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Autore: MissBethCriss    03/08/2015    0 recensioni
In questa vita di cicatrici e amore, una domanda sarà posta a chi saprà ricordare. E un fiore riuscirà a sbocciare nei cuori di chi saprà amare; è come un'onda il suo odore, vi inonderà con ardente passione. E chi saprà amare, ad occhi chiusi, si fiderà dell'altro, e amerà senza riserve. Poiché quando il sole sarà tramontato, al buio, vi rimarranno solo dei ricordi sulla linea del tempo.
▻ Day One: Post Glee
▻ Day Two: Book AU
▻ Day Three: NYU! Seblaine
▻ Day Four: Hogwarts
▻ Day Five: Free Day
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Beth's Corner: Buon secondo giorno della SW a tutti! Per il prompt "Book AU" avevo l'imbarazzo della scelta, da qualche anno vedo questi due scemi anche in due sassi vicini, non me li immagino nella realtà dei miei libri preferiti? La mia scelta è caduta su di loro perché i Malec sono speciali per me e non inizio a parlare di loro, vi è il rischio che non finisco più, Betta l'Omonima può confermare. Chiudo ringraziando la cara Betta che si merita ogni grazie che le ho detto. Buona lettura!

Questa storia partecipa alla Seblaine Week 2015
Day Two: Book AU

Ricordi sulla linea del tempo

Questa vita di cicatrici e amore

— Blaine — disse un giovane uomo quando fu davanti alla porta della cella; il tono dello Shadowhunter rasentava la disperazione più profonda. Occhi dorati di felino si alzarono e incrociarono quelli verdi dell’abile arciere, e in un battito di ciglia quest’ultimo si trovò in ginocchio vicino all’uomo che amava, guardando con rabbia le catene di adamas che gli fasciavano i polsi, ancorandolo al pavimento freddo. — Stai bene? Sei ferito?
Sebastian sfiorò la guancia dello stregone, si sentì gli occhi pizzicare e un’assurda voglia di uccidere colui che lo aveva ridotto in quello stato, ma ora doveva pensare a lui, così accennò un sorriso, riuscendo purtroppo a fare solo una smorfia che non convinse il ragazzo. Blaine, il Sommo Stregone di Brooklyn, aveva pesanti solchi che gli mettevano in evidenza gli zigomi scavati, ombre cineree sotto gli occhi, che li segnavano privandoli della loro consueta luce, e le labbra, un tempo piene e morbide, adesso erano secche e screpolate.
— Il mio Bastian —sussurrò allo Shadowhunter, cercando di avvicinarsi a lui. Era stremato, le forze lo stavano abbandonando, ma non voleva assolutamente che l’altro si preoccupasse ancora di più, perciò continuò a parlare come se nulla fosse. — Sei stato tanto triste ed io non lo sapevo — poi si accasciò contro il muro, con un pallido sorriso che rischiariva le ombre sul suo volto.
Sebastian poggiò nuovamente la mano sulla sua guancia, e con il pollice accarezzò la porzione di pelle sotto lo zigomo sporgente. — Ora devi stare fermo — gli disse, in un tenero sussurro. Portò l’altra mano alla cintura per estrarre una spada angelica, ma quando fece per chiamarla Blaine lo bloccò, fermandogli il polso con le dita lunghe e sottili, da pianista che era. — Chiamala Samuel. — Pronunciò quel nome con una familiarità che in condizioni normali avrebbe provocato nel ragazzo una gelosia inaudita, ma in quel caso si sentì stringere il cuore, conscio del perché di quel nome. Le parole che Hunter disse a Daniel risuonarono nella testa dello Shadowhunter: “Ho ucciso il tuo creatore”. Dal tono dello stregone, capì che colui che fu il capo clan dei vampiri di New York aveva un’importanza incredibile. Avrebbe vendicato il Sam di Blaine, anche se fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto in vita. Blaine provò a sforzarsi di fare un sorriso. — Sbaglio o è un nome di un angelo anche questo?
— Samuel — sussurrò lo Shadowhunter, prima che la lama divampasse, illuminando i due visi vicini. Sebastian fece scivolare la mano dalla guancia alla spalla per tenerlo fermo, e lo stregone si beò del suo tocco. Quando abbassò la spada sulle catene, queste caddero, e la stessa sorte toccò alla spada angelica. Sebastian si sporse in avanti per afferrare lo stregone dalle spalle, cercando di raddrizzarlo, così Blaine, per facilitargli il lavoro, tese le braccia verso lo Shadowhunter, ma invece di farsi forza per alzarsi in piedi lo attirò a sé, facendolo cadere sopra di lui. Ben presto le sue labbra trovarono quelle dell’altro, appropriandosene. Sebastian all’inizio si sentì il sangue gelare nelle vene e si irrigidì, poi Blaine fece scivolare una mano sulla sua schiena per avvicinarlo di più a sé, mentre l’altra l’appoggiò sulla sua nuca. E Sebastian si lasciò andare, buttandosi in quel bacio goffo e determinato. Gli prese il viso fra le mani e lo baciò con passione e disperazione, quella disperazione di chi non credeva che avrebbe mai più avuto la possibilità di baciare le labbra che aveva sognato ogni notte da quando si erano lasciati. Entrambi rimasero senza fiato.
Fu Blaine il primo ad allontanarsi, aveva gli occhi che brillavano e si addolcì quando vide che l’altro li teneva ancora socchiusi. — Sebastian...— sussurrò, appoggiando la testa sulla sua spalla, mentre lo Shadowhunter gli cingeva la vita con le braccia allenate.
— Dimmi — fece l’altro, incuriosito e spaventato da ciò che gli potesse dire.
— Siete inseguiti?
L’altro spalancò gli occhi, incerto su cosa rispondergli; deglutì a vuoto, e mentre l’altro aspettava una risposta  optò per la verità. Aveva deciso di smettere con i sotterfugi. — Siamo inseguiti da un gruppo di Shadowhunter oscuri, creati da Hunter.
— Peccato —sussurrò Blaine, socchiudendo gli occhi. Le sue lunghe ciglia gli solleticarono l’incavo del collo. — Sarebbe stato bello poter star sdraiati qui, vicini, anche solo per un po’.
S’intromise la sorella di Sebastian, provando con tutte le forze a non sembrare sgarbata. — Be’, è impossibile, Blaine.
 
— Blaine — lo chiamò Sebastian mentre gli accarezzava la schiena nuda, allontanandolo dai suoi pensieri. — So che sei sveglio — sentenziò, lasciandogli un bacio fra i ricci corvini freschi di doccia: aveva passato l’intera notte a lavorare per un ingaggio, e quel getto di acqua calda fu una mano santa per le sue membra stanche. — Dai, alzati, devo ritornare all’Istituto.
Lo stregone si stiracchiò come un gatto, andando a finire sul corpo dell’altro. Sebastian sbuffò divertito, chiuse il libro che teneva in mano e lo posò con cura sul tavolinetto vicino al letto a baldacchino, in perfetto stile barocco, la moda del momento.
— Lo sai che ci metterei un secondo a farti alzare? — lo sfidò, mentre accarezzava con le dita l’incavo lungo la colonna vertebrale, su e giù. Blaine si meravigliava sempre di come le sua mani, mani dedite alla guerra, riuscissero ad essere così delicate quando sfioravano la sua pelle.
— Lo sai che io impiegherei ancora meno per farti restare incatenato a questo letto? — ribatté l’altro maliziosamente, mentre piccole fiamme verdi si libravano dalle sue mani.
— Devo veramente andare, Blaine — fece l’altro, anche se gli era passata la voglia di farlo sul serio.
— Ma mancherai così tanto al mio gatto… Vuoi fare questo torto a Chairman Meow? Sei così insensibile?
Sebastian rise. — Povero Chairman Meow.
Blaine cominciò a giocare con i fili dei buchi del maglione nero di Sebastian. — Fermati, così li rovini ancora di più — lo rimbeccò l’altro.
— Guarda che è mio intento rovinarteli tutti, così sarai costretto a farti il guardaroba nuovo — gli spiegò puntando i suoi occhi da gatto verso di lui. Sebastian sbuffò.
— A me piacciono.
— E a me piaci tu, per questo li sopporto senza batter ciglio… o quasi.— Blaine si tirò un po’ su con il busto, facendo leva sul gomito che aveva posato sopra il petto di Sebastian. Con la mano libera gli accarezzò i capelli spettinati.
— A cosa pensavi prima? — gli chiese Smythe.
— Aku cinta kamu — gli disse dolcemente, per poi scontrare le sue labbra contro quelle dello Shadowhunter. Ti amo.
Quando pronunciava quelle parole, Sebastian si sentiva il cuore esplodere. Lo stregone usava la propria lingua madre così raramente (solo in situazioni veramente importanti), che il fatto che la usasse per dirgli che lo amava lo faceva sentire come la cosa più preziosa al mondo, per lo stregone.
— E questo per cos’era? — gli chiese.
— Per il semplice fatto che esisti — gli rispose in modo, forse, fin troppo solenne. La sua voce perse quella nota piena di quella sua allegria così contagiosa per un momento soltanto. Sebastian riuscì a scorgere in quegli occhi, che amava e che conosceva meglio dei propri, la fiamma dell’eternità della sua vita, e una profondità tale che riusciva a nascondervi una saggezza nata da secoli di esperienza.
Aggiunse —Stavo pensando al giorno in cui capii che non volevo più perdere un secondo della mia vita lontano da te… è così effimera la vita umana, ma così bella, così passionale. E il fatto di poter passare questa vita di cicatrici e amore al tuo fianco mi fa sentire l'uomo più fortunato al mondo. Altri stregoni, che hanno alle proprie spalle i miei stessi secoli, se non di più, hanno smesso di provare qualsiasi emozione ormai da tempo, e ciò mi ha sempre spaventato. L'eternità ti rende immune a molte cose, io credevo di starmi atrofizzando: quattro lustri erano passati dall'ultima volta in cui mi ero sentito vivo, poi sei arrivato tu e mi hai stravolto, ribaltando le carte della mia vita. Hai trasformato il mio sopravvivere in vita pura — Blaine gli sorrise, posò una mano sul petto dello Shadowhunter e lasciò un bacio all'altezza del cuore, prima di continuare il suo discorso. Sebastian semplicemente lo lasciò parlare, beandosi di quelle attenzioni che lo stregone gli riservava sempre. — E stavo pensando a quanto sarebbe stato bello se solo avessimo avuto l’opportunità di stenderci vicini, in quella cella, anche per pochi minuti. Avevo un tale bisogno di sentire il tuo corpo contro il mio… Mi eri mancato così tanto, Bastian.
— Aku mencintaimu juga — gli disse Sebastian quando finì di parlare, mentre si tirava su col busto per prendere il viso dello stregone tra le sue mani e baciarlo. Lo baciò con una tale passione che entrambi si sentirono ribollire il sangue nelle vene, come se il fuoco celeste scorresse in loro. Lasciò che la propria lingua si scontrasse con quella di Blaine, in quella danza di cui solo i due amanti conoscevano i passi, guidati dalla musica dei loro cuori.
Allo Shadowhunter bastò poco per ribaltare le posizioni, e in men che non si dica Blaine si ritrovò prigioniero fra le braccia forti dell’altro.
— Non eri in ritardo? — gli chiese il moro, prima di staccarsi dalle labbra di Sebastian per passare a torturargli il collo, movimento facilitato dall’altro ragazzo, che reclinò la testa per permettergli un accesso migliore.
— Sei uno stregone molto potente, Anderson. Cosa vuoi che ti dica? — gli rispose ridendo.
Blaine lasciò scivolare le sue mani lungo le clavicole del compagno, fino ad arrivare alla fine della schiena, e mentre lo baciava incominciò a giocare con la cinta e l’estremità del maglione logoro. Con un gesto repentino, Blaine gli sfilò il maglione che un tempo era nero e lo lanciò in un punto indefinito della loro stanza da letto.
— Molto meglio — gli soffiò sulle labbra dopo che si diede la possibilità di ammirargli il petto ormai nudo per poi tornare a baciarlo.
Una vocina, dentro la testa di Sebastian, urlava a squarciagola pur di farsi sentire; era una vocina che gli ricordava il suo dovere, fastidiosa e assordante come un martello pneumatico sul ciglio della strada. Gli ricordava che il tempo stava scorrendo e che lui si doveva già trovare all’Istituto, ma per la prima volta nella sua vita a Sebastian non importava. Blaine gli aveva donato una seconda vita, fatta di accettazione e di un amore folle del quale non era mai sazio.
I due si ritrovarono a rotolare fra le coperte leggere, a ridere e a baciarsi come se nessuno dei due avesse dei problemi che gli frullassero per la testa. Fra quelle quattro mura smettevano di essere Sebastian Smythe, uno Shadowhunter, e Blaine Anderson, il Sommo Stregone di Brooklyn. Semplicemente esistevano, senza alcuna etichetta, in funzione del loro amore.
Ma anche le cose belle finiscono e il punto, in quella mattinata di un pigro mercoledì, fu messo da un quadrupede pieno di pelo che portava il nome di Chairman Meow. Il suddetto felino ebbe la brillante idea di andarsi a posizionare sulla schiena nuda dello Shadowhunter, gli bastò un solo balzo per completare la sua missione. Soddisfatto, si raggomitolò su se stesso, cominciando a fare le fusa. Dopo che ciò ebbe fatto perdere l’equilibro a Sebastian, facendolo scivolare sullo stregone, andò a nascondere il viso nell’incavo del collo di Blaine, il cui corpo venne percosso dai fremiti per il troppo ridere.
— Chairman Meow! Ma è possibile?— urlò con tono lamentoso il padrone. Il gatto, sentendosi offeso, se ne andò indignato.
Sebastian lasciò un ultimo bacio sul collo di Blaine e poi fece per alzarsi, ma il moro lo bloccò per il polso. — Dove credi di andare? Non abbiamo ancora finito io e te — gli disse mettendo il broncio.
Lo Shadowhunter piegò un ginocchio sul materasso soffice e si protrasse verso il centro del letto, dove era steso lo stregone. — Invece abbiamo finito — gli disse sulle labbra imbronciate, per poi baciargliele delicatamente.
— Devo andare, Blaine — disse, e il più velocemente possibile si alzò e andò a cercare il maglione slavato e si andò a preparare un bel caffè forte. A Sebastian non interessava come Blaine arredasse la loro casa, né tantomeno con quanta frequenza lo facesse, gli bastava solo che non cambiasse posizione alla macchinetta del caffè, solo questo. Lo bevve con avidità e fretta.
Con precisione matematica di chi conosce le abitudini del proprio compagno, di più di quanto si conoscessero le proprie, Blaine si presentò al balcone nel momento in cui Sebastian finì di bere l’ultima goccia della sua amata bevanda. Lo guardò e a stento riuscì a trattenersi dal ridere, già assaporando l’espressione che avrebbe fatto il ragazzo da lì a breve.
— Cosa c’è? Perché mi guardi tanto?
— Sei meraviglioso, ecco cosa c’è.
Sebastian gli sorrise, anche se sapeva che l’altro gli stava nascondendo un qualcosa che non riusciva a decifrare. Si avviarono insieme verso la porta, e Blaine si appoggiò a una colonna lì vicino, sistemandosi la vestaglia di raso color bordeaux. Mentre rimuginava sul da farsi, cominciò a tormentare le mani del compagno, giocando con i suoi anelli. Quando i suoi occhi furono catturati da quello che portava una “S” ed era decorato con motivi che ricordavano vagamente la casata del suo Sebastian, capì che glielo doveva dire, tanto ormai il danno era fatto.
— Sebastian? — lo chiamò.
— Dimmi, Blaine.
Dalle sue mani incominciarono a prender vita fiamme smeraldine e apparve una sciarpa dal medesimo colore.
— Ecco, io indosserei questa se fossi in te.
— Non fa così freddo, Blaine — gli fece notare confuso, ma quando decifrò lo sguardo del moro, sbarrò gli occhi, portandosi la mano al collo. — Oh no, no, no, Blaine. Charlotte mi ha tormentato per giorni, ti avevo chiesto di fare attenzione! Se continui a lasciarmi succhiotti, finirai per farmi uccidere mia sorella.
Blaine spalancò le braccia, gli occhi gli brillavano e si dovette mordere la lingua pur di non ridergli in faccia. Adorava quando cominciava a dare di matto in quel modo. Gli andò vicino e gli fece passare intorno al collo la sciarpa di seta verde, dandogli due colpetti amichevoli sulle spalle.
— Questo verde mette in luce i tuoi begli occhi.
Gli Smythe sono mostri dagli occhi azzurri, gli risuonò nella testa, come un vago e lontano ricordo, come se queste parole non fossero uscite dalla sua bocca, ma da quello di un altro. Sapeva da chi aveva ripreso quel verde e quella fu una delle cose che, forse, lo incuriosì per prima, facendogli rimangiare tutto quello che aveva mai detto sulla sua famiglia. Forse non tutto, ok, ma una buona parte.
— Non dirlo, Anderson.
— Su, su, — gli disse mentre lo accompagnava alla porta, — qualche giorno e passa tutto, non è mai morto nessuno per questo. Buon allenamento, mio caro — gli disse, mentre prendeva i due lembi della sciarpa e lo attirava a sé per poterlo baciare. Si scambiarono un bacio dal sapore di caffè, che portava la promessa di altri, al suo ritorno.
Un piccolo bagliore catturò i suoi occhi: un raggio di sole aveva colpito l’anello fino vicino a quello della sua famiglia, un ricordo dalla Londra Vittoriana che portava il nome dei suoi antenati, ritrovandosi a sorridere tristemente tra sé e sé. L’altro lo guardò preoccupato e Blaine riprese subito controllo di sé, non serviva a nulla rimuginare sul passato. — Salutami Charlotte — gli disse, per poi chiudere la porta il più velocemente possibile prima che gli potesse dar modo di controbattere. Si appoggiò alla porta e si lasciò andare a una risata liberatoria, amava quell’espressione disperata di Sebastian quando si tormentava per le piccole cose. Un piccolo bagliore catturò i suoi occhi: un raggio di sole aveva colpito l’anello fino vicino a quello della famiglia Smythe, un ricordo dalla Londra Vittoriana che portava il nome dei suoi stessi antenati. Si ritrovò a sorridere tristemente tra sé e sé. Nessuno di loro era più in vita, erano morte molte persone che un tempo aveva amato. Si sentì così solo che per un attimo perse la cognizione del tempo, eco di carri nelle orecchie e gente che parlava con accento londinese nel cuore. L’altro lo guardò preoccupato per via del suo cambio di umore repentino, e quando gli occhi di Sebastian lo riportarono alla realtà, Blaine riprese subito controllo di sé, non serviva a nulla rimuginare sul passato, i suoi cari non sarebbero tornati indietro.
Sebastian sbatté un pugno contro la porta. — Dopo io e te facciamo i conti, vedi di trovare un modo per farti perdonare, Anderson — gridò contro il legno.
— Sarà fatto, mio amato Bas.
 
 
Betta’s Corner: Ciao! Sono sempre io, l’altra Betta. Tbh la saga di Shadowhunters (o come si chiama) non mi è mai piaciuta, ma i seblaine sono i seblaine e Betta è Betta, quindi ho fatto lo sforzo e ho bet(t)ato (UH UH, se ieri non faceva ridere, figuriamoci oggi) e pubblicato tutto, visto che la mia omonima è in Trentino. Un bacio, a domani! 
 

 

   
 
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