Genere: Sentimentale
Tipo di coppia: Shonen-ai
Personaggi: Kise
Ryouta, Haizaki Shogo
Rating: … giallo?
Parole: 1100+
Note: La mia prima HaiKise
seria! Visto il mio inguaribile romanticismo, l’angst
l’ho dimenticato a casa e ho cercato di dare ai due una relazione un po’ più
sana di quanto da questa ship ci si aspetterebbe (e
perdonate l’eventuale OOC, anche se in questa ff
tratto di un Ryouta e di uno Shougo
più maturi e quindi ragionevolmente diversi).
Contiene un cenno
vago alle vicende di “Nella
stanza ventisei”, fic che la zia Odu mi scrisse tempo fa <3
Scritta il: 27/06/2015
12# • Things you
said when you thought I was
asleep
Immobile su un fianco, le
palpebre presto appesantite dalla stanchezza e calate sugli occhi ancora
lucidi, Ryouta sembrava davvero immerso nel sonno più
profondo. Solo un respiro leggero e silenzioso muoveva dolcemente il suo petto,
interrompendo la altrimenti perfetta staticità; ma la sua testa era un
turbinare incessante di pensieri che, quasi crudelmente, sembravano imporgli
che non era ancora arrivato, per lui, il momento di
dormire.
Il familiare odore di fumo
delle sue sigarette gli arrivò alle narici, suggerendogli che, a quanto
pareva, non era l’unico ad essere ancora troppo
sveglio per anche solo pensare di sprofondare nel mondo dei sogni. Era ovvio,
però, che quello fosse del tutto ignaro di avere accanto una persona ancora
vigile, o mai nella vita si sarebbe permesso di fumare accanto a lui.
Kise
sorrise di nascosto, conscio che, dandogli le spalle, non avrebbe
mai potuto vederlo. Odiava, odiava terribilmente il
suo tabagismo, odiava il sapore del catrame e del tabacco che si mischiava con
quello dei suoi baci, ma stavolta avrebbe fatto finta di nulla. Non che, in
realtà, sarebbe stato in diritto di criticarlo o di dire qualcosa contro le sue
abitudini: loro, ancora, non erano niente.
Compagni di sesso, scopamici,
forse era questo l’unico modo per definirli — anche se, di fatto, di amicizia
almeno all’inizio ce n’era stata ben poca. Anzi, inutile ricorrere ad ipocrisie, perché tra di loro non ce n’era proprio mai
stata: da quando si erano visti la prima volta alle medie fino ai risentiti, fuggevoli
incontri forzati delle partite che li mettevano l’uno contro l’altro ai tempi
delle superiori, l’unico sentimento che c’era tra i due era come di profondo,
inestimabile rancore. L’ultima cosa che si aspettava, in tutta sincerità, era
di arrivare a finire così spesso nella sua camera da letto,
i vestiti ammassati in un angolo della stanza, le mani di lui che toccavano
avidamente quel corpo come se appartenesse a lui e a lui solamente.
Il tutto era arrivato a
quel punto così velocemente che quasi faticava a ricordare come
era effettivamente iniziato, forse penalizzato anche da quella
stanchezza di fondo che non poteva permettersi di negare: c’era stata una serie
di ridicole coincidenze, di incontri improvvisi fatti prima di sguardi
fuggevoli e risentiti, poi anche di parole, alle volte piene di sfida, altre
di… malizia; una frustrazione segreta, nascosta dietro una maschera che a
quanto pare entrambi erano costretti a portare, un bisogno folle di rendere
appagante un’intimità che troppo a lungo era rimasta soddisfatta solo per metà;
e poi, infine, l’aver deciso di mettere piede nello stesso posto la stessa
sera, essersi ritrovati entrambi nell’angolo di quel locale rumoroso e pieno di
persone, aver ceduto ad una libido così ansiosa di essere sfogata che ormai era
del tutto incontenibile.
Se fosse mancato anche solo
uno di quei fattori, probabilmente, adesso lui e Haizaki
Shougo sarebbero rimasti
esattamente ciò che erano alle medie e alle superiori: due conoscenti in
pessimi rapporti, due persone che non sarebbero mai riuscite a compiere lo
sforzo necessario per capirsi e venirsi incontro.
Ma il
destino aveva preso una piega inaspettata, e dagli incontri fugaci in alberghi
di dubbia morale fissati con messaggi ermetici e distaccati, erano passati a
qualcosa di più. Non esistevano più, ormai, quelle sveltine insipide e fredde,
non esistevano quelle stanza sconosciute e anonime,
non regnava più alcun silenzio incontrastato e incontrastabile tra il tempo che
intercorreva tra un appuntamento a l’altro.
Era lentamente subentrata
una passione più ricca, più intensa, più… dolce. Certo, Shougo
non si era comunque mai negato nessun tipo di irruenza,
le sue mani si stringevano ancora crudeli, possessive, sulle sue ciocche
dorate, scivolavano ancora ossessivamente sulle sue forme armoniose come
rivendicandone la proprietà; ma al di fuori di quello, al di fuori della follia
lussuriosa che li rapiva in quei momenti, era sempre più facile indugiare nella
ricerca reciproca del piacere, nello scambiarsi calore e stille di celata
tenerezza. La sentiva sulle sue labbra ad ogni bacio, Ryouta, la coglieva nelle sue azzardate carezze, la vedeva,
ben nascosta, nel luccicare dei suoi occhi d’argento.
E quando lo guardava in
quel modo, allora era tutto ciò che poteva desiderare. Non ricordava più
nemmeno quando un’altra persona gli aveva lanciato occhiate di così silenzioso
ma sincero sentimento, senza nascondere nessun desiderio, ma lasciando
trasparire quasi inequivocabilmente quel bisogno di saperlo vicino e saperlo suo.
Quasi.
Perché nonostante tutto
ciò, ancora non sapeva se la sua fosse solo una visione della realtà che si era
impuntato di voler avere. Certe cose difficilmente sarebbe riuscito a fraintenderle, ma altre volte Shougo era lo stesso di sempre: fuggevole, distante, a
tratti insensibile. E si domandava se fosse semplicemente quello il suo vero e
unico modo di comportarsi, o se anche lui avesse i suoi stessi dubbi sul loro
essere “loro”, e cercasse di alleviarli atteggiandosi in quella maniera.
Chi avrebbe dovuto fare il primo passo, chi avrebbe dovuto dire per primo le
cose come stavano? E soprattutto, chi avrebbe dato la certezza che anche l’altro stesse provando i medesimi sentimenti? Erano domande
che gli frullavano in testa ogni volta che lo vedeva, ogni volta
che gli arrivava un suo messaggio, ogni volta che anche solo per un attimo si
ritrovava a pensare a lui.
- Ryouta.
-
Basso, vibrante, quel
richiamo si infilò prepotentemente nelle sue
percezioni, zittendo per un attimo ogni pensiero. Non si mosse, il biondino, e
neppure gli rispose: rimase immobile in quel finto torpore, ricordandosi solo
allora che il ragazzo al suo fianco era sveglio come lui. L’odore del fumo
stava iniziando a dissiparsi, e i secondi passavano, silenziosi, inesorabili.
- Pft…
certo che dormi, non sei scemo come me. - lo sentì mormorare, con quella voce a metà tra lo scherno e
una vaga gentilezza, mentre gli si sdraiava di nuovo accanto - … e quando
domani mi sveglierò il tuo lato di letto sarà già vuoto, e come un cretino
tornerò a chiedermi… “Ma arriverà il giorno in cui aprirò gli occhi e quello là
sarà ancora accanto a me?” -
Nel buio, Kise sgranò gli occhi.
Sentiva il cuore scoppiare,
battere così forte che per poco non temette che persino l’altro potesse
sentirlo. Non era una dichiarazione, certo, ma era ciò di cui entrambi avevano
bisogno per uscire da quella situazione di stallo e non era sicuro, stavolta,
di riuscire a stare in silenzio e di perdere così un’occasione del genere.
Strinse una mano sulle lenzuola, sforzandosi di scacciare ogni ronzante e
rumoroso pensiero che già stava tornando a perseguitarlo. Non era ciò di cui
aveva bisogno, non adesso, non ora in cui l’unica cosa che contava era ciò che
sarebbe riuscito a far uscire dalle labbra improvvisamente tremanti e secche.
- Allora, magari… da
domattina potrei rimanere un po’ di più, no? Nel tuo letto… - pausa. Si voltò
appena, quanto bastò per incontrare lo sguardo sconvolto che Shougo gli stava rivolgendo. Era arrabbiato? Oh, sì che lo
era. Ma sperò, in cuor suo, che ciò che stava per
aggiungere basasse a calmarlo, e gli angoli della bocca si piegarono in un
sorriso leggero.
- … e nella tua vita. -