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Autore: vali_    11/08/2015    5 recensioni
Dean non si sente a suo agio negli ultimi tempi: beve senza trarne i benefici sperati, dorme poco e sta sempre da solo e questo non è un bene per uno come lui, che mal sopporta la solitudine, convinto che riesca solo a portare a galla i lati peggiori del suo carattere.
Il caso vuole che un vecchio amico di suo padre, tale James Davis, chieda aiuto al suo vecchio per una “questione delicata”, portando un po’ di scompiglio nelle loro abituali vite da cacciatori. E forse Dean potrà dire di aver trovato un po’ di compagnia, da quel giorno in poi.
(…) gli occhi gli cadono sui due letti rifatti con cura, entrambi vuoti. Solo due.
Sam è ormai lontano, non ha bisogno di un letto per sé. Dean non lo vede da un po’ ma soprattutto non gli parla da un po’ e il suono della sua voce, che era solito coprire tanti buchi nella sua misera esistenza, di tanto in tanto riecheggia lontano nella sua mente. A volte pensa di non ricordarsela neanche più, la sua voce. Chissà se è cambiata in questi mesi (…)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, John Winchester, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Prima dell'inizio
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Some things are meant to be'
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Note: La connessione in questo posto è una manna dal cielo e il mio caro computer sembra riceverla meglio di quanto abbia mai fatto negli ultimi anni con altre linee Wi-Fi. Forse il cambio di antivirus lo ha aiutato in questo senso XD
Premesse inutili a parte, sono contenta di essere riuscita a rispondere alle vostre bellissime recensioni per cui vi ringrazio ancora. Spero di riuscirlo a fare anche in questa settimana che verrà (se mai ce ne saranno, ovviamente… non si sa mai! XD)
Ne approfitto ancora una volta per ringraziarvi per la costanza che dedicate alla mia storia e per tutto il vostro supporto. Le visite stanno aumentando di settimana in settimana e, davvero, non avrei mai pensato di ricevere tutte queste recensioni. Per non parlare delle persone che l’hanno messa tra le seguite, ricordate e addirittura preferite. Non so davvero come dirvi grazie! <3
Detto questo, vi lascio con il capitolo che è abbastanza lungo e parla da sé.
Un abbraccio fortissimo, alla prossima settimana! :D

 
Capitolo 13: First step
 
First step is the beginning of a change.
 
(Shesh Nath Vernwal)
 
 
Il parcheggio sul retro del motel è un luogo ampio e praticamente vuoto, un posto perfetto dove poter passare del tempo in solitudine. L’Impala aveva bisogno di una revisione ormai da qualche giorno e Dean approfitta di questo lasso di tempo per dargli una controllata anche se, in realtà, sa perfettamente che questo è il suo modo di stare da solo e provare a scrollarsi di dosso i pensieri che questo pomeriggio sono più pesanti del solito. 
 
Si passa una mano sulla fronte sudata e alza lo sguardo, puntandolo sulla strada, e l’insegna del motel in cui alloggia riesce a fargli spuntare un sorriso quando scorge il piccolo nome che c'è sotto la scritta in rosso, quello della cittadina in cui si trova adesso.
 
Ha visto talmente tanti posti in vita sua e ha percorso talmente tante volte le stesse strade che a volte gli sembra di conoscere ogni luogo – nonostante sa per certo che non è così, che ha ancora tanto da vedere –, ma non si era mai soffermato a lungo a pensare ai nomi di certi paesini.
 
Ellie, però, non sembra essere dello stesso avviso: da quando sono arrivati a Nampa, nell’Idaho, ride perché le sembra il nome più strano e più senza senso che una cittadina potesse mai avere. Non si sa perché tutto ciò la fa ridere, ma Ellie, che sembra sempre riuscire a trovare del buono in ogni cosa, dice che è lui ad essere idiota per non prestare attenzione ad una cosa così buffa come può essere il nome di un posto dove parcheggia l’Impala, anche se sono solo di passaggio.
 
Dean crede di sapere perché fa così: questo è il suo modo di trovare qualcosa per farlo sorridere e distrarre, soprattutto quando ha dei pensieri scomodi a ronzargli per la mente.
 
E’ già passato più di un mese da quei giorni di relax a Lincoln City e quella leggerezza che Dean sentiva dentro di sé – o pensava di sentire – è ormai lontana. Forse si è solo illuso che ce ne fosse un po’, non lo sa, ma ora il ricordo di quei momenti gli porta un po’ di malinconia, pensando che sono stati veramente bene e una vacanza come quella se la dovrebbero prendere più spesso.
 
La routine di tutti i giorni è tornata e Dean la sente più pesante del solito su di sé. Forse perché quando assaggi un po’ della spensieratezza che hai bramato tutta la vita il ritorno alla realtà è più traumatico, o forse perché è semplicemente stanco di alcuni meccanismi che si sono instaurati ormai tra lui e suo padre e, davvero, farebbe di tutto pur di riavere il suo vecchio. Riaverlo com’era prima che un pezzo del suo cuore volasse verso la California.
 
Dean comprende tutto ciò, cosa sta passando suo padre e come sta vivendo l’assenza di Sam, quel vuoto costante che sente da quando quel maledetto testardo ha deciso di andare a fare il comodo suo; quello che sfugge alla sua comprensione, però, è il perché si comporti in un certo modo con lui.
 
E’ successo qualche giorno fa: erano appena arrivati in quella cittadina col nome così buffo e l’aria di agosto, calda e umida, li aveva investiti fin da subito anche lì. Jim ed Ellie erano da quelle parti e suo padre aveva pensato bene di unirsi a loro e la cosa andava alla grande, non c’era alcun problema a riguardo e anzi, tutto stava procedendo normalmente finché Dean non ha sentito qualcosa che lo ha disturbato profondamente.
 
Era uscito a prendere qualcosa da mangiare al distributore automatico situato lì fuori e, mentre stava per aprire la porta della sua stanza, ha sentito un discorso strano e suo padre dire a Jim che giorni prima era stato a Palo Alto per un lavoretto e Dean era rimasto muto di fronte a quelle parole, il cuore stretto in una morsa dolorosa e tanti piccoli pezzetti che si collegavano finalmente tra di loro.
 
Non ha nessuna prova, è vero, ma è quasi sicuro che non era la prima volta che suo padre si concedesse un viaggetto di questo tipo e che, anzi, era lì che andava quando spariva per giorni interi, da Sam… il tutto rigorosamente senza dirgli nulla.
 
E’ certo invece del fatto che neanche ha provato ad avvicinarlo o a parlargli; si sono lasciati troppo male e Sam sarebbe capace di mettersi a fare una scenata se solo scoprisse che papà lo ha osservato da lontano in silenzio, ma quello che più dà fastidio a Dean non è che sia andato a “controllarlo”, ma che, piuttosto, glielo abbia nascosto. In fondo, cosa c’è di strano? Perché non dirglielo?
 
Ormai è una settimana che sono lì e Dean ha cercato di comportarsi normalmente, come fa sempre: ha ascoltato suo padre quando questo aveva bisogno che lo facesse – ovviamente per cose sciocche, niente di serio –, ha eseguito gli ordini che gli ha dato, insomma è tutto regolare, ma Dean, dentro di sé, non sta così bene come vuole far credere a tutti. Suo padre non sembra essersi accorto di niente, Ellie però sì. E’ per questo che si comporta in modo più strano del solito, per questo è così… “giocosa”, Dean ne è certo, ma non le chiederà niente e non farà niente per tradirsi.
 
Sa benissimo che, se volesse parlare, Ellie non avrebbe problemi ad ascoltarlo e, anzi, lo farebbe più che volentieri, ma non ne ha voglia ed Ellie ha già abbastanza problemi con Jim – che forse non hanno soluzione – e non vuole caricarla ulteriormente con i suoi impicci. E poi un conto è parlare di Sam – anche se Dean lo fa di rado e mai con piacere – che Ellie non conosce e un conto è di John. Già non le piace, è meglio lasciar perdere. Non vuole che si faccia un’idea sbagliata di suo padre perché lui, per quanto sia strano e incasinato e pieno di contraddizioni, non è cattivo, ma soprattutto non è sempre stato così. Non con lui, ma Dean non sa davvero dove mettere le mani per risolvere il problema.
 
Il cofano dell’Impala si chiude con un tonfo secco; si pulisce le mani con lo strofinaccio che aveva proprio lì accanto e osserva la sua macchina, la compagna più fedele che potrebbe mai desiderare di avere.
 
Ci sta lavorando da un paio d’ore, ormai. Aveva sentito che qualcosa non andava ed ha trovato l’occasione per aggiustarla proprio oggi, visto che suo padre e Jim sembrano avere di meglio da fare che stargli appresso – come succede sempre – ed Ellie è scomparsa nella sua stanza da dopo pranzo, chissà a fare che. Forse ha capito che Dean non aveva una gran voglia di starla a sentire – non per lei, ma per il suo umore che non è dei migliori – e si è decisa a prendersi un po’ di tempo per se stessa. Negli ultimi giorni non lo ha mai fatto e forse ne sentiva il bisogno, chissà.
 
A volte vorrebbe essere come lei e riuscire a farsi scivolare tutto addosso, trovare una giustificazione a certi gesti e riuscire a sdrammatizzare davvero, non indossare una maschera e far finta di averlo fatto quando non è così. Non sa davvero dove trovi la forza per andare avanti con tutto quello che passa ogni giorno con suo padre, come riesca a convivere con l’idea di essere passata da un rapporto perfetto ad uno che non esiste; come faccia a ridere in quel modo spontaneo – la testa all’indietro e le mani sulla pancia, quasi debba contenere un dolore fisico – e fargli scherzi e cercare di portare un po’ della sua costante gioia nella sua, di vita, che di gioioso non ha mai avuto niente e tutto quello che gli provocava un po’ di sollievo – un pacca sulla spalla da una mano grande e callosa, segnata dal freddo delle pistole e dal dolore, o il sorriso sincero di un bambino cresciuto un po’ meno in fretta di lui – è sempre più distante, più lontano.
 
Si riscuote da quei pensieri, ripromettendosi di andare a cercarla. E’ stato troppo scostante negli ultimi giorni e, anche se non ha alcuna intenzione di spiegarle niente – per quanto sia assolutamente convinto che lei non lo giudicherebbe -, vuole almeno passare del tempo con lei, fare due chiacchiere. In fin dei conti non è colpa di Ellie se ogni membro della sua famiglia sembra pensare che Dean abbia una sorta di malattia rara o cose del genere, che sia in qualche modo “felice” di tenerlo a distanza.
 
Butta lo strofinaccio nel bagagliaio e lo richiude per poi avviarsi verso la sua stanza. Ha solo intenzione di prendere una bottiglia d’acqua e poi andarla a cercare nella stanza che divide con suo padre, ma non fa in tempo neanche ad entrare che la trova seduta di spalle su uno dei gradini delle scale del motel. Dean le si avvicina con l’intenzione di farle uno scherzo – da poco ha scoperto che soffre il solletico sui fianchi, oppure potrebbe semplicemente metterle paura –, ma cambia idea quando la vede così cupa, la schiena incurvata in avanti e la testa bassa poggiata sopra la mano sinistra. Man mano che le si avvicina, scorge un rivolo di fumo andare verso l’alto, qualcosa che sembra provenire da lei e infatti è proprio così, perché tra le dita della mano destra ha una sigaretta accesa e l’unico movimento che fa è quello di portarsela alla bocca e aspirare piano, per poi rilasciare una nuvoletta di fumo.
 
«Da quando sei diventata Amy Winehouse?» Ellie si volta, visibilmente sorpresa di vederlo lì, ma non gli presta neanche attenzione più di tanto. Alza le spalle e si gira nuovamente, lo sguardo rivolto a terra.
«Lasciami in pace».
 
Dean è sorpreso da quelle parole – da che la conosce, Ellie non ha mai cercato di allontanarlo, tutt’altro –, ma se ne frega e si siede lì accanto, osservando la colonnina di fumo salire lenta verso l’alto. Prova la forte tentazione di toglierle la sigaretta dalle dita e gettarla lontano, ma qualcosa gli dice che farebbe solo peggio.
 
«Allora?»
Ellie sbuffa «Quale parte di “lasciami in pace” non hai capito, Dean?» lo guarda con occhi tristi e Dean è assolutamente sicuro di non averla mai vista così sconsolata, così abbattuta. E’ molto più che arrabbiata, è… delusa, profondamente.
 
L’unica cosa certa per Dean è che non ha nessuna intenzione di andarsene e rimane fermo, in attesa. Ellie sospira più forte e stringe le ginocchia al petto, buttando la sigaretta lontano senza averla finita e puntando lo sguardo su uno dei sassolini adagiati sull’asfalto grigio.
«Che succede?»
Ellie si stringe nelle spalle, muovendo appena i piedi. Poi appoggia la testa sulle ginocchia, voltandola di lato e lo guarda «Tu sai che giorno è oggi?»
Dean deve pensarci un attimo, ogni tanto perde la cognizione del tempo. «Il… sedici agosto?» Ellie annuisce e torna a guardare davanti a sé. «E cos’ha di speciale?»
«Sarebbe… o meglio, è… il mio compleanno».
 
Dean sbatte le palpebre un paio di volte e poi sorride, anche se lei non se ne accorge e d'istinto il suo braccio destro va dietro le sue spalle e l'attira a sé. «Beh, allora… auguri!» sorride ancora, ma Ellie non fa altrettanto «Finalmente puoi offrirmi una birra senza tanti problemi! Era ora!» la stringe appena più forte, ma Ellie non fa nulla per ricambiare il suo abbraccio, si limita solo ad annuire. Dean la lascia andare, ma continua a guardarla, perplesso. «E’ questo il problema? Che ti stai invecchiando?»
 
«No, no… ti pare? E’… » sbuffa di nuovo, stavolta con più decisione «E’ per papà. Anche quest’anno se n’è dimenticato» si stringe nuovamente nelle spalle ed è chiaramente offesa «Probabilmente non dovrei arrabbiarmi, lo so, ma… non fa altro che portarmi da un posto all'altro, quando si stanca di avermi tra i piedi mi abbandona come una valigia dove gli capita, ultimamente dove ci sei tu, ed io non pretendo niente, cerco di fargli meno domande possibili e non mi lamento mai, anzi, faccio tutto quello che mi chiede, ma gradirei che si ricordasse del mio compleanno» guarda Dean negli occhi e lui può leggerci dentro tutta la sua frustrazione «Non lo fa mai. Io per il suo mi alzo sempre presto e gli preparo una colazione con i controfiocchi, anche se siamo in una topaia, e ci metto tutto l’amore possibile perché ci tengo a lui e… cavolo, perché non può fare lo stesso per me? Perché non può mai spendere una parola carina nei miei confronti?» Dean non sa cosa dire né come alleviare il suo dolore. Lui ci è passato, ci sta passando tuttora anche se la sua situazione è meno… complicata. Lui sa qual è il problema di suo padre, cosa lo allontana da lui, ma per Ellie è diverso. «A me non… non sembra di pretendere tanto. Voglio dire, non chiedo né la torta né le candeline, solo… solo una parola o un sorriso. Sarebbe sufficiente anche quello, me lo farei bastare».
 
Dean non sa se quello che sente è rabbia – perché Jim ogni giorno che passa si comporta peggio e, anziché apprezzarla, sembra detestare lei e la sua presenza sempre di più – o profonda comprensione. Forse entrambi. Un po’ perché è successo anche a lui: l’ultimo compleanno l’ha passato da solo e l’unica che se n’è ricordata è stata proprio Ellie; ha ancora al polso il braccialetto che gli ha regalato.
 
«Quindi come pensi di festeggiare?»
Ellie lo guarda perplessa. Sicuramente si sta chiedendo se non ha capito una parola di quello che ha appena detto oppure è davvero convinto della sua domanda. «L’idea è quella di trovare un angolo remoto della Terra dove poter stare lontano da lui e dal resto dell’umanità, ubriacarmi fino a svenire e possibilmente dimenticare questa giornata del cazzo».
Dean ci pensa su e… beh, sì, il suo ultimo compleanno non è stato tanto diverso, quindi la capisce, ma non per questo ha intenzione di farle toccare la stessa sorte che è capitata a lui.
«Potremmo farlo insieme».
Ellie lo osserva con attenzione, confusa. «Perché ne hai bisogno tu?» e a Dean è sempre più chiaro il fatto che ha capito che lui non sta bene, ma non ha importanza e no, oggi non è per lui.
«No. E’ per il tuo compleanno».
Lei fa spallucce «In fondo è un giorno come un altro. Non fa niente e poi oggi non sono di compagnia».
«Non dire così. Tu ci tieni, è giusto che facciamo un po’ di festa per una volta» la guarda e lei non sembra comprendere fino in fondo cosa sta cercando di dirle. «Facciamo così… stasera lasciamo i nostri vecchi alle loro chiacchiere e al loro whiskey scadente. Io e te andiamo a cena che è quasi ora e ho fame e facciamo come si deve».
«Abbiamo il whiskey anche noi, Dean. Possiamo sbronzarci anche qui. E un panino striminzito del supermercato o del fastfood qui accanto andrà benone come sempre».
«No. Ventuno anni si fanno una volta sola nella vita, dobbiamo festeggiare come Cristo comanda».
 
Ellie lo osserva attentamente, sembra quasi stentare a credere che le sia arrivata una proposta così. In fondo non è niente di nuovo, sono usciti a mangiare o a bere più di una volta e per Dean non c’è niente di strano, ma chissà, forse non se l’aspettava oggi. Attende qualche secondo buono prima di rispondere, poi annuisce.
 
Dean sorride appena e le arruffa i capelli per dispetto; lei lo allontana – il busto piegato di lato e le braccia a spingerlo via – e un mezzo sorriso spunta anche sulle sue labbra «Ooh, Sarah Lind [1] ha sorriso! Quale onore!»
Ellie lo guarda perplessa «Chi è Sarah Lind?»
«Una musona come te» e a quelle parole lei gli fa la linguaccia e si alza, togliendosi la polvere dai pantaloni con un paio di gesti secchi.
 
Dean fa lo stesso e fa per avviarsi nella sua stanza «Forza, vai a cambiarti, ci vediamo qui fuori tra un quarto d'ora».
Ellie sgrana gli occhi. «Che? Un quarto d’ora è poco tempo per fare qualsiasi cosa!» e lui sbuffa «Ok, mezz'ora».

Lei annuisce e si morde il labbro sorridendo con l'aria furba e Dean sa che quando fa così lo prende in giro – ma almeno per il momento ha smesso di tenere il muso e sembra essere tornata quella di sempre – e sicuramente ci metterà molto di più a prepararsi, ma non fa niente. Per una volta Dean può aspettarla senza farle nessuna battuta in merito. Non che riuscirebbe a farla arrabbiare – oggi ha scoperto che ci vuole davvero molto di più per farlo –, ma è meglio evitare.

Rientra nella stanza che divide con suo padre e lo guarda per un secondo: è seduto alla scrivania intento a leggere chissà cosa e non sembra neanche essersi accorto che è rientrato. Fa niente, tanto Dean non ha nulla da dirgli. O meglio, sì, ma… è bene evitare. Non ha tempo di affrontare certi discorsi stasera.
 
Si fa una doccia e si veste velocemente; non ha idea di dove portare Ellie per cena, ma un paio di jeans e una maglietta di cotone nocciola a cui lascia aperti i tre bottoni che ha sul davanti, all’altezza del collo, andranno bene.
 
Si siede sul letto, aspettando che la mezz'ora passi ed è allora che suo padre gli presta attenzione, forse intenzionato a capire cosa sta facendo. «Dove vai?»
«Esco. Ho fame, vado a fare un giro con Ellie».
John lo scruta con aria severa; poggia i fogli che teneva in mano sul tavolo e si volta con il busto a guardarlo. «Dean, non fare come fai sempre». Dean rimane un attimo in silenzio mentre quelle parole gli si incastrano una per una in fondo al petto, scavando sempre più in profondità. Tiene la testa bassa e si china ancora un po’ con la scusa di sistemarsi le scarpe, aspettando che suo padre finisca la sua predica, anche se non avrebbe bisogno di altre parole perché sa già dove vuole arrivare e vorrebbe dirgli che la porta a farsi un giro perché Jim è un coglione che non si ricorda neanche del compleanno di sua figlia, non c’è nessun doppio fine. «E’ vero che state sempre insieme e che sicuramente le sei affezionato, ma… è la figlia di Jim e non vorrei tu facessi una delle tue solite cazzate».
 
Dean incassa ancora una volta il colpo in silenzio, tirandosi su con la schiena; vorrebbe urlargli che Ellie per lui è più un'amica che una da portarsi a letto – cosa che avrebbe già fatto se avesse voluto e di occasioni ne ha avute tante – e che le sue intenzioni sono più che pulite, ma da bravo soldatino, o meglio da bravo figlio, annuisce; si alza, prende e infila la giacca di pelle, tirandone su il colletto, e decide che forse è meglio aspettare fuori, in un luogo in cui suo padre possa evitare di fargli la paternale.
 
Si appoggia al cofano dell'Impala, muovendo i piedi a terra seguendo il ritmo che suona nella sua testa, cercando disperatamente di togliersi dalla mente le parole di suo padre e aspetta meno di quanto pensasse, perché dopo non più di cinque minuti Ellie esce dalla sua stanza. Borbotta qualcosa che Dean non comprende, si riavvia i capelli con la mano destra e chiude la porta dietro di sé.
 
Dean si alza quasi istintivamente e la osserva con attenzione. Indossa un vestito molto semplice, bianco con una bella fantasia di fitti fiori blu scuro – o neri, da quella distanza Dean non saprebbe dirlo –; le bretelle non sono sottili, ma neanche troppo larghe, e scendono giù sul davanti, dove il tessuto si curva e si apre appena tra i seni, formando una piccola V, in una scollatura non troppo profonda ma comunque insolita per Ellie, sempre attenta a non far trasparire troppo di sé. L’abito le arriva più su delle ginocchia e le disegna le curve in modo perfetto, allargandosi nella gonna con qualche piccola piega poco più su dei fianchi.
 
Gli si avvicina e Dean continua a scrutarla attento – ai piedi un paio di sandali bianchi con qualche centimetro di tacco, il trucco leggero sugli occhi e i capelli mossi sciolti che mette da un lato con una mano – ed è così bella nella sua semplicità che a Dean pare di vederla per la prima volta.
 
In verità non pensava neanche che Ellie potesse avere un vestito del genere dentro l’armadio e gli sembra di aver già fatto una considerazione simile una volta, ma non riesce a ricordare quando o perché.

Non si rende conto che forse la sta mettendo in imbarazzo – le sue guance appena più rosse del solito – finché lei non infila la giacchetta di jeans che teneva in mano, puntando poi gli occhi sulla stoffa del suo abito e distogliendoli da quelli di Dean che deglutisce e torna in sé. «Hai finito di pettinarti, Raperonzolo?» niente, non ce la fa a non prenderla in giro.
Ellie sorride ed alza lo sguardo adesso «Non lamentarti. Sono stata veloce».
Dean annuisce; per quanto si sforzi, non riesce a staccarle gli occhi di dosso «Ti sei messa in testa di fare colpo su di me? Perché con questo vestito potresti anche riuscirci».
Lei continua a guardarlo, confusa. «No… insomma, è il mio compleanno e volevo… volevo solo essere diversa dal solito».
Dean cerca di trattenersi, ma poi scoppia a ridere perché la sua faccia è troppo buffa e il tono delle sue parole troppo sincero. A volte Ellie sembra proprio venire da un altro pianeta. «Stavo solo scherzando, non sono abituato a vederti scendere dalle scale come la principessa Sissi».
Ellie sorride e scuote lievemente la testa, divertita.
 
Decidono di andare a piedi – Dean ha la vaga impressione che al ritorno non sarà in grado di salire in macchina, tanto meno di riportarla sana e salva perciò meglio lasciarla dove sta – e parlano del più e del meno durante il tragitto. Ellie ha fame di pizza e si fiondano sul primo ristorante che fa al caso loro.
 
Ne ordinano un paio insieme ad una bottiglia di vino rosso – Ellie non sembra essere intenzionata a bere acqua stasera – e rimangono in silenzio per un po’.
 
«Mi dispiace per prima» Dean la guarda confuso ed Ellie si massaggia il collo con una mano, puntando lo sguardo sulla tovaglia a quadri bianchi e rossi «Per aver parlato in quel modo. Non è da me».
«Non fa niente. E poi tutti hanno diritto ad uno sfogo, ogni tanto. Tu ne hai tutte le ragioni».
Ellie sospira appena, rigirando una forchetta tra le dita sottili «E’ che sono stanca. Io cerco… cerco di fare del mio meglio per compiacerlo, di rendergli le giornate di festa meno monotone, invece per lui è tutto uguale. Non esiste Natale, una ricorrenza, niente».
«Questo vale per tutti, però. Anche mio padre è così».
Ellie lo guarda «Anche lui si dimentica del tuo compleanno?» e Dean lotta contro se stesso per non dirle che ha fatto anche di peggio, in realtà, ma il cameriere gli porta la pizza e Dean ne approfitta per distogliere l’attenzione da lei e finisce col non risponderle, perché ammetterlo a voce alta – e con questo tutte le cose che sono successe negli ultimi mesi – sarebbe una sconfitta troppo grande. Poi, in fondo, con il suo silenzio le ha già risposto.
 
Tiene gli occhi bassi tagliandosi un pezzo di pizza e quando li rialza quelli di Ellie sono ancora puntati su di lui, ma non accenna minimamente a riprendere il discorso e, anzi, lo sposta su di lei «Quindi sei una fumatrice?» ora lei lo guarda perplessa, poi sorride, segno che ha capito a cosa si riferisce Dean.
«No… l’ho fatto solo per infastidire papà, ma neanche se n’è accorto» fa spallucce e afferra forchetta e coltello per tagliare la sua pizza «Ogni tanto lo facevo da ragazzina».
Dean scuote la testa, un sorriso da presa in giro disegnato sulle labbra «Ed io che ti credevo una santarellina».
Lei sorride, anche se con meno spensieratezza del solito «Lo facevo di rado. Credo sia quello che succede quando passi troppo tempo assieme a Janis Johnson».
«Chi?»
Ellie sorride ancora «Una mia compagna di classe, l’unica che mi parlava» e Dean annuisce. Ellie gli ha raccontato che non aveva un bel rapporto con i suoi compagni, ma non aveva mai nominato questa ragazza. «Per tutti ero quella strana che sedeva al penultimo banco sulla fila di destra, quello accanto alla finestra. La scheletrica senza un papà. Veramente non ero così magra, solo che mi vedevano così. Janis però era diversa, prendeva sempre le mie difese» gli racconta un sacco di storie su questa tipa, di quanto lei fosse strana – da come la descrive, sembra la classica rockettara menefreghista e insolente, con il piercing sul naso e i capelli tinti di nero – e Dean non pensava che una tipa del genere potesse attirare la simpatia di Ellie, ma lei vede sempre del buono in tutto e tutti e forse c’era qualcosa che le accomunava nel profondo.
 
La osserva mentre parla, gli occhi luminosi e intensi al ricordo di quest’amica così speciale – forse l’unica che Ellie abbia mai avuto – e c’è qualcosa di diverso in lei, ogni dettaglio nei suoi gesti e nel suo modo di parlare sembra più interessante agli occhi di Dean adesso e non sa se è per il vestito o per il vino che al terzo o quarto bicchiere comincia a fargli un po’ effetto, ma più la guarda, più prova la forte tentazione di avvicinarsi e lasciarsi andare all’istinto. Peccato, però, che non ne ha il coraggio perché Ellie non è una qualunque, è la persona che più gli è stata vicina negli ultimi mesi e fare questo vorrebbe dire mandare tutto all’aria.
 
Escono dal ristorante che è già buio, dopo che Dean ha dovuto insistere parecchio per convincerla a farsi offrire la cena da lui, stavolta; è riuscito a farlo solo quando le ha detto che le tocca pagare da bere visto che ora ha tutte le carte per farlo e non è stupito quando Ellie approfitta di quelle parole per trascinarlo nel pub lì accanto. Aveva già chiaro dal principio che per lei è questa la tappa principale della serata e, se è l’unica maniera per vederla sorridere nel modo spensierato con cui lo fa sempre, Dean è disposto a ordinare fiumi di whiskey.
 
Solitamente non ha bisogno di alcol o di qualcosa per ridere, ci riesce tranquillamente, ma stasera è nervosa, non riesce a rilassarsi completamente – segno che il macigno che porta nel cuore ogni giorno è più opprimente del solito – ed è incredibile che una come lei, sempre allegra e gioiosa, abbia bisogno di una spinta per farlo o forse sta diventando come Dean in questo e Dean non sa se la cosa è un bene oppure no. Sa solo che non vorrebbe mai vedere il sorriso di Ellie spegnersi, perché nei giorni peggiori è una delle poche cose che lo spinge a scendere dal letto la mattina e non capisce come ha fatto a realizzare una cosa del genere.
 
Ordina al bancone un paio di bottiglie e si sofferma a guardare le donne presenti nel locale solo per un istante, perché poi lo sguardo gli ricade su Ellie – seduta ad un tavolo, gli occhi bassi e concentrati su una ciocca di capelli che tiene tra le dita – e non gli piace quello che sta pensando, ma la verità è che non gli è mai sembrata bella come stasera. Spera, tuttavia, che il tutto sia frutto di quel vino rosso delizioso e che domattina sarà tutto finito senza nessun danno irreparabile.
 
Prende quello che gli serve e torna al tavolo e lei accenna un sorriso nella sua direzione prima di fiondarsi sulla bottiglia e versare un’abbondante quantità di liquido nel suo bicchiere.
 
Riempie anche quello di Dean che poi lo alza per brindare a qualcosa; Ellie lo asseconda e beve tutto d’un fiato e Dean realizza che non è più la stessa ragazza che perdeva ogni gara con lui fino a qualche mese fa, non stasera. E ancora una volta non sa se la cosa gli piace oppure no, sa solo che se avesse Jim tra le mani dovrebbe faticare molto per trattenersi e non fargli del male.
 
Ellie sembra essere veramente al limite della sopportazione e sicuramente sono tante le cose che Dean non sa, ma proprio non se la sente di chiedere. Sicuramente non stasera.
 
«Non ho capito se questo vestito ti piace o no».
Dean si riscuote da quei pensieri e la guarda attento «Sì. Credevo l’avessi capito».
Ellie scuote la testa «Non proprio. Hai solo detto che ero come la principessa Sissi».
«La prossima volta ti farò un complimento più esplicito» Ellie sorride appena e punta il gomito sul tavolo per poi appoggiare la testa lì sopra. «E’ che tu… beh, non sei esattamente una tipa da vestito».
«Lo so. Infatti questo era della mamma» a Dean sono chiare molte cose adesso «Te l’ho detto che ho tenuto alcune delle sue cose. Questo… era di quando era ragazza e non me la sono sentita di buttarlo».
 
Ellie si stringe nelle spalle e beve ancora; è evidente che ha intenzione di cambiare discorso – ed è così strano, solitamente passerebbe le ore a parlare di sua madre –, ma la asseconda e si prende la briga di farlo lui stesso. «Quindi adesso hai l'età per bere, era ora».
Ellie piega le labbra in un piccolo sorriso «A me non cambia molto in realtà. Prima venivo in un posto come questo con i documenti falsi, quindi è lo stesso».

Bevono ancora e dopo un po’ non sono più sicuri di riuscire a reggersi in piedi una volta usciti dal locale, ma un brindisi tira l'altro: uno per il compleanno, uno perché Ellie è finalmente maggiorenne a tutti gli effetti, uno ai documenti falsi e, perché no, anche al litigio con Jim e lei sembra aver ritrovato un po’ di quella spensieratezza che le era venuta a mancare prima e Dean si sente quasi più tranquillo, come se un piccolo pezzo del suo mondo fosse riuscito a tornare al suo posto.
 
Continua ad osservarla come ha fatto per tutta la sera e pian piano si rende conto di non averla mai guardata con la dovuta attenzione, di non aver mai fatto caso a troppe cose: i tratti gentili del viso, il naso leggermente all'insù, le guance colorate di rosso per l’effetto dell’alcol, il modo in cui le dita di Ellie si stringono sul bicchiere e di quanto le sue mani siano affusolate e femminili, di quanto Ellie sia femminile nei suoi modi di fare e di parlare; e poi i capelli lunghi che sposta dal viso quando le vanno sugli occhi e le impediscono la vista, le labbra sottili ma non troppo e ancora una volta si domanda cosa potrebbe succedere se lasciasse andare ogni freno, ma poi si pente e scuote la testa, concentrandosi di nuovo sul suo drink.
 
Non aveva mai fatto un simile pensiero prima di stasera – o meglio, una volta sì, ma era per gioco e poi se n’è stato zitto quindi non conta –, ma sicuramente è l’alcol a fargli questo effetto. O forse è il vestito di Ellie che le evidenzia le forme e… no, è solo ubriaco, non c’è dubbio.
 
Quando non c’è rimasto quasi più nessuno, Ellie si alza in piedi e va verso il jukebox. Inserisce una moneta e aspetta qualche istante, poi si siede di nuovo.
 
Dean la guarda curioso «Che canzone hai scelto?»
Ellie ride sotto i baffi. «La tua preferita» ma, dal sorriso che gli fa prima di bere un altro sorso di qualsiasi cosa stiano bevendo, Dean non è convinto che sia sincera e infatti qualche secondo dopo parte “Total eclipse of the heart” di Bonnie Tyler ed Ellie scoppia definitivamente a ridere – il suono fresco della sua risata si espande intorno a loro e Dean finalmente la riconosce – di fronte alla sua espressione schifata.

«Vuoi farmi vomitare?»

Ellie continua a ridere e lo fa a crepapelle, toccandosi la pancia e quando parte il ritornello chiude la mano a pugno e, facendo finta che sia un microfono, la porta vicino alla bocca e comincia a cantare a squarciagola. Dean vorrebbe dirle di smetterla che la sentono tutti e sta facendo un gran casino, ma si ritrova a ridere anche lui e non riesce a fermarsi e si chiede da quanto tempo non lo faceva così.
 
Non ha un pensiero in testa, è incredibilmente tranquillo e ad un certo punto anche lui si mette a cantare ed Ellie lo guarda sbigottita perché conosce le parole, ma lui alza le spalle e ride di nuovo.
 
Non si sa per quante volte Ellie si alza e quante monete inserisce in quel povero jukebox che è costretto a cantare le canzoni che sceglie fin quando il proprietario, evidentemente stanco delle loro urla, li manda fuori dal locale quasi a calci.
 
Ellie esce da lì e cerca di trattenersi, ma poi ride di nuovo e Dean non prova alcun rimorso per essere stato cacciato da quel posto e la segue nella risata, sentendosi leggero come non è stato per troppo tempo.
 
Si incamminano verso il motel a passo lento – sono troppo ubriachi anche solo per pensare di andare veloci – ed Ellie lo guarda, gli occhi birichini «Che succede se mi tolgo le scarpe?»
Dean punta gli occhi al suolo, coperto di asfalto «Che ti fai male ai piedi».
«Ma mi fanno già male».
«Vorrà dire che starai peggio» a quelle parole, lei alza le spalle e ride spensierata, riprendendo a cantare “Can’t fight this feeling” degli REO Speedwagon da dove l’aveva lasciata prima che il proprietario del locale li cacciasse e Dean è assolutamente sicuro di non averla mai vista tanto brilla. Non sa neanche come fa a camminare diritta.
 
Quando raggiungono il motel, Ellie si ferma, proprio davanti alla porta della sua stanza, e gli sorride nel modo più spontaneo e naturale possibile. Dean la guarda e, anche se forse un po’ la sbronza gli è passata, continua a trovarla attraente come ha pensato per tutta la sera, ma non farà un passo verso di lei, non vuole fare cazzate.

Lei gli si avvicina appena, un sorriso strano sulle labbra «Tu non eri quello che non offriva mai le cene alle ragazze con cui usciva?»
Dean la guarda perplesso «Cosa?»
«Me l’hai detto una volta, tempo fa» Dean distoglie un attimo lo sguardo, cercando di riflettere su quando possa aver detto una cosa così, ma proprio non gli viene in mente e scuote la testa «Non mi ricordo».
 
Ellie stringe le spalle e continua a sorridere e Dean non ha idea di cosa volesse dire con quella frase, ma si ritrova a fare lo stesso e finalmente la riconosce. Ha aspettato questo sguardo e questo sorriso per tutta la sera e adesso è bello ritrovarlo sulle sue labbra. Forse è riuscito a distrarla un po’.
 
Ellie fa un altro paio di passi in avanti, guardandosi le scarpe, e poi punta gli occhi su quelli di Dean per lunghi secondi.
«Grazie per stasera. Nessuno mi aveva mai portata fuori per il mio compleanno».

Dean le sorride appena senza realizzare che è davvero vicina, così tanto che gli basterebbe allungare un braccio, ma continua a pensare che sia giusto non fare nulla e rimane un po’ sorpreso quando è Ellie ad avvicinarsi un altro po’ – lo sguardo sempre fisso negli occhi di Dean, una sicurezza che ha visto poche altre volte trasparire da quegli occhi blu incredibilmente limpidi – e si alza sulle punte, cingendogli il collo con entrambe le braccia.
 
Dean la guarda ed è confuso, ma non fa niente per fermarla, Dio solo sa il perché. Rimane immobile – le braccia lungo i fianchi, come incapaci di muoversi – ed Ellie gli sorride mentre gli accarezza i capelli corti dietro la nuca, ed è così vicina – troppo vicina, cazzo – mentre lo guarda negli occhi e Dean non è più tanto perplesso quando lei si allunga quel tanto che basta a premere le labbra contro le sue per un lungo istante.
 
Si scosta e continua a scrutarlo e a Dean non importa il perché lo abbia fatto, se si è presa una cotta per lui o è semplicemente ubriaca e si sta comportando così per questo, o se è un altro suo strambo modo per dire grazie; non gliene frega niente e la guarda mentre lei gli sorride sicura, le braccia ancora attorno al suo collo e nessuna intenzione di spostarsi.
 
Dean sarebbe davvero stupido se negasse a se stesso che ha desiderato un contatto come questo per tutta la sera – nonostante abbia lottato con tutta la forza che ha in corpo per evitare di fare un solo passo verso di lei – e, per quanto si sforzi, non riesce a trovare un solo motivo per dirle di no.

Fanculo papà, fanculo anche Jim.

Abbassa la testa e la bacia davvero, chiudendo gli occhi e prendendola per i fianchi per attirarla più a sé ed Ellie non si tira indietro, anzi, la sente sorridere contro le sue labbra e semplicemente lo asseconda con naturalezza, alzandosi un altro po’ sulle punte per andargli più incontro.
 
Non ha idea di cosa gli stia succedendo, ma gli piace la sensazione di averla così vicina, il modo in cui lo bacia. Vuole esplorare ogni spazio, ogni piccolo angolo della sua bocca ed Ellie – le sue labbra morbide e sicure – risponde al suo desiderio con naturalezza, come se lo stesse aspettando da un po’, come se fosse tutto assolutamente giusto ed inevitabile.
 
Vorrebbe accarezzarle il viso ma non riesce, intrappolato tra le sue braccia sottili, così sale con le mani seguendo la stoffa del vestito fino ad arrivare alla sua pelle, sotto la giacca di jeans, disegnando la curva della sua schiena con le dita, e la stringe un po’ di più a sé, per sentirla vicina e annaspa in cerca d’aria man mano che il bacio si fa più appassionato.
 
E’ lei a distaccarsi piano dopo un tempo che a Dean sembra troppo breve e lo guarda, gli occhi luminosi e lo sguardo sicuro e non accenna a muoversi o a togliere le braccia dal suo collo, tenendolo ancora stretto. Gli accarezza i capelli e i contorni del viso – le mani piccole e fredde e il tocco così dolce – e strofina la punta del naso contro quello di Dean mentre si avvicina di nuovo per sussurrargli «Buonanotte» e stampargli un altro bacio sulle labbra e Dean vorrebbe afferrarla ancora e far durare tutto di più, riprendersi quegli spazi che sono stati suoi per qualcosa di più di qualche istante.
 
Non sa spiegare il perché di questo suo desiderio e quel che è peggio è che non gli importa, ma Ellie scioglie l’abbraccio ed è già lontana quando si volta a guardarlo e gli sorride per poi sparire dietro la porta della sua stanza.
 
[1] Sarah Lind è un’attrice canadese, nota per le sua espressione sempre imbronciata. Nell’anno preso finora in considerazione in questa fanfiction (2004) interpretava la protagonista nella serie “Edgemont”. 
  
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