Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: AngelofDrakness    03/08/2015    1 recensioni
Post Avengers
La guerra è finita e Loki è stato sconfitto. Thor decide di partire il giorno dopo, ma una nuova minaccia metterà in difficoltà lui e gli altri eroi.
Dal testo: L’aria fresca della sera gli pungeva gli occhi. Thor si passò una mano sui capelli biondi, arruffati dal vento. Era sulla grande terrazza esterna della Stark Tower, e da lì poteva vedere il disastro nella quale New York era sprofondata. Strade divelte, grattacieli distrutti e pericolanti, vecchie carcasse di automobili ormai inutilizzabili. I chitauri si erano già polverizzati, lasciando solo una scia di quello che avevano fatto. Thor era uscito per prendere un po’ d’aria, perché il clima di allegria dei suoi amici stava iniziando a soffocarlo. Era stremato dalla battaglia. Quella battaglia alla quale non voleva partecipare, perché c’èra anche suo fratello Loki.
*Non sono presenti nuovi personaggi
[Thorki, Clintasha, alcuni cenni alla Stony]
Genere: Avventura, Azione, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Loki, Thor
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
VERITÀ CELATE

La cella si trasformò ancora, diventando una landa di ghiaccio. Ovunque posavi lo sguardo, vedevi solo ghiaccio, nebbia e roccia. Jötunheim. Una terra desolata, all’apparenza disabitata e abbandonata a sé stessa. Dove mai si vedeva anima viva; dove nulla cresceva agli occhi degli ignari. Gli abitanti vivevano nell’oscurità e nella segretezza, allontanandosi sempre di più dalla poca luce del sole che illuminava quella terra. Gli Jotun non avevano più viaggiato, colonizzato e mosso guerre da secoli, memori ancora della loro grande disfatta contro il padre degli dei. Abbandonati al loro destino si erano nascosti. Ma non sarebbe stato così per sempre. La figura di Loki comparve nella scena: era spaventato e si guardava intorno continuamente. Mentre avanzava a fatica nella neve, rimanendo impigliato con gli stivali, si stagliò nel cielo nebbioso un grande tempio. L’enorme facciata in stile quasi barocco era sepolta in alcuni punti dal ghiaccio, e le due torri adiacenti erano divelte e scrostate. Il dio del caos si massaggiò le braccia per scaldarsi dal freddo pungente. Aprì il portone con le mani tremanti ed entrò. Un brontolio sommesso rimbombò tra le arcate di diorite e il dio deglutì girandosi attorno. I suoi passi fendevano il silenzio irreale del tempio.
“Asgardiano, cosa vuoi?” uno Jotun comparve sulle scale. Toccava quasi il soffitto da quanto era alto. Era ornato da braccialetti e collane d’oro, simbolo che lui era il sacerdote. Si guardarono senza dire nulla.
“Cosa vuoi?” ripete con rabbia.
“I - io desidero parlare con il vostro re…”
“Tu?” lo Jotun iniziò ad avvicinarsi e Loki iniziò a indietreggiare “Vieni a portare un messaggio di guerra dal padre degli dei?”
“No. Sono venuto per conto mio. Ho delle domande da rivolgere al re” il moro si fermò di colpo, poggiando la schiena su una colonna. Il sacerdote si avvicinò. Loki tentennò, pensando di spostarsi per avere una facile via di fuga. Era la metà dell’altro e dubitava fortemente che avrebbe potuto sopraffarlo.
“E quali sarebbero le domande in questione?” il dio lo guardò spaventato dalla troppa vicinanza. Il gigante gli prese un polso.
“Suvvia, parla, non intendo farti del male. Voglio solo sapere” gli strinse con forza il polso, per accentuare il messaggio. Loki emise un gemito di dolore.
“Fermo! Lascialo parlare con me, se è quello che desidera” uno Jotun comparve nella penombra della sala, ma rimase al buio. Il prete del tempio se ne andò.
“Re Laufey, non vengo a portare guerra. Vengo…”
“Fammi queste domande, Loki” l’interessato lo guardò con gli occhi sbarrati.
“Non servono le tue domande, sai qual è la verità. Pensi che io non riesca a riconoscere mio figlio? È vero, ti ho lasciato a morire quando eri appena nato, ma vedi, un padre non dimentica i figli”
“Eppure l’hai fatto. Mi hai abbandonato”
“Eri troppo piccolo, ero sul campo di battaglia e non potevo più accudirti. Prova a capirmi, figliolo”
“Non chiamarmi così! Non meriti di dirlo, mostro!” urlò il dio con rabbia.
“Che impertinente” Laufey usci dalla penombra. Portava una corona in testa, gli occhi rossi lo guardavano impassibili. “Allora, seguendo il tuo ragionamento…” iniziò a raggiungerlo. Loki si appiattì sulla colonna, continuando a deglutire dalla rabbia. “…anche tu sei un mostro” gli sibilò con odio. Poi toccandogli la guancia fece in modo di trasformare il figlio. Il moro si staccò subito e scappò verso la porta, pronto ad uscire.
“Perché? Perché?” Laufey sorrise quando Loki abbassò il capo e si portò le mani sul volto.
“Perché tu sei fragile, Loki. Sei un fallito e sempre lo sarai. Rimpiangerai il giorno in cui Odino ti ha preso con sé, dandoti un futuro che mai si realizzerà. Io l’avevo capito subito che saresti stato uno sbagliato, un errore che dovevo evitare. Non sei nulla, mostro!” Loki fuggì via, con la risata di Laufey che gli martellava nel cervello. L’immagine svanì di colpo.
“Cristo, che padre bastardo! E io che mi lamento del mio” disse Tony, sistemandosi meglio sulla sedia. Steve lo riprese e l’altro gli mandò un bacio con la mano. D’improvviso si sentì qualcuno cominciare a piangere e singhiozzare. Si girarono verso Thor, ma lui stava guardando il video. Tutti si paralizzarono dallo stupore. Il dio degli inganni era scoppiato in un pianto di dolore durante il ricordo. Le lacrime scorrevano sul suo viso come un fiume in piena, fermandosi sulla museruola che lo rendeva muto. Si sdraiò sulla brandina affondando il viso nel cuscino, tentando di fermarsi. A sua insaputa il ricordo continuò. Di ritorno da Jötunheim si precipitò nella sua camera. Si tolse il pesante mantello pieno di neve e cadde esausto sul letto. Anche in quel momento la tristezza e lo sconforto lo assalirono e il dio pianse. I volumi della stanza iniziarono a cadere dagli scaffali, i vasi dei fiori scoppiarono e i vetri iniziarono a sbattere sotto il vento di rabbia del giovane. La stanza ritornò calma quando il moro prese in mano un foglio spiegazzato.  Thor sentì il cuore sprofondare dal dolore vedendo il disegno a matita che da piccoli avevano fatto insieme. Si erano disegnati a vicenda: lui non era molto bravo e aveva scarabocchiato una piccola figura piena di capelli neri. Loki, più dotato, aveva disegnato il fratello con il mantello rosso e l’amato Mjöllnir, con i boccoli biondi al vento e un sorrisone bonario sul volto. Nel video si sentì la voce di Jarvis rispondere alla richiesta di Thor. Quando il biondo entrò, la stanza era immersa in un illusione creata dal fratello, che celava la verità della situazione.
“No… non ci posso credere”mormorò il dio del tuono, a bocca aperta. Videro la discussione dei fratelli e le risposte velenose che si lanciavano a vicenda, stuzzicandosi ogni volta. Thor non credeva ai suoi occhi: possibile che aveva afferrato solo una copia del fratello? Eppure l’aveva sentito sulla pelle quando gli aveva preso i polsi. Non riusciva a credere che in realtà il suo fratellino era steso sulla brandina, disperato e distrutto. La porta si chiuse e l’illusione sparì, facendo comparire il vero Loki.
“Certo che potevi lasciarlo senza maschera, Thor! Almeno lo sentivamo in tempo” disse Steve.
“Come potevo saperlo!? Non sono mica andato a pensare che uno Jotun lo rapisse!” gridò di rimando con rabbia alzandosi di scatto. La sedia si rovesciò per terra. Tony si alzò allarmato. Steve rimase colpito dal tono di voce del dio, che lentamente con l’aiuto del dottore si stava calmando.
“Non intendeva questo, Thor. E lo sai. Steve voleva dirti che per comodità potevi lasciarlo senza… stai tranquillo, non siamo arrabbiati con te” Thor sentì la rabbia repressa scomparire e un senso di sollievo lo avvolse sentendo l’amico. Fece un profondo respiro, poi si scusò. Il capitano sorrise e si avvicinò, dandogli una manata sulla spalla, per confortarlo.
“Buone notizie! Ho intercettato il segnale!”avvertì Bruce allegro guardando il computer. Tutti si avvicinarono in fretta allo schermo. Le onde blu del segnalatore si muovevano a folle velocità su e giù, come il mare in tempesta. Sulla cartina apparve un puntino blu, a sud di Manhattan, poco distante da loro.
“Bene bene bene,direi che siamo vicini...” mormorò Tony sfregandosi le mani con trepidazione. Aveva voglia di indossare l’armatura e tirare raggi laser ai puffi giganti, giusto per lasciare un chiaro messaggio di avvertimento. Clint si alzò e prese dal tavolo il suo arco e se lo caricò sulle spalle. Natasha prese due pistole e molti proiettili, giusto per essere sicuri.
“Andiamo a riprenderci Loki”
“Con quale mezzo andiamo? Aereo?” nessuno rispose alla domanda di Clint.
“Prendiamo l’automobile?” domandò il miliardario, con un sorriso malizioso sul viso, pregustando già il viaggio che gli attendeva. I vendicatori lo guardarono impassibili.
“Vada per la macchina!”
 
L’automobile in questione era un gigantesco furgone rosso, nero e oro, che ospitava all’interno computer, telecamere, cimici, fucili e aggeggi vari. Il furgone era blindato sia all’esterno che all’interno, con i vetri antiproiettili e le ruote adatte ad ogni tipo di terreno. Ai lati si trovavano delle finestrelle da cui uscivano delle mitragliette. C’èra posto per tutti, due davanti, quattro dentro e uno sul tetto. Sembrava un incrocio tra un carro armato e un furgoncino dei gelati, senza il caratteristico cono luminescente sul tettuccio. Bruce si mise al volante, con Natasha al fianco che gli suggeriva le scorciatoie ad ogni incrocio. Clint si era appostato sul tetto, per vedere qualsiasi persona o oggetto gli passasse davanti. Gli altri tre erano dentro a confabulare. Steve guardava lo scudo. Sembrava tranquillo, tuttavia il tremore delle gambe lasciava trasparire la sua agitazione. Tony armeggiava con l’armatura, borbottando insulti incomprensibili. Thor fissava il martello, muto come un pesce.
“Signorino, manca l’ultimo pezzo della telecamera nascosta da vedere, attivo la televisione?” domandò Jarvis.
“No, metti l’audio”
“Tony? Cosa metti su, la tua musica?” Natasha si girò verso di loro dopo aver indicato il semaforo al dottore.
“No, finiamo il filmato. E dopo: AC/DC a manetta!” il capitano per poco non imprecò.
Una voce metallica si propagò dalle casse, era roca e smorzata, come se il volto fosse celato. “Per sdebitarti della generosità del re devi recuperare il Tesseract, che al momento si trova su un pianeta umano, Midgard. Per fare ciò avrai un esercito di chitauri che ti permetteranno di conquistare quell’insulso pianeta”
“E se io non volessi?”
“È un ordine del re dell’universo, oseresti disubbidirgli?”
“Io faccio quello che voglio” seguì un lungo silenzio.
“Non scherziamo Loki, io so quello che temi. Conosco ogni tuo pensiero, ogni tua paura e desiderio. Io sono diventato te. E so che cosa sei disposto a perdere e cosa non. Se non accetti colpiremo le tue persone più care. Inizieremo con la tua adorata madre, poi con tuo padre”
“Non riuscireste a toccare il padre degli dei, schiocchi” il dio rise. Tuttavia la risata era carica di paura e agitazione. Anche l’alieno rise con cattiveria.
“Il re dell’universo schiaccia le formiche come lui, asgardiano” il silenzio fece da padrone al discorso.
“Dopo verrà il turno di Thor, tuo fratello. Distruggeremo Asgard, riducendola a pezzetti microscopici; Infine verremo da te e allora, scopriresti che cos’è il vero dolore. Non ne hai la minima idea, Loki.” Un’altra risata rimbombò nel furgone, zittendo tutti i passeggeri.
“Fai ancora quello che vuoi? Non puoi scappare o nasconderti, ogni crepaccio, pianeta e universo non ti potranno salvare da Lui, la sua ira sarà funesta. Ti conviene accettare”
“I-Io… accetto”
“Saggia decisione, dio degli inganni”

Il filmato finì lasciando il posto a un brano degli AC/DC. Tony fermò la musica, lasciando gli altri sorpresi. Nessuno parlò. Un mulinello di emozioni vortica nell’animo di Thor: paura, sconforto,terrore, sollievo e preoccupazione. Non si era dato pace del perché Loki avesse accettato quella missione suicida, troppo grande anche per lui. L’aveva scambiato per pazzo, aveva rinunciato a capirlo in ogni modo. Ma dopo aver scoperto i motivi di quel piano era sprofondato ancora di più nella consapevolezza  di iniziare a vedere in faccia la realtà. Doveva assolutamente riprendersi il fratello, e scusarsi con lui per ogni cosa. All’improvviso Il furgone sbandò di lato, mandando all’aria i passeggeri. Mantenendosi sulle due ruote di sinistra, la Vedova Nera, ora al volante, sistemò la macchina nella giusta posizione, provocando un fracasso terribile. Bruce inveì contro la strada e informò che erano arrivati a destinazione. Scesero in fretta, un po’ ammaccati ma interi.  Si misero in fila, uno vicino all’altro; impugnarono le armi; si guardarono e si incamminarono verso il nemico.
 
Lo Jotun sentiva sulla propria pelle un brivido inatteso e famigliare, l’eccitazione per la battaglia che doveva affrontare a breve. Sentiva che erano arrivati, l’avevano trovato. Era stata una lunga attesa, troppa a suo parere. Proprio come aveva dedotto lui. Sapeva cosa sarebbe accaduto dopo: guerra e confusione. Il richiamo del sangue muoveva quel popolo primitivo. Sorrise al pensiero, pregustando già il suo trionfo. Si alzò dalla poltrona in pietra improvvisata, si stiracchiò e mandò un sottoposto a controllare il perimetro. Il suo generale aveva fatto un ottimo lavoro, era stato veloce, preciso e puntuale nello svolgere la missione assegnata. Si avvicinò al suo prigioniero, sorvegliato da due guardie fedeli. Era innocuo e legato, docile come un cagnolino viziato e presuntuoso. Il gigante sorrise compiaciuto quando questi gli gettò un’occhiata colma di odio. Che peccato, pensò: prima quegli stessi occhi verdi si erano spalancati dal terrore, e lui aveva riso di gusto sentendosi forte e invincibile. Si avvicinò e gli prese il mento, costringendolo a guardarlo direttamente. Vide la disperazione di un ragazzo impotente contro il proprio destino, tuttavia vedeva anche determinazione nell’affrontarlo. Non smise di sorride neanche un istante, pensando già a come far sparire ogni speranza che lo animava. L’ora della verità si avvicinava, e lo Jotun voleva godersi ogni momento di disperazione, come era accaduto a lui. La sua vita era stata un inferno, ora doveva ricambiare il favore. Se ne andò ridendo, lasciando ogni dubbio e preoccupazione alle spalle. E mano a mano che il tempo passava, si accorgeva di aver vinto quella battaglia. E questa volta, ne era certo, sarebbe stata una vittoria definitiva.
Quando i Vendicatori entrarono nella casa abbandonata, tutto si fermò. Il rumore del vento, il cinguettio degli uccellini, i topi, tutto si zittì. Solo i passi degli eroi e i loro respiri, lenti e regolari, fendevano la cappa di silenzio presente nell’edificio. Arrivarono in un grande salone, spoglio di arredi. Il pavimento era di pietra e in alcuni punti si vedeva il terreno; I muri erano di mattoni consunti con delle grandi finestre rotte e fatiscenti che lasciavano passare poca luce. Una volta quella casa poteva esser stata bella, ma dopo l’abbandono aveva assunto un aspetto marcio e inguardabile. Il giardino, un tempo pieno di alberi ora era devastato dai ratti in cerca di cibo. Si guardarono intorno, per nulla spaventati.
“Jotun, venite fuori” urlò il dio del tuono, fremendo di rabbia. Sperava che non avessero sbagliato, ma il segnale indicava proprio quella casa abbandonata. Il puntino blu lampeggiava vistosamente nel nero dell’immobile.  Impossibile sbagliarsi.
“Suvvia, non siate codardi, puffi” urlò Tony, incitando l’amico.
“Osi chiamarci così mortale?” una voce profonda si levò dal centro della sala, dove era stato costruito con blocchi di pietra un trono rudimentale. Occhio di falco fu l’unico a vedere al buio la sagoma scura del gigante seduto. Fece un cenno agli altri, per avvertirli. Caricò una freccia esplosiva e rimase fermo sull’attenti.
“Thor, figlio di Odino, cosa vuoi?”
“Dov’è Loki?”
“È da molto che quel traditore non si fa vedere”
Il dio ripete con rabbia la domanda impugnando più saldamente Mjöllnir. Era combattuto tra il desiderio di aspettare o di spaccare la testa a tutti. Vide alcune sagome uscire allo scoperto sotto la pallida luce del sole.
“Non lo so. Ora vattene, se non vuoi scatenare una guerra”
“Non siamo stupidi, sappiamo che è qui. Dammi Loki!” il martello si caricò di elettricità, illuminando debolmente la figura possente del dio. Il gigante si alzò dal trono ghiacciato, poi rise con cattiveria.
“Sai, è passato tanto di quel tempo da quando eri venuto da me per una stupida proposta e ora…” Iniziò ad avvicinarsi lentamente “…ripeti il tuo gesto infantile”
“Fatti vedere, Jotun”
“Come il principe desidera” Finalmente la figura imponente del gigante si stagliò sotto il sole. Alto, muscoloso, blu e fiero di sé. Come un vero re. Non aveva armi a portata di mano, solo la sua forza. La corona d’oro brillò e con essa anche lo sguardo cattivo e sanguinario. I suoi muscoli guizzarono quando apri le braccia. Thor deglutì arretrando impercettibilmente. I vendicatori rimasero spiazzati dall’aura di regalità e potenza che lui emanava. Si aspettavano un re meno tiranno.  
“Chi sei?” domandò il dio del tuono, pur conoscendo la risposta.
"Io sono Laufey, sovrano di Jötunheim”
Angolo dell'autrice (me lo dimentico sempre ops) Bene finito anche il terzo capitolo! Scusate il ritardo ma non mi andava l'internet e ho dovuto aspettare un casino T-T Un grazie a chi legge e mille baci a chi recensisce (nessuno, vabbè :'( ) A presto AngelofDrakness
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: AngelofDrakness