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Autore: WordsUnderTheRain    06/08/2015    1 recensioni
Lluvia è una cacciatrice di mostri; una delle migliori, perché ha imparato a cacciare insieme al ragazzo che amava. Ora, dopo essersi ripresa dal cuore spezzato, caccia insieme ad un nuovo, interessante ragazzo... ma un ritorno inaspettato e una caccia di qualcosa di potente e sconosciuto rimescoleranno le carte in tavola. Cosa sceglierà Lluvia: il perdono o il rischio?
Genere: Azione, Fluff, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Alla nostra seduta successiva, stavo per consigliare a Lluvia di approfondire il suo rapporto con Luke: non avevo davvero bisogno di conoscere i dettagli sulla Grande Caccia, avevo letto fin troppi rapporti al riguardo. Lei mi consegnò un discreto plico di fogli al riguardo.
Stringendosi nelle spalle, disse che si era accorta di aver praticamente parlato solo di quanto si sentisse combattuta riguardo ad Alex e di quanto fosse bello Luke: era il caso di pareggiare i conti.

 
 
Luke suona stupendamente il pianoforte.
È elegante, sempre concentrato, infallibile. Non credo abbia mai commesso errori in vita sua -un po’ “ehi, non per metterti a disagio, ma sono perfetto”, ma mi faceva sentire al sicuro, in ordine, fortunata, per una volta nella vita.
È normale che all’inizio il nostro rapporto fosse un po’… non voglio dire né teso né formale: era, come tutte le neoamicizie, timido. Avevamo in comune una cosa molto grossa, ma che non implicava che potessimo essere amiconi per sempre. Quindi saltiamo a piè pari la solfa “all’inizio parlavamo solo della caccia e del tempo” e passiamo al nostro primo grande passo: la prima notte che passai da lui.
Di solito lui mi riaccompagnava “a casa” in macchina dopo la caccia: tra virgolette perché mi facevo scaricare un paio di strade più su con la scusa del senso unico, per non fargli vedere di preciso dove abitavo.
Quella notte, però, era rimasto ferito alla gamba da dei maledetti demoni spina, quindi affidò a me il volante.
- Guarda che se parcheggio la tua macchina nel mio quartiere,- lo avvisai. - Non faccio in tempo a scendere che l’hanno già rubata.-
Così m’invitò a dormire da lui, e quella fu la prima volta che vidi la sua immensa villa.
Quando lo vidi imbarazzato dalla sua ricchezza (sapeva che io non nuotavo nell’oro nemmeno nei miei sogni più ZioPaperoneschi), mi venne una gran voglia di abbracciarlo e riempirlo di bacetti sulla fronte. Apprezzai tantissimo che non se ne vantasse e non mi facesse pesare la mia situazione: era davvero un cavaliere.
Lo accompagnai al suo bagno e lo aiutai a medicarsi la ferita.
- Di solito queste cose le fa Roger,- mi disse.
- Tuo padre?,- gli chiesi.
Arrossì. - Il maggiordomo.-
- Ah.-
- Mio padre è un grande inventore… e anche suo padre lo era… tutte le trappole che uso, le hanno inventate o perfezionate loro,- spiegò.
- Luke, non devi giustificarti. Né te, né Alfred.-
- Roger.-
- No, i maggiordomi si chiamano tutti Alfred. O Lurch!-
- Lurch?-
Un colpo al cuore.
- Non conosci la famiglia Addams?-
Così rimasi da lui a guardare gli episodi della vecchia serie. L’adorò, rise come un pazzo e si divertì tantissimo, e io mi addormentai su quella che sarebbe diventata la mia poltrona.
Mi risvegliai al suono di una splendida melodia suonata al pianoforte, in un letto.
Capisce? In un letto. Quindi qualcuno mi aveva portata dal salotto al piano di sopra in braccio, ed ero certa al novanta percento che quel qualcuno non fosse Roger. E io non avevo potuto vivere davvero il momento, perché dormivo. Che cretina.
Seguii le note di quella musica sconosciuta e stupenda finché non trovai il salone col piano (a casa di Luke c’è un salone per ogni cosa: la tv, il piano, il tavolo da pranzo, il tavolo da pranzo per quando ci sono gli ospiti…) e rimasi estasiata alla vista di Luke che lo suonava.
Quante volte posso ripetere che è perfetto senza risultare monotona? Perché lo era.
Mi sedetti per terra, al suo fianco, e lo guardai ed ascoltai suonare finché non ebbe finito.
- Ti piace Bach?,- mi chiese.
- Oh, sì, soprattutto il suo secondo album,- scherzai; rise, per fortuna. - Di solito ascolto musica più… movimentata; ma era stupendo.-
- Ti ringrazio.-
- Immagino che suoni da sempre…-
- A dire il vero, il piano solo da cinque anni: prima suonavo il sax… ma il mio primo strumento è stato il violino.-
- Wow. Io non so suonare neanche il triangolo.-
- Mia madre ci teneva molto.-
- Tu no?-
- Eh…,- scosse la testa. - Sono sempre stato più uno sportivo che un musicista.-
- Però sei dannatamente bravo in tutte e due…-
- Vuoi che ti suoni qualcosa?-
- Non so mezzo titolo di musica classica…-
- Di solito basta sparare un numero e un nome grosso, e ci becchi.-
Questa dritta mi fece ridere, ma gli dissi di suonare il pezzo che preferiva.
Eseguì qualcosa di sublime, che mi fece venire i brividi, e che, quando chiusi gli occhi, mi fece sentire il profumo del Victoria Park, mi ricordò il movimento dei cigni che atterravano sull’acqua del lago e mi strinse la gola.
Quando finì, ci misi qualche secondo per trovare la forza di chiedergli cos’era.
- Si chiama “Rainy Day”.-
- Il Wolfgang Beethoven che l’ha scritta è un genio,- commentai con la voce spezzata. Com’era possibile che un pezzo strumentale così semplice, così spoglio, senza parole poetiche, fosse riuscito a farmi sentire a quel modo?
- L’ho scritta io, veramente.-
Rimanemmo entrambi congelati per un secondo, lui nel suo imbarazzo e io nel mio.
- Luke, è favolosa.-
- Me l’hai ispirata tu.-
- Eh?!-
- Quella sera che pioveva e tu hai cominciato a cantare “questa è pioggia, signore, si bagna se non sloggia”. Eri così buffa… allo stesso tempo spontanea come un acquazzone estivo, e delicata come una pioggerella autunnale.-
Mi strozzai con la mia saliva.
- E ti ho ispirato tutto… questo?-
Si strinse nelle spalle.
- Lluvia vuol dire pioggia, no?-
- Sì, ma… come cavolo hai fatto? Voglio dire, è bellissima e tutto, ma mi ha fatto venire in mente cose… che…,- m’inceppai, come al solito.
- La tua immaginazione è merito tuo, Lulù,- mi disse. - Io l’ho scritta pensandoti, e tu ci hai visto… che ci hai visto?-
Era la prima volta che mi chiamava Lulù ed ero piuttosto scossa.
- Un posto dove andavo a dare da mangiare ai cigni,- risposi sottovoce, perché non riuscii a parlare altrimenti. - Un parco con un grande lago, e tanti narcisi.-
- Sembra un bel posto.-
- Bellissimo.-
- È lontano? Mi piacerebbe dare da mangiare ai cigni.-
Ridacchiai. - È in Scozia.-
- Ah,- rise lui. - Sì, è piuttosto lontano. Quando sei stata in Scozia?-
- Ci andavo spesso, quando stavo con… il mio ex è scozzese, e siccome abbiamo sempre studiato da privatisti, passavamo metà anno qua e metà là.-
- Ti piaceva, lì?-
- Mi piaceva lui,- risposi sinceramente. - Quindi mi sarebbe piaciuto anche stare sotto in ponte in Burundi, se ci fosse stato lui.-
Sorrise, commosso e romantico da bravo cavaliere.
- Non credo ci siano molti ponti, in Burundi,- mi punzecchiò per rinfrescare l’atmosfera.
- Comunque credo che adesso mi stabilirò qui,- scherzai, stiracchiandomi. - Tanto questa reggia è talmente grande che anche se mi cercaste, non mi stanereste mai.-
- Siamo una famiglia di cacciatori,- mi ricordò. - E la casa è piena di videocamere.-
Risi; ma non stava scherzando.
- Ma che… ansia! E se porti una ragazza a casa che fai? Io mi sentirei… a disagio, all’idea di Roger che sbircia da una stanza piena di monitor. E che è, Toy Story 3?-
Non aveva visto nemmeno questo, l’animale. Ma mi piaceva lo stesso.
- Ci sono angoli ciechi,- rispose con una strizzatina d’occhio.
- Dev’essere comodo, farlo sotto il letto, dietro l’asciugatrice, tra il frigo e la lavastoviglie…,- scherzai.
- Nella camera dove hai dormito tu.-
- Eh?-
Sarò sincera e onesta: forse è stato un mio viaggio mentale dovuto all’astinenza, ma il modo in cui disse quella frase… a me sembrò un ordine. Un sexy-ordine, tipo “ehi, donna, togliti i vestiti e sfasciamo questo letto”.
Ma forse la mia fantasia galoppa a ritmi troppo osceni.
- Nella camera per gli ospiti non ci sono videocamere: per rispetto della loro privacy.-
- E la vostra?-
- Tanto rimane tutto in famiglia…-
Feci una smorfia: l’idea di venire osservata non mi esaltava granché; ma in fondo, non era casa mia.
- I tuoi?,- domandai.
- Sono quasi sempre in giro. Non che sia una gran perdita…-
- E tu te ne stai tutti i giorni qui, da solo, con Roger.-
- E i gatti.-
- Wow.-
- Ho anche degli amici, Lulù. Tipo te. Puoi venire quando ti va, tanto lo spazio c’è, e la tv non aspettava altro che la tua cultura.-
Il mio cuore cominciò a sbattere come un demone in gabbia.
- Guarda che ti prendo sul serio,- lo avvisai.
- Sono serio. Anzi, guarda, dopodomani faccio una festa, sei invitata.-
- Una festa tipo sesso droga e rock’n’roll o tipo cocktail, lustrini e gossip?-
- Purtroppo la seconda; ma non sei costretta a venire, se non ti va.-
- Mi va, solo che… non ho un vestito, e non sono esattamente elegante.-
Si chinò per sussurrarmi:- Penso a tutto io.-
Mi venne la pelle d’oca dal collo fino alle caviglie.
 
Pensò veramente a tutto lui. Mi trovò il vestito perfetto, mi fece pettinare e truccare da una professionista (!) e quando cominciarono ad arrivare i suoi amici io ero già lì, e sembravo la principessa padrona di casa.
Un incubo.
Gli amici di Luke mi stavano tutti sulle balle. Erano tipo lui, ma spocchiosi veramente, noiosi a non finire, superficiali da vomito. Salutai e cominciai a parlare con un sacco di gente, speranzosa, ed ogni volta mi allontanai con discrezione dalle conversazioni più inutili che avessi mai sentito.
Questo finché non conobbi Emil.
- Festa di merda, eh?-
Annuii con sincerità.
- Non ti avevo mai vista; vai a scuola con Luke?,- mi chiese.
- Pratichiamo lo stesso sport,- risposi: era la storiella che avevamo concordato in anticipo, e che non era del tutto una bugia.
- Ah, quindi sei bella e pericolosa,- commentò, colpito. - Prometto di tenere le mani a posto.-
- Ottima idea,- ribattei, vagamente inacidita dal resto della serata.
Ci presentammo. Era bello, in qualche strano modo simile a Luke anche se era biondo e aveva gli occhi verdi, chiarissimi.
- Io odio questo tipo di gente,- mi confidò. - E anche Luke, ma li frequentiamo, sai, per la famiglia…-
- Siete parenti?-
- Cugini, sì. Ti va di uscire? Anche questa musica mi fa venire la nausea.-
Andammo in giardino, dove finalmente riuscii a respirare di nuovo. Mi sedetti sulla panchina e raccolsi le gambe, armeggiando a fatica con la gonna: non ero abituata a vestirmi elegante.
 - Come mai sei qui? Si vede che non sei… come dire, nel tuo ambiente. Senza offesa, eh,- concluse, sedendosi vicino a me; forse un po’ troppo vicino.
- Luke ci teneva.-
- Ah, ho capito. Ti piace.-
- Mi piace frequentare gente simile a me,- glissai.
- Ti senti simile a lui?-
- Sotto certi aspetti.-
- Parli dello “sport”?-
- Anche.-
- Approfondisci.-
- Non credo siano affari tuoi.-
- Ma a me interessa…-
Era semplicemente peggio di tutte le persone dentro casa: non solo era superficiale e irritante, era anche viscido e dannatamente vicino alla mia faccia; ma non lo potevo stendere, era pieno di gente che avrebbe fatto domande. Cercai di scivolare discretamente lungo la panchina, ma lui mi seguì.
- Mi piaci, Lluvia. Sei diversa dalle altre. Hai un’aurea… di pericolo,- disse, fremendo.
- Infatti devi tenere giù le mani, Emil.-
Luke! Luke, Luke, Luke, mio cavaliere, mio eroe, mia statuaria salvezza.
Emil borbottò qualche scusa, che si stava solo divertendo, che provarci non è un reato, che comunque io non avevo detto di no, blablabla, e se ne andò.
Luke venne a sedersi di fianco a me, e sospirò.
- Scusa, avrei dovuto avvisarti.-
- Non sapevo come togliermi dai casini senza pestarlo,- ammisi. - Non sono molto… brava… con la gente.-
- Potevi pestarlo,- scherzò debolmente. - No, sei stata fin troppo brava a tenerlo alla larga senza alzare le mani. Avrebbe di corsa fatto la spia ai nostri genitori. Non è cresciuto molto da quando eravamo bambini dell’asilo che facevano a gara a chi sputava più lontano.-
- Lui caccia?-
- Assolutamente no, non si sporcherebbe le mani neanche se stesse per morire.-
- Quindi adesso competete per le ragazze?,- chiesi, sorpresa: questa cosa non corrispondeva all’idea di Luke che mi ero fatta.
- No: lui compete con me, provandoci con chi pare a lui e dicendo che è stato più “veloce ed efficiente” di me, o scemenze del genere, come se a me importasse di provarci con tutte le belle ragazze che passano.-
Non capivo se mi aveva appena detto che ero bella, che Emil era imbecille o entrambe. Speravo entrambe.
- Non gli avrei permesso di “riuscirci” con me,- puntualizzai.
- Oh, lo so,- disse, con uno dei sorrisi più belli che avessi mai visto. - Ma fammi fare la parte dell’eroe, qualche volta.-
Ricambiai il sorriso.
- Tu sei un eroe, Luke.-
- Facciamo così,- esordì. - Vai in camera mia, la portafinestra della mia veranda è già aperta. Io mando via tutti, e ci vediamo un film io e te da soli. Sono davvero stufo di questa gente.-
- Non hai idea di quanto mi piaccia questo piano.-
 
Uno dei ricordi con Luke che preferisco è quello che riguarda la prima volta che facemmo la doccia insieme.
Scherzavo, ma lei fa davvero delle facce buffe mentre legge, e volevo vedere come avrebbe reagito a questa piccola bugia. No, io e Luke non abbiamo mai fatto la doccia insieme.
Però ho davvero dei ricordi bellissimi con lui, come quello di quando andammo all’Ikea. Già, una premessa piuttosto noiosa.
Conosceva Alex da un paio di settimane, quando, mentre stavamo guardando Kick-Ass 2 da soli, mi chiese se lui era un tipo romantico. Non c’entrava granché con lo squalo che si stava sbranando Motherfucker, ma a quanto pareva ci teneva a saperlo, quindi glielo dissi.
- A suo modo, molto. Non è tipo da fiori e cioccolatini, per intenderci,- puntualizzai. - Ma… diceva spesso cose dolcissime, a volte le studiava per ore e a volte gli uscivano così, mi ha composto tante canzoni, me le dedicava durante i concerti del suo gruppo… quindi sì, direi che era molto romantico.-
- Non ti ha mai portato a cena fuori?-
- Sì ma… ci hai visti, non siamo tipi da ristoranti fighi. Soprattutto quando stavamo da lui, ci prendevamo qualcosa a un fish and chips e ce lo andavamo a mangiare al parco, se non diluviava o faceva un freddo pinguino.-
Sembrava piuttosto confuso e non si stava godendo la scena di addio tra Kick-Ass e Hit Girl quanto avrei voluto. Ogni volta che vedevamo un film speravo che le scene di baci l’avrebbero incoraggiato a baciarmi, ma niente. O quel ragazzo era duro come il coccio, o io non ero abbastanza palesemente cotta di lui, o gli interessavo zero. Che pena.
- Qual è la cosa più romantica che abbia fatto per te?-
- Boh… Perché lo chiedi, ti servono appunti per un appuntamento romantico?-
- No. È che conosco Alex da abbastanza, e ancora non ho capito come abbia fatto a conquistarti.-
Mi scappò una risatina isterica.
- Come ti sei immaginato la nostra storia? Principi azzurri, tramonti mozzafiato e centinaia di rose?-
- No ma… okay che è tipo una delle persone più intelligenti che conosca. Credo di non conoscere nemmeno un centesimo delle cose che sa lui, però… è un idiota, è impacciato, ha un senso dell’umorismo che non sta né in cielo né in terra, il fascino di una sardina…-
A quest’ultima cosa scoppiai a ridere e mi ribaltai nella poltrona, appoggiando le gambe allo schienale e guardando Luke a testa in giù.
- Il fascino di una cosa?,- ripetei, ridendo.
- Sardina. Un pesce basso e senza muscoli.-
- I pesci non posso essere bassi.-
- Alex può.-
- Non è che sei geloso?-
Arrossì. Quant’era dolce, quando arrossiva e distoglieva lo sguardo!
- No. Però… vorrei fare una cosa da fidanzati con te.-
- È un modo carino di chiedermi di fare sesso?-
- No, è un modo impacciato di chiederti di uscire e di fare quello che più ti piaceva fare con Alex.-
Così lo portai all’Ikea. Era stranito, e non solo perché palesemente i suoi genitori non avevano mai comprato nulla all’Ikea, ma perché era a dir poco confuso che la mia idea di romanticismo coinvolgesse brugole e cacciaviti.
- Non capisco,- ammise.
- No, sei solo confuso dall’impatto. Osserva l’ambiente.-
Seguì le mie istruzioni, e in un paio di minuti trascorsi passeggiando in silenzio, capì. - È un posto da coppie stabili, non da coppiette volubili. È il primo passo verso una casa costruita insieme.-
- Esatto.-
- Volevate andare a convivere?-
- Abbiamo convissuto per diversi anni,- ricordai con un sorriso amaro. - Ma nel reparto bambini mi disse che avrebbe voluto che facessimo un figlio insieme. Un figlio maschio bello come lui e in gamba come me,- lo citai, con un sorriso da “quanto sei scemo, Alex”.
- Se tu mi rendessi padre,- cominciò a dire Luke, e già mi mozzò il fiato. - Io vorrei che fosse femmina, in gamba e anche bella come te.-
Lo guardai, commossa, ma dopo mezzo secondo distolse lo sguardo. Adoravo che fosse così impacciato e così a disagio al riguardo.
- Beh, ora come allora, non ho intenzione di essere madre, quindi direi che il problema “somiglia più a mamma o a papà” non si pone. Ti va di provare quel divano?-
 
E questi sono tre ricordi a caso con Luke. Avendo già parlato abbastanza di Alex, per la prossima sessione vedrò di darle qualcosa di collettivo, insomma, qualcosa con noi tre insieme, al di fuori della caccia. Spero che questa lettura non la stia annoiando, o dandole un’idea strana di noi. Siamo molto meno disfunzionali di quello che sembriamo: devo solo trovare ricordi migliori. Ne ho, lo giuro, ma al momento non faccio che pensare alla signora Susteren, che ci vuole separare, che non ci deve separare, che mi ucciderebbe se ci separasse.
Io amo quei ragazzi, doc. E loro amano me. Spero di riuscire a metterlo in parole più convincenti.
Alla prossima.
  
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