Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Stella cadente    04/08/2015    6 recensioni
Francia, 1482:
Parigi è una città che nasconde mille segreti, mille storie, mille volti e mille intrecci.
Claudie Frollo è un giudice donna che tiene alla sua carriera più di ogni altra cosa al mondo.
Olympe de Chateaupers è una giovane ragazza da poco al servizio del giudice e, sebbene sia spavalda e forte, si sente sempre sottopressione sotto lo sguardo austero di quella donna cinica ed esigente.
Nina è una semplice ragazza di quindici anni, confinata nella cattedrale a causa di un inconfessabile segreto..
L’arrivo di Eymeric, un giovane ramingo gitano, sconvolgerà le vite di queste tre donne, in un modo diverso per ognuna.
Ma alla fine, di quali altri segreti sarà testimone Parigi?
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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XIV.
Durante la notte
 
Olympe
 
 
 
«Che cosa facciamo ora?» esplosi quel mattino, al ritorno di Nina.
La ragazza parlò con un tono a metà tra l’arrabbiato e il rassegnato:
«Assolutamente niente, Olympe. Frollo mi ha reclusa qua dentro, e per quanto riguarda te non credo ti convenga uscire. Come minimo ti ucciderà se ti trova».
«Ma cosa ti ha detto?»
«Cosa dovrebbe avermi detto? Mi ha costretta qui per tre giorni, senza poter mangiare. Non passerà mai a portarmi qualcosa».
Spalancai gli occhi, colta da un’idea improvvisa.
«Ma è perfetto!» esclamai, afferrando la mia amica per le spalle e scuotendola leggermente.
Nina mi fissò con fare interrogativo.
«Frollo non verrà mai qui a Notre-Dame, no?»
Lei alzò un sopracciglio.
«Presumo di no, ma non ne sono sicura. Voglio dire, mi priverà di un qualunque contatto con il mondo esterno. Perciò … no. Non credo proprio».
«E allora sì, è perfetto» ripetei, mentre sentivo che un sorriso si formava sul mio volto.
«Che cosa è perfetto?» chiese Nina, un po’ spazientita.
«Le circostanze! Tutto quello che sta succedendo … me e te qui dentro, Eymeric che non ne sa niente, e, quel che più conta, Frollo che non ne sa niente …» riflettei ad alta voce.
La ragazza sbuffò, infastidita:
«Puoi esprimerti come un essere umano, per favore?»
«Mh?» mi riscossi, riportando lo sguardo sulla mia amica, che mi fissava con le braccia incrociate.
«Che cos’hai in mente?»
«Fuggire, Nina. Nessuno se ne accorgerà. Dobbiamo andare a liberare Eymeric» affermai, decisa.
Lei spalancò i suoi occhioni blu.
«Cosa?» strillò. «Tu sei pazza, Olympe! Fuggire di qui? Non se ne parla! E se ci scoprono?»
«Dobbiamo salvare Eymeric! Non so se lo sai, ma adesso con ogni probabilità si trova nelle segrete del Palazzo di Giustizia!» sbottai, alzando anche io la voce.
«Frollo è la mia tutrice, non posso disobbedirle di nuovo» disse lei, stringendosi nelle braccia.
Silenzio.
«Beh io non me ne starò qui ferma sapendo che quella donna tortura il mio amico in Dio solo sa quanti modi» replicai, decisa.
«Non puoi andartene, Olympe. Ne va della tua stessa vita» mi avvertì Nina.
«E comunque» insistei, ignorando ciò che aveva appena detto «Eymeric ha preso le tue difese, alla Festa dei Folli. Hai uno strano modo di mostrare la gratitudine».
Quella frase sembrò colpirla, perché per un attimo sul suo viso bellissimo e fanciullesco prese forma un’espressione smarrita.
Lasciò cadere le braccia pallide lungo il corpo, poi disse in un sospiro:
«Non lo so, Olympe».
«Oh sì che lo sai. Hai solo paura» la provocai io.
Lo sguardo di Nina vagò per tutta la stanza, poi si posò su di me.
«Ma cosa faremo, una volta arrivate al Palazzo di Giustizia? Non abbiamo armi, non abbiamo niente che ci possa aiutare eventualmente a combattere» tentò la ragazza.
Mi esasperai. E giocai una carta che forse non avrei dovuto giocarmi.
«Sei una sirena, Nina! E per di più con poteri magici sull’acqua!»
Lei sembrò spaesata. E terrorizzata.
Indietreggiò di qualche passo, guardandomi sconvolta.
«C … come fai a saperlo?» quasi urlò.
Provai ad avvicinarmi.
«Scusa, io non …»
«Come fai a saperlo?» insistette.
«Me lo ha detto Eymeric durante i giorni che ho passato a Notre-Dame» rivelai. «Sapeva che poteva fidarsi di me. Io non ... non direi neanche una parola a nessuno».
Nina si era come ammutolita.
«Non hai paura di me?» chiese, con un filo di voce.
«Certo che no» sorrisi. «Sei mia amica».
Fece un lungo sospiro, come se si fosse liberata di un peso enorme.
«Bene» concluse «allora andiamo. Partiamo stanotte, quando nessuno potrà vederci» disse, guardandomi negli occhi.
E vai! esultai, dentro di me.
 
 
 
****
 
 
La notte era calata come un manto nero sopra tutta Parigi, avvolgendo la città con la sua oscurità puntellata appena da stelle.
«È ora» dissi, determinata, in direzione di Nina.
La mia amica annuì e si calò il cappuccio della mantella scura sopra la testa, quasi in sincrono con me.
Poi scendemmo le scale della torre, mentre le campane di Notre-Dame suonavano i loro ultimi, lugubri rintocchi.
 
                                                                   
Procedevamo a piedi, molto lentamente, nel buio di quella notte fredda di gennaio inoltrato. Un leggero nevischio si era sollevato e ci solleticava il viso, mentre ci stringevamo nei lunghi mantelli.
«Non vedo niente» sussurrò Nina, che si impegnava il più possibile per tenere la testa bassa e non farsi vedere. «Dove siamo?»
«Siamo quasi arrivate» risposi io «intravedo il Palazzo di Giustizia».
Nina rabbrividì, non capii se di freddo o di paura.
«Olympe» mi chiamò.
«Sì?»
«Sei sicura che sia la cosa giusta?»
«Cosa dovremmo fare, lasciarlo lì?»
Lei non disse nulla.
 
 
Il Palazzo di Giustizia non mi era mai sembrato così ... tetro.
Di notte era un qualcosa di impressionante. Era sempre stato un edificio imponente e cupo, esattamente come la persona che ci lavorava – e viveva – ma mai mi era apparso così oscuro come di notte.
Era semplicemente da brividi.
«Vorrei tanto sapere esattamente che cos’hai in testa» disse Nina, con una faccia imbronciata.             
«Shh» risposi, facendole segno di stare in silenzio «parla più piano. Ascolta: io conosco bene il Palazzo di Giustizia. Ti mostrerò un’entrata segreta attraverso cui possiamo passare».
«E quale sarebbe la mia utilità in tutto questo?» chiese la mia amica, un po’ scettica.
«Semplice. Con i tuoi poteri metti KO le guardie» dissi, facendole un occhiolino.
«Non mi piace l’idea di fare del male a qualcuno» replicò lei.
«Non lo farai infatti. Dovrai solo metterli al tappeto temporaneamente, se sarà necessario» la rassicurai.
Nina annuì e sospirò.
«Bene» disse «andiamo, dunque».
Ridacchiai.
«Il modo per passare lo trovi esattamente sotto i tuoi piedi» feci, sorridendo beffarda.
Lei aggrottò le sopracciglia e abbassò lo sguardo, confusa; non sapeva cosa volessi dire.
Risi di nuovo e mi chinai, spostando, non senza fatica, una grande e tonda botola incastrata nel lastricato.
«Lo so, non si vede» dissi, dopo essermi rialzata, sbuffando per lo sforzo «è perfettamente mimetizzata con la pietra. Ma te l’ho detto, conosco il Palazzo come me stessa» aggiunsi, senza preoccuparmi di essere modesta.
«Dovremmo calarci qui dentro?» chiese Nina, intimorita.
In effetti non invogliava molto all’esplorazione: tutto quello che si vedeva era soltanto un buco nero.
«Esattamente».
Silenzio.                                                                                
«Dopo di te» dissi, con un sorrisetto sulle labbra.
«Ecco, non so se io …»
Non fece in tempo a finire che l’avevo spinta nella botola e la sua frase si interruppe in un grido di sorpresa, seguito da un tonfo e dal rumore dell’acqua.
Aspetta. Ma l’acqua ...
Ops.
«Nina? Sei viva?» la chiamai, facendo attenzione a non urlare troppo.
«Più o meno» mi sentii rispondere.
«Scendo subito» dissi «sto arrivando».
 
 
I grandi sotterranei del Palazzo di Giustizia erano illuminati a malapena da qualche torcia. L’ambiente era molto più buio di tutte le volte in cui mi ero trovata ad attraversare quei corridoi umidi; in quel momento mi resi conto che non ero mai passata da lì durante la notte.
Quando mi calai, usando magistralmente una corda che avevo recuperato in precedenza alla cattedrale, vidi Nina immersa nel tratto d’acqua che scorreva accanto a me, con la coda argentata che brillava alla luce della luna proveniente dalla botola aperta e una faccia alquanto infuriata.
«Solo una domanda» disse, con quella sua voce cristallina «perché lo hai fatto?»
«Mi dispiace. Me ne ero, ehm ... dimenticata» mi giustificai.
Lei continuava a guardarmi con quell’espressione di rabbia trattenuta a stento.
Le tesi la mano e accennai un sorriso.
«Vieni, ti aiuto ad uscire».
«Ti ringrazio» fece acida, afferrandomi la mano «ma ti avverto: sono molto pesante».
«Ho notato» sbuffai, mentre sentivo il sudore imperlarmi la fronte.
Quando finalmente riuscii a tirarla fuori dall’acqua, Nina tese una mano su di sé e con un solo gesto creò del calore. Avvertivo il vapore che proveniva dalla sua coda soffiarmi caldo sulla faccia, facendomi sudare ancora di più.
È straordinario ...
«Mi sembra di essere alle terme» dissi ironicamente.
«Così impari» sorrise lei, sarcastica «manigolda che non sei altro» aggiunse, sottovoce.
«Ehi! Vacci piano con gli insulti!» sbottai.
Ma lei rise, riempiendo per un istante i sotterranei della sua risata dolce e limpida.
 
 
Stavamo camminando ormai già da un po’ di tempo lungo i corridoi dei cupi sotterranei del Palazzo di Giustizia, pieni di catene e di inferriate – dietro alle quali, a volte, potevamo scorgere qualche frammento di ossa. Le fiaccole erano aumentate di numero e l’ambiente appariva molto meno … abbandonato, ma il tutto rimaneva comunque non molto accogliente.
«Bel posto, non ti pare?» feci ironicamente. «Ti fa venire voglia di uscire più spesso, eh, Nina?»
«Non a me» replicò lei «voglio solo trovare Eymeric e poi ritornarmene alla cattedrale senza correre altri rischi».
Wow Nina, il senso dell’umorismo è proprio il tuo forte.
«È così strano» disse.
«Cosa?»
«Tutto questo silenzio. Mi avevi detto che ci sarebbero state delle guardie, giusto?»
Avvertii un brivido insinuarsi nel mio corpo fin dentro le ossa – non seppi bene il perché.
«In teoria» sussurrai, mentre sentivo che, all’improvviso, una fitta di inquietudine mi attanagliava.
Sembrò che anche Nina provasse le mie stesse sensazioni, perché si circondò il corpo con le braccia come a volersi proteggere.
Poi si arrestò di botto, con i grandi occhi blu che saettavano furiosi in ogni angolo del sotterraneo.
Si fermarono su una porta in legno poco distante. Chiusa.
«Olympe» disse piano «credo che ci sia qualcuno».
Mi fermai anche io.
«Cos.. »
«Shh» fece lei, scuotendomi per un braccio «ascolta. Sento un respiro».
Aspettai, ma non sentii niente. Probabilmente la cosa era dovuta al suo udito soprannaturale di creatura mitologica: non era da escludere che fosse dotata di sensi super sviluppati e che fosse in grado di sentire suoni che l’orecchio umano non riusciva a catturare.
«Nina ... » provai a dire.
Ma poi fu tutto confuso.
Mi sentii afferrare da due braccia possenti.
Sentii la voce della mia amica che mi chiamava, che provava a difendersi.
E poi, in lontananza, colpi, urla, un tonfo e il rumore di un tuffo.
Poi mi sentii colpire sulla testa, caddi e fu il nulla.

 
 
Ciao a tutti, e bentornati a Paris :)
Dunque, questo capitolo è molto dinamico, e abbiamo - come qualcuno aveva già supposto - un'eroica missione di Nina e Olympe, che purtroppo però non è andata come previsto. Cosa pensate che succederà adesso?
Devo confessarvi che mi è piaciuto particolarmente scrivere questo capitolo, per la sua componente d'azione, ma anche per le scene dei dialoghi tra Nina e Olympe, che proprio come Quasimodo e Febo - nonostante la diversità - stanno diventando molto amiche.
E niente, spero che vi sia piaciuto :)
Grazie a tutti, alla prossima,
Stella cadente

 
  
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