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Autore: _unintended    05/08/2015    3 recensioni
I My Chemical Romance, due anni dopo la fine. Nessuno avrebbe mai pensato che si sarebbero ritrovati, in un assurdo scherzo del destino, nel posto più impensabile al mondo.
Separati. Soli. Alla ricerca di una via d'uscita nel caos più totale.
Un labirinto impossibile, un gioco mortale, in una corsa contro il tempo, contro il mondo intero e contro le loro stesse scelte passate.
E no, non è proprio la situazione giusta per pensare a vecchi amori e rancori, ma c'è Gerard e c'è Frank... e sappiamo tutti come va sempre a finire.
Genere: Sentimentale, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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EPILOGUE
 
 
THREE MONTHS LATER
 
Guardo il me stesso riflesso nello specchio.
Non so più chi sono da molto, molto tempo, ma oggi per la prima volta mi sembra di avere uno scopo.
Faccio un respiro profondo e mi passo una mano tra i capelli neri freschi di tinta, per poi lasciarla cadere lungo il fianco. Abbottono la camicia e aggrotto la fronte, cercando di capire se sono in qualche modo accettabile o no.
No, probabilmente no.
Ma lascio lo stesso la stanza e scendo di sotto.
Bandit mi corre subito incontro, saltandomi al collo. –Papà papà papà buongiornooooo!
Io sorrido e la prendo in braccio, scompigliandole i capelli. Lynz mi viene accanto e mi bacia sulle labbra. -Ciao amore.
-Papà! Sai che giorno è oggi?
Mi accarezzo il mento, fingendo di pensare. –Mmmh, non so… dimmelo tu!
Lei fa una smorfietta contrariata. –E’ Halloween!
-Oh! – la rimetto a terra e le accarezzo la testa. -Hai ragione, e mi sa proprio che abbiamo un impegno importante questa sera.
Bandit inizia a saltellare e a urlare per tutta la casa, al settimo cielo. –Dolcetto o scherzetto dolcetto o scherzetto dolcetto o scherzetto!
Lynz e io ridiamo, poi lei mi lancia uno sguardo serio. –Sei sicuro di volerlo fare?
Esito, poi annuisco.
Come vorrei che almeno lei ricordasse qualcosa.
Nel pomeriggio io e mia moglie ci dedichiamo interamente al costume di Bandit. È un vestito da streghetta realizzato a mano da mia madre per l’occasione, con tanto di cappello a punta, scopa e stivali di pelle. Infine, quando è pronta, mi trascina in bagno perché –Oh andiamo papà! Sappiamo tutti che sai truccare molto meglio di mamma! – e mi costringe a truccarle il viso.
Il risultato finale è qualcosa di così tenero e inquietante al tempo stesso che io e Lynz rimaniamo a fissarla estasiati per minuti, mentre lei si contempla allo specchio e lancia piccoli urletti  eccitati.
Quando arriva il momento, la accompagniamo alla porta e Lindsey le ripete una decina di volte di stare attenta e di rimanere sempre in gruppo con le sue amichette e di non allontanarsi più di tre isolati da qui.
Bandit ci dà un bacio ciascuno, poi sgattaiola fuori dalla porta e si unisce al gruppetto di bimbi travestiti, avviandosi lungo il marciapiede.
Una volta andata via, Lynz mi posa una mano sulla spalla e mi fa un sorriso nervoso. –Non combinare guai.
-D’accordo. A dopo, amore.
E vado via anche io.
Non è stato un caso ritrovarci a passare il giorno di Halloween qui nel New Jersey. L’avevo progettato da settimane, e quando mia madre ha accettato di buon grado di ospitarci per cena, ho capito che sarebbe andato tutto secondo i piani.
E no, non avrei cenato con la mia famiglia, per quanto mi dispiacesse.
Dovevo andare a far visita ad una persona.
Una persona che aveva invitato tutti alla sua festa di compleanno, compresi Ray e Mikey, ma che aveva scordato me.
Quando mio fratello me lo disse, tempo fa, non ne rimasi poi così sorpreso. Avrei dovuto aspettarmelo. Perché Frank avrebbe dovuto invitare me, tra tutti, quando non avevamo contatti da mesi e mesi, forse quasi un anno?
In fondo lui non ricordava di aver passato i momenti peggiori della sua vita con me, a combattere tra la vita e la morte, a rivivere i ricordi più brutti, non ricordava di avermi baciato in quella stanza, non ricordava di aver confessato tutte quelle cose con un ago piantato nel collo, non ricordava che avevo rischiato di morire per portarlo in salvo.
Quindi perché avrebbe dovuto ricordarsi di me?
Dopotutto anche io avevo stentato a ricordare tutto nei minimi particolari, dopo essermi risvegliato nel mio letto, accanto a mia moglie, e dopo aver creduto che fosse stato soltanto un brutto incubo.
Poi avevo allungato la mano sulla nuca. E ci avevo trovato un piccolo buco, una ferita non ancora rimarginata.
Chissà se anche Frank ce l’ha ancora. Chissà se anche a lui è rimasta la cicatrice.
A volte ci penso. A Frank, a tutto quello che è successo, a Bob. Penso a Bob e sento un fardello nel cuore, un peso insopportabile da portare da solo e tutto in una volta.
Non posso condividere con nessuno tutto questo, e fa male. Fa male perché Bob è esistito, Bob ci ha salvati, Bob è rimasto e ha lasciato scappare noi.
E nessuno lo ricorda. Tranne me.
Prima che possa rendermene conto, sono davanti casa di Frank. Sento la musica e vedo le luci dalle finestre, e tutto l’edificio è addobbato a festa, come ogni anno, come ai vecchi tempi. Ci sono un sacco di auto parcheggiate, il che significa che ha invitato un sacco di gente, il che significa che sarà ancora più difficile per me.
Ma attraverso comunque il vialetto d’ingresso. E busso alla porta.
Si spalanca quasi all’istante, e sulla soglia ci sono le gemelle e Miles, che non vedevo da tantissimo tempo. Sono cresciuti e sono bellissimi.
-Gerard! – urlano in coro, e mi si stringono attorno, aggrappandosi alle mie gambe e stringendomi forte. Io scoppio a ridere e li strapazzo un po’, poi loro mi fanno entrare in casa senza pensarci due volte, richiudendosi la porta alle spalle.
-Vieni vieni, ci sono già tutti – mi dicono, come se fossi uno dei tanti invitati.
In effetti la casa è piena. Sono quasi tutti in salotto a ballare a ritmo di musica, ammassati gli uni sugli altri, ma vedo anche gente in cucina affaccendata attorno al tavolo degli stuzzichini, e intravedo Jamia che parlotta con alcune sue amiche.
Il primo che incontro è Mikey. Mi sbatte praticamente contro, e quando mi guarda batte le palpebre una decina di volte, come se avesse appena visto un elefante imbucato ad una festa di formiche.
-Ciao, Gee.
-Ciao Mikey.
Non sappiamo più cos’altro dire, perciò si volta ed io lo seguo. Alla fine raggiungiamo Ray, in un angolo del salotto, intento a bere un bicchiere di pepsi mentre chiacchiera con un membro dei Cellabration, e col cazzo che mi ricordo chi è, perché chissenefrega dei membri della band con la quale Frank ci ha sostituiti.
-Gerard! – esclama Ray, e mi abbraccia, caloroso come sempre. Io ricambio l’abbraccio e gli do delle pacche sulla spalla, perché l’ultima volta che l’ho visto è stato in quel fottuto labirinto e subito dopo credevo di averlo perso per sempre.
E invece è qui, vivo e vegeto, accanto a mio fratello, e nessuno dei due ricorda l’ultima volta che abbiamo passato più di qualche minuto insieme. Nessuno ricorda Bob. Nessuno ricorda nulla.
Sospiro. –E… il festeggiato?
Mikey proprio in quell’istante fissa il suo sguardo su qualcosa dietro di me, e io mi giro di colpo, immaginando già cosa sia. O meglio, chi sia.
Frank è dall’altro lato della sala, e ci separano una decina di metri, ma è come se fosse a qualche centimetro di distanza dal mio volto.
Mi guarda, ed io lo guardo.
Gli vado incontro, spintonando gente e chiedendo scusa e facendomi largo tra la folla, fino a quando non siamo davvero faccia a faccia.
Frank non stacca gli occhi dal mio viso.
Passano secondi, minuti, ore, secoli, millenni.
-Buon compleanno, Frank.
-Cosa ci fai qui?
Faccio un profondo respiro e mi preparo a parlare, ma Jamia ci interrompe di colpo, arrivandomi alle spalle. -Gerard… che sorpresa – dice con un non so che di disgustato, e mi chiedo cosa le abbia fatto di male.
Tossicchio. –Ehm ciao Jamia, come va?
Lei non risponde e continua a fissarmi, come continua a farlo Frank, e all’improvviso la festa non esiste più e mi sento abbastanza a disagio.
-Possiamo… possiamo parlare un attimo in privato, da soli?
-Ciò che vuoi dirmi puoi dirlo benissimo anche a Jamia, ne sono sicuro.
Guardo Frank, implorandolo con gli occhi. –Ti prego.
Un secondo.
Silenzio.
Due secondi.
Jamia arriccia le labbra in una smorfia e sì, la sto odiando.
Tre secondi.
Frank sbuffa. –Andiamo. – fa per avviarsi ma Jamia lo trattiene per un braccio. –Non sei costretto a farlo – sussurra nel suo orecchio, ma abbastanza forte affinchè io possa sentirla. E forse è proprio questo il suo intento.
Frank annuisce, poi la bacia sulla guancia e mi fa cenno di seguirlo.
Usciamo sul portico, e io penso che vorrà sedersi sugli scalini, come sempre, ma lui rimane in piedi e allora rimango in piedi anche io e lo sguardo che mi rivolge è qualcosa del tipo “noncipensareneanche”
-Hai trenta secondi.
-Frank, io…
-Tu?
-Ti ho portato un regalo.
-Bene. Dov’è?
Sospiro. Lui mi guarda, in attesa, e so che posso farcela. In fondo lo fece anche lui, una volta. E spero che rivivendo quell’esperienza possa ricordare cosa siamo stati.
Cosa vorrei che fossimo ancora. Nonostante tutto.
Mi sporgo verso di lui e avvicino il mio viso al suo, chiudendo gli occhi.
Frank mette i palmi sul mio petto, spingendomi e indietreggiando, sconvolto. –Ma che cazzo fai?
Rimango interdetto.
-Gerard, cristo santo ma sei coglione?
-Io…
Frank scuote la testa, voltandosi per tornare dentro, ma io noto qualcosa sulla sua nuca.
Sì.
Sì, dio, sì.
Lo afferro per un braccio. –Frank, ascoltami. So che ricordi. Ti prego.
-Ma sei uscito fuori di testa? Cioè piombi qui all’improvviso dopo anni, il giorno del mio compleanno, durante una fottuta festa, e cerchi di baciarmi? Che cazzo ti prende?
-Frank, non ricordi? Il labirinto, noi, Bob, il bacio, la macchina della verità…
Spalanca gli occhi, orripilato. –Cosa?
-So che puoi ricordare, ti prego… - MI volto, sollevando i capelli e mostrandogli la mia cicatrice sulla nuca. –So che ce l’hai anche tu.
Frank è allibito. Solleva piano la mano e si tocca il collo.
-Sì, esatto. Ti sei sempre chiesto cosa fosse. Ti sei sempre chiesto come mai quel sogno di tre mesi fa fosse ancora così vivido nella tua testa, ti sei sempre chiesto cosa significasse… non era un sogno, Frank. O meglio, lo era, ma lo abbiamo vissuto davvero. Lo abbiamo vissuto, tutti insieme. Ed è per questo che hai voluto invitare Ray e Mikey alla tua festa. Ti mancavano, non è vero?
Frank scuote freneticamente la testa, rifiutandosi di capire. –D’accordo, ora chiamo la polizia…
-Frank, ti prego. Sai che ho ragione.
-ORA CHIAMO LA FOTTUTA POLIZIA! – urla, e faccio un passo indietro, stupito dalla sua espressione furiosa e quasi disperata.
Proprio in quel momento Mikey e Ray escono sul portico, attirati dalle grida.
Perfetto. Ci siamo tutti.
Mi viene quasi da piangere, e devo trattenere un sorriso. –Oh, quanto mi eravate mancati…
Frank è sempre più scioccato, Mikey aggrotta la fronte, e Ray guarda confuso da me a Frank.
-Gee, cosa succede?
-Voglio rimettere insieme la band.
Silenzio.
La risata di Frank arriva soltanto qualche secondo dopo. Continua a ridere, seriamente divertito. –Cristo, ma ti sei fatto? Mikey portalo a casa, per favore.
Mikey rimane immobile e continua a fissarmi. –Gerard… - mormora, in un mix di orrore e stupore e paura.
Ray trema.
Frank smette di ridere ma continua a fissarmi divertito, non riuscendo ancora a credere alle sue orecchie.
La situazione è tanto assurda quanto straziante.
Mi fa male vederli così rassegnati, così sicuri della nostra fine definitiva. Ho fatto sì che non credessero più in nulla. Li ho distrutti, letteralmente.
Sospiro. –Ragazzi, sappiamo tutti cosa è successo. Per voi potrà essere stato un sogno, ma è successo. È successo, cazzo. E se siamo qui ora a parlarne è soltanto grazie a Bob. Bob Bryar, avete presente? Beh, cercatelo. Saprete che è morto tre mesi fa, nel sonno. E se non fosse stato per lui anche noi avremmo fatto la stessa fine. Ci ha salvati, ci ha salvati tutti, ed è morto per salvare te, proprio te Frank – e lo fisso dritto negli occhi – perché ti voleva un bene dell’anima. E voleva che noi tornassimo ad amarci e a stare insieme, tutti insieme, a fare ciò per cui siamo nati.
-Tu stai delirando…
-No. Due anni, due anni di pausa. Ok, forse avrò sbagliato, ma sono serviti a farci crescere, e a maturare. Ma ora basta, dannazione, mi mancate da morire. – Mi si spezza la voce. –Mi mancate sul serio. E non possiamo stare l’uno senza l’altro. Ci abbiamo provato, ci abbiamo provato davvero ma dove siamo finiti? A cosa vi ho ridotti? Ci siamo stati tutti e quattro malissimi, e c’è voluto del tempo per riprenderci. Ce l’abbiamo fatta, e poi? E poi niente. Il nulla. Solita vecchia routine, solita vecchia vita, nuovi progetti e nuova musica, d’accordo, ma cosa sono io senza di voi? Cosa siamo noi da soli, presi singolarmente? No, non un granché di certo. Abbiamo mezza popolazione mondiale che crede ancora in noi, cazzo. Non possiamo deluderli ancora una volta. Non possiamo farci abbattere da tutta la merda che c’è nel mondo. Perché da soli non siamo granchè , sì, ma insieme siamo i My Chemical Romance. E questo ci basta.
Ray viene da me e mi abbraccia, stringendomi forte. Mikey sorride e vedo una lacrima solcargli il volto. Non oso guardare Frank, ma quando finalmente mi stacco dall’abbraccio e alzo lo sguardo su di lui, lo vedo lì, con il mento che gli trema, le mani strette a pugno, i capelli sugli occhi e l’espressione a metà tra rabbia e tristezza.
-Dio, credevo davvero che fosse stato soltanto un sogno… - mormora Mikey.
Annuisco. –Nessun sogno è mai stato più reale.
Frank scuote la testa. –Non posso, mi dispiace.
Per poco non soffoco con la mia stessa saliva. –Cosa?
Mi guarda, sorridendo tristemente. –Mi dispiace. Mi dispiace, Gerard.
-Cosa significa che non puoi?
-Ehm, penso proprio che ci stiano chiamando dal salotto – mormora Mikey, e torna in casa trascinandosi dietro Ray.
Rimaniamo da soli, e Frank finalmente perde quella facciata di impassibilità e tristezza.
-Sei uno stronzo, Gerard. Uno stronzo senza cuore. Ok, abbiamo passato tutte quelle cose, ma poi tu vieni qui, dopo tre fottuti mesi, e pretendi che noi molliamo tutto e ti seguiamo come se non fosse successo nulla? Questo non è un sogno, Gerard. È la vita reale. E nella vita reale non funziona così. Pensi davvero che a una tua parola saremmo disposti sempre a lasciare ogni nostro progetto per seguirti? Pensi davvero che io – io – lo farò?
Mi avvicino a lui, fino ad annullare la distanza. E stavolta non si scosta. –Sì. Sì, lo penso davvero.
Poso una mano sulla guancia, e lui si abbandona su di essa, chiudendo gli occhi e sospirando. –Sei sempre il solito egoista.
-Sì, sì sono sempre il solito egoista. E ti voglio per me, tutto per me. Ma non posso averti, non potrò mai averti. Perciò torna almeno da noi. Torna con noi. Ti prego.
-Non… posso…
Avvicino le mie labbra alle sue, ma lui si allontana ancora una volta. Mi posa una mano sulla bocca, scuotendo la testa. –Non è più come prima, Gerard. Nulla sarà più come prima.
-Proviamoci, almeno.
Sorride.
Fa un passo indietro.
Poi due.
E so che lo sto perdendo per sempre. –Mi dispiace.
-Non puoi lasciarmi così. Non puoi… non puoi andartene… in questo modo… - sussurro, sentendo il mio cuore fracassarsi e crollare su sé stesso.
Si volta.
-Io ti amo!
Non mi pento di quello che ho detto fino a quando non lo sento uscire dalla mia bocca.
Vedo la sua schiena irrigidirsi, e per un attimo penso quasi che tornerà indietro e mi bacerà.
Ma non lo fa.
Apre la porta e torna in casa, lasciandomi lì da solo sul portico.
Ed è finita.
 
 
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
 
 
22 marzo 2016
 
Alex spintonò rudemente una tizia al suo fianco, facendosi largo per ritornare al suo posto in prima fila. Era assurdo come la gente lì facesse di tutto per guadagnare anche mezzo metro, e lei non poteva proprio sopportare tutte quelle persone che le alitavano sul collo e la puzza di sudore mista a marijuana e chissà quale altra sostanza.
-Sarah, stammi vicino – gridò nell’orecchio della sua migliore amica, afferrandola per il polso e tirandosela accanto.
Erano anni che desiderava andare ad un concerto dei My Chemical Romance, e dato che ormai non era più possibile, almeno ad uno di Gerard Way sarebbe dovuta esserci un giorno.
E adesso era lì.
Sul serio.
Non riusciva a credere ai suoi occhi, non riusciva a credere alle sue orecchie, e non riusciva a credere che stesse accadendo, proprio lì, proprio ora, quando le luci si accesero e finalmente Gerard comparve sul palco, scatenando un urlo assordante dalla folla.
Sarah si ritrovò schiacciata contro di lei, e dovettero sgomitare ancora e ancora prima di riuscire a ottenere un po’ d’aria libera per respirare. –Ma che cazzo spingi, coglione! – gridò Sarah al tizio coi dread e l’aria da fattone che le stava accanto, e Alex scoppiò a ridere.
Poi, la loro attenzione fu tutta su ciò che stava accadendo sul palco.
Gerard si avvicinò al microfono, picchiettandoci sopra e tossicchiando, il che era abbastanza strano perché da quanto aveva potuto vedere su Youtube, Gerard entrava sempre in scena quando la musica era già partita.
E invece la musica partì qualche secondo dopo. E non era nessuna delle canzoni di Hesitant Alien.
Non era nessuna delle canzoni che Alex si aspettava.
Tutta la folla, ogni fottuta persona presente a quel fottuto concerto, si zittì.
Silenzio.
Totale.
Mentre le prime note di Welcome To The Black Parade risuonavano nell’aria.
E la prima cosa che Alex pensò fu “Ora questa checca mestruata dimmerda si mette a cantare canzoni dei mychem da solo”.
Sì, fu proprio quello che pensò, e non fece in tempo a scambiare uno sguardo scioccato con Sarah, e il pubblico non fece in tempo a riprendersi, che due figure entrarono dal retroscena e si posizionarono sul palco.
Una con un basso.
L’altra con una chitarra.
Mikey.
E Ray.
Per il resto fu il caos.
La folla era in delirio, c’era gente che urlava, gente che infartava, gente che scoppiava in lacrime e gente che si strappava i capelli, e nel complesso erano tutti completamente usciti fuori di testa.
E quando Gerard iniziò a cantare –When I was a young boy my father took me into the city… -allora sì che davvero Alex si ritrovò spiaccicata contro la transenna, con i gomiti di qualcuno conficcati nella schiena e l’erezione di qualcun altro che le premeva sul culo e i capelli di Sarah in bocca.
E faceva tutto abbastanza schifo.
Ma ehi, lì sul palco c’erano i My Chemical Romance che suonavano.
“Aspetta un attimo… E Frank?” pensò improvvisamente Alex, e sì che senza Frank non era affatto la stessa cosa, e quelli non erano affatto i My Chemical Romance.
Ma Gerard continuava a cantare, fregandosene del fatto che il suo amantebarramiglioreamicobarracompagnodiscopate non ci fosse lì accanto a lui.
No, non era tutto perfetto.
Anzi. Sembrava come se mancasse un pezzo, sia a Gerard, che a Mikey e Ray, sia alla canzone che stavano cantando.
Erano loro, erano tornati, ma non erano loro sul serio e non erano tornati al completo.
Fino a quando gli amplificatori non smisero di funzionare.
Gerard si ritrovò a cantare con il microfono spento, Mikey alzò lo sguardo dal basso, confuso, e Ray smise di suonare.
-Siete tutti e tre dei gran coglioni – si sentì dire da una voce che Alex e tutto il mondo lì conosceva bene.
A quanto pare l’unico microfono funzionante era quello di Frank Iero, che apparve piombando sul palco con la leggiadria di un ultra-trentenne arrugginito con un po’ di panza, e con una chitarra al collo che tutti avevano imparato a conoscere.
Frank Iero, sì, proprio Frank Iero.
Alex sorrise.
Gerard era allibito. Lo si vedeva lì, impalato sul palco, mentre guardava Frank avanzare e fermarsi proprio di fronte a lui. –Frank…
Frank strinse il microfono fra le mani, guardandolo intensamente come se ne andasse della sua vita, poi alzò lo sguardo e sorrise a Gerard, la cui espressione era ancora a metà tra lo sconvolto e l’estasiato.
-Non è che se uno ti propone di tornare a far parte di una band come i My Chemical Romance, puoi rifiutare e continuare la tua cazzo di vita come se nulla fosse – iniziò Frank, rivolgendosi anche al pubblico. -Non è che se uno piomba a casa tua nel bel mezzo della tua festa di compleanno, guardandoti con quegli occhi da cerbiatto ferito, puoi semplicemente voltarti e tornartene dentro e chi si è visto si è visto. O accetti o vivi col rimorso per il resto della tua vita, e poi cazzo, alla fine dei tuoi giorni ti ritroverai sul letto di morte a pensare a quel 31 ottobre di tanti anni prima quando un Gerard fottuto Way si era presentato alla tua porta per offrirti una seconda possibilità.
Gerard si aprì nel sorriso più smagliante che Alex gli avesse mai visto in faccia.
Frank ricambiò, e poi fece qualcosa che, se possibile, fece impazzire il pubblico ancora più di quanto non lo fosse già.
Baciò Gerard. Proprio in bocca, e proprio con la lingua.
E solo allora Alex si accorse della vecchia maglietta rossa che Frank portava, una maglietta con su scritto “HOMOPHOBIA IS GAY”.
Frank si staccò dopo una ventina di secondi di limonamenti vari, e dopo che la folla era praticamente scoppiata in un pianto isterico collettivo e i bodyguards avevano dovuto portare via già una decina di ragazze colte da un attacco d’asma.
-Forza – buttò lì Frank, rivolgendosi anche a Mikey e Ray che nel frattempo si erano avvicinati e sorridevano come degli ebeti, in imbarazzo, – spacchiamo un po’ di culi tutti insieme.
Erano loro. Erano tornati.
Erano tornati davvero.
Gerard tolse il microfono dalle mani di Frank e si sporse oltre il palco, allungando le braccia per toccare quelle dei fan urlanti.
Scoppiò a ridere guardando Frank, e sembrava davvero un bambino. Sembrava davvero il vecchio Gerard.
-Killjoys, make some noise!
 
 
 
 
 
 
Ok.
Non ci posso credere.
È finita anche questa. Non so se piangere o sclerare o urlare o rannicchiarmi in un angolino a piangere sangue, ma vbb.
È davvero finita, e sul serio stavolta amatemi perché avevo intenzione di farla finire mooooooolto peggio, e volevo anche farvi versare qualche lacrima quindi sì, sono stata buona.
Vbb le dirette interessate sapranno a chi è dedicata l’ultima parte dell’epilogo (Sarah sei un cuore e ci sei stata dall’inizio alla fine, ti adoro / Alex … c’è bisogno che parlo? Ti amo ciao)
E niente, ovviamente ovviamente ovviamente ho già una bella ideuzza pronta per la prossima frerard deheheh *si sfrega le mani col sorriso da psicopatica*
Boh, spero vi sia piaciuta, spero vi abbia lasciato qualcosa e spero che non mi odierete a morte per tutta la sofferenza che vi ho causato.
Almeno è finita bene, dai!
Ringrazio tutto il gruppo disagiato che adoro più della mia stessa vita (grazie Dolfi, Asia, Elis, Monica, Sel, Frankia e sry per chi non ho nominato, vi amo tutte aw), ringrazio Giuz particolarmente perché mi ha aiutato tantissimo ed è un pazzo psicopatico peggio di Bob, sul serio, ha delle idee troppo creepy e niente Giuz, ti adoro, sei il mio cuoricino<3<3<3
Boh, non ho più nulla da dire.
Ovviamente non penso sul serio che Bob sia così incazzato, nella realtà. Cioè sì, magari un pochino. Magari un pizzico. Magari per niente. Chi lo sa.
Ricordatevi che Bob rimane senza braccia.
E che Lynz ha il pene.
E che Jamia – no Jamia, tu sei insignificante, vai via (skrz ok)
Vi adoro tutti.
Un bacio enorme, e sappiate che ci rivedremo presto:)
M.
   
 
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