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Autore: ReaRyuugu    03/08/2015    1 recensioni
23 prompt. Cose dette, sussurrate, lasciate sfuggire, o mai dette del tutto. 23 situazioni differenti, applicate a coppie, amici, amanti, o singoli personaggi. 23 modi di costringermi a tornare a scrivere un po’ ogni giorno.
Coppie affrontate: ImaHana {1#, 2#, 8#, 9#, 18#}, TakaMido {3#, 17#, 20#}, AoKaga {4#}, HaiKise {5#, 12#}, AoKise {6#}, MuraAka {7#, 21#}, AoKagaKuro {11#}, SilverGold {13#}, KagaKuro & AoKuro {14#}, KiyoHyuu {#15}, HimuNiji {16#}, MitoKoga {19#}, KiyoHyuuRiko {22#}, AoMomo {23#}
Character-centric: Mibuchi Reo {#10).
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Genere: Angst, introspettvo

Tipo di coppia: //

Personaggi: Mibuchi Reo

Rating: Verde… ? Giallo per la tematica?

Parole: 760+

Note: Credo possa catalogarsi come “tematica delicata”—comunque, stavolta non c’è nessuna ship.

Non ho mai approfondito particolarmente il personaggio di Reo, ma appena lessi il prompt non ho potuto figurarmi niente di diverso da questa OS.

Scritta il: 24/06/2015

 

10# • Things you said that made me feel like shit

 

 

Le dita pallide tremavano sull’occhiello delle forbici splendenti, una ciocca di capelli neri già pronta ad essere giustiziata dalle due ghigliottine che non aspettavano altro che chiudersi su di lei.

 

Non aveva neanche il coraggio di guardarsi allo specchio, conscio dello spettacolo pietoso a cui contribuivano non solo quella patetica incertezza, ma anche gli occhi arrossati e le guance rigate di lacrime. Come ci era arrivato a quel punto, com’era possibile che quello che lo faceva sentire a suo agio era ciò a cui gli altri si attaccavano per deriderlo, mortificarlo e schernirlo?

 

Non era colpa sua se Madre Natura gli aveva donato, fin da quando era piccolo, quei lineamenti eleganti e raffinati. Le ciglia lunghe e lo sguardo gentile, i capelli che aveva sempre amato lasciar crescere un po’ più dei suoi compagni maschietti, l’atteggiamento educato che tutte le mamme invidiavano e avrebbero voluto vedere nei loro pargoli… quante volte aveva sentito dire “Dovresti prendere esempio dal piccolo Reo, lui sì che sa come ci si comporta”?

Era un continuo di lodi e di apprezzamenti, almeno nei primi anni della sua vita. Così tanto, così spesso, che quei tratti caratteristici erano diventati il suo più grande motivo di orgoglio.

 

Si piaceva, Reo, e sapeva di piacere anche agli altri. Era un bambino intelligente, anche anni fa, e sapeva perfettamente di essere, in un modo o nell’altro, diverso; sapeva che mentre i suoi amici si interessavano a passatempi sempre più rudi e rumorosi, lui preferiva la calma di attività che i suoi coetanei appellavano come da femminucce. Eppure non ci vedeva niente di male nell’avere interessi più simili a quelli delle ragazze, o anche, a volte, essere scambiato per una di loro, così come testimoniavano le dichiarazioni che gli capitava di ricevere da spasimanti ignari e un po’ confusi.

Quelle attività, quel modo di fare e di presentarsi — era ciò che lo definiva, e continuava ad andarne fiero.

 

Almeno finché l’opinione degli altri non si fece ancora più invadente, e gli stereotipi che per la norma avrebbe dovuto seguire non iniziarono a pressare su di lui.

 

“Eh… ma come mai ti diverti a fare l’ambiguo e a spacciarti per donna?”

Fino a che non gli furono rivolte queste parole, mai aveva pensato a come gli altri, effettivamente, lo vedessero. Si era sempre concentrato sull’essere se stesso, abituato a tutti i giudizi positivi che avevano accompagnato ogni sua scelta, e non credeva che qualcuno pensasse davvero che quella era una sorta di finzione.

Non voleva ingannare nessuno, non era sua intenzione “spacciarsi” per qualcosa di diverso da ciò che era; gli avevano sempre detto che era un esempio da seguire, da quando era diventato ambiguo?

Era come se improvvisamente avesse aperto gli occhi, e la dolce favola in cui aveva vissuto fino a quel momento si fosse disgregata come un castello di carte al fronte di un uragano. Anche le persone che lo acclamavano e si complimentavano con lui, via via che il tempo passava, avevano iniziato a cambiare la loro opinione, invalidando tutto quello che avevano sempre apprezzato.

 

“Non potresti iniziare a comportarti un po’ più come gli altri ragazzi della tua età?”

Certo che avrebbe potuto, ma questo non significava che avrebbe voluto! Nessuno si può sentire a suo agio recitando una parte quasi totalmente opposta a quella in cui ci si sente più in pace con se stessi, perché mai per lui sarebbe dovuto essere diverso?

Eppure non faceva niente di offensivo. Non si reputava una persona fastidiosa, molesta, o in qualsiasi altro modo problematica… o forse lo era, e non se ne era mai reso conto? Cose del genere iniziarono a farlo dubitare di ogni sua azione passata e presente; neppure il maturare del suo aspetto in quello di un giovane adulto bastò a scollarsi di dosso quelle affermazioni.

 

Anzi, se è possibile, diventarono ancora più ignoranti e crudeli.

 

“Senti… stammi lontano.”

“Io te lo devo dire, averti intorno mi mette a disagio.”

“Sei inquietante, non farti più vedere.”

 

Tutte gocce che lente e inesorabili finirono per far traboccare il vaso.

Non aveva mai smesso di apprezzare ciò che era. Lui amava il suo aspetto curato e il suo atteggiamento un po’ altezzoso a volte, certo, ma sempre signorile. Ma quando il suo essere era così insopportabile per il prossimo, allora, cosa avrebbe dovuto fare?

Quanto ancora avrebbe potuto sopportare quelle parole di astio, quelle occhiate schifate, quel continuo isolamento in cui era costretto a rimanere relegato?

 

Sbatté le palpebre, una lacrima che scivolò silenziosa sulla ceramica del lavandino.

E, con essa, il primo della pioggia di ciuffi corvini che la seguirono subito dopo.

   
 
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