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Autore: _Safyra    03/08/2015    2 recensioni
Wanda si era salvata. Adesso era rinchiusa in un altro corpo. Felice. Amata dall'uomo che non aveva mai pensato potesse innamorarsi di lei.
Aveva ricominciato una nuova vita, la sua decima vita, ed era ora di iniziare a godersela. Ad imparare che in quel mondo non esistevano soltanto la compassione, il dolore e l'indulgenza, ma anche il piacere, il desiderio... l'amore di una famiglia, di un uomo.
Non sapeva che là fuori, oltre quelle caverne e quel deserto, c'era un mondo pronto ad accoglierla.
Wanda non sapeva nemmeno di essersi fatta un altro nemico... Ma non c'era fretta. Doveva scoprire molte altre cose oltre a quello.
Dalla storia:
Incrociai lo sguardo di Ian per un interminabile istante. Un istante interrotto da un colpo di scena.
Rimasi impietrita quando vidi esplodere il capannone che avevo di fronte.
Avevo cantato vittoria troppo presto [...]
Avevo promesso. Non lo avrei mai abbandonato.
«Wanda... non c'è più niente da fare, capisci? È andato ormai» singhiozzava Brandt dopo avermi preso il volto fra le mani.
«No» dissi «No. Ian non è morto»
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian, Jared, Melanie, Quasi tutti, Viandante
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Up In The Sky - the serie '
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19



Schieramenti




Parcheggiai davanti al palazzo di mattoni rossi, vicino all'alberello sempreverde che ormai aveva raggiunto la finestra del primo piano. Ricordavo ancora com'era quando l'avevo visto per la prima volta: un po' spoglio, con un tronco piuttosto sottile, il ramo più alto superava di poco il portone d'ingresso. Adesso, pensai mentre ci passavo accanto, aveva come minimo il doppio delle foglie e il tronco era molto più spesso.

Suonai al citofono. Pochi secondi dopo lo sentii gracchiare. «Chi è?» disse una voce.

«Sono io.»

«Oh, entra. Ti stavamo aspettando.»

La serratura del portone scattò. Decisi di non prendere le scale, almeno per quella volta. Mi era un po' difficile stare ferma e calma in un luogo piccolo come l'ascensore in quel momento. Non lo davo a vedere, ma in realtà ad ogni scalino che facevo il cuore mi batteva sempre più forte e le mani non smettevano di sudare.

Quando raggiunsi il secondo piano, Camilla mi stava già aspettando con la testa che sbucava fuori dalla porta. Sorrideva.

«Ehi.»

«Ciao. Posso?» le chiesi.

«Certo.» indietreggiò per farmi entrare. «Vieni. È di là che gioca.»

Seguii Camilla attraverso la sala, impeccabile come sempre, poi camminai per il corridoio che portava alle altre stanze. «Dov'è il tuo compagno?» domandai.

«È dovuto andare a lavorare. In realtà anche il nostro vicino è dovuto scappare. Pare che siano stati chiamati tutti i Cercatori perché è successo qualcosa di grosso... Non so di cosa si tratta. Tu ne hai idea?»

«Ehm... no. Non proprio almeno. Ho sentito dire che c'è stato un inconveniente nelle carceri sotterranee, ma niente di più.» dissi, facendo spallucce come se quella faccenda non avesse nulla a che fare con me.

«Oh. Spero non sia niente di irrisolvibile.»

«Ma no... sarà il solito piccolo imprevisto.»

Camilla sorrise benevola, poi mi fece cenno di aprire la porta che avevamo raggiunto. Era socchiusa e dallo spiraglio potevo intravedere il tappeto arancione e la tenda con le margherite.

Aprii del tutto la porta. Sparsi per il pavimento c'erano giochi di qualsiasi genere, costruzioni, peluche, sonagli, e proprio al centro del tappeto c'era una bimba con un vestitino tutto rosso e un codino sulla testa che faceva sventolare i capelli biondi ogni volta che si muoveva.

Quando mi vide, abbandonò per terra il ciuccio che teneva in bocca e sorrise. «Mamma!» disse.

«Rachel, hai visto chi è venuta a trovarti?» fece Camilla.

Rachel allungò le braccia verso di me quando mi chinai per poterle dare un bacio sulla fronte. La guardai, felice di poterla rivedere dopo giorni, e per un attimo invidiai la sua spensieratezza. Piccola com'era, non aveva altro di cui preoccuparsi se non che mangiare e dormire. Non si sentiva mai il petto pesante, la testa piena di pensieri, le mani tremanti. Non aveva paura di dover ferire qualcuno per suo tornaconto. Era felice, felice nonostante avesse una madre che aveva ferito e...

«Non sai quanto mi dispiace, Camilla.» mormorai mentre mi rialzavo e mi giravo verso di lei. Mi guardò, confusa. «Per cosa, Claire?» domandò.

Mi avvicinai e prima ancora che se ne potesse accorgere, impugnai la pistola nascosta nella tasca del giubbotto.

Camilla spalancò gli occhi, alzando automaticamente le braccia. «Claire. Cosa vuoi fare con quella?»

Avevo la vista leggermente annebbiata. «Non avrei mai voluto questo.» mormorai intanto che una lacrima mi solcava silenziosamente il viso.

«Cosa vuoi dire?»

«Ti ringrazio per come ti sei presa cura di mia figlia, Camilla. Ma adesso è arrivato il momento di cambiare. Noi non possiamo più stare qui.»

La ragazza scosse la testa, continuando ad indietreggiare per tenersi lontano dalla pistola che le stavo puntando contro. Rachel, alle mie spalle, iniziò a lamentarsi.

«Lo sai che non lo puoi fare. Te la porterebbero via, ti ucciderebbero.»

Non pensare, non pensare, non pensare.

Un movimento appena udibile del mio dito sul grilletto. Camilla mi fissò, incredula, poi un rivolo di sangue le spuntò dalla bocca. Cadde sulle ginocchia. Il suo corpo si riversò per terra con un tonfo sordo, senza più muoversi. Una macchia rossa iniziò a spandersi sulla sua camicetta, all'altezza dell'addome.

Ero in lacrime quando mi accorsi di tremare come una foglia, in preda al dolore e al senso di colpa, con la mano ancora stretta intorno alla pistola. I lamenti di Rachel si erano tramutati in un pianto rumoroso.

Tirai su col naso, mi inginocchiai su Camilla blaterando un appena udibile ''scusami, scusami tanto'', poi mi alzai e senza smettere di fissarla arretrai per tornare nella stanza di Rachel. Appena dentro mi voltai e andai a prenderla, tirandola su e stringendomela al petto. «Ssh, tesoro. Va tutto bene, va tutto bene. Adesso ce ne andiamo, okay?»

«Lalla.» disse quando tornò calma, allungando un ditino verso Camilla. Lalla. Era così che la chiamava lei.

In fretta e furia riposi la pistola in tasca, misi Rachel nel suo lettino e andai ad aprire l'armadio. Presi uno zaino abbastanza grande, lo aprii e cominciai a raccogliere tutte le cose che sarebbero servite per il viaggio. Rachel mi guardava in silenzio e mi chiesi se avesse capito tutto, se capisse perché Camilla era in corridoio, circondata da una pozza di sangue sempre più ampia, o perché sua madre non smetteva di tremare e piangere per aver ucciso una persona.

Era una parassita., mi diceva una voce nella mia testa.

No, era pur sempre una persona. Era come Wanda, come Liam.,

Preparato lo zaino, misi a Rachel il suo giubbottino e quando la ripresi controllai oltre la finestra per verificare che tutto fosse rimasto tranquillo. D'altro canto avevo usato il silenziatore, non potevano aver sentito qualcosa.

No, no. Non hanno sentito.

«Ecco, amore.» dissi quando le diedi il suo peluche.

Uscite dall'appartamento, mi guardai intorno e camminai a passo veloce verso l'ascensore.

«Andiamo...» blaterai, premendo più volte il tasto di chiamata. La tacchetta segnava il numero zero. Decisi di prendere ancora le scale. Chiunque stesse salendo dai garage non doveva vedermi.

Giunsi in macchina e dopo aver sistemato Rachel sul seggiolino, partii. Diedi un'ultima occhiata all'edificio dallo specchietto retrovisore, poi svoltai l'angolo e i mattoni rossi scomparvero.

Respirai a fondo. Altre lacrime avevano preso a scendermi imperterrite sul viso. Non avevo mai ucciso nessuno, non avevo mai voluto far del male a qualcuno.

Eppure, questa vita infelice a cui ero stata costretta mi aveva obbligata a compiere azioni che non avrei mai voluto commettere, scelte che non avrei mai voluto fare. E adesso ero lì, con le mani che mi sembravano sporche di sangue anche se erano pulitissime, sola insieme a mia figlia, terrorizzata all'idea di poter essere divisa definitivamente da lei se qualcuno mi avesse scoperta. Cosa avrebbe pensato Rachel di me, un giorno? Cosa avrebbe detto quando avrebbe saputo che sua madre era un'assassina? E come si sarebbe comportato Liam? Liam, Liam che ora sembrava l'unico appiglio a cui aggrapparmi, l'unico in grado di tranquillizzarmi su tutto, l'unico che poteva aiutarmi.

Rallentai. Avevo raggiunto la strada sterrata che portava all'ospedale. Ai lati del sentiero rami e alberi secchi erano coperti per metà dalla sabbia del deserto. Mi fermai davanti all'ingresso, scesi dalla macchina ed entrai solo dopo aver preso Rachel, che si era appisolata sul seggiolino.

L'ospedale era illuminato come sempre e dalla palestra-mensa giungevano diverse voci che non riuscivo a distinguere. Mi diressi subito verso l'ascensore, camminando attraverso il corridoio azzurro, respirando l'aria familiare di quella che consideravo casa.

Avevo bisogno di vedere solo una persona in quel momento, il tempo era poco e indispensabile.

Al primo piano non c'era anima viva. Le porte erano tutte chiuse a chiave. Mi fiondai di nuovo in ascensore per raggiungere il secondo. Nell'attesa diedi un'occhiata a Rachel, accoccolata sulla mia spalla con gli occhi chiusi e il dito in bocca.

Tin.

L'ascensore mi avvisò di essere arrivato un secondo prima di aprirsi. E quando lo fece, la prima cosa che vidi fu l'ultima che mi sarei aspettata.

«Ian? Cosa ci fai qui?» dissi, sorpresa.

Lui mi guardò, sorpreso quanto me. Aveva i vestiti sporchi, i jeans strappati e un taglio insanguinato sul sopracciglio destro. Non era una ferita fresca, il sangue si era insecchito. Non era molto in forma, tuttavia il fucile che aveva in mano bastava a non fargli perdere l'aria minacciosa di chi che voleva strozzarti.

«Tu...» sibilò.

Le porte dell'ascensore stavano per richiudersi, ma Ian fu più veloce: le bloccò con un piede, poi usò le braccia per aprirle. Io indietreggiai, tenendo stretta Rachel.

«Senti... aspetta... mi dispiace, okay?» balbettai mentre andavo a sbattere contro la parete, mostrandogli il palmo della mano libera. Ian, veloce come un fulmine, si allungò verso di me e mi afferrò, spingendomi fuori dall'ascensore.

«Ti prego, non farci del male.»

«Ah, no? E cosa dovrei fare, allora? Ringraziarti per come ti sei comportata?» sbottò lui a voce alta, con gli occhi e le narici dilatati. Mi fissò, poi spostò lo sguardo su Rachel. La guardò come se si fosse accorto di lei solo in quel momento.

«Lei è mia figlia...» dissi con non troppa convinzione, evitandogli di chiedere spiegazioni.

Ian storse il viso in un'espressione confusa. «Tu hai una figlia?» domandò, come se non potesse essere possibile una cosa del genere.

«Sì.»

«E perché non l'hai mai detto?»

«Perché volevo proteggerla.» risposi. Lui mi guardò storto per qualche altro secondo, poi rise di una risata priva di qualsiasi divertimento.

«Dici sul serio?»

«Certo che dico sul serio.»

Rise di nuovo. «Questa è bella... Non smetti mai di sorprendermi, sai Claire?» Tornò a stringere il suo fucile. Poco dopo, la sua espressione era diventata seria e arrabbiata come prima. «Beh, comunque sia, sta' tranquilla per tua figlia. Non è lei che vorrei uccidere in questo momento. Cosa stavi facendo qui?»

«Potrei farti la stessa domanda.»

«Non giocare con me, per favore.»

Sostenni il suo sguardo per un lungo istante, osservandolo trattenere la rabbia, poi mi puntò il fucile contro e fece cenno di andare avanti. «Muoviti.» disse.

Decisi di dargli retta. Lentamente, camminai fino alla fine del corridoio con lui alle spalle, quindi entrai nell'unica stanza aperta. Non ricordavo a chi appartenesse. C'era solo un letto a castello, un comodino senza abatjour e un armadio completamente sgombro.

«Posso metterla lì?» chiesi a Ian indicando Rachel.

«Sì.»

La riposi delicatamente sul letto in basso, lei si mosse ma senza svegliarsi. Le accarezzai piano una guancia intanto che con l'altra mano frugavo nella tasca del giubbotto.

Fu un attimo. Impugnai l'arma e scattai nella direzione di Ian.

Anche stavolta mi colse di sorpresa: lui aveva già puntato il suo fucile contro di me.

«Ti hanno mai detto che sei prevedibile?» domandò.

«Che cos'è successo a tutte le persone che erano qui?»

«Mi crederesti se te lo dicessi?»

«Dimmelo.»

«Penso che in questo momento siano in viaggio.» disse continuando a mantenere la mira.

Corrugai la fronte. «In viaggio? Verso dove?»

«Un posto lontano da questa città. Al sicuro.»

«Perché?»

«Perché noi non siamo quel genere di umani che per sopravvivere vendono altri umani ai Cercatori.»

Ecco. Molto probabilmente non vedeva l'ora di usare quella frase per zittirmi.

«Noi non l'abbiamo fatto per male.» dissi.

«No? E per cosa allora?»

«L'hai detto tu. Per sopravvivere.»

«Non lo trovo un buon modo per sopravvivere.»

«Non tutti la pensano alla stessa maniera.»

Ian sbuffò, irritato, poi però lo vidi cercare di rilassarsi. «Senti.» cominciò, con un tono diverso da quello irriverente di poco prima, più pacato. «Non mi costringere a farti del male. Voglio solo sapere dov'è Wanda.»

«E se te lo dicessi cosa ci faresti dopo? Ci riporteresti dai Cercatori?»

«Ehi. Non l'hai detto tu stessa che non tutti la pensano alla stessa maniera?» domandò, abbassando il fucile per poter allargare le braccia. Il che mi prese in contropiede e nonostante io non volli fare lo stesso, lui rimase con la guardia abbassata.

«No.» aggiunse. «Non vi porterei dai Cercatori. Non sono come voi, Claire. Io penso che ogni umano sia indispensabile. Incluse voi due. Dunque, se mi dirai quello che voglio sapere, ti garantisco un futuro per te e tua figlia. Ma ti avverto: in questo momento alcuni dei miei compagni stanno programmando degli ordigni che abbiamo trovato in un magazzino. Non rimarrà più niente del campo, né delle carceri sotterranee. Quindi sta a te scegliere. O i buoni o i cattivi. Non ci sono molte opzioni.»

La pistola mi tremava appena per l'adrenalina. Non era un gesto tanto nobile quello di puntare un'arma contro qualcuno che non si voleva difendere con la propria, ma la testa mi diceva che non mi dovevo fidare del tutto di Ian. Avevo mentito alla sua compagnia, li avevo rapiti e dati in mano alle anime, gli avevo portato via la donna che amava.

Non aveva nessun buon motivo per non uccidermi.

«C'era Liam tra la gente che avete fatto partire?» chiesi d'un tratto.

«No, non c'era.» rispose Ian impassibile.

«È-è al campo allora.»

«Non lo so, Claire. Non abbiamo visto né lui né Wanda. Non sappiamo dove siano.»

Non poteva rimanere al campo, non adesso. Se l'avesse fatto sarebbe morto insieme a tutti gli altri.

«Claire, mi devi aiutare. Sai tu stessa di non poter fare diversamente.»

Ian parlava come se avesse a che fare con una bambina che voleva persuadere con una caramella.

«Se io ti aiuto a trovare Wanda, tu farai lo stesso per Liam?»

Lui annuì lentamente. «Sì.»

«E garantiresti anche per lui?»

«Non vogliamo togliere a nessuno di noi la possibilità di salvarsi e vivere una vita felice, Claire. A nessuno di noi.» Ian fece un passo verso di me, poi un altro. Quando mi fu abbastanza vicino allungò una mano e mi guardò, aspettando che gli potessi dare la pistola. Deglutii, fissando il suo palmo aperto.

Ian considerava Liam come uno di noi, ma forse ero stata io, che gli avevo fatto capire quanto fosse importante per me che anche lui si salvasse, a spingerlo a pensare in quel modo. O forse l'aveva fatto solo perché comprendeva quanto io tenessi a Liam, così quanto lui teneva a Wanda.

«Fai la cosa giusta, Claire.» mi esortò, a voce bassa.

Guardai i suoi occhi azzurri, così limpidi e chiari da essere dannatamente difficili da sostenere. Non li macchiava nemmeno una traccia d'inganno, niente.

Un minuto dopo la pistola scivolò in silenzio dalla mia mano per poter cadere nella sua.

«Ottima scelta.» disse sorridendomi.



«Loro non possono trovarci, non qui. Se lo faranno li uccideranno. I Cercatori sono troppi.»

Scossi la testa, senza sapere a cosa pensare, poi guardai Liam. Aveva arricciato le labbra e sospirato profondamente, consapevole di quanto fosse ovvio quello che avevo appena detto. «Lo so. E lo sanno anche loro, Wanda, sanno che tu sei molto importante per Drago e che nessuno arriverebbe a torcerti un capello con lui alle calcagna. Ma forse hanno ragione a dire di farcela. Stanno organizzando qualcosa di potente.»

«Non lo so, Liam...»

Liam posò una mano sulla mia, pigramente abbandonata sul lenzuolo, e la strinse appena, come preoccupato di rompermela se avesse usato un po' più di forza.

«Fidati di loro, Wanda.»

Mi regalò un sorriso di conforto. Aveva fatto così anche quando mi ero risvegliata, trovandomi in quella stanza sconosciuta dalle pareti verde-acqua, con fili e bende attaccati ovunque. ''Sta' tranquilla, sei al sicuro.'' aveva detto sempre con quel suo sorriso sulle labbra. Io l'avevo guardato, stordita e senza sapere bene come comportarmi, diffidente e insicura di me stessa, di come avrei potuto reagire a tutte quelle cose che avevo sentito e che una volta sveglia pensavo di essermi solo sognata. Poi però, non so per quale motivo, fu lui a togliermi il dubbio parlandomene ancora prima che glielo domandassi. Mi raccontò anche di come aveva scoperto di essere il padre di Rachel.

''Wow.'' dissi non appena Liam mi diede la grande notizia. Lui non ostentò nessun segno di grande entusiasmo.

''Sì, beh...''

''Liam, è fantastico. Hai scoperto di avere una figlia, di essere padre. È una bella cosa.''

Aspettai qualche istante per capire se il fatto di essere felice per lui potesse essere una cosa positiva o negativa, cercando una risposta nei suoi occhi. Brillavano del loro azzurro, ma non erano particolarmente luminosi.

''Non... non è una bella cosa? Voglio dire, una persona potrebbe sempr...''

''Ma io non sono una persona, Wanda. Non so nemmeno come fare il padre... Ed è per questo che mi sono arrabbiato molto con Claire, anche se poi abbiamo deciso di darci una tregua...'' Per la prima volta mi ritrovai a capire perfettamente Liam. Tante cose erano sconosciute anche a me nonostante vivessi e mi considerassi umana, quindi immaginavo cosa stesse provando in quel momento.

''Quindi avete fatto pace?'' domandai, alzando le sopracciglia e asserendo col capo per incitarlo a parlare. Liam contrasse il viso in una smorfia, poi si grattò la testa e rise tristemente. ''Non penso che ci sia mai stata una... pace da fare, ecco.'' Alla parola «pace» aveva mimato le virgolette con le mani, poi le aveva abbassate e facendo spallucce aveva detto che avrebbe risolto tutto pian piano.

Sembrò che non fossi mai stata catturata da Drago, che non mi avessero mai mentito né torturata, che tutto quello che era accaduto dopo che Claire mi aveva sedata non fosse mai avvenuto. Avevo avuto davanti il Liam con cui mi ero incontrata per la prima volta, quello gentile e sincero, non quello sfrontato ed egoista che mi aveva consegnata a Drago. Era stato strano all'inizio. ''Le cose sono cambiate, non doveva andare così, niente doveva andare così. Ho deciso da che parte stare e penso che abbia fatto lo stesso Claire.'' aveva ammesso quella mattina, prima di iniziare a parlarmi dell'incontro tra Ian e Claire, che gli aveva raccontato tutto. Era stato in quel momento che qualcosa dentro di me era scattato come una molla che tornava a funzionare. Posso fidarmi, avevo pensato, posso tornare a fidarmi di lui.

«Okay.» dissi appoggiando la testa sul cuscino e rilassandomi. Liam mi diede un buffetto sul dorso della mano.

«Non ti preoccupare. Vedrai che andrà tutto bene e che presto ci sbarazzeremo di loro.» sussurrò facendo cenno verso le due guardie che c'erano al di là della porta. Dal vetro infisso nella parete, che potevo solo intravedere per via delle tendine di plastica abbassate, scorsi le figure di due Cercatori armati fino ai denti.

Ridacchiai, osservando Liam spiarli con fare diffidente e alquanto teatrale. Assomigliava tanto a Ian quando faceva così. Anche lui adorava scherzare e farmi ridere per tirarmi su di morale.

Quanto mi mancava. Se ripensavo al modo in cui ci eravamo lasciati l'ultima volta poi...

«Bene, penso sia il caso di andare, o il Cercatore si insospettirà. Ti serve qualcosa?» mi chiese Liam mentre si alzava dalla sedia vicino al letto.

«No, grazie, sto bene.» Lo osservai armeggiare con la busta di plastica che era collegata con un tubicino all'altra mia mano. All'interno c'era una cosa gialla e densa che non aveva l'aria di essere appetitosa. «Per quanto dovrai darmi questa roba disgustosa?»

«Per tua informazione» iniziò, con tono stizzito «Questa roba disgustosa ti ha fatto sopravvivere quando te ne stavi qui a fare la Bella Addormentata.»

«Rimarrà sempre una roba disgustosa.» dissi rivolgendogli un sorriso di plastica.

Liam mi lanciò un finto sguardo truce, poi si appropinquò alla porta e salutandomi se la richiuse alle spalle.

Rimasta sola, mi girai su un fianco e presi a fissare le goccioline che una dopo l'altra cadevano dalla busta al tubicino. Nel muovermi percepii le ferite sulla schiena tirare. Al mio risveglio, Liam mi aveva anche fatto sapere che sembravo ''una a cui era passato sopra un tir'', elencandomi sempre coi suoi modi impeccabili e puntuali che cosa coprivano tutti i cerotti che mi aveva appiccicato addosso. La ferita più fastidiosa era quella che mi ero procurata sul labbro inferiore prendendo un pugno da parte di Drago, le altre erano più o meno sopportabili. Ma ci sarebbe voluto ben di più per farmi desistere dal mettere in atto il mio piano. In un modo o nell'altro avrei sempre cercato di uccidere il Cercatore, e di salvare i miei amici, anche se ancora non sapevo come.

Udii delle voci attraverso la porta.

Girai appena la testa per poter vedere di chi si trattava. Scorsi i capelli biondo cenere di un uomo che stava parlando con una delle guardie. Era Drago. Teneva gli occhi socchiusi e gesticolava copiosamente, come se le stesse spiegando una cosa complicata da capire. Il suo interlocutore annuiva soltanto. Appena fece un cenno con la testa questi si spostò per poterlo far passare.

Quando Drago entrò nella stanza io mi ero voltata e avevo chiuso gli occhi per fingere di dormire. Sentii i suoi stivali neri toccare leggiadramente il pavimento, era la prima volta che mi rendevo conto di quanto la sua cadenza fosse sempre stata elegante e delicata, in contrasto coi suoi atteggiamenti impetuosi e arroganti.

Le vene mi pulsavano come se al posto del sangue ci fosse adrenalina. Il pensiero di tornare ad averlo a così poca distanza mi terrorizzava.

Lo percepii fare il giro del letto e mettersi lì dove pochi minuti prima c'era stato Liam. Il suono appena udibile degli stivali a contatto col pavimento s'interruppe. Non sentii più niente per un lungo minuto.

«Goditi le attenzioni che ti prestano i tuoi amici, Viandante.» Mi venne quasi da sussultare quando la voce sottile di Drago mi carezzò le orecchie, più vicina di quanto immaginassi. «Presto non potrai più averle.»

Un brivido mi corse lungo la schiena, il battito del cuore si fece più agitato. Un attimo dopo era tornato di nuovo il silenzio, interrotto solo dai passi del Cercatore verso la porta. Quando la sentii sbattere riaprii gli occhi e respirai a fondo. Non mi ero accorta di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo.

«Cosa sei venuto a fare qui?»

D'un tratto mi accorsi delle voci che si erano alzate in corridoio, una era di Liam.

«Non voglio che mi si facciano domande insensate, Guaritore, e tantomeno che si usi un tono del genere con me.»

Drago gli stava difronte con quell'aria indisponente e superba che tanto lo caratterizzava, guardando Liam dall'alto in basso come se fosse una formica.

«È chiaro?» disse.

«Sì.»

«Aggiornami, Guaritore.»

Non riuscii a sentire quello di cui parlarono dopo, l'unica cosa che capii era che l'argomento della loro conversazione ero io. Quando Drago fu soddisfatto se ne andò.

«Perché hai permesso che venisse?» domandai a Liam appena fu dentro. Lui rimase con la mano sulla maniglia a guardarmi.

«Pensavo stessi dormendo.» aggiunse prima di avvicinarsi. Si era messo le mani in tasca, fermandosi davanti al letto. Vedendo la mia espressione sospirò.

«Non posso impedire che lui ti faccia visita, Wanda. Non sono io che decido.» spiegò, alzando le spalle.

Trattenni il respiro. Improvvisamente mi sentivo come se trovandomi a così poca distanza da Drago qualcosa mi avesse urticata. Il solo pensiero di poter essere semplicemente toccata da lui mi aveva messo una paura che non credevo di possedere.

«Lo so... Scusami, è che...»

«Ehi.» Liam fece il giro del letto e mi si avvicinò fino a ritrovarmi il suo viso a poche spanne dal mio. «Non gli permetterò di farti ancora del male, hai capito?»

Puntai lo sguardo nel suo. Era onesto, determinato, confortevole. Non nascondeva niente, né quanto in là si sarebbe spinto pur di proteggermi, né quanto tenesse a me. Sì, Liam teneva a me, aveva anche avuto il coraggio di dirmelo e i suoi occhi dicevano che se avessi voluto il contrario lui avrebbe fatto comunque di testa sua.

«Sì.» risposi, sospirando.

La linea diritta che era la bocca di Liam si rilassò in un sorriso dolce.

«Adesso dobbiamo prepararci. Tra qualche giorno festeggeremo la libertà.»






Spazio autore:


Okay, okay.

Comincio col dirvi che vi amo tutti ahah

Nello scorso capitolo mi sono ritrovata ad essere sostenuta in un modo che neanche immaginavo, mi avete caricato in una maniera pazzesca e questo mi ha fatto veramente bene. Quindi vi ringrazio di cuore <3

Ecco, dopo questa premessa (che non ho fatto per aver scritto un capitolo moolto più corto del precedente e che vi avrà lasciati insoddisfatti, ma perché sentivo di dovervi riconoscere il sostegno che mi avete dato ahah), ci tenevo a dirvi che se effettivamente qui non è successo granché è perché se avessi fatto succedere altro avrei dovuto pubblicare un capitolo di trecento pagine, e non mi sembrava il caso. Non voglio tenervi troppo sulle spine lasciandovi col fiato sospeso perché termino il capitolo in un momento critico, l'ho già fatto altre volte, per vostro grande dispiacere ahah, ma stavolta no. Deve essere una potente scarica di adrenalina che deve arrivarvi in una botta sola, altrimenti non c'è soddisfazione, o no? XD

Ma parliamo seriamente di questo capitolo.

La prima parte è un flashback che ci racconta Claire, molto importante, perché ci dice cose che dal punto di vista di Wanda non potremmo mai conoscere. Capite che lei non si lascia scivolare tutto via così facilmente come può sembrare, compie gesti estremi ma non senza sentirsi in colpa, ci pensa, si crogiola nella disperazione perché non era questo quello che voleva dalla vita. Abbiamo anche la possibilità di analizzare i suoi sentimenti, verso la figlia, verso Liam. Lei sa che non è stata del tutto corretta con lui, che era e che è piuttosto incline a istinti piuttosto egoistici perché la paura di perdere chi ama la tormenta, ma sa anche che non si può tornare indietro e cancellare il passato. Quel che è fatto è fatto. C'è di buono che Liam non l'ha respinta al punto tale da non volerne più sapere di lei.

Fatto sta che adesso Claire ha preso le parti dei buoni grazie all'intervento di Ian, e la stessa cosa l'ha fatta Liam, principalmente grazie a Wanda, anche se lei non ha fatto niente di concreto nei suoi confronti per fargli cambiare idea.

Quindi, ragazzi, abbiamo scoperto che Kyle ha effettivamente liberato gli altri dalla prigione e che ora stanno preparando un piano.

La seconda parte ci mostra il presente di Wanda ed ha un'aria decisamente tranquilla rispetto a quello che avete letto nello scorso capitolo e all'inizio di questo. Che cosa mi dite? Cosa pensate riguardo ai tre personaggi che avete visto agire?

Deliziatemi con i vostri commenti! :D

Io vi lascio con una promessa e un piccolo spoiler: nel prossimo aggiornamento ci sarà molto movimento. La citazione che ho scelto come introduzione è ''Ogni minuto che passa è un'occasione per rivoluzionare tutto completamente.'' dal film Vanilla Sky. ;)

A presto,

Sha

   
 
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