La Peggior Malattia
La serata si era subito annunciata molto fresca. Una deliziosa brezza spirava dal mare portando sui nostri volti refrigerio e salsedine. La sensazione della pelle corrugata ed increspata dal sale marino risultava estremamente fastidiosa a tutti quegli stranieri che erano in visita alla riviera per piacere o per affari.
Si
era ormai prossimi al tramonto, e la via principale che costeggiava il litorale
era brulicante di volti abbronzati e di voci per lo più rilassate e serene.
L’unica eccezione, qualcuno che borbottava per il prezzo del pesce, decisamente
in aumento rispetto alla media nel resto del paese. Del resto, osservavano
molti, la località stava diventando ormai rinomata anche per l’ottimo pesce
offerto dalle sue acque.
Chi
vi fosse tornato dopo un paio d’anni d’assenza non avrebbe potuto non
meravigliarsi di fronte alla moltitudine di persone che affollavano le vie,
visibilmente ristrutturate anche se mai private del loro fascino antico.
Quello
che fino a poco tempo prima non era altro che un villaggio aggrappato ad un
litorale roccioso, adesso si era trasformato in una località frequentata da
persone di ogni tipo e provenienti da ogni parte della regione. I turisti
stranieri ancora non vi erano troppo bene accetti, ma si poteva stare certi che
la mentalità di quei pescatori sarebbe presto cambiata. Difatti, il primo nuovo
edificio che sorse dopo la Venuta, fu un liceo. I giovani dell’isola, superato
un primo momento diffidente, accolsero la novità con grandissimo entusiasmo, ed
alcuni di loro riuscivano straordinariamente bene nello studio. Quello, non
crediate, era un liceo in piena regola, non meno degno di uno dei rinomati
licei del paese. Vi insegnavano docenti molto ben preparati, o addirittura
celebri, ed era spesso sede delle lezioni di uomini di cultura che cercavano di
attirare sull’isola sempre più persone.
E ne valeva la pena, certamente, perché in quel momento non si sarebbe trovato
da nessuna parte un luogo tanto adatto al riposo e al divertimento. In
pochissimo tempo erano state costruite abitazioni, stabilimenti, servizi, tanto
che la cittadina sarebbe stata facilmente scambiata per il centro storico di
una città grande e ormai sviluppata da tempi immemori.
Tuttavia,
questa nuova e travolgente modernità sembrava aver coinvolto la popolazione
solamente in modo positivo. Nessuno aveva infatti abbandonato il proprio lavoro
per darsi ai nuovi piaceri, nessuno era diventato possidente, e le quote che i
visitatori versavano per alloggiare nelle nuovissime abitazioni erano interamente
devoluti all’amministrazione cittadina, che li utilizzava per mantenere in
movimento quella brulicante moltitudine.
Si era perfino creato un quartiere multi etnico. A dire il vero era
ancora oggetto degli ultimi sospiri della diffidenza della popolazione di
pescatori ed allevatori, ma per i visitatori esterni o stranieri era veramente
uno spettacolo magnifico. Per dare un’idea verosimile della sua estensione, si
consideri che era stato costruito all’interno della cittadina, e coinvolgeva
più o meno un intero isolato.
Si
sarebbe definito il tipico quartiere orientale: una festa di bagliori e colori
sgargianti, incensieri asmatici che tossivano le loro fragranze in ogni
direzione, combustioni profumate, sapori piccanti, prostitute che nessuno avrebbe
mai maltrattato, data l’incredibilità dignità che esse mostravano nel loro
comportamento. Era evidente che esse fossero vere professioniste nell’arte
dell’intrattenimento maschile. Questo era forse l’aspetto più simile alle
grandi città che si era sviluppato nel processo di accrescimento.
Per
quanto riguarda la convivenza con la natura, certamente quella città si poteva
definire come esempio mirabile. Era sempre stato un centro abitato che
stringeva la scogliera come un pidocchio stringe la cute di un cane. Adesso,
era un’aquila posata sulle rocce. Sotto, soltanto il mare.
Il
mare era di un colore davvero particolare, era la prima cosa che notasse chi
veniva in visita alla città per la prima volta. Quando il sole lo tempestava di
oro con i suoi raggi, l’acqua appariva come madreperla liquida tinteggiata di
verde e di blu. Ma era il tramonto il momento più suggestivo, quando in un
momento l’acqua vinceva la paura della notte incombente e bruciava di una
fiamma indaco che avvolgeva le sue onde e cantava canzoni racchiuse in
conchiglie appese alle porte delle case dei pescatori. Ed era appunto in questo
incendio fresco e sprizzante di gioia che i due amici osservavano l’orizzonte,
sporgendosi da una terrazza poco frequentata del lungomare. Si erano ritrovati
dopo una giornata che avevano trascorso impegnati ciascuno nei propri uffici, e
di fronte al tramonto stavano dando sollievo alla pelle scottata dal sole, in
attesa della cena che – avevano detto- sarebbe stata servita di lì a poco.
Entrambi godevano di quell’indecifrabile sensazione che si prova al termine di
ogni grande impresa, mentre di fronte alla spossatezza si aspetta la ricompensa
al fresco, pensando già all’avvicinarsi di una nuova avventura. La terrazza era
a picco sulla scogliera, abbassando lo sguardo e sporgendosi un po’ si potevano
vedere un trentina di metri di assoluto vuoto, per poi frenare la propria vista
sulla spiaggia pietrosa. per raggiungere la costa si poteva fare uso delle
scale disseminate per tutto il lungomare, oppure – se si aveva voglia di
passeggiare- era possibile raggiungere uno dei piccoli promontori che
racchiudevano il golfo cittadino e scendere per gradi seguendo il piccolo
sentiero. Quanto ai promontori in sé, dopo di loro non ci sarebbe stato più
nulla per diversi chilometri, solo porticcioli e voli di gabbiani, acque
limpide e qualche musa.
Osservando
l’orizzonte, si indovinavano le forma di altre isole minori, facilmente
raggiungibili con una qualsiasi imbarcazione, le distanze nautiche erano
veramente ridicole. Con un paio d’ore di viaggio in nave sarebbe stato
possibile raggiungere la terraferma e le grandi città, ed in meno di un’ora si
giungeva nell’isola più vicina, patria di uomini e donne illustri.
Il
poeta – di lavoro e di vocazione - indossava un abito bianco molto leggero che
non gravava sulla sua pelle scottata. Il vento giocava con i lembi bianchi e li
trascinava qua e là, in cerca di una nuova patria dove insinuarsi e portare
refrigerio. I suoi capelli biondi erano usciti da tre giornate di intenso sole ulteriormente
schiariti. Tornava da un periodo di studio in Italia e il sole delle sue
spiagge l’aveva trovato decisamente impreparato. Pregustando la cena e
l’orizzonte, stava appoggiato alla ringhiera e con la cosa dell’occhio
osservava i movimenti dell’amico che si
manteneva leggermente distante. I due,
per la verità, non si erano recati là di comune accordo, ed il loro incontro
era stato casuale. Il poeta aveva visto l’amico che usciva dal liceo e ne aveva
subito riconosciuta l’andatura. Era un mattinata soleggiata ma incredibilmente
fresca, ed avevano deciso di festeggiare l’incontro con un pomeriggio di solo
divertimento, cosicché potessero dimenticare versi e lezioni, e godersi il sole
ed il nuovo assetto vacanziero dell’isola. Erano entrambi arrivati lo stesso
giorno, e stavano pianificando di far ritorno a casa insieme, perché le vacanze
sarebbero presto terminate ed entrambi sarebbero dovuti tornare alle rispettive
occupazioni.
-
Scritto
nulla oggi?- chiese l’amico appoggiandosi anch’esso alla ringhiera.
-
Niente..-
rispose il poeta scotendo la testa. – e a te come è andata a lezione?- chiese
-
Mah,
niente male tutto sommato, credevo che nessuno mi avrebbe seguito, e invece mi
sembra che alcuni ci siano riusciti brillantemente!- rispose l’amico quasi mimando
il proprio entusiasmo. Era sulla ventina e quelle erano le sue prime
esperienze. Non aveva ancora avuto l’opportunità di tenere un dibattito con
studenti, e ancora gli pareva strana essendo stato solo pochissimi anni prima
studente a sua volta. Il poeta sorrise e con un colpetto sulla mano dell’amico
lo richiamò ad un punto che adesso stava indicando poco sotto l’orizzonte.
-
Cos’è?-
chiese l’amico.
-
Ah,
solo un volgarissimo scoglio. Ma sono messo così male che oggi ho fatto di
tutto per farmelo sembrare qualcosa di eccitante per riuscire a scrivere
qualcosa… - rispose il poeta a metà tra l’amareggiato ed il divertito.
-
Voi
poeti siete tremendi… quando vi manca l’ispirazione diventate assolutamente
smaniosi e paranoici!- disse l’amico ridendo. Batté una pacca affettuosa sulla
spalla dell’amico, che sussultò per il dolore alla schiena provocato dalle
bruciature.
-
Scusa,
dimenticavo!- sghignazzò l’amico.
-
Magari
questo dolore potesse ispirarmi qualcosa, mi farei anche frustare la schiena!-
L’amico rise e pensò di raccontare al poeta del
discorso che aveva tenuto oggi al liceo e della discussione che si era
sviluppata. Lo scenario, peraltro, sembrava favorire racconti e discussioni, a
patto che si accettasse di condividerle con il tramonto e a patto di non coprire
con la propria voce quella del mare.
-
Sai,
da tanto tempo che ci conosciamo non abbiamo mai parlato di amore, e per
esempio oggi al liceo è nata una discussione proprio sul tema- esordì l’amico
-
La
peggior malattia…- rispose il poeta interrompendolo.
-
Eh!
Per dire una cosa del genere, devi aver subito una delusione bruciante di
recente!- lo apostrofò l’amico, per niente sicuro della necessità di quella
battuta.
-
Non
direi proprio, lo sai che non ho mai avuto rapporti di quel genere con
nessuno…- replicò il poeta staccandosi bruscamente dalla ringhiera, e occupando
la posizione che l’amico occupava prima di raggiungerlo alla ringhiera.
-
Beh,
a maggior ragione allora non puoi dare un giudizio così categorico…- replicò a
sua volta l’amico.
-
No,
ti sbagli, io l’ho visto negli altri e sono un poeta, il mio lavoro è
immaginarmi cosa provino le altre persone e scriverlo in modo che queste
persone si riconoscano in ciò che scrivo ed acquistino i miei libri!- esclamò
il poeta. Peraltro, non sarebbe stato facile capire se la sua apologia fosse
rivolta all’amico in ascolto oppure al cielo.
-
Ahia…
che diamine ti è successo? – chiese l’amico, intuendo che sotto l’atteggiamento
risentito del poeta dovesse nascondersi una bruciatura provocata da un sole che
non sorge in cielo.
-
C’è
che non riesco a scrivere- rispose lapidario il poeta.
-
Bisogna
essere sani per scrivere?- chiese l’amico, alludendo chiaramente alla
definizione d’amore che poco prima aveva dato il poeta. – e non c’è persona più
sana di chi accetta la sua malattia, caro mio – disse poi per incalzare.
-
L’ultima
volta che ho aspettato non è tornato e ho giurato di non aspettare più- rispose
il poeta.
-
Scommetto
che se ti mettessi in attesa con gli occhi puntati all’orizzonte riusciresti a
scrivere – disse l’amico. Un poeta innamorato è un folle che tenta di spengere
il fuoco con la pece.
-
Ma
io voglio uscirne sano! Non ho assolutamente intenzione di camminare senza
vedere dove vado e di passare le serate a declamare guai e disavventure in
preda al vino , io voglio assolutamente sopravvivere alo strazio della mia
stupidità, o non avrà senso neppure lo scrivere!- il poeta piagnucolava.
-
Teofrasto,
mi sembri assai confuso, mi permetti di venirti in aiuto?- disse l’amico.
-
E
come penseresti di fare?-
-
Che
sei innamorato, l’hanno capito tutti, ma sarebbe brutto che questo dialogo
proseguisse in modo così infantile ed includente, non trovi?-
-
Va
bene, hai ragione…-
-
E
allora se io e l’autore provassimo a convincerti della necessità della tua ..
malattia?-
-
Io,
non saprei…-
-
Eddai,
se non altro avrai ascoltato qualche piacevole racconto, come ai vecchi tempi
sotto il portico!-
-
Proviamoci,
ma la vedo brutta…-
-
Perfetto,
allora iniziamo subito!- esclamò soddisfatto l’amico.
-
Grazie
Socrate…- disse il poeta sollevato e stanco.
-
Di
nulla Teofrasto, ringrazia l’autore! – replicò Socrate.
Io,
autore di questa storia, prometto solennemente che prima del calar della notte
Teofrasto Eolico avrà composto la sua più bella lirica d’amore. Per renderla
possibile, però, adesso io e Socrate dovremo raccontargli cosa sia l’amore
attraverso tre o quattro racconti scritti meglio che possiamo…
Inizia
l’opera, giudicatela con equo animo e non vogliatene all’autore se non sarà di
vostro gradimento.
Per
le proteste, c’è Socrate.