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Autore: vali_    04/08/2015    4 recensioni
Dean non si sente a suo agio negli ultimi tempi: beve senza trarne i benefici sperati, dorme poco e sta sempre da solo e questo non è un bene per uno come lui, che mal sopporta la solitudine, convinto che riesca solo a portare a galla i lati peggiori del suo carattere.
Il caso vuole che un vecchio amico di suo padre, tale James Davis, chieda aiuto al suo vecchio per una “questione delicata”, portando un po’ di scompiglio nelle loro abituali vite da cacciatori. E forse Dean potrà dire di aver trovato un po’ di compagnia, da quel giorno in poi.
(…) gli occhi gli cadono sui due letti rifatti con cura, entrambi vuoti. Solo due.
Sam è ormai lontano, non ha bisogno di un letto per sé. Dean non lo vede da un po’ ma soprattutto non gli parla da un po’ e il suono della sua voce, che era solito coprire tanti buchi nella sua misera esistenza, di tanto in tanto riecheggia lontano nella sua mente. A volte pensa di non ricordarsela neanche più, la sua voce. Chissà se è cambiata in questi mesi (…)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, John Winchester, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Prima dell'inizio
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Some things are meant to be'
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Note: … sorpresa! :D 
Come vi avevo annunciato, la scorsa settimana l’ho passata ad orientarmi da queste parti, tra il fuso orario differente e tutte le varie informazioni nuove da assorbire.
Ho testato la velocità della mia connessione rispondendo alle vostre ultime recensioni e, fortunatamente, è piuttosto buona. Oltretutto, ho pensato che il martedì, finché sarò qui, è un buon giorno per pubblicare, perché ho la mattina libera. :)
Le cose torneranno com’erano quando tornerò a casa, dopo il 24 di agosto, quindi questo leggero cambio di programma è solo temporaneo.
Faccende “burocratiche” a parte, spero che questa piccola anticipazione al martedì non vi dispiaccia e che questa storia vi sia mancata almeno un pochino in questa settimana di assenza.
Vi anticipo che questo capitolo – che, per certi versi, è un po’ di passaggio – avrà un setting un po’… particolare, diciamo inusuale per Supernatural. E’ una parte a cui sono molto legata, perciò a maggior ragione spero che comunque non lo troviate una forzatura.
Non ho fatto in tempo a rileggere tutto, quindi se c’è qualche errore non esitate a segnalarmelo ;)
Il capitolo è già piuttosto lungo di per sé, perciò vi lascio e vi aspetto la prossima settimana! A presto! :D

 
Capitolo 12: The diary we carry with us
 
Memory is the diary
We all carry about with us.
 
(Oscar Wilde)
 
 
Si muove tra le lenzuola e si accomoda meglio, stirando appena i muscoli delle gambe mentre una melodia lontana si avvicina sempre di più alle sue orecchie, facendolo sospirare irritato.
 
E’ evidentemente mattina e Dean è sdraiato su un fianco, le braccia quasi conserte a stringere le coperte contro il petto. La musica continua a suonare e una fastidiosissima voce femminile gli si infila nelle orecchie.
 
When you’re alone and life is making you lonely you can always go downtown… [1]
 
Qualche secondo dopo quella musichetta irritante è svanita e Dean espira ancora, quasi sollevato. Ellie deve aver spento la sveglia. Maledetto il giorno in cui ha scoperto come modificare la suoneria e ci ha messo quella dannata canzone, così che ogni mattina che passa insieme a lei è praticamente obbligato a sentirla.
 
Apre solo un occhio, per niente intenzionato ad alzarsi, e osserva Ellie seduta sul bordo del letto alla sua destra. Gli dà le spalle, la lunga maglietta rossa che le fa da pigiama, i capelli legati in una lunga treccia che sposta da un lato – come mai non se li è sciolti e ci è andata a dormire è un mistero per Dean – e allunga le braccia verso l’alto per stirarsi la schiena. Si alza e Dean chiude gli occhi di nuovo, fingendo di dormire ancora. L’ultima cosa che vuole è che lei cominci a parlargli così da farlo svegliare del tutto, preferisce che non sappia che quella stupida musichetta – che tra l’altro lei continua a canticchiare, maledetta – gli si è infilata nelle orecchie fino a destarlo.
 
La sente chiudere la porta del bagno e sospira con il naso, accomodandosi meglio tra le coperte e cercando di riprendere il sonno da dove l’ha lasciato, ma sente uscire Ellie poco dopo e, quando riapre gli occhi, se la ritrova di fronte, con le mani appoggiate al bordo del suo materasso e la lunga treccia che le pende in avanti, quasi a sfiorare la figura di Dean che indietreggia di riflesso; lei gli sorride.
 
«Dormi o no?» Dean si stropiccia gli occhi sospirando irritato e si sdraia di schiena, grattandosi il petto da sopra la maglietta grigia. Ellie ride e si siede accanto a lui, senza invadere troppo il suo spazio personale.
«Dormivo… finché la tua stupida sveglia non mi ha disturbato».
Ellie lo guarda quasi mortificata «Ma ho messo la suoneria bassissima».
«E’ la voce di quella che mi entra nelle orecchie! Cristo santo, perché di tutte le canzoni al mondo hai scelto proprio quella per svegliarti la mattina?»
 
Ellie abbassa lo sguardo, le sue labbra si curvano in un piccolo sorriso e Dean teme per un secondo di aver detto qualcosa di sbagliato. Di solito Ellie fa così quando si nomina sua madre. «Era la canzone preferita della mamma» ecco, appunto. La guarda con attenzione ed Ellie punta gli occhi nei suoi. Non sembra offesa. «La cantava sempre quando aveva una giornata storta. Le ridava il sorriso».
 
Si alza e va verso l’armadio. Dean si mette a sedere tirandosi su con la schiena e appoggiandosi alla testiera del letto e la osserva, nonostante l’anta aperta del mobile gli blocchi la visuale.
 
«Dove andiamo oggi?»
«Dove vuoi» la testa di Ellie sbuca da dietro lo sportello, le dita sottili a tenerlo fermo, e guarda Dean. «Non abbiamo nessun caso?»
Dean scuote la testa sorridendo appena «E non ho nessuna intenzione di cercarne uno» e lei lo guarda perplessa. «Questa sì che è una sorpresa».
 
Dean si stropiccia gli occhi. La sente armeggiare con i vestiti e può scorgere le sue gambe alzarsi una alla volta per permetterle di infilarsi qualcosa.
 
Da una settimana ormai suo padre e Jim sono spariti per un caso nel Maine. Li hanno lasciati da soli – come succede sempre più spesso e sempre per più tempo – a risolvere una faccenda di fantasmi di nonnette e spiriti poco carini ed ora che è conclusa e hanno cambiato aria, dei loro padri continua a non esserci l’ombra e Dean non vede perché debbano rimettersi subito al lavoro. «Abbiamo appena finito una caccia. Non ho voglia di cercare qualcosa».
 
Ellie rimane in silenzio per qualche secondo, poi spunta fuori dall’armadio vestita – un paio di jeans scoloriti a fasciarle le gambe e una maglietta a maniche corte celeste – ed ha una strana espressione sul viso, le labbra strette tra i denti, e tra le dita si rigira la punta della treccia. «Effettivamente è presto, ma… non so, tu che vuoi fare?»
 
Dean sorride appena «Un’idea ce l’avrei».
 
*

Dean non è mai stato tanto a lungo in un posto vicino all’oceano. Sa che a Sam sarebbe certamente piaciuto – non sa perché, ha solo quest’idea di Sammy sdraiato a prendere il sole e a sorseggiare una bevanda fresca come uno stoccafisso.
 
Hanno avuto tante “case” – se così si possono chiamare i motel in cui alloggiano in continuazione –, hanno fatto innumerevoli traslochi ma mai in un posto vicino all’oceano, o almeno non per tanto a lungo e Dean oggi ha deciso che è il momento di prendersi una vacanza, anche se durerà solo un giorno o due, e vuole farlo in un posto dove può sentire il profumo della salsedine arrivargli alle narici.
 
Erano a Sandy, nell’Oregon, e a Dean è bastato prendere in mano la cartina per trovare un posto abbastanza vicino a qualche spiaggia dove poter passare qualche giorno. Ellie non ha fiatato, si è limitata a guardarlo con gli occhi luccicanti e Dean l’ha preso come un buon segno. Vuol dire che la sua idea non è stata poi così male.
 
La guarda mentre è affacciata fuori dal finestrino dell’Impala e delle ciocche di capelli le volano via dalla lunga treccia e svolazzano qua e là. E’ da quando sono partiti – un paio d’ore fa – che è irrequieta, ma non in senso negativo, semplicemente sembra non stare nella pelle. Fa sempre così quando hanno un caso per le mani, ma oggi è diverso, oggi sembra davvero contenta.
 
Appoggiano i bagagli in una stanza – solito motel da quattro soldi ai lati della strada, ma Dean ha idea che non ci passeranno tanto tempo stavolta – e corrono in spiaggia.
 
Il vento tira forte ma non fa freddo, l’aria di giugno è frizzantina e il sole picchia sulla testa e riscalda quel tanto che basta da permettergli di lasciare le giacche in macchina.
 
Pranzano in un ristorantino ai lati della spiaggia, situato su una specie di casupola di legno, alla fine di un pontile. Ellie osserva il paesaggio con occhi attenti, il pugno chiuso sotto il mento e Dean mastica il suo boccone e la guarda curioso. «Non l’avevi mai visto?»
Lei si volta e sbatte le palpebre un paio di volte. «Cosa?»
«L’oceano».
Ellie scuote la testa. «Quando ho detto di aver vissuto sempre a Buckley intendevo letteralmente. La mamma aveva un sacco di impegni con la tavola calda che gestiva e, se ci prendevamo una vacanza, era per un giorno o due e lì vicino. Non avevo mai viaggiato così tanto».
 
Dean annuisce. Non ne è stupito, in realtà. Più di una volta si è accorto di quanto Ellie si guardi intorno quando parcheggia l’Impala in un posto nuovo, sempre in cerca di nuovi dettagli e nuovi colori, quasi voglia imprimere nella mente ogni scorcio e ogni sfumatura di quei luoghi per non scordarli più. Pensava che fosse solo un modo di fare, una delle sue tante stramberie, ma adesso capisce che invece è la sua maniera di scoprire il mondo.
 
Lei punta lo sguardo nuovamente all’oceano, al moto delle onde che s’infrangono sulla spiaggia «Possiamo fare il bagno, se vuoi» a quelle parole, Ellie si volta di nuovo verso di lui, gli occhi più grandi e le guance le si colorano di rosso, di botto. Abbassa lo sguardo «Meglio di no» e Dean non riesce a capire cos’ha detto di tanto sbagliato. «Non ho neanche un costume».
«Sai quanti ne vendono da queste parti? Potremmo trovarne uno» ma Ellie scuote la testa, ributtando di nuovo gli occhi verso l’oceano e Dean capisce che il suo è puro imbarazzo. Forse non vuole farsi vedere così da lui – con solo un paio di strisce di stoffa addosso – e decide di non insistere. Non vuole metterla a disagio in nessun modo.
 
Una passeggiata, però, decidono di concedersela ed Ellie è decisamente più felice di quella proposta, forse soprattutto perché è accompagnata da un buon cono gelato. Ormai Dean la conosce da un po’ e gli è chiaro che tutto ciò che è dolce, per lei, è buono. Ed ha questa strana predilezione per i gelati e le torte al cioccolato.
 
Camminano a lungo, le scarpe in mano e i piedi scalzi. Fa caldo ed Ellie ha deciso di cambiarsi; ora indossa una canottiera bianca in tinta unita, semplice e non troppo scollata sul davanti, e – cosa strana – una gonna a balze nera che le arriva più su delle ginocchia. Di solito mette i pantaloni – almeno quando non sono “in servizio” –, ma a Dean quell’abbigliamento non dispiace. Forse ha deciso che può sentirsi comoda così.
 
E’ una cosa che ha notato ultimamente: Ellie sembra sentirsi a suo agio con abiti meno… “maschili” anche quando non hanno una caccia. Continua a conservare l’odio per i tacchi, però. Non fa che lamentarsi quando ne mette un paio.
 
La spiaggia è piena di famiglie ed Ellie fa un sorriso a tutti i bambini che le passano accanto, per poi fermarsi ad osservarli camminare o rincorrersi. E’ davvero troppo giovane anche per pensarci, ma Dean pensa che potrebbe essere un’ottima mamma, se ne avesse la possibilità.
 
A Dean mancava la sensazione della sabbia sotto i piedi e l’aria colma di salsedine ad accarezzargli la pelle. E’ tanto tempo che non si ferma in una spiaggia per un po’ [2], gli ci voleva questo pit-stop. E poi è contento di vedere tranquilla e rilassata Ellie.
 
Si siedono in un posto isolato, lontano dagli schiamazzi dei ragazzini che fanno il bagno e dalle persone comuni e osservano il panorama di fronte a loro senza dire niente per un po’. Il vento non è troppo forte, c’è solo una brezza leggera.
 
Dean, le ginocchia piegate al petto e le braccia appoggiate lì sopra, si ritrova a pensare all’ultima volta che ha visto un posto così. Dev’essere stato più di un anno fa e c’era ancora Sam insieme a lui. Non sapeva che sarebbe andato a Stanford ed era tutto più o meno tranquillo. Lui e papà litigavano come sempre, ma non c’era nessuna forte burrasca in arrivo e le cose andavano bene, per quanto sia mai andata bene tra le mura invisibili di casa Winchester.
 
E’ passato quasi un anno da quei giorni, da quando Sam gli ha detto che se ne sarebbe andato, eppure gli manca come il primo giorno. Non riesce a fare a meno di pensarci, ma negli ultimi tempi ha constatato di stare meglio. Non si sveglia più in preda al pensiero di suo fratello, è più… tranquillo. Continua a non avere alcuna intenzione di telefonargli e tutto il resto, ma si sente un po’ più in pace riguardo la decisione che ha preso – rispetto alla sua vita e allo studio, un po’ meno sul tenerlo a distanza – e forse un po’ è merito di Ellie, che quando c’è riesce a distrarlo. Lei ha questa capacità di fargli porre la concentrazione in altre questioni a volte più stupide e altre – forse – più serie, ma ultimamente è sempre più raro che pensi a lungo a Sam quando c’è anche lei. Qualcosa le ha raccontato, ogni tanto capita, ma poi passa e anche Sam sembra più lontano dopo, come se il parlarne insieme a lei riesca ad alleviargli un po’ il dolore.
 
La osserva con la coda dell’occhio – il suo viso rivolto verso l’oceano e gli occhi attenti a seguire ogni sfumatura di azzurro, ogni minimo movimento – e se ne sta in silenzio, lo sguardo concentrato e tranquillo. Anche Dean non parla, si gode il panorama e la brezza leggera e gli ci vorrebbe una birra per completare il quadretto, ma forse va bene anche così.
 
«Posso farti una domanda?» saranno passati almeno cinque minuti dall’ultima volta che Ellie ha aperto bocca e Dean si volta a guardarla, gli occhi di lei curiosi ma appena insicuri, come se stesse per chiedere chissà cosa di imbarazzante o estremamente delicato. Dean annuisce «Tu credi nell’amore?» e fatica parecchio per non scoppiare a ridere. Forse perché è una domanda che – almeno così esplicitamente – non gli aveva mai fatto nessuno e poi di certo non se l’aspettava. «Non quello della famiglia, intendo dire quello tra due persone».
Dean sorride per prenderla in giro «L’avevo capito».
«Beh, allora… allora rispondi».
 
Dean si prende un po’ di tempo per farlo mentre Ellie continua a guardarlo, in attesa. «Sinceramente non lo so. Io… io credo solo a quello che vedo e non ho mai visto niente del genere».
Ellie sorride «Ma non è qualcosa che vedi a occhio nudo. Lo percepisci, lo senti».
«Ma non ho mai sentito niente del genere per nessuna».
«Quindi per te non esiste?»
«Non lo so, perché me lo chiedi?»
 
Ellie prende un profondo respiro e non lo guarda, gli occhi rivolti verso un punto lontano nell’orizzonte. «Perché a volte ci penso. Voglio dire, penso… a come potrebbe cambiare la mia vita se trovassi una persona con cui condividerla, qualcuno che mi capisca e che mi voglia bene davvero. A te non succede mai?»
Dean non ha tanto bisogno di pensarci «Io non posso permettermi un pensiero simile» e lo sguardo che gli rivolge Ellie adesso è così triste, pieno di una brutta consapevolezza, come se avesse capito di colpo come funziona per un cacciatore. «Non posso avere niente del genere».
«Per questo salti da un letto all’altro?»
«Sono fatto così. E non ho illusioni, so di non potermi concedere nient’altro».
Ellie sbuffa appena «Per me è una scusa» Dean la guarda negli occhi, accigliato. Non ha capito una parola di quello che le ha detto o lo prende in giro? «Essere un cacciatore per te è una scusa per non lasciarti andare».
«Come faccio a farlo se viaggio da un posto all’altro in continuazione e non posso parlare a nessuno del mio lavoro?»
 
Ellie rimane in silenzio per un attimo, pensierosa. «Boh, forse hai ragione» ma a Dean tutte queste domande lo hanno inevitabilmente incuriosito e vuole spostare l’argomento su di lei.
«Non capisco perché mi chiedi queste cose però».
Lei lo guarda perplessa «Te l’ho già detto, è perché—»
«No, no… non me la bevo. C’è qualcos’altro sotto».
 
Ellie abbassa lo sguardo e annuisce. Dean sorride soddisfatto; ormai ha imparato a conoscerla e sa quando vuole arrivare a dirgli qualcosa. Passa sempre per dei lunghi discorsi, quasi a voler sondare il terreno prima e poi andare al dunque. Non è certo che il suo giudizio sia davvero influente se lei vuole parlargli di qualcosa, ma piuttosto che quel suo girarci intorno non sia che un preambolo, un modo come un altro per iniziare il discorso. «E’ che… non… »
«Ti sei innamorata del bagnino e devo presentartelo?» Ellie scoppia a ridere e scuote la testa con forza «Perché mi alzo e lo faccio, non c’è problema» anche Dean ride divertito, ma non lo sa se lo farebbe davvero.
«Non ci provare» sorride e stringe a sé le ginocchia «E’… complicato» è più seria adesso, la mascella contratta e lo sguardo insicuro.
 
Dean aspetta qualche secondo prima di rispondere «Non hai mai avuto un ragazzo? Credevo di sì» e a quel pensiero ne segue un altro, perciò aggrotta le sopracciglia, perplesso. «Voglio dire, non eri tu quella che faceva distinzioni di genere tra sesso e… sesso?»
Ellie lo guarda di sbieco «Non ricominciare, te l’ho già spiegato» sorride e scuote appena la testa, come a rendersi conto che su quell’argomento non troveranno mai un punto in comune «Sì, c’era un ragazzo quando andavo al liceo. Ci sono stata anche per un po’, a dire il vero».
«Quanto?»
«Qualche mese. Era gentile e generoso, mi riempiva di attenzioni ed io ci stavo bene, anche se… » prende fiato per un attimo «Anche se non sono mai riuscita ad aprirmi del tutto con lui. Credevo fosse normale, però, visto che c’era ancora la mamma e con lei parlavo sempre di qualsiasi cosa. L’ho lasciato quando lei si è ammalata. Lui c’è rimasto male, però… però io non volevo pensare a nient’altro che a lei. Non volevo ci fosse qualcuno a rubarmi del tempo prezioso che potevo passare con lei».
 
Dean la ascolta in silenzio. Chissà a quante cose deve aver rinunciato Ellie per passare del tempo con sua madre, ma non se ne stupisce: ha dedotto da tempo che tanto di quello che ha fatto era per “sdebitarsi”, in un certo senso, con lei. Deve aver capito molto presto quanto la vita di sua madre fosse piena di rinunce, e lei, in un modo tutto suo, deve aver cercato di ricambiare. La conosce abbastanza da sapere per certo che è così.
 
«Quindi, boh… non so se conosco l’amore. Voglio dire, a sedici anni cosa ne sai? Ero molto attratta da lui e certamente mi sentivo innamorata, all’epoca, ma… chissà, forse adesso sarebbe differente. Forse potrei… stabilire una connessione diversa con qualcuno, più profonda. Sarebbe bello scoprirlo».
 
Lo guarda e Dean non crede di aver capito il punto. In realtà spesso non capisce se Ellie gli parla di alcune cose perché si fida a tal punto da aprirsi così o perché vuole semplicemente parlare con qualcuno. All’inizio sicuramente era così, forse adesso è un po’ diverso. In fin dei conti si conoscono da mesi e parlano molto – molto di più di quanto Dean abbia mai parlato con qualcuno, Sam incluso – e forse per lei è diventato naturale confidarsi e parlare con lui di certe cose. Anche se fa fatica e ogni tanto arrossisce per l’imbarazzo che sente.
 
«E non c’è stato nessun altro? Insomma, tu una vita normale ce l’avevi, possibile che non—»
Dean si interrompe quando la vede abbassare lo sguardo, di botto. «Sì, ma… è una cosa di cui mi vergogno».
Lui si umetta le labbra; è curioso, a questo punto, ma sa che non insisterà più di tanto se lei non vorrà parlargliene. «Come vuoi, se non me lo vuoi dire va bene».
 
Ellie si morde le labbra, inquieta, poi prende un sospiro e fa spallucce «Si… si chiamava Thomas. Lo vedevo sempre a scuola; era più grande e bello e anche se mi piaceva non avevo mai cercato un approccio per timidezza, o non lo so. L’ho incontrato ad una festa di compleanno, lui si è avvicinato ed ha cominciato a parlarmi e siamo finiti in una stanza. Non so perché gli ho detto di sì» abbassa nuovamente lo sguardo, sospirando appena «Avevo quindici anni e non ero… non ero mai stata con nessuno, prima».
 
Oh, beh, Dean questa proprio non se l’aspettava «Però, precoce la ragazza» cerca di metterla sullo scherzo, ma Ellie non sembra dello stesso avviso.
«Lo so, ho sbagliato» incrocia le gambe e rigira le dita tra di loro, nervosa «E’ per questo che è qualcosa di importante, per me. Perché mi sono resa conto di aver sprecato una cosa bella e mi sono pentita e non voglio farlo più».
«Non l’hai più visto, dopo?»
Ellie scuote la testa «Chissà che idea si è fatto di me. E ne ha tutte le ragioni» sorride amara «Per fortuna non l’ha detto a nessuno, almeno. Forse si vergognava di essere venuto a letto con una come me» deglutisce «Non mi stupirebbe… ma perlomeno ho continuato ad essere solo “quella strana” e non mi sono beccata pure la fama della troietta. Ci mancava solo quello» scuote appena la testa e Dean non sa davvero cosa dire. Non ha cambiato idea su di lei dopo questa cosa, non gliene importa niente in realtà. Capita a tutti di fare cazzate. «Non l’ho mai raccontato a nessuno, solo alla mamma. Quando sono tornata a casa, quella sera, lei mi aspettava ancora in piedi; era tardi e quando mi ha vista tanto stravolta è stato naturale per me dirle cos’era successo e lei mi ha guardata, gli occhi grandi e comprensivi, e mi ha chiesto solo se mi aveva fatto male. Non era così, non sentivo male, era solo che me l’ero immaginato diverso» guarda Dean negli occhi intensamente «Puoi prendermi in giro quanto vuoi, ma per una ragazza… per me… è una cosa… speciale. Io ho sbagliato perché non è stato né bello, né brutto… non aveva niente di speciale».
 
Dean si prende un momento prima di risponderle. In fondo, non c’è così tanto da stupirsi. Ellie mette il cuore in ogni cosa che fa, è comprensibile che si aspettasse qualcosa di diverso. «Eri una ragazzina, abbiamo fatto tutti delle stronzate a quell’età. Forse credevi che era giusto» Ellie continua a guardarlo senza battere ciglio «A volte uno deve fare le cose senza pensare».
Lei sorride debolmente «Tu lo fai anche troppo spesso».
 
Ecco, ora è lei a buttarla sullo scherzo, forse non ha più voglia di parlare adesso «Stai cercando di offendermi, per caso?» Ellie scuote la testa divertita e sorride con più convinzione ed i suoi occhi sono così pieni di gratitudine per qualcosa che Dean non comprende inizialmente, poi lo fa.
 
Ellie è spontanea, sincera e allegra con tutti, non porta rancore praticamente a nessuno – neanche a questo tipo che a quanto pare non ha fatto altro che usarla –, però fatica ad aprirsi completamente. Lo ha fatto solo con sua madre e, ormai sempre più spesso, lo fa con Dean, in un modo in cui lui non riuscirebbe mai a fare e non sa come sentirsi di fronte a quelle confessioni a cuore aperto. Non è neanche sicuro di meritarle, ma gli basta guardarla negli occhi per capire che se lo ha fatto, se si è aperta a tal punto da confidargli una cosa del genere, Dean deve aver fatto qualcosa per guadagnarsi tutta questa fiducia. Sarebbe curioso di capire cosa, però, lui che non crede di essere mai riuscito a meritarsi qualcosa di bello da qualcuno.
 
E’ ancora immerso in quei pensieri quando Ellie si alza su di scatto, si liscia la gonna togliendosi tutta la sabbia incastrata tra le pieghe di tessuto e gli prende le mani tirandogli le braccia verso di sé per costringerlo ad alzarsi. «Dai pigrone, andiamo. Voglio vedere cosa c’è più avanti»
 
Dean si mette in piedi e lei lo guarda divertita, camminando all’indietro e trascinandolo ancora senza fermarsi fino a quando non è sicura che la seguirà.
 
Per il resto del tragitto parlano senza seguire nessun discorso serio; Ellie ride gioiosa quando Dean fa una qualche battuta e sembra che tutto quello che gli ha raccontato è solo un pallido ricordo, tanta è la spensieratezza con cui si lascia andare alle risate e Dean è sempre più convinto che hanno fatto davvero bene a prendersi dei giorni lontano da cacce e doveri, che era proprio di leggerezza che avevano bisogno.
 
*
 
Dean pigia i tasti del telecomando praticamente a caso, senza fare particolare attenzione al canale che imposta.
 
Sta così da almeno un’ora, le braccia conserte e le gambe accavallate sopra il suo letto, cercando di trovare qualcosa da guardare che possa piacergli. Vorrebbe andare a prendere un film ed è certo che Ellie lo asseconderebbe e gli farebbe compagnia, ma poi si addormenterebbe a metà, quindi forse è meglio non chiedere.
 
Butta un occhio sul suo cellulare, immobile sul comodino al suo fianco. Sono a Lincoln City da tre giorni e non ha idea di quante volte ha chiamato suo padre per sapere cosa dovevano fare, se tornare da lui e Jim o cercarsi un caso, ma ultimamente per l’attività soprannaturale sembra esserci una strana calma piatta – cosa che non riguarda quello che stanno cercando Jim e suo padre, a quanto pare – quindi è da tre giorni che lui ed Ellie sono praticamente disoccupati e se la cosa non gli dispiaceva all’inizio, adesso un po’ comincia ad essere stanco. Non per Ellie, che è di ottima compagnia, ma per la situazione che si è venuta a creare tra lui e John. Si comporta così da mesi, cercando di tenerlo a distanza il più possibile e Dean ne è stufo. 
 
Hanno fatto il giro della città un paio di volte, mangiato di tutto; Ellie si è ritagliata pure un momento della giornata di ieri per fare un po’ di quello che lei ha definito “sano shopping” e va tutto bene, davvero, solo che… è davvero seccato da tutta questa storia di suo padre. Sarebbe più tranquillo se avesse almeno risposto ad una telefonata con un semplice “sto bene”. Se lo farebbe bastare.
 
Osserva Ellie sdraiata a pancia in giù sul letto al suo fianco, gli occhiali appoggiati sul naso e i capelli raccolti in una coda storta. E’ concentrata sul libro che sta leggendo – “Alice nel paese delle meraviglie” e dice che è una delle cose più belle che abbia mai letto, mentre Dean ha visto solo il cartone animato e l’ha trovato così caotico e strampalato da non arrivare neanche alla fine – e la sente solo sfogliare le pagine. Qualche volta c’è da chiedersi se sta respirando, tanto è silenziosa.
 
Dean sbuffa e spegne la TV, appoggiando il telecomando sul materasso con poco garbo – tant’è che questo fa un paio di balzi prima di atterrare sul letto – e si mette le mani dietro la schiena, sospirando appena. E’ solo allora che Ellie gli dà udienza. «Che fai?» lo guarda con gli occhi curiosi e attenti.
«Mi annoio. In televisione non c’è niente».
 
Ellie annuisce. Dean è sicuro che si è accorta del fatto che si è stancato di qualcosa, che è più nervoso rispetto al primo giorno di questa stramba vacanza che aveva deciso di prendersi. Sicuramente sa anche che non è colpa sua; lei non ha nessuna colpa se suo padre è sempre più lontano da lui, se lo mette sempre più in disparte.
 
A volte si chiede come diavolo faccia Ellie con Jim, visto che lui non fa altro che ignorarla costantemente.
 
Ellie chiude il libro e si toglie gli occhiali, appoggiandoli lì accanto. Lo guarda senza dire nulla e il suo sguardo si accende; Dean sa che quando fa così è perché sta architettando qualcosa e non fa in tempo a capacitarsene che la vede schizzare giù dal letto e dirigersi verso l’armadio.
 
La osserva curioso, ma lei è così veloce che non fa neanche in tempo a vedere cosa prende da lì dentro perché lo arraffa insieme, creando un mucchietto di vestiti, e poi corre in bagno neanche avesse visto la morte in faccia.
 
Dean ha scoperto da un po’ che ad Ellie piace molto fare scherzi. Sempre più spesso è vittima delle sue marachelle, cose stupide come rubargli vestiti o nascondere le sue cose in giro per la stanza. Dean all’inizio pensava che fosse solo un modo per farlo arrabbiare, poi ha capito che vuole solo giocare con lui che, ogni tanto, trova il modo per contrattaccare, ma finora è lei a detenere il premio come “miglior burlona”. Dean, comunque, è sicuro che non durerà a lungo. Deve solo trovare il suo punto debole.
Quello in cui è molto brava è coglierlo di sorpresa: a volte, ad esempio, gli fa delle domande sciocche dal nulla e quando Dean incrocia il suo sguardo per dirle che è un’idiota a pensare certe cose – e ancora di più a dirle –, lei lo guarda e scoppia a ridere, perché ogni volta riesce a farlo cascare nei suoi scherzi.
 
Quando torna – qualcosa come dieci minuti dopo – indossa un paio di jeans e una camicia lunga, aperta sopra una maglietta in tinta unita; sopra la camicia, una giacca verde gigante – è per caso di Dean? – e cammina molleggiando sulle gambe, le braccia lontane dal corpo. Si volta a guardarlo e scoppia a ridere, ma Dean non ha la più pallida idea di quello che sta facendo.
 
Poi torna seria e si schiarisce la voce «Chi ti sembro?»
Fa un giro su se stessa, quasi inciampando e Dean capisce il perché quando si sporge a guardarle i piedi e le vede indossare i suoi scarponi – ovviamente immensi per quei suoi piedini minuscoli.
«Quando me li hai rubati quelli?» ora che ci pensa forse li aveva lasciati in bagno, ma Ellie gonfia il petto e scoppia di nuovo a ridere senza riuscire a rispondergli. Si tiene la pancia e sembra non riuscire a trattenersi e per Dean adesso è tutto chiaro «Fammi capire, stai cercando di imitare… me?»
«Ma certamente!» fa la voce più grossa del solito, altro chiaro segno di quello che sta facendo «Non era evidente?»
 
Dean scuote la testa divertito. Alla fine con lei non riesce mai ad annoiarsi. Afferra il cuscino accanto al suo e glielo lancia, ma lei lo prende con entrambe le mani e gli sorride.
«Non tirarmi i cuscini, Winchester, la mia è un’ottima interpretazione».
«Ti butterei addosso una scatola piena di pomodori se ne avessi, perché è quello che ti meriti… Davis!»
 
Ellie abbassa lo sguardo e il suo sorriso divertito si trasforma velocemente in qualcosa di amaro. Dean capisce di aver sbagliato qualcosa e si tira su con la schiena, mettendosi seduto. «Ho detto qualcosa che non va?»
Lei scuote la testa e siede lì accanto, lo sguardo fisso sulla moquette ed è assolutamente chiaro che non ha più voglia di scherzare.
 
«Non… non è colpa tua. Certe cose non puoi saperle» alza lo sguardo su Dean «E’ che… non è quello il mio cognome».
Dean allarga gli occhi, perplesso. Effettivamente è qualcosa che non le ha mai chiesto, ma dava per scontato che… che sei uno stupido, Dean. Cosa c’è da dare per scontato con un padre come Jim?
«Non… » deglutisce, non sa come porgerle la domanda che ha in mente «Tu e Jim non—»
 
Ellie scuote la testa. «Sai com’è fatto, è il classico tipo di persona che non si fida di nessuno. Qualche giorno dopo il funerale della mamma, ha… ha richiesto un test di paternità» abbassa lo sguardo velocemente e sospira forte. Dean le si avvicina quasi di riflesso, facendo leva sui piedi per poi incrociare le gambe quando le è accanto. «Voleva… assicurarsi che fossi davvero sua figlia».
 
Dean la ascolta in silenzio. Senz’altro c’era da aspettarselo da uno come Jim. Che poi è anche un po’ nell’indole dei cacciatori voler essere sicuri di tutto, avere una certa mancanza di fiducia per ogni cosa, ma perlomeno poteva credere alla parola di una donna moribonda, almeno… avrebbe potuto evitare un altro dolore ad una persona che lo ha cercato e aspettato per tutta la vita e che aveva perso una figura importante solo qualche giorno prima.
 
«Ovviamente è stato positivo. La mamma non era una bugiarda e… » Ellie deglutisce, togliendosi gli scarponi di Dean e allontanandoli quasi con rabbia «E non mi ha mai mentito su questo. Era onesta, soprattutto con me». Tira su col naso, sembra quasi sul punto di piangere, ma non lo fa. Dean non riesce a capacitarsi di come riesca a trovare la forza per buttare fuori certe cose senza mai versare una lacrima. «Non mi ha neanche chiesto se volevo cambiare cognome, ma non lo avrei fatto. E’ una delle poche cose della mamma che mi resta».
 
Tiene ancora lo sguardo basso, però sorride adesso, chissà cosa le frulla per la testa. «Come si chiamava tua madre?»
Ellie si volta e lo guarda, gli occhi luccicanti «Sarah… Sarah Morgan. E’ questo il mio cognome. Non lo sostituirei mai con quello di papà, io… io sono fiera di portare il cognome della mamma. E’ una delle cose che non cambierei per niente al mondo».
 
Dean sorride appena, ammirando silenziosamente la sua forza di volontà. «Scusa per quella battuta, io non lo sapevo».
«Te l’ho detto, non puoi sapere tutto. Non fa niente, non… non scusarti di niente» si alza e appoggia la giacca di Dean sull’appendiabiti, per poi tornare a rovistare dentro l’armadio. Stavolta ne estrae una specie di quaderno rilegato in pelle.
 
Si avvicina di nuovo e siede sul letto, ancora accanto a Dean, e gli porge quello strano taccuino; lui la guarda curioso «Cos’è?»
Ellie gli sorride «Aprilo» e Dean obbedisce anche se non capisce fino in fondo il perché di questa cosa. «Ti faccio vedere la mia mamma».
 
Dean scorre le pagine con attenzione – è chiaramente un oggetto importante per Ellie e cerca di trattarlo con estrema cura – e quello che trova è un insieme di fotografie e disegni. «Li hai fatti tu?»
Ellie annuisce e sorride appena e Dean continua a sfogliare, curioso. Non è un esperto di disegni – non sapeva neanche che Ellie sapesse disegnare, non glielo aveva mai detto prima –, ma quelli che vede sono fatti molto bene, precisi e curati nei dettagli.
 
Il volto che compare di più è quello di una donna adulta e Dean non ha bisogno di trovare una fotografia per sapere di chi si tratta. La trova qualche pagina più avanti, ed ora oltre ad un volto ha anche i colori che le appartengono: i tratti del viso sono gentili, gli zigomi appena pronunciati, le fossette sulle guance, i capelli biondi e gli occhi blu esattamente come quelli di Ellie che non ha fatto altro che disegnare il volto di sua madre in tutto il quaderno.
 
Una foto la ritrae insieme ad Ellie ancora bambina che si stringe alla mamma con una margherita in mano; aveva già le trecce e le lentiggini e a Dean viene da sorridere guardando quell’immagine. Si volta verso Ellie e lei non lo guarda, ha gli occhi bassi puntati sulla fotografia ed è leggermente arrossita.
 
«Su questa avevo nove anni. Eravamo andate a fare una passeggiata al parco» Dean va avanti e lei continua a descrivere quello che c’è nelle fotografie; gliene mostra almeno cinque e a Dean non dispiace scoprire qualcosa in più sul suo passato, dare un volto alla donna che è sempre nei suoi pensieri e nei suoi discorsi – Ellie la nomina ogni due per tre e sempre con il sorriso stampato in faccia, Dio solo sa come fa – e sapere di questa sua passione per il disegno.
 
La osserva mentre è così concentrata e attenta nel raccontare ogni aneddoto che lega quelle fotografie alla sua vita passata. Dean non si era mai fermato a pensare che quanto effettivamente sa del suo passato è molto di più di quanto sa del suo presente. Ellie, nonostante ormai si conoscano da svariati mesi, continua a non parlare di Jim o se è cambiato in qualche modo il loro rapporto. C’è come un buco tra la morte di sua madre e gli anni che ha passato con suo padre prima di conoscere Dean che, tranne quando passano del tempo insieme, non sa niente di quello che fa quando lui non c’è e gli piacerebbe saperlo, come gli piace quando parla degli anni della sua adolescenza. Lo fa sempre col sorriso; probabilmente le piaceva la sua vita, anche se non c’erano tante persone a farne parte.
 
Ellie conserva dei bei ricordi del passato – nonostante tutto quello che le è capitato – e Dean vorrebbe che ne avesse anche del presente. E’ un pensiero assurdo, ne è consapevole, ma qualcosa lo fa scattare e sa esattamente dove vuole andare in questo preciso istante.
 
Chiude il quaderno e la guarda, lei – gli occhi ancora pieni di euforia – è visibilmente perplessa «Mettiti le scarpe» Ellie butta lo sguardo sui suoi scarponi, quelli che ha gettato di fronte a sé poco prima «No, non quelli, le tue scarpe!»
«Ah… »
Si alza e appoggia il quaderno sopra la scrivania, ma sembra ancora dubbiosa. Dean fa lo stesso «Dai, ti porto in un posto».
 
Ellie lo segue titubante ed è davvero confusa quando Dean parcheggia l’Impala di fronte alla spiaggia. Prende un paio di birre dal frigo che si porta sempre dietro e si appoggia al cofano, aspettando che lei faccia lo stesso.
 
Ellie lo imita ma continua a guardarlo senza capire minimamente le intenzioni di Dean che stappa la sua birra e ne beve un lungo sorso, lo sguardo rivolto verso il cielo stellato – così bello e luminoso, non c’è neanche una nuvola ed ogni stella è brillante – e non ha bisogno di chiedersi da quanto tempo non gli prendeva un’idea simile, sa già la risposta.
 
«E’ una cosa che facevo con mio fratello. Ogni tanto ci prendevamo una pausa e andavamo a vedere le stelle» si volta a guardare Ellie che lo osserva come incantata, totalmente presa dal suo racconto. «Ci rilassava. Ti ho portata qui per questo».
 
L’unico rumore udibile è quello dell’oceano che si infrange sulla spiaggia e Dean beve un altro sorso di birra guardando verso l’alto ed è tutto perfetto come quando c’era Sam al suo fianco. Anche stasera sente la sua mancanza, è vero, ma pensa a quello su cui rifletteva l’altro giorno sulla spiaggia e sorride a se stesso; Ellie riesce ad arrivare dove altri hanno fallito – un pensiero che non lo aveva mai sfiorato prima – e proprio per questo le deve questa “scampagnata”. Vuole regalarle un po’ della leggerezza che sente lui, vuole… condividerla. Che domani magari sarà sparita ed è meglio spartirsela finché c’è.
 
Ellie si accomoda meglio al suo fianco, allungando la bottiglia nella sua direzione e Dean la accosta alla sua; brindano a nessuno dei due sa bene cosa, ma Ellie è visibilmente più tranquilla di prima – Dean ha ancora nelle orecchie il suono dei suoi scarponi sbattere con tonfi sordi sulla moquette, qualcosa che sapeva di rabbia e rassegnazione – e sorride mentre gli indica le poche costellazioni che le hanno insegnato a scuola nel breve corso di astronomia che ha seguito.
 
Le ore corrono velocemente mentre gli argomenti si infittiscono e cambiano continuamente e arriva l’alba che neanche sono andati a dormire, ma va bene così. In fondo, hanno tutto il giorno per recuperare il sonno buttato al vento, ma questa era una di quelle cose da fare prima di abbandonare l’oceano, che fosse tra un giorno o altri dieci.
 
*
 
Il mattino seguente, quando sono rientrati al motel, Ellie e Dean sono andati a dormire – anche se lei non era stanca, ma si è detta felice di poter vivere “un giorno al contrario come i vampiri”… la sua stranezza non ha limite – ma la pennichella è durata poco, perché John, poco prima dell’ora di pranzo, si è deciso a chiamare Dean chiedendogli di raggiungere lui e Jim da qualche parte in Virginia.
 
Così, si sono messi in viaggio come gli è stato ordinato, ma la strada è lunga ed è arrivata la sera che avevano una gran fame, perciò si sono fermati in un piccolo ristorante cinese per cena. Non avevano voglia di sentire il chiasso della gente ed hanno preso un paio di porzioni di pollo alle mandorle a testa, decidendo di mangiare in macchina.
 
Dean sta litigando da un’ora con le bacchette e sembra non riuscire nell'immane impresa di domarle e fare in modo che il cibo gli finisca giù per la gola. Ellie lo osserva divertita e scoppia a ridere quando lo sente sbuffare in modo rabbioso.
«Ma non le hanno le forchette in quel posto? E tu piantala, sono in seria difficoltà e ho fame!»

Ellie continua a ridere, non riesce proprio a fermarsi mentre Dean borbotta imprecazioni poco gentili contro i cinesi e chiunque abbia inventato quell’assurdo e decisamente poco pratico modo di mangiare; quando torna a prendere fiato, Ellie si fa aria sulle guance e appoggia il cibo sul cruscotto. Si volta verso di lui, manda giù il boccone e lo guarda; si avvicina un pochino, gli prende le bacchette dalle mani e lo aiuta a metterle nel modo giusto, tenendogli la mano destra ferma e muovendo le bacchette e le dita fino a fargli raggiungere la posizione corretta mentre le sue – sottili e calde per aver tenuto quel cartoccio tiepido in mano – gli accarezzano la pelle e si soffermano a insegnargli il modo giusto per tenere quelle dannate cose.
 
Dean la guarda ammirato, il profumo del pollo si confonde con quello dei suoi capelli ora che lei è così vicina e si ritrova a pensare che è incredibile come sembra che riesca a fare qualsiasi cosa con un po’ di impegno.
 
Parla ma lui non la ascolta davvero, incantato ad osservarla e poi Ellie si ferma, lo guarda negli occhi e lo incita a provare e Dean obbedisce, infila le bacchette nel cartone e prende un pezzetto di pollo e quando riesce a portarlo alla bocca e mangiarlo la guarda trionfante e le sorride. Lei fa altrettanto e torna a mangiare soddisfatta.

«Mia madre odiava i baracchini dei cinesi, diceva che le facevano concorrenza… ma a me il loro cibo piace un sacco».
 
Dean sorride con meno spensieratezza, riflettendo sul fatto che lui non le ha mai raccontato tanto della sua vita. Qualcosa su Sam ogni tanto, ma sua madre, ad esempio, è un argomento tabù ed Ellie ha detto così tanto in pochi giorni, si è aperta parlando delle cose per lei più importanti – talvolta anche più dolorose – ed è giusto che Dean faccia altrettanto. O almeno ci provi.
 
Ci stava pensando da ieri sera, in realtà, e forse è per questo che gli è saltata in mente l’idea di portarla in spiaggia: per non dover parlare di sua madre. Ma adesso forse è pronto per farlo – o per mostrarle qualcosa – e, non appena finisce di mangiare, cerca il suo portafogli dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni e ne estrae una foto di lui insieme a sua madre, quella che tiene sempre con sé, e la porge ad Ellie allungando il braccio nella sua direzione quasi timidamente.
 
Lei lo guarda perplessa per un attimo e Dean è assolutamente certo che sappia chi è rappresentato in quella fotografia, ma è come se stenti a credere a quello che Dean ha appena fatto.
 
La guarda mentre afferra quel piccolo pezzetto di carta spessa da entrambi i lati – le gambe incrociate tra loro e lo sguardo fisso rivolto su quell’immagine – e poi sorride. «Che bella tua madre» Dean fa altrettanto e annuisce. Ellie punta gli occhi nei suoi «Tu però avevi i capelli strani» ride guardandolo e porgendogli la fotografia e Dean è troppo preso dall’emozione di averle mostrato una parte così importante della sua vita che non riesce neanche a risponderle con una battuta.
 
Rigira la sua foto tra le dita – la mamma così sorridente, i capelli luminosi e quello sguardo bellissimo, qualcosa che, nonostante fosse un bambino, ricorda con così tanta lucidità – e la ripone nel portafogli [3], sotto lo sguardo attento di Ellie ed è davvero contento di avergliela fatta vedere.
 
Poi ogni argomento muore sul nascere e per un lungo momento l'unica cosa che emette un qualche suono – a parte le loro bocche affamate che finiscono di divorare il cibo – è la radio che passa un pezzo di Paul McCartney che canta di un giovane ragazzo in cerca d’amore [4]; a Dean sembra una musichetta troppo allegra, strana, e vorrebbe cambiare stazione, ma Ellie dondola la testa seguendo il ritmo della musica, segno che le piace, e allora cambierà quando sarà finita. Il brano successivo, però, è di George Harrison «Che cazzo, ma è la reunion dei Beatles stasera?» e decide di cambiare davvero stavolta, incurante delle lamentele di Ellie.

Per la notte decidono di rimanere nell’Impala. Dean ha solo una coperta nel bagagliaio ed Ellie gliela cede volentieri. «Prendila tu, io non avrò freddo» Dean la guarda e cerca di insistere, ma lei non sente ragioni, così si sfila la giacca di pelle di suo padre e gliela porge. «No, Dean, davvero, non… » ma lo sguardo di lui non ammette repliche ed Ellie si ritrova, suo malgrado, ad accettare.
 
La prende e la indossa e a Dean sembra che sia caduta in un enorme sacco di patate; quella giacca sta grande a lui, per lei è davvero gigantesca.

«Non avrai di certo problemi di freddo, ci cadi dentro». Ellie si allunga verso di lui per rifilargli una manata su un braccio e poi sorride. «Già dormi con magliette extralarge, questa ti va alla grande. Te la presterò più spesso».
 
Ellie sbuffa appena sorridendo e non risponde, concentrata ad incastrare uno per uno i bottoni nelle asole.
 
Decidono di usare la morra cinese per stabilire chi andrà dietro e chi resterà a dormire sul sedile anteriore ed Ellie gioca la prima cosa che le viene in mente che è sasso e Dean rimane quasi impietrito a guardare la piccola mano che lo ha battuto. La sua vittoria è certamente casuale, ma lui gioca sempre forbici, da anni, e Sam lo ha sempre fregato e a quanto pare anche Ellie sembra più furba di lui, quasi sapesse la sua tecnica da sempre mentre lui sperava di cavarsela almeno con lei che se ne va pimpante e soddisfatta sul sedile posteriore.
 
Dean si sdraia davanti, la testa appoggiata al finestrino e l’unica cosa che sente prima di addormentarsi è la vocina di Ellie che gli augura la buonanotte.
 
Lei, invece, sdraiata con il viso rivolto alla portiera sinistra, osserva attentamente i dettagli di quella macchina che le piace così tanto e nota qualcosa che attira la sua attenzione.
 
Dentro il posacenere, irradiato dalla luce della luna, scorge un piccolo pezzo di plastica. Lo prende in mano e lo rigira tra le dita: è un soldatino verde, indossa l'elmetto ed ha il fucile spianato. Ellie lo osserva con attenzione, poi sorride e tante domande le sorgono spontanee in mente: chi l'ha messo lì, quando e perché e, visto che sembra un piccolo giocattolo, qualcosa potrebbe dedurlo anche da sola. Sicuramente è opera di Dean o di suo fratello, magari erano dei bambini e giocandoci l'hanno lasciato lì a controllare la zona; potrebbero averlo dimenticato oppure messo di proposito e decide di non chiedere niente a Dean, non vuole farlo pensare a suo fratello.
 
Lo ripone al suo posto e cerca di trovargli un nome che si adatti a lui nella sua testa, qualcosa come Colonnello Donovan o Comandante Silente, ma poi decide per qualcosa di meno importante, in fondo è solo un soldatino e così si chiamerà Ryan [5]. Solamente così.
 
Non dirà mai di quel nomignolo a Dean. Probabilmente non gli dirà neanche di aver trovato quel piccolo pezzo di plastica, ma gli ha messo una grande tenerezza addosso. A volte sembra tutto d'un pezzo, così sfrontato e sicuro, ma in realtà ha un gran cuore ed anche lui è un soldato semplice, proprio come Ryan, ed è questo che lo rende tanto speciale agli occhi di Ellie. 
 
[1] La canzone in questione è “Downtown” di Petula Clark.
[2] Nell’episodio 10x18 “The Book of the Damned”, Dean dice che lui e Sam non sono mai andati su una spiaggia ed esprime ad alta voce il suo desiderio di visitarne una. Quando ho scritto questo capitolo, però, la puntata non era ancora andata in onda, perciò la mia immaginazione mi ha portata a pensare che, anche se nella “realtà telefilmica” non ce l’avevano mai mostrato, ne avessero visitata qualcuna, anche se solo di passaggio.
[3] La fotografia è la stessa della scena iniziale della puntata 8x14 “Trial and error”
[4] La canzone è “Young boy” di Paul McCartney
[5] Il cognome Donovan viene dal fatto che il “presta volto” (se così vogliamo chiamarlo) per Jim, il padre di Ellie, è Tate Donovan; Silente è il famoso preside della scuola di Hogwarts nell’altrettanto famosa saga di Harry Potter e, infine, l’appellativo Ryan deriva dal titolo del celebre film Salvate il soldato Ryan con Tom Hanks e Matt Damon. 

 

 
  
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