deciso per due pizze margherita, e Delilah non permise a Peter di pagare anche per lei. -Sai, non siamo neanche distanti dal mio appartamento; è strano che io non abbia mai notato questo locale mentre andavo in libreria o all'Università.
-In effetti è abbastanza difficile notarlo.
-Eccoci qui. - disse Delilah, estraendo le chiavi e facendo strada a Peter fino al suo appartamento, di cui aprì la porta e aspettò che il ragazzo la attraversasse prima di chiuderla. Delilah appoggiò i cartoni sul tavolo in salotto, poi si tolse la sciarpa e il cappotto, e li appese; così fece Peter.
-Vado a prendere dei bicchieri e dei fazzoletti, tu fai come se fossi a casa tua.
Quando tornò, vide che Peter stava osservando la sua libreria.
-Hai trovato qualche libro interessante?
-Strano che tu abbia Dal big bang ai buchi neri.
-L'argomento mi incuriosiva, anche se da quanto ho capito, secondo alcuni è troppo semplificato.
-Ha risposto alle tue domande?
-Alle domande che avevo ai tempi in cui l'ho letto, sì, ma più passa il tempo e più ho nuovi quesiti.
-Beh, potresti rivolgerti a me. Vorrei ricambiare il favore.
-Lo farai. - assicurò Delilah. - Mangiamo?
Quando finirono di mangiare, Delilah si ricordò che aveva fatto una torta al cioccolato quella mattina: per miracolo non aveva lezione e aveva deciso di cucinare qualcosa per la sera e per la mattina dopo. Chiese a Peter se ne volesse un pezzo, al che il ragazzo acconsentì. Andò seguita dallo scienziato in cucina, dove prese il necessario per mangiare finalmente il dolce.
-Se non fossi un amante del cioccolato, me ne sarei innamorato stasera, è la torta più buona che io abbia mai mangiato! -si complimentò Peter.
Delilah gli lanciò uno sguardo scettico, che spinse il ragazzo a dire: -Non sto scherzando.
-Decido di crederti. Grazie.
-Non c'è di che. Credo che ora troverò qualsiasi scusa per venire a casa tua a reclamare la torta al cioccolato.
-E così adesso sono la tua sforna-torte?-disse Delilah, ridendo.
-Beh, potrei venire qui non solo per le torte e per i libri. - replicò Peter, diventando serio. -Ho visto certi vinili in salotto...
-Ah, piantala! -esclamò Delilah, riprendendo a ridere dopo il leggero colpo ricevuto in seguito all'improvvisa serietà del ragazzo.
-Non sto scherzando, hai certi trentatre giri che non si trovano più, neanche nei negozi di musica più longevi; trentatre giri per cui farei follie. Conosci qualche negozio di cui sono all'oscuro?
-Mio padre quando era giovane collezionava vinili, avrebbe potuto fare follie, come te, per ottenere un trentatre o un quarantacinque che gli mancava; alcuni dischi li ha ascoltati insieme a me, in qualche modo mi ha contagiata. Quando sono partita, ha insistito affinché prendessi i vinili che più amavo.
-Ti manca? -chiese Peter, ora serio.
-Un po', ma è quella mancanza che non ti fa star male. E tu, come ti sei appassionato ai vinili?
-Stessa tua storia. Abbiamo dei genitori collezionisti che spingono i propri figli a fare follie, eh?
-Non ho ancora ucciso nessuno per un vinile, e nemmeno mio padre. - disse Delilah, fingendo serietà.
-Nemmeno io. -replicò il ragazzo, mantenendo lo stesso tono.
-Vuoi un'altra fetta di torta?
-La prenderei volentieri, ma sono a posto.
Delilah allora si alzò, tagliò una fetta e la mise su un piatto di plastica, per poi metterci su un altro piatto di plastica. Peter la guardò interrogativo.
-Non credo riuscirò a mangiarla tutta da sola, e ho pensato che essendoti piaciuta la torta, avresti gradito averne un pezzo per domattina.
-Tu sei troppo gentile.
-Nah, bisogna nutrire gli amanti del cioccolato. -disse l'irlandese, sorridendo, mentre prendeva le stoviglie sporche e le riponeva nel lavello: le avrebbe lavate più tardi. Nel mentre Peter aveva acquisito un'espressione pensierosa, lo sguardo e la mente chissà dove. Ad un certo punto disse: -Forse ora devo andare. - e per sottolineare queste parole, si alzò.
-Sai come raggiungere il dormitorio da qui?
-Certo.
-Oh, okay. Ti accompagno alla porta, allora. - disse Delilah, prendendo il pezzo di torta destinato alla mattina dopo di Peter.
Guardò Peter vestirsi, una parte di lei desiderosa che rimanesse, un'altra che si chiedeva cosa le stesse succedendo.
-Grazie mille per la serata e per la torta. - disse Peter.
-Grazie a te.
Il ragazzo stava per afferrare la maniglia quando si fermò, si girò verso la ragazza e piantò i suoi occhi verde scuro in quelli di lei, e notò che erano di un nocciola caldo sbalorditivo.
-Domani hai qualche impegno importante? -disse, veloce, per paura di bloccarsi.
- No, ho la giornata libera. -rispose lei, altrettanto rapida.
-Verresti al parco con me?
-Okay, a che ora?
-Va bene se passo da te verso mezzogiorno? Possiamo prendere dei panini da qualche parte e mangiare al parco, che ne dici?
-Okay, allora... a domani.
-A domani. - disse Peter, avvicinandosi e lasciandole un bacio leggero sulla guancia.
-Buonanotte -aggiunse, andandosene e lasciando Delilah paralizzata ed emozionata. Si accorse che era ancora davanti alla sua porta, aperta, quando la sua vicina, che era uscita un attimo, chiese: -Signorina, tutto bene?
Delilah sbatté gli occhi, la guardò stranita per un attimo, poi rispose: -Sì, sì grazie. Buona serata. - e chiuse la porta, la mente già proiettata sull'indomani.
 
  
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