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Autore: cin75    03/08/2015    6 recensioni
Che cosa l'amore può spingere a fare? Che cosa l'amore può far accettare?
Jared e Jensen avranno modo di poter rispondere a queste domande!!!!
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quando i medici riunirono entrambe le famiglie in una stanza per comunicare entrambi gli esiti degli interventi, i presenti rimasero interdetti e profondamente preoccupati nel sentire che mentre Jared rispondeva ottimamente al trapianto, Jensen invece non riusciva ancora a svegliarsi dall’anestesia.

“Che cosa sta succedendo a mio figlio, dottore?” chiese in ansia Alan. “Doveva andare tutto bene. Ci avevate detto che sarebbe andato tutto bene?...perchè? Perché  Jensen non si sveglia?!”
“Pat, che è successo?” intervenne anche Jeff, avvicinandosi agli Ackles. Era un medico anche lui e quindi in grado di capire la situazione in cui paziente e medico curante si trovavano in quel momento.
“ Sai che non c’è una spiegazione per casi come questi. Il paziente reagisce bene all’operazione. In sala operatoria è filato tutto lisco e perfino i parametri vitali non hanno mai dato segno di una qualsiasi sofferenza. E’ solo nel post operatorio che abbiamo riscontrato l’assenza di risveglio. Il suo battito è regolare, la pressione nella norma. Ogni parametro rispetta alla perfezione la regola di equilibrio di appartenenza.”  cercò di spiegare.
“Jeff?!” richiamò Donna, visibilmente terrorizzata dalle sorti del figlio.
Jeff intuì il senso di quel richiamo e si avvicinò alla donna prendendole le mani.
“Ascolta, per adesso è solo come se stesso semplicemente dormendo. Non c’è sofferenza in questo suo stato. Paradossalmente sta bene.”
“Ma allora perché?” chiese Jerry al figlio.
“Sono casi al limite che la medicina ancora non riesce a spiegarsi. C’è chi lo imputa ad una reazione del cervello a ciò che si è subito. Chi invece solo ad uno sfasamento biologico. Ma l’importante è che le condizioni di Jensen, siano e rimangano nello stato in cui sono. Fin quando è così, dobbiamo solo aspettare che il fisico reagisca e che lentamente lo spinga a svegliarsi!” spiegò cercando di risultare rassicurante e convincente.
“Si sveglierà, Jeff?...il mio bambino si sveglierà?” chiese Donna che venne immediatamente raggiunta dall’abbraccio dell’amica Sherri.
“Vedrai che andrà tutto bene, Donna. Diamogli solo un po’ di tempo e fra qualche giorno, vedrai che i nostri due attori da strapazzo, se ne andranno di nuovo in giro a fare sospirare i loro fan. Maschietti compresi!!” cercò di scherzare sperando di strappare così un, se pur, timido sorriso.
 
Per Jared invece la situazione era ben diversa. Il giovane si era risvegliato nei tempi giusti e la mattina quando l’effetto dell’anestesia era completamente  sparito, era decisamente lucido.

Si guardò in giro e naturalmente vide la sua stanza piena dei suoi parenti. Jerry gli si fece immediatamente accanto , volendosi sincerare che il figlio stesse bene. Poi fu la volta delle attenzioni meravigliosamente materne e quelle più dolci della piccola Meg.
Jeff non c’era, stranamente.

Jared pensò che il fratello fosse in giro a chiedere informazioni sulle sue condizioni. Quel ragazzo non ce la faceva proprio a non fare il medico!!

Ma non poteva sapere che Jeff era sì, in giro a chiedere informazioni, ma non sulla sua condizione ma su quella di Jensen, poiché le condizioni del maggiore non era ancora mutate.
E naturalmente si chiese come mai mancava tra tutti quei volti, quello che di più aveva voglia di rivedere , stringere, accarezzare  e baciare.
Ma ogni volta che chiedeva di Jensen, con una scusa o con un'altra veniva sempre convinto a desistere.
Una volta era da Pat, una volta a firmare documenti, una volta problemi con la loro assicurazione medica canadese e la questione delle deleghe. Presa alla sprovvista, una volta Meggie tirò fuori anche un’ assurda chiamata della produzione a cui Jensen, anche se infuriato, non aveva potuto declinare.
“Credimi, fratellone, non ho mai visto Jensen fare fumo dalle narici!!” disse a compimento di quella sua improbabile scusa e poi quasi scappò dalla stanza, lasciandolo solo e perplesso.

Ma ormai erano passati circa cinque giorni dall’operazione e Jared era stato anche messo in piedi e si sentiva bene. Davvero bene. E sinceramente era stanco di quelle che ormai aveva capito essere solo scuse. Il giorno infondo era fatto di 24 ore, quando diavolo ci voleva per firmare un foglio, o parlare con Pat e poi…davvero Meggie credeva che Jensen avrebbe preferito andare agli studio invece di vedere lui??
“Ok! Ora basta con tutte queste scuse!” sbottò quando chiese un ennesima volta di Jensen e dopo che sua madre gli aveva perfino suggerito di smetterla di telefonare, provando a giustificare quegli squilli  a vuoto con un tentennante “Forse non può rispondere!
“Voglio sapere dov’è Jensen. Voglio sapere che cosa ha di così tanto importante da non farsi vedere!! E smettetela di propinarmi scuse assurde e improbabili, perché ricordate che in famiglia sono io l’attore. Quindi ora ditemi che cosa è successo?!” disse visibilmente alterato mentre si sedeva sul bordo del letto.
“Jared stai fraintendendo…” si fece avanti Jeff. “Che ne dici fratellino di rimetterti a letto e riposare un altro. Male non ti farebbe!!”
“Smettila, Jeff!!” disse torvo. “E’ successo qualcosa!" affermò cercando negli sguardi o imbarazzati o stranamente preoccupati di chi lo stava guardando una risposta o una conferma.

E poi dove erano finiti Alan, Donna e gli altri?

“Jared…” fece il padre con l’espressione di uno che chiede o forse supplica di aspettare a fare domande.
“Oddio!! È successo davvero qualcosa!! Ha avuto un incidente?...non sta bene?...” chiese ansioso. “Ditemi che è successo?! Ditemi che cosa è successo a Jensen?!!” quasi gridò nel panico quando scorse le lacrime agli occhi di sua madre.
“Ok! Te lo dico ma tu sta’ calmo!” fece Jeff andandogli vicino.
“Va …va bene!” promise.
“Riguarda il donatore.” Iniziò.
“Non capisco…”
“Ci sono stati dei problemi con il post operatorio della persona che ti ha donato il rene!” riferì Jeff.
“Oddio!!” fece preoccupato e sentendo dentro di se un , forse, giustificato senso di colpa. “E’ con lui? Jensen è con lui?...è per questo che ancora non riesco a vederlo? Si sta sincerando delle condizioni di quella persona??!” chiese sapendo di quanto Jensen fosse generoso.
“No, Jared!” e poi prese un profondo respiro e soprattutto coraggio. Era inutile giraci ancora intorno. “E’ Jensen. Si tratta di Jensen!” però, riuscì solo a dire.
“In che senso…si tratta di…Jensen!?” domandò confuso.
“E’ Jensen…il donatore. E’ lui che ti ha donato il rene!” confessò finalmente.
“Cosa?!” sussurrò appena Jared completamente incredulo. “Ma come…come è possibile. Lui….io…insomma…”
“Pat, per quanto sia un medico, non ha esitato a chiamarlo miracolo. Un campione di sangue di Jensen è stato analizzato per sbaglio insieme a quelli per scoprire la compatibilità ed è risultato compatibile. Jensen non ci ha pensato due volte ad accettare l’espianto e la donazione e non ha voluto dirti niente per non farti agitare….”
“Oddio!! Oddio!!!” ripeteva Jared, commosso, arrabbiato, confuso. “Aspetta!!Aspetta!! hai detto che ci sono stati dei problemi con il post operatorio. Che significa?!” chiese improvvisamente lucido anche se i suoi occhi non poteva smentire il suo reale stato d’animo.
“I medici non sanno ancora come spiegarlo, ma Jensen…Jensen ha difficoltà a risvegliarsi.  Da dopo l’operazione è ancora privo di sensi!” rispose il fratello.
“Lui…lui è in…coma?!” fece inquieto.
“No, non si tratta di coma. E’….è come se stesse dormendo e noi…”
“Voglio vederlo!” lo interruppe Jared. E non sembrava voler essere contraddetto anche se Jeff ci provò comunque.
“Jared non puoi. Lui è in intensiva. Non permettono a nessuno di vederlo. Tranne i familiari.” Provò.
“I familiari??!!” esclamò quasi offeso. “Porca miseria, Jeff! Sono il suo compagno da più di sei anni, mi ha donato un rene…chi c’è più familiare di me??!” disse ironico. E poi vedendo che il fratello titubava ancora, continuò provocatorio. “Ok!, ascoltami adesso. O mi ci porti tu o mi ci metto io da solo su quel trabiccolo ..” indicando la sedia a rotelle che usavano per gli spostamenti tra analisi e reparti vari. “…ma io adesso voglio vedere Jensen! Chiaro?” e fece per alzarsi.
“Ok!Ok!Ok!” si arrese Jeff. “Va bene. Ma stai calmo e fa’ piano o ti farai saltare quei maledetti punti!” lo rimproverò serio, mentre lo aiutava a mettersi sulla sedia.
 
Dovettero promettere all’infermiere di turno al reparto che Jared si sarebbe fermato poco tempo e quando Jeff lo lasciò da solo accanto al letto in cui Jensen dormiva o riposava o chissà quale fosse la sua condizione, Jared non resistette a prendergli la mano e ad accarezzarla dolcemente.
“Se potessi, ti bacerei!” disse dispiaciuto, dato che con la flebo che aveva nel braccio e tutti i fili che erano collegati a Jensen, sarebbe stata un impresa alzarsi da quella sedia ed evitare di fare qualche casino. “Ti prego…ti prego ..amore mio. Torna da me!” sussurrò in preda all’emozione più disperata.
“Non ti preoccupare, Jared!” fece la voce di Pat alle sue spalle. “Vedrai che fra qualche giorno si riprenderà. Le sue condizioni continuano ad essere buone e stabili. Pensiamo che sia solo questione di tempo!”
“E se non si sveglia?!” chiese e chiuse gli occhi amareggiato e frustrato, quando Pat non gli rispose. “Come hai potuto? Come hai potuto permetterglielo?!” chiese con un risentimento.
“Credi che Jensen, sapendo di poterti salvare non lo avrebbe fatto?!” domandò incredulo l’amico dottore.
“La lettera…ti avevo scritto quella lettera per…”, ma Pat non lo fece finire.
“No, Jared, no!! La lettera escludeva il coinvolgimento dei tuoi e non di Jensen o di chiunque altro non facesse parte della tua linea di sangue. Jensen non era compreso in quella linea e il fatto che sia stato proprio lui a salvarti, dovrebbe solo dimostrarti di quanto lui ti ami e di quanto fosse destino che voi stesse insieme.” Sembrò rimproverarlo.

Jared avrebbe voluto controbattere ma sapeva che Pat dal punto di vista etico non era in torto. E quindi si arrese e ripensò a quello che gli era appena stato detto. Non c’era un legame biologico tra lui e Jensen eppure  quel meraviglioso uomo che ora gli era davanti addormentato in quel sonno che nessuno riusciva a spiegarsi, era stato capace di salvargli la vita. E ora, con apprensione, poteva dire, a rischio della sua.

Altri giorni passarono. Altri lunghissimi sei giorni.
Jared in quella smaniosa e trepidante attesa per il risveglio di Jensen, diventava sempre più irascibile. Intrattabile.
La riconoscenza che sentiva verso il compagno, lentamente si stava trasformando in astio.
Jensen non ci aveva pensato due volte a rischiare la vita per lui. Lo aveva tenuto fuori da quella scelta così importante. In qualche modo non si era fidato del suo giudizio e aveva scelto per entrambi. E ora, senza dargli nemmeno la possibilità di infuriarsi con lui, lentamente , sembrava si stesse allontanando.
“Come hai potuto lasciarglielo fare ?!” gridava nei confronti di Jeff.
“Jared..dannazione…stavi morendo!! Cosa avremmo dovuto fare??!” provò a farlo ragionare il fratello che capiva cosa stava passando il ragazzo.
“E naturalmente avete pensato che era meglio rischiare la vita di Jensen per salvare la mia!!?” lo provocò ironico.
“Oddio!! Non lo penserai sul serio, ragazzo!” si intromise Jerry.
“Dimmi tu che cosa devo pensare, papà?!” ringhiò verso il genitore. “Io sono qui, sano e salvo e lui…lui è in quel letto da più di dieci giorni, che rischia di non svegliarsi più….e Dio non voglia…che rischia di….” ma il resto non riuscì a dirlo. Troppo assurda come previsione. Troppo dolorosa come conclusione della loro storia. No!, una tale risoluzione non era accettabile. “Cosa…cosa accadrà se lui….cosa faccio io se….” ingoiando la voglia di piangere.

“Jared?!” lo chiamò Pat, in quel momento.

“Per favore Pat. Dacci un minuto!”
“Io posso darti tutto il tempo se vuoi, ma se vuoi essere il primo che Jensen veda quando si sveglia, dovresti venire con me!” disse sorridendogli.
“Cosa?” disse incredulo Jared, mentre un gioioso “Oddio!Ti ringrazio!” sfuggiva dalle labbra della cara Sherri che si abbracciava felice al marito e alla figlia minore.
“Si sta svegliando. Il tuo Jensen si sta svegliando!” disse Pat, ma lo disse alla schiena del giovane paziente che al primo “si sta svegliando” era già corso fuori per raggiungere la stanza in cui aveva spostato Jensen.
 
Patrick era al fianco del letto, mentre gli altri, Jared compreso, erano rimasti in fondo alla stanza.
“Jensen?...Jensen, amico? Andiamo apri gli occhi!! Jensen mi senti?, apri gli occhi!” fece con voce più decisa. E Jensen, finalmente obbedì e lo splendido verde dei suoi occhi, tornò ad invadere il cuore di Jared.
Il ragazzo aprì lentamente gli occhi e ci mise un po' per mettere a fuoco tutto e tutti. Quando si sentì più lucido salutò come solo lui avrebbe potuto fare. "Wow!! non sapevo che ci fosse una festa. Mi sarei reso più presentabile!!"
"Beh! in effetto la festa c'è stata, amico. E' solo che tu hai voluto fare il divo e ti sei fatto attendere un po' troppo!" rispose a tono Patrick.
Jensen lo guardò stranito in cerca di una risposta più chiara. In effetti in quelle condizioni non è che era molto propenso agli indovinelli.
"Ci ha fatto penare! Ma ora sei sveglio e questo è quello che conta!" disse.
Ma mentre ascoltava Pat, Jensen si guardò attorno e tra gli sguardi pieni di commozione dei suoi e quelli altrettanto felici dei genitori di Jared e di tutti gli altri, vide l'unico di cui non avrebbe mai potuto fare a meno.

I loro occhi si incontrarono, finalmente. Tutto quello che provavano l'uno per l'altro esplose nel silenzio di quell'incontro invisibile a tutto il mondo.

Poi un assurda paura prese possesso di ogni pensiero di Jensen.
"Lui...che ci fa lui qui...lui...dovrebbe essere a letto. Perchè è qui? perchè è in piedi?!" iniziò a chiedere agitandosi, e non spiegandosi la presenza di Jared nella sua stanza.
"Sta' calmo, Jensen. Lui...lui sta bene. Ora sta bene, grazie a te!" lo rassicurò.
"Ma come...se io sono ancora in queste condizioni, come...perchè lui è..."
"Jensen ti ho detto che ci ha dato qualche pensiero!" fece l'altro.
"Che significa?!" non spostando mai lo sguardo da Jared che in effetti , anche nei lineamenti, sembrava aver riacquistato il suo vecchio tono. Anche il suo colorito era decisamente migliore.
"Jensen, dopo l'operazione, non siamo riusciti a svegliarti dall'anestesia...."
"Cosa?" fece sorpreso.
"...sei stato via per un po' di tempo, amico!" continuò Patrick.
"Un po' di tempo?!"
"Jensen sono passati più di undici giorni dall'operazione. E' per questo che Jared è in piedi. Sei stato privo di conoscenza per tutto questi tempo." gli spiegò e vide l'amico paziente perdersi per un attimo. Di certo, aver saputo che era stato incosciente per tutto quel tempo senza rendersene conto, era una cosa abbastanza tosta da mandare giù.

Invece, Jensen stava pensando a ben altro.
"Come sta?...come sta Jared?!" si limitò a chiedere.

Quella domanda lasciò basiti la  maggior parte dei presenti. Ma se tutti gli altri la presero come una semplice richiesta in quel momento così assurdo, Jared , invece, sentì una furia immensa crescergli dentro, tanto che dovette uscire dalla stanza.
"Jared?...Jared?!" chiamò piano Jensen quando lo vide uscire.
"Tranquillo, Jens. E' solo emozionato. Vedrai che tra un po' rientrerà e inizierà ad asfissiare tutti noi, come sempre!" provò a mediare Jerry, anche se sapeva quale era il vero motivo per cui il figlio era fuggito via da quella stanza.

I seguenti due giorni, i due ragazzi li passarono tra la presenza costante dei loro parenti, i controlli per Jensen per quello che gli era successo e naturalmente i controlli per controllare che tutto comunque andasse per il meglio. E quelle poche volte che i due riuscivano a stare da soli, tutto quello che riuscivano a fare era dirsi, appena un "ciao!" o uno stentato "come stai?" e niente altro poichè , sistematicamente, qualcuno entrava per fare qualcosa.
 
Poi arrivò il giorno che Jensen temeva, ma che sapeva sarebbe arrivato.
Solo che lui, mai e poi mai, avrebbe immaginato sarebbe arrivato distruttivo nel modo in cui arrivò.
   
 
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