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Autore: Meahb    26/01/2009    5 recensioni
Un sogno.
Un tributo.
Una possibilità persa e forse ritrovata.
Poche parole per raccontare una grande storia.
Una storia che, volenti o nolenti, non finisce mai. Perchè certe storie sono come miracoli. E i miracoli non si dimenticano.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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uno

Grazie a Jeff.

Grazie all’Australopiteco Afarensis.

Grazie ad Orlando.

Grazie a Naimh.

E grazie ai sogni che abbiamo condiviso e che continueremo a condividere.






LOVE IS NOT A VICTORY MARCH

 

 

 

 

 

*1*

 

 

 

 

Mugugno infastidita, quindi ficco la testa sotto il cuscino nella speranza di non sentire più quel trillo infernale.
Speranza vana, chiaramente. Perché ‘Ehy there Delilah’ continua a suonare imperterrita.
Senza uscire dalle coperte allungo un braccio e raccatto il telefono dal comodino.
“Mh”, rispondo.
“Dove sei? Che stai facendo? Sei partita? Mia madre mi sta facendo impazzire. Ha deciso che la presenza di Orlando al matrimonio non è classificabile tra le scelte intelligenti della mia vita. Sono due ore che ciancia sull’importanza dei legami, su come le ferite non si rimarginano e sulla possibilità, seppur vana, che magari rivendendolo potrei..”
“Naimh”, tuonò.
“Perché ansimi?”, ribatte lei.
Mi stropiccio gli occhi, “Perché stavo dormendo. Perché mi hai fatto affogare in mezzo al mare di parole che hai appena pronunciato. E perché sono in crisi premestruale”.
“Come sarebbe a dire, stai dormendo? DEVI ANDARE A PRENDERE ORLANDO!”, grida.
Adocchio l’ora.
“Naimh sono le otto del mattino. Orlando arriva appena pranzo. Quanto pensi che ci metterò ad andarlo a prendere?”
“Che c’entra? Lo sai che Los Angeles è trafficatissima. Meglio partire con un po’ d’anticipo”.
“Sei ore d’anticipo?”, borbotto, sedendomi sul letto, “Sorella, abito appena a venti minuti dall’aeroporto. Dovessi anche incontrare traffico, dubito ci metterei più di un’ora”.
“Lo so dove abiti”, precisa lei, stizzita.
“Mi spieghi che caspita sta succedendo a ‘casa follia’ per favore?”, domando rassegnata ad abbandonare gli ultimi scampoli di sonno.
“Mi madre”, mormora lei tetra, “Mi sta facendo impazzire con considerazioni non richieste su Orlando”.
“Tipo?”
“Tipo che non avrei dovuto invitarlo al matrimonio”
Ridacchio, “Come se avessi avuto scelta”.
Sospira, “Avrei potuto avercela”.
“Dici?”
“Leox sa tutto di me e di lui. Non credo che avrebbe mosso obiezioni se gli avessi detto che…”
“Hai cambiato idea?”
La sento sospirare.
“No. Cioè non credo”, sbuffa, “E’ che non lo so no? Poi magari ha ragione lei, lo rivedo e può darsi che vado a pensare a chissà cosa e faccio un casino madornale e poi…”
“Stai iperventilando”, la interrompo, “E stai straparlando. Cosa che non ti capitava da almeno dieci mesi.”
“Sono nervosa”.
Mi alzo dal letto, dirigendomi in cucina. Adesso si rende necessario un caffè. Forte. Doppio. Possibilmente amaro.
Emily nervosa. Ergo, Flo in crisi mistica. Di solito funziona così.
“Naimh, non per essere scontata ma è normale essere agitati”.
“Lo so”.
“E allora?”
“Flo, tu credi che si possano amare due persone contemporaneamente?”
Domandone. Alle otto e sette del mattino.
“Dipende”.
“Da cosa?”
Accendo la caffettiera e mi metto seduta sul piano di lavoro.
“Non credo nel significato della parola ‘contemporaneamente’. Se ci pensi bene non riesci a fare niente ‘contemporaneamente’”.
“Spiegati”.
“Se la prendi sulla base temporale, posso anche credere che noi umani siamo in grado di fare qualcosa contemporaneamente ad un’altra. Ma se la metti sul piano qualitativo e quantitativo no. Pensaci.”.
“Flo, non ti sto seguendo”.
“Ti faccio un esempio. Tu scrivi e capita che mentre scrivi fumi. Ci sei?”
“Vai avanti”.
“Per la lingua italiana, o inglese che sia, tu stai facendo due cose contemporaneamente”.
“Si”.
“In realtà non è così. Perché stai dedicando la tua attenzione alla scrittura, non al gesto del fumare. Il primo è qualitativamente più importante del secondo”.
“Me la trasporti sulla questione amorosa?”
“Orlando esiste da sempre. C’è da quando sei stata in grado di provare un sentimento. Lo ami, punto. E poi c’è l’altro. Ami anche l’altro, questo è chiaro. Ma qualitativamente li ami con colori e umori differenti, quindi non li ami contemporaneamente. Non so se mi segui”, inspiro, “E poi Orlando lo ami come si ama l’aria che respiri. Lo dici tu…”
Avevo dodici anni, ignoravo tutto circa ogni cosa e per me era solo una parte della meraviglia più grande che i miei occhi avessero mai visto”.
“Appunto”.
“Ma poi qualcosa è cambiato”.
“No, Naimh. Non è cambiato. E’ evoluto, se mi cogli la differenza”.
“La colgo”, soffia lei.
“Non puoi pretendere che la presenza di Orlando non abbia effetti su di te. Lui ti ha segnata e certi segni non si tolgono”.
“Leox non lo merita”.
“Non stai facendo nulla Naimh”, tento di rassicurarla, “Anche lui avrà una persona nel suo cuore ma questo non significa che ti ami di meno”.
“Ho paura di rivederlo”.
“Orlando?”
“No mia nonna”, borbotta lei.
Mi verso il caffè nella tazza, aspirandone l’aroma. Adoro l’odore del caffè che la zia di Emily ci invia almeno una volta al mese. Profuma di casa. Quella in Italia.
“Perché hai paura?”
Sbuffa, lamentandosi, “Perché non so se sono pronta a pagare il prezzo”.
“Di che?”
“Di quello che comporta lasciarlo camminare per una strada diversa dalla mia”.
“Non sei tenuta ad abbandonarlo a se stesso”, obbietto.
“Quando con Leox abbiamo parlato di matrimonio avevamo in mente una coppia. Formata da due persone. Che per inciso siamo io e lui”.
Acciuffo una sigaretta e l’accendo, “Essere una coppia non implica mica l’esclusione delle persone che ami dalla tua vita”, preciso.
“Andiamo Flo, non pontificare. Hai capito perfettamente quello che intendo”.
“E l’ha capito anche Leox”, sospiro, “L’unica che non l’ha capito sei tu!”
Fa uno strano verso, “Domani mattina vado a pesca di capesante”, borbotta.
“Capesante?”
“Ho bisogno di riflettere”, mormora, “E di sfuggire al fuoco infuocato di Leox, Orlando e mia madre”.
“E devi andare a pescare le capesante? Non puoi limitarti a…che so…ascoltare musica dal tetto di casa?”
“Giù ci sono quelli del catering”, mi spiega.
“Ah”.
“Già”.
“Canzone?”, le domando.
And I’ve seen your flag on the Marble Arch and love is not a victory march,is a cold and is a broken halleluja”.
“Naimh, sei felice?”, le domando a bruciapelo.
“Assolutamente felice. Assolutamente, inoppugnabilmente, incontestabilmente felice”.
Sorrido.
Lo ama ancora.
Adesso devo solo andare a controllare l’effetto che l’amore, misto all’abbandono, ha avuto su qualcuno di nostra conoscenza.

 

 

  
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